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Cannes 2019: Rocketman, il red carpet con Elton John

Questa sera, sulla montée de marches di Cannes 2019 ha sfilato Elton John, in compagnia di Taron Egerton, il giovane attore inglese che lo interpreta in Rocketman, l’evento di questa edizione del Festival francese, presentato fuori concorso.

Ecco fi seguito le immagini dal tappeto rosso, con John e Egerton accompagnati da Richard Madden, Bryce Dallas Howard, David Furnish e il regista Dexter Fletcher.

Rocketman, ambientato nel mondo delle canzoni più amate di Elton John e interpretato da Taron Egerton, segue la sorprendente avventura che ha visto il timido pianista prodigio, Reginald Dwight, diventare la superstar internazionale Elton John. Queste vicende, che sono state d’ispirazione per tanti, rappresentano una storia assolutamente universale, di come un ragazzo di provincia sia diventato una delle figure più iconiche della cultura pop.

Rocketman vede nel cast anche Jamie Bell nei panni del paroliere di lunga data di Elton, Bernie Taupin, Richard Madden nel ruolo del primo manager di Elton, John Reid, e Bryce Dallas Howard nei panni della madre di Elton, Sheila Farebrother.

 
 

Bacurau: recensione del film di Kleber Mendonça Filho e Juliano Dornelles

bacurau

Bacurau è un villaggio brasiliano, piccolo e sperduto, dove, improvvisamente, alla morte della matriarca del villaggio, cominciano ad accadere cose strane, bizzarre: i telefoni cellulari smettono di funzionare, il villaggio scompare dalle mappe, stranieri misteriosi fanno la loro comparsa. Improvvisamente, comincia a scorrere il sangue degli abitanti del paesello.

Il film, diretto da Kleber Mendonça Filho con Juliano Dornelles, fa parte della selezione ufficiale, sezione concorso, al Festival di Cannes 2019 e senza dubbio riesce ad intrattenere il pubblico, a patto che questo sia disponibile a farsi scuotere un po’, a seguire un racconto apparentemente anarchico e divincolato dalle regole della narrazione tradizionale.

Giocando con i genere, i registi mettono insieme una storia che mescola western, thriller e un surrealismo sottile, presente in tutto il film ma mai preponderante o invadente, sempre in equilibrio con il plausibile.

Impossibile non farlo notare, Bacurau presenta anche una forte e manifesta componente politica: gli Stati Uniti invasori si approfittano dell’intero Brasile, che passivamente accetta l’invasione; ma questo non si verifica in questo villaggio, che invece combatte con tutte le armi che ha a disposizione e anche con quelle che non ha, con tutti i membri della piccola comunità, che sembrano una sorta di campione rappresentativo dell’intera popolazione brasiliana, con le sue fasce sociali e le sue caste. Sono pochi ma agguerriti e pronti a tutto, anche a ciò che è illecito.

Meglio di quanto fatto nel 2016 con Aquarius, presentato sempre a Cannes, Mendonça Filho racconta questo micro universo rimanendo in equilibrio tra l’indulgenza verso i suoi protagonisti e la loro piccola realtà e la compiaciuta messa in scena della trivialità; i registi evitano entrambi gli eccessi, rimanendo in un equilibrio vivace. Tuttavia è chiara la volontà di voler scuotere lo spettatore e di coinvolgerlo in un gioco basato sulla libertà espressiva e sull’anarchia dell’immagine, senza mai perderne il controllo.

 
 

Beanpole: recensione del film di Kantemir Balagov

Beanpole

Classe 1991, il regista russo Kantemir Balagov torna al Festival di Cannes 2019 con la sua opera seconda, Beanpole, selezionata all’interno della sezione Un Certain Regard. Il titolo è traducibile con “spilungona”, l’aggettivo con cui viene spesso appellata la protagonista, Iya, il cui appassionante racconto d’amore e speranza, si snoda all’interno di un contesto traumatico come quello che segue di poco la fine della seconda guerra mondiale. Con un film tanto poetico, Balagov dà nuovamente prova del suo talento, dimostrando di meritare l’attenzione che ora gli si rivolge.

Il film si apre a Leningrado, nel 1945. La guerra ha devastato la città, demolendo i suoi edifici e lasciando i suoi cittadini in uno stato fisico e mentale particolarmente fragile. Con la fine dell’oppressione e delle ostilità, la vita sembra riprendere il suo normale corso. È qui che si svolge la storia di Iya (Viktoria Miroshnichenko) e Masha (Vasilisa Perelygina), le quali cercano, ognuna a suo modo, di ricostruire la propria vita tra le rovine.

Prima di abbagliare visivamente con una delle tante bellissime composizioni di cui è ricco il film, il regista cattura l’attenzione facendo udire su schermo nero un boccheggiamento, che riesce a presentarci allo stesso tempo il personaggio protagonista e, metaforicamente, anche la situazione di sfinimento di un popolo logorato dalla guerra. Con l’avanzare della narrazione, si tende a dimenticare il contesto storico, visto come qualcosa da lasciarsi alle spalle il più in fretta possibile, per concentrarsi su una dimensione più intima, che è quella messa in gioco dalle due bellissime e bravissime protagoniste.

Balagov racconta così di personaggi alla disperata ricerca di vita e speranza, un bisogno che fino a quel momento sembrava essere stato spento dagli orrori subiti e visti e che facilmente può trasformarsi in ossessione. È una ricerca che però si scontra inevitabilmente con l’apparente incapacità di riuscire ad aprirsi a nuove emozioni. L’insolita altezza della protagonista non è, a tal proposito, un caso. Tramite questa scelta il regista ci sottolinea la volontà di affrontare la storia attraverso gli occhi di una “diversa”, non vista come tale dagli altri quanto da sé stessa. Questa condizione fisica porta la protagonista ad assumere un atteggiamento che la pone al margine, facendola ben presto diventare succube di quanto la circonda. La sua è una condizione difficile, è in maniera del tutto naturale si arriva ad empatizzare per lei.

Merito anche di una meravigliosa Viktoria Miroshnichenko, attrice di grande grazia che riesce a comunicare la sua instabilità emotiva con pochi gesti del corpo o del volto. La sua Iya è un personaggio fin troppo buono, alla ricerca di un sentimento vero in un mondo che invece non sembra averne più. Balagov tratta con grande rispetto lei e la sua storia, firmando una sceneggiatura che fugge da ogni cliché e colpisce invece per il risvolto poetico di molte delle vicende. Tutto ciò è accompagnato da una regia che non cerca di colpire con virtuosismi o simili, ma trova nella scelta di una messa in scena contenuta, come l’emotività della protagonista, la possibilità di un maggior impatto emotivo.

Con Beanpole, Balagov regala al Festival un piccolo grande gioiello, dotato di sentimenti sinceri, che pervadono l’intera opera di un’atmosfera incantevole, capace di rubare gli occhi e il cuore dello spettatore. Attraverso i desideri e le speranze delle due affiatate protagoniste, il regista ritrae un’umanità intera, ferita, ridotta in ginocchio, ma capace ancora di cullare un sogno di rinascita ad ogni costo.

 
 

Les Misérables: recensione del film di Ladj Ly

Les Misérables

All’interno di un film intitolato Les Misérables, l’eco di Victor Hugo e della sua celebre opera risuonano in ogni dove. Il regista Ladj Ly chiama in causa il celebre romanziere per compiere così un doppio debutto: quello alla regia del suo primo lungometraggio, e quello nel Concorso del Festival di Cannes 2019. Un film che poco sembra avere a che fare con l’omonimo romanzo, ma che ne riprende invece le tematiche fondanti per riflettere se e quanto sia cambiata la Francia dal 1800 ad oggi. I miserabili di cui Ly vuole parlare differiscono di nome e carattere, ma sembrano ricoprire ancora lo stesso ruolo che Hugo identificò a suo tempo.

Il film segue il punto di vista di Stephane (Damien Bonnard), nuovo arrivato nella squadra anticriminalità di Montfermeil, uno dei sobborghi di Parigi. Trovandosi ad affiancare due agenti con metodi poco ortodossi, Stephane farà presto la conoscenza della tensione sociale che abita quelle strade. Quando infine un arresto sfocerà nella tragedia, tutto sembrerà portare sull’orlo di una sanguinosa rivolta.

Ly decide di raccontare di situazioni che spesso non ottengono un adeguato dibattito sociale, rimanendo per lo più un problema di chi le vive in prima persona. È una volontà ben precisa la sua, che costruisce un racconto scendendo alla radici di gruppi sociali tenuti insieme da precari accordi di pace. Non è di questi però che il regista assume il punto di vista ma, più sorprendentemente e meno banalmente, quello dei tre poliziotti in costante perlustrazione del quartiere. In particolare seguiamo il personaggio di Stephane, l’ultimo arrivato, e proprio per questo il più adatto per permettere di far entrare anche lo spettatore all’interno del mondo raccontato.

La sua innocenza è quella dello spettatore, che si trova a confrontarsi con un continuo oltrepassare il limite tra bene e male. Quello di Stephane è infatti l’unico personaggio con cui sembra possibile intraprendere un’identificazione. Poiché a infrangere i limiti sono rispettivamente, ognuno con i propri tempi e modi, sia gli innocenti che i carnefici, portando così ad un totale annullamento di queste definizioni. Con un linguaggio documentaristico, il regista conduce infatti l’occhio della cinepresa in mezzo ai personaggi del film, facendo sentire lo spettatore in mezzo a loro ma non uno di loro, mostrandogli entrambi i lati della medaglia e impedendo così  il favoreggiamento per l’una o l’altra parte.

Perché quello de Les Misérables non è un racconto di buoni e cattivi, ma di vittime, così come lo erano quelle del romanzo di Hugo. La Francia dunque non sembra essere cambiata poi molto secondo il regista, e benché le sue battaglie siano mutate, altrettanto non si direbbe per i loro motivi. Certamente il film vive di una lenta introduzione, che potrebbe inizialmente inficiare sul ritmo, ma questa appare sempre più necessaria per comprendere a fondo le regole che agitano il tessuto sociale di cui si narra.

Quando infine il film raggiunge il suo apice, ci troviamo di fronte ad una brutalità che sorprende per il suo essere nata improvvisamente. Una lunga e claustrofobia sequenza finale ci consegna un film più duro di quello che ci si poteva aspettare, che non consegna una morale ma una riflessione ogni giorno più attuale: dalla violenza si genera esclusivamente altra violenza. Ly ce lo ricorda senza pietismi, ma con un ritratto sincero e, per questo, particolarmente incisivo.

 
 

Cannes 2019: John Carpenter riceve la Carrosse d’Or

Cannes 2019 John Carpenter

Selezione parallela al Festival di Cannes, la Quinzaine Des Réalisateurs assegna ogni anno, durante la cerimonia d’apertura il prestigioso premio Carrosse d’Or, ideato nel 2002 dalla Société des Réalisateurs. Il premio, assegnato a quegli autori che hanno segnato la storia del cinema con la loro audacia e intransigenza, è stato conferito quest’anno a John Carpenter, per celebrare la sua carriera composta da opere come Halloween, Essi Vivono, La Cosa e 1997: Fuga da New York, film che nella loro cruda, fantastica e spettacolare unicità hanno plasmato l’immaginario di generazioni.

“Sono diventato un regista perché non c’era altro che potessi fare.” – dichiara Carpenter salendo sul palcoscenico, dopo aver ricevuto una lunga e calorosa standing ovation – “Ero ossessionato da ciò, sentivo che era l’unica cosa che potessi fare. Volevo diventare un regista, e realizzare i miei film. Gli studios di produzione invece erano interessati ai soldi, e questo mi ha posto davanti a molti bivi. Dovevo fare in modo di essere certo che i miei film rimanessero miei, e allo stesso tempo dovevo soddisfare le esigenze che mi venivano richieste, affinché potessi ottenere la fiducia, e i soldi, per continuare in ciò che desideravo fare.”

Cannes 2019 John Carpenter

All’interno dell’incontro che lo ha visto protagonista assoluto, Carpenter ha avuto modo di ripercorrere l’intera sua carriera, sin dal primo film che lo ha reso celebre: Halloween. “Ancora oggi non riesco a spiegarmi il successo di quel film. Ero convinto che sarebbe stato un fallimento. Non riuscivamo a trovare una produzione, e quando la trovammo questa si rivelò scontenta per ogni cosa, dagli attori alle riprese. Quando invece uscii, il film venne accolto con entusiasmo, e questo mi catapultò da una situazione in cui nessuno sembrava voler lavorare con me ad una in cui tutti aspiravano a produrre i miei film… questo perché avevo dimostrato di poter far guadagnare molto con poco. Ed in fondo è sempre stata la mia idea, per fare un film non occorrono soldi, basta avere qualcosa per riprendere, reclutare i propri amici, realizzare un buon prodotto, farlo vedere in giro, e convincere i produttori a farsi dare i soldi per realizzare qualcos’altro. Io ho sempre fatto così.”

Altro grande successo cinematografico è quello de La Cosa, per la quale Carpenter rivela di aver avuto le idee ben precise sin da subito riguardo la natura dell’opera. “Ad Hollywood c’è questa regola non scritta per cui il mostro deve sempre nascondersi nel buio, nell’ombra. Io invece volevo che il mio fosse ben visibile, che si presentasse anche alla luce. Così facendo era possibile farlo uscire dalla dimensione onirica dell’incubo e farlo diventare reale. E se qualcosa di spaventoso è reale, anche la paura che proviamo lo sarà. Per quanto riguarda il finale, ha sempre generato molti dibattiti… io so quale dei due personaggi rimasti è “la cosa”, ma non ve lo dirò mai.”

Cannes 2019 John Carpenter

Interrogato sull’attuale panorama cinematografico, Carpenter, il cui ultimo film intitolato The Ward risale al 2010, espone il suo punto di vista partendo da una domanda che spesso gli viene rivolta. “Molti mi chiedono come mai abbia rallentato la mia produzione. Io mi ritengo un regista che ha sempre cercato di raccontare la realtà che lo circondava, attraverso il filtro del genere. Devo ammettere che oggi sono piuttosto spaventato dalla società che popola questo mondo. Sinceramente non voglio immaginare come potrebbe essere un mio film basato su di essa. È una paura che non sono sicuro di voler affrontare. Oggi preferisco dedicarmi ad altro. Ho una carriera da musicista, sono spesso in tour, quando sono a casa mi guardo un film in DVD o gioco ai videogiochi… la mia vita è completa.”

A conclusione dell’incontro, Carpenter lancia un ultimo monito a tutti gli aspiranti registi: “dovete combattere per realizzare il vostro film, perché è vostro non di altri. E chiunque che non sia voi deve categoricamente tenere giù le mani dalla vostra idea.”. Il regista viene così salutato nuovamente da un’ovazione, a dimostrazione che l’affetto del pubblico non ha mai abbandonato, contrariamente alle case di produzione, l’autore di un tale immaginario cinematografico.

 
 

Star Wars: L’Ascesa di Skywalker, ci sarà un flashback de Il Ritorno dello Jedi?

Star Wars: L'Ascesa di Skywalker

Dopo il rumor riguardante il ruolo misterioso dell’Imperatore Palpatine diffuso pochi giorni fa, è ancora Making Star Wars a suggerire un’ulteriore possibilità sulla trama di Star Wars: L’Ascesa di Skywalker, terzo e ultimo capitolo della nuova trilogia che porterà a conclusione la saga familiare iniziata nel 1977 con Una Nuova Speranza.

Stavolta il soggetto della discussione è Billie Lourd, la figlia di Carrie Fisher già apparsa in un piccolo ruolo nel franchise, che secondo il sito avrebbe girato non soltanto le scene relative al suo personaggio, ma anche altro materiale. In particolare, si fa riferimento ad una sequenza di flashback ambientata durante gli eventi di Il Ritorno dello Jedi che mostrerebbe il dialogo tra il giovane Luke Skywalker e la Principessa Leia su una questione importante che cambierà il modo in cui vediamo alcuni dei protagonisti coinvolti.

Insomma, sembra che Episodio IX offrirà al pubblico un altro punto di vista sulla storia già raccontata e una prospettiva inedita su quanto accaduto in Episodio VI. Ma chi ha interpretato Leia sul set al posto della Fisher, scomparsa prima dell’inizio delle riprese? Il rumor spiega che proprio la Lourd abbia vestito i panni della madre e che in post-produzione è stato necessario l’intervento della CGI. Una situazione del genere si era già verificata in Rogue One: A Star Wars Story, dove l’attrice norvegese Ingvild Deila aveva interpretato il personaggio nel breve cameo.

Sarà davvero così? Che ne pensate?

Star Wars: L’Ascesa di Skywalker, come tornerà l’imperatore Palpatine?

Vi ricordiamo che Star Wars: The Rise Of Sywalker, capitolo conclusivo della nuova trilogia del franchise diretto da J.J. Abrams, arriverà nelle sale a dicembre 2019.

Nel cast Daisy RidleyOscar IsaacJohn BoyegaKelly Marie TranNaomi AckieJoonas Suotamo, Adam Driver, Anthony DanielsBilly Dee Williams Lupita Nyong’o, Domhnall Gleeson, Billie Lourd e il veterano del franchise Mark Hamill. Tra le new entry c’è Richard E. Grant.

Il ruolo di Leia Organa sarà interpretato di nuovo da Carrie Fisher, usando del girato mai visto prima da Star Wars: Il Risveglio della Forza. “Tutti noi amiamo disperatamente Carrie Fisher – ha dichiarato Abrams – Abbiamo cercato una perfetta conclusione alla saga degli Skywalker nonostante la sua assenza. Non sceglieremo mai un altra attrice per il ruolo, né mai potremmo usare la computer grafica. Con il supporto e la benedizione della figlia, Billie, abbiamo trovato il modo di onorare l’eredità di Carrie e il ruolo di Leia in Episodio IX, usando del girato mai visto che abbiamo girato insieme per Episodio VII.”

Star Wars: The Rise Of Skywalker, le teorie sul significato del titolo

Fonte: Making Star Wars

 
 

Avengers: Endgame, i registi confermano che Loki ha creato una realtà alternativa

loki

I viaggi nel tempo e gli eventi eventi di Avengers: Endgame potrebbero aver confuso il pubblico sui cambiamenti delle timeline “originali” e quindi sulla creazione di universi paralleli e realtà ramificate come conseguenza diretta delle imprese di Captain America da una parte (che torna nel passato per restituire le gemme) e Loki dall’altra (che è fuggito dall’arresto del 2012 con il Tesseract).

Dunque cosa è successo realmente in Endgame? A spiegarcelo una volta per tutte sono i registi, Anthony e Joe Russo, in un’intervista con Business Insider, e si, a quanto pare il Dio dell’Inganno ha modificato il suo destino e quello della gemma dello spazio in un colpo solo:

Lo scopo di Steve Rogers era correggere le linee temporali passate nei punti in cui le gemme erano state prese…quindi è qui che la questione diventa complicata, e sarebbe impossibile per lui aggiustare la linea temporale fino a che non trova Loki. Perché lui, nel frattempo, ha creato un’altra realtà. Nell’istante in cui Loki fa qualcosa di così drastico come prendere la gemma dello Spazio, questo evento crea una sorta di ramificazione della realtà.”

Anthony Russo ha poi aggiunto che “Ora abbiamo a che fare con questa idea di multiverso e realtà ramificate, quindi si, considerate l’esistenza di più realtà“.

Viaggi nel tempo, multiverso, e nuovi inganni sono tre concetti che circolano da tempo durante le discussioni sul futuro del MCU. Sappiamo che Endgame ha in qualche modo legittimato la possibilità di tornare indietro nel tempo (ma cosa succederebbe in caso contrario, ovvero andando nel futuro?) e che in Spider-Man: Far From Home vedremo in azione Mysterio, un abitante di un pianeta speculare al nostro proveniente da un’altra realtà. Che tutto questo sia un indizio su ciò a cui assisteremo nella serie tv di Disney + dedicata al personaggio di Tom Hiddleston?

Che ne pensate?

CORRELATI:

Vi ricordiamo che Avengers: Endgame è nelle nostre sale dal 24 aprile.

Nel cast del film Robert Downey Jr.Chris HemsworthMark RuffaloChris EvansScarlett JohanssonBenedict Cumberbatch, Don Cheadle, Tom HollandChadwick Boseman, Paul Bettany, Elizabeth Olsen, Anthony Mackie, Sebastian Stan, Letitia Wright, Dave Bautista, Zoe Saldana, Josh Brolin, Chris Pratt, Jeremy Renner, Evangeline Lilly, Jon Favreau, Paul Rudd, Brie Larson.

Dopo gli eventi devastanti di Avengers: Infinity War (2018), l’universo è in rovina a causa degli sforzi del Titano Pazzo, Thanos. Con l’aiuto degli alleati rimasti in vita dopo lo schiocco, i Vendicatori dovranno riunirsi ancora una volta per annullare le azioni del villain e ripristinare l’ordine nell’universo una volta per tutte, indipendentemente dalle conseguenze che potrebbero esserci.

Avengers: Endgame, cosa è accaduto davvero a Loki?

Fonte: Business Insider

 
 

Kevin Feige sul ritorno del Mandarino, Hulk e il “rimpianto” di Stan Lee

Durante un Q&A lanciato dal forum Reddit Kevin Feige ha risposto a varie domande dei fan parlando del futuro del Marvel Cinematic Universe, della morte di Stan Lee e il suo ultimo cameo sul grande schermo, di alcuni retroscena relativi ai personaggi di Avengers: Endgame e alle loro imprese nel film, toccando poi misteri lasciati in sospeso nel corso del lungo racconto della Infinity Saga.

Uno di questi dubbi ancora irrisolti è lo stato del “vero” Mandarino, il villain annunciato in Iron Man 3 e presentato invece come un attore che stava soltanto interpretando la parte per conto di un terrorista che è là fuori, chissà dove, a governare i Dieci Anelli. Senza questo avversario, e senza questa organizzazione criminale, Tony Stark non sarebbe mai diventato un supereroe e non avrebbe mai costruito la sua prima armatura; ma cinque anni dopo il rilascio del cortometraggio All Hail the King che dimostrava l’esistenza del vero Mandarino, cosa ne è stato dei Ten Rings?

Sulla questione è intervenuto Feige dichiarando che si, potremmo vederli in azione insieme al loro leader nei prossimi anni nel MCU. Ovviamente la risposta del presidente dei Marvel Studios non è stata chiara su quale dei personaggi tornerà, tuttavia le speranze sembrano riaccese e abbiamo già un indizio su ciò che arriverà nella prossima fase del franchise.

Leggi anche – Kevin Feige: lo Yoda onnisciente del Marvel Cinematic Universe

Sui personaggi di Endgame, e in particolare la scelta di far indossare a Hulk il guanto dell’infinito per riportare indietro le vittime dello schiocco di Thanos, Feige è tornato a spiegare le caratteristiche e le conseguenze di quel gesto compiuto da Bruce Banner.

Dal momento che l’eroe è ora Smart Hulk, non soltanto si era reso abbastanza forte da impugnare il guanto, ma era anche in grado di resuscitare tutte le persone polverizzate riportandole in luoghi dove non sarebbero stati immediatamente in pericolo. Da qui arriva infatti la denominazione di “Smart Hulk”. È dunque possibile che Banner, una volta schioccate le dita, non abbia solo riportato indietro le vittime, ma anche in un posto sicuro.

Tra le domande dei fan c’è anche quella relativa alla morte di Stan Lee e al cameo di Endgame in cui il fumettista scomparso a Novembre recita nei panni di un hippie a bordo di una macchina d’epoca che arriva sfrecciando nella sede originale dello S.H.I.E.L.D. gridando “Fate l’amore, non la guerra!“. Come già raccontato, la scena è stata girata nell’estate del 2018, e da quanto dichiara Feige, Lee non ha mai visto il film montato:

Stan amava aspettare per vedere la versione finale durante la premiere, ma sfortunatamente stavolta non è riuscito a farlo con Endgame. Gli abbiamo consegnato la sceneggiatura completa il giorno in cui è arrivato sul set per girare il suo cameo.

Marvel Studios: tutte le rivelazioni di Kevin Feige sulla Fase 4

Fonte: Reddit

 
 

Ghostbusters 3: Bill Murray disponibile a tornare nei panni di Venkman

ghostbusters

Intervistato al Festival di Cannes, dove ha presentato in apertura il nuovo film di Jim Jarmusch The Dead Don’t Die, Bill Murray si è lasciato andare ad alcune dichiarazioni sul prossimo capitolo di Ghostbusters – il terzo della saga – ora affidato alla regia di Jason Reitman nel quale è atteso il suo ritorno.

A quanto pare l’attore sarebbe disponibile a re-indossare ancora una volta i panni del Dottor Peter Venkman senza alcun problema:

Questo franchise ha pagato la retta del college di mio figlio. L’abbiamo fatto e ne siamo i custodi. Mi sono divertito a girare i primi due e il mio buon rapporto con Ghostbusters è stato determinato dal legame con gli altri. Sono persone meravigliose, Danny [Ackroyd], Ernie [Hudson], Harold [Ramis], Rick Moranis, Annie Potts, tra le persone più interessanti che conosca e che hanno avuto una vera carriera. “

Il rapporto che hai con quelle persone come collaboratori non è necessariamente il rapporto che ho con la Sony“, ha spiegato. “Per anni mi è stato detto che non avrebbero potuto fare un altro Ghostbuters perché io non avrei cambiato l’accordo che ha stipulato nel 1984. Beh, no, non l’ho mai fatto. E sai cosa? Hanno fatto il film. Sono i ragazzi nuovi, e io sono il vecchio.”

Murray, che fra poche settimane inizierà le riprese di On the Rocks (seconda collaborazione, dopo Lost in Translation, con Sofia Coppola), ha inoltre ammesso di aver partecipato al reboot tutto al femminile di Ghostbusters del 2016, diretto da Paul Feig, solo perché spinto dall’ammirazione e la stima verso le colleghe del Saturday Night Live Melissa McCarthy e Kate McKinnon:

Ero in quel film solo perché me l’hanno chiesto, e sapevo che se avessi detto no, avrebbero detto che non stato sostenendo quel film. Quindi ho pensato, si, li appoggerò perché li sostengo come persone. Così l’ho fatto e farei nel prossimo“.

Ghostbusters 3: il primo teaser trailer è già qui!

Ghostbusters 3, terzo film del franchise, arriverà nelle sale il 10 luglio 2020. “Rust City” è il titolo di lavorazione mentre le riprese inizieranno il 25 Giugno a Calgary e proseguiranno per circa 15 settimane.

Nel cast sono stati confermati Mckenna Grace (vista di recente in Captain Marvel, dove interpreta Carol Danvers da bambina), Finn Wolfhard (la star della serie Stranger Things) e Carrie Coon (The Leftlovers), che interpreteranno rispettivamente il fratello maggiore e la madre del personaggio della Grace.

La produzione non ha diffuso ulteriori dettagli sulla pellicola, che come saprete sarà il sequel diretto dei due Ghostbusters diretti da Ivan Reitman (papà di Jason), senza nessun collegamento con il reboot al femminile di Paul Feig del 2016, e che la storia ruoterà intorno a due ragazzi e due ragazze di età compresa fra i 12 e i 13 anni.

“Ho sempre pensato a me stesso come il primo fan di Ghostbusters, quando avevo 6 anni ero a visitare il set. Volevo fare un film per tutti gli altri fan.” ha raccontato Reitman in una recente intervista con Entertainment Weekly. Questo è il prossimo capitolo della serie originale. Non è un riavvio. Quello che è successo negli anni ’80 è accaduto negli anni ’80, e questo è ambientato nel presente.”.

Fonte: Indiewire

 
 

Avengers: Endgame, il destino alternativo di Natasha e le scene “truccate”

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Moltissimi retroscena sulla realizzazione di Avengers: Endgame sono emersi grazie alle dichiarazioni di registi, attori e produttori dopo la fine dell’embargo sugli spoiler, e di recente sono stati i montatori Jeffrey Ford e Matthew Schmidt a rivelare qualche dettaglio ancora inedito sul film che ha concluso la saga delle gemme dell’infinito.

Come saprete, in Endgame i Vendicatori sopravvissuti allo schiocco usano il Regno Quantico per tornare nel passato agli eventi di The Avengers nel 2012, con l’obiettivo di recuperare il Tesseract e lo scettro di Loki. Ma a quanto pare la decisione sulla timeline da sfruttare e gli elementi in gioco per i viaggi nel tempo non è stata presa fino alla post-produzione, dunque in sala di montaggio.

La sceneggiatura mostrava Tony volare attraverso il Leviatano che faceva esplodere dall’interno“, ha spiegato Ford, “Ma quando abbiamo proiettato il film per il pubblico ai test screening ci siamo resi conto che ci volevano alcuni minuti per acclimatarsi. Non era quello il modo in cui volevamo che funzionasse e quindi abbiamo provato altre versioni“.

Era infatti prevista una sequenza, poi eliminata, in cui gli eroi sarebbero comparsi nel momento in cui Hulk abbatte Loki, mentre per la versione finale il team creativo ha optato per un ritorno all’iconico Avengers Assemble tra le macerie. “L’idea vincente era quella n cui entriamo in scena direttamente nel primo assemblaggio dei Vendicatori. Si trattava della transizione più pulita ed epica“.

Per quanto riguarda il destino di Vedova Nera e la scena alternativa mai utilizzata per Endgame, i montatori hanno raccontato che inizialmente lo scontro tra Natasha e Clint Barton su Vormir per decidere chi dei due si sarebbe sacrificato era stato concepito in maniera differente.

Sul copione e per quello che abbiamo girato la prima volta c’era una scena eccellente: Thanos e i suoi soldati sarebbero apparsi su Vormir e tra loro si sarebbe scatena una piccola battaglia contro Natasha e Clint, dove lei decideva di saltare dalla scogliera e Clint cercava di fermarla mentre respingeva l’attacco.

E secondo quanto riferito, questa versione della sua morte aveva incontrato perfino il favore del pubblico delle proiezioni di prova: “Decidemmo di rendere quel momento ancora più intimo tra i personaggi, e siamo felici che abbia pienamente funzionato nel film, soprattutto per ciò che è servito a Nat“.

Ford e Schmidt hanno infine svelato tutti i trucchi di montaggio sfruttati durante il ritorno ad Asgard ambientato durante The Dark World, dove compare anche Natalie Portman nei panni di Jane Foster. Sappiamo già che l’attrice non ha girato nessuna scena per Endgame sfruttando del materiale scartato dal film del 2013, ma che dire invece degli altri segmenti impegnati?

L’inquadratura di Loki che lancia la sua coppa nella cella e Thor e Rocket che passano di nascosto sullo sfondo è un negativo digitale tratto dai quotidiani di The Dark World che abbiamo riproposto qui, e lo stesso per la scena di Natalie Portman“.

Leggi anche – Vedova Nera, gli Skrull e la “teoria” dei panini di Nick Fury

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Nel cast del film Robert Downey Jr.Chris HemsworthMark RuffaloChris EvansScarlett JohanssonBenedict Cumberbatch, Don Cheadle, Tom HollandChadwick Boseman, Paul Bettany, Elizabeth Olsen, Anthony Mackie, Sebastian Stan, Letitia Wright, Dave Bautista, Zoe Saldana, Josh Brolin, Chris Pratt, Jeremy Renner, Evangeline Lilly, Jon Favreau, Paul Rudd, Brie Larson.

Dopo gli eventi devastanti di Avengers: Infinity War (2018), l’universo è in rovina a causa degli sforzi del Titano Pazzo, Thanos. Con l’aiuto degli alleati rimasti in vita dopo lo schiocco, i Vendicatori dovranno riunirsi ancora una volta per annullare le azioni del villain e ripristinare l’ordine nell’universo una volta per tutte, indipendentemente dalle conseguenze che potrebbero esserci.

Avengers: Endgame, le scene che potevano essere nel film

Fonte: CBM

 
 

James Gunn rompe il silenzio e parla del licenziamento e Guardiani 3

James Gunn

Intervistato da Deadline James Gunn ha finalmente rotto il silenzio sugli argomenti che l’hanno visto al centro del circuito mediatico da quest’estate ad oggi, complice l’improvviso licenziamento dalla regia di Guardiani della Galassia Vol.3 (a Luglio 2018), l’assunzione della concorrenza Warner Bros. per il progetto del reboot di Suicide Squad, infine il ritorno inaspettato alla guida del terzo capitolo del franchise da lui condotto per i Marvel Studios e l’affetto del cast, della famiglia e dei fan.

Stavo per iniziare le prime discussioni su The Suicide Squad con la DC e ne ero entusiasta, quando Alan Horn della Disney mi chiese se potevamo parlare. Credo davvero che sia un brav’uomo e che mi abbia reintegrato perché pensava che fosse la cosa giusta da fare. Mi è sempre piaciuto e l’ho ammirato per quello che ha fatto, soprattutto per la compassione  mostrata nei miei confronti“, ha confessato Gunn.

Si sentono tante storie sul fatto che a Hollywood sono tutti spietati. Questo è vero per una parte di questo settore, ma ci sono anche molte persone davvero buone, e voglio sempre trovare quella bontà in posti che non ci aspettiamo, anche nei personaggi dei miei film. Ho pianto un po’ nel suo ufficio, e poi sono andato da Kevin Feige per comunicargli che avevo appena deciso di fare The Suicide Squad…e la cosa mi rendeva molto nervoso.”

Sulla difficoltà di conciliare i due progetti, il regista ha spiegato che mentre scriveva la sceneggiatura di The Suicide Squad era convinto dell’annullamento di Guardiani 3: “Sì, mi stavo occupando della stesura di Suicide Squad e pensavo che il film fosse al capolinea da tempo. Immagino che i Marvel Studios abbiano considerato quella possibilità per un po’, ma le conversazioni iniziali con Alan non riguardavano il mio ritorno, quanto invece le cose che avremmo dovuto riparare. È come quando divorzi: termini un matrimonio, e dopo discuti legalmente con la tua ex-moglie, e si può andare d’accordo ed essere gentili l’uno con l’altro perché siamo entrambi una grande parte della vita dell’altro“.

Al tempo stesso ripensi ai sei anni passati insieme, e a come quel periodo mi abbia aiutato a crescere molto. C’erano sicuramente dei problemi, forse non dovevamo sposarci, ma valeva la pena vivere quei sei anni con la mia ex. Ecco come mi sentivo con la Disney. Non volevo guardare indietro e sentirmi amareggiato o arrabbiato, ma solo a mio agio nel salutarci e dividerci”.

James Gunn

Sul licenziamento e le sensazioni provate Gunn si è lasciato andare liberamente:

Non incolpo nessuno. Mi sento e mi sono sentito male per i modi con cui mi sono espresso pubblicamente…alcune delle battute che ho fatto, e gli obiettivi del mio umorismo, sono solo le conseguenze involontarie del non essere più compassionevole. So che le persone sono rimaste ferite dalle cose che ho detto, mi sento male per questo e mi assumo la piena responsabilità. La Disney aveva tutto il diritto di licenziarmi, e non si tratta di un problema di libertà di espressione. Ho detto qualcosa che non mi piaceva“.

Il giorno dopo è stato uno dei più intensi della mia vita. Ho avuto altri giorni difficili, come quando  da giovane sono diventato sobrio fino alla morte di amici che si sono suicidati. Ma questo è stato incredibilmente intenso. Improvvisamente sembrava che tutto fosse finito. Sapevo solo che, senza prevederlo, ero stato licenziato. Sembrava che la mia carriera fosse finita.

E poi è arrivata la chiamata della Warner Bros. per Suicide Squad:

Gli studios mi dicevano che gli sarebbe piaciuto avermi in squadra. Non ci credevo, all’epoca. Sarò sincero: a livello teorico, pensavo “Beh, forse ho un futuro.” A livello emotivo, ero a pezzi. Non volevo che la mia carriera fosse l’unica cosa a rendermi utile o che mi facesse star bene con me stesso […] Per quanto riguarda Suicide Squad, tutto ha immediatamente iniziato a funzionare in modo fluido. Non penso di essermi mai divertito così tanto a scrivere una sceneggiatura. Ecco cos’è stato per me: puro divertimento“.

Ma non dimentichiamoci che, terminati i lavori su The Suicide Squad, James Gunn tornerà a dedicarsi a Guardiani della Galassia Vol.3.

Sapete qual era la cosa più triste a cui ho pensato dopo il licenziamento? La fine del mio rapporto con Rocket. Rocket sono io, davvero, anche se sembra un pensiero narcisistico. Groot è come il mio cane. Lo amo in un modo completamente diverso. Ma Rocket sono io e provo compassione per lui, perché sento che la sua storia non è stata completata. Ha un arco narrativo che è iniziato nel primo film, proseguito nel secondo e che ha attraversato Infinity War e Endgame. Quindi l’obiettivo ora è finire quell’arco in Guardiani 3“.

Fonte: Deadline

 
 

Bond 25: riprese interrotte per l’infortunio di Daniel Craig

A pochi giorni dall’inizio delle riprese di Bond 25 la produzione si vede costretta a interrompere i lavori a causa di un infortunio del suo protagonista, Daniel Craig. La notizia, diffusa dal quotidiano britannico The Sun e rilanciata da Variety nelle ultime ore parla di una caduta dell’attore sul set in Giamaica la scorsa settimana e del successivo spostamento negli Stati Uniti per il controllo medico.

La fonte riporta: “Craig stava correndo durante un ciak quando è scivolato cadendo in maniera piuttosto imbarazzante. Era un po’ dolorante e si lamentava della sua caviglia“. Non è chiaro a quanto ammonti il ritardo sulla tabella di marcia, né per quanto tempo potrebbe essere posticipata la produzione, ma è stato riferito sempre dal The Sun che le riprese nei Pinewood Studios di Londra, originariamente programmate alla fine della settimana, sono state cancellate.

Non si tratta del primo infortunio per Craig, che è solito eseguire la maggior parte delle sue acrobazie e sequenze d’azione nel franchise di Bond: era già successo sul set di Casino Royale con qualche ferita, su quello di Quantum of Solace con lo strappo di un muscolo della spalla, senza contare l’incidente al ginocchio provocato da una scena di combattimento in Spectre.

Bond 25: iniziate le riprese, ecco la data di uscita

Vi ricordiamo che Bond 25 sarà diretto da Cary Fukunaga (il primo regista non britannico che siede dietro la macchina da presa di un film di 007), mentre la sceneggiatura è stata riscritta da Scott Z. Burns (The Bourne Ultimatum, Contagion).

Secondo quanto riportato dal The Guardian, la MGM ha assunto Phoebe Waller Bridge (Killing Eve, Fleabag) per “ravvivare” lo script del venticinquesimo film del franchise ancora senza titolo ufficiale, sotto speciale richiesta di Daniel Craig, per portare nel progetto l’humor e l’intelligenza tipiche dello stile della sceneggiatrice.

Una parte importante delle riprese si terrà nella città di Matera, capitale europea della cultura per 2019, fornendo l’ambientazione perfetta per quella che dovrebbe diventare la sequenza d’azione del prologo, simile al segmento di apertura di Spectre a Città del Messico durante le celebrazioni del Giorno dei Morti.

Gli ultimi due film di James Bond sono stati diretti da Sam Mendes che ha incassato con i suoi film rispettivamente 1,1 miliardo di dollari per Skyfall (il Bond di maggior successo di sempre, con un Oscar all’attivo) e 880 milioni con Spectre. Dato il successo che Mendes ha raggiunto con i film, quando ha annunciato che non avrebbe più diretto un Bond Movie, la EON e la MGM si sono date da fare per cercare un rimpiazzo all’altezza.

Fonte: Variety

 
 

Bull: recensione del film di Annie Silverstein

bull

Film d’apertura di Un Certain Regard, edizione 2019, Bull è il lungometraggio d’esordio della texana Annie Silverstein, che già nel 2014 aveva vinto a Cannes per il miglior cortometraggio, Skunk, Bull è la storia di Kris e Abe, un incontro insolito, inedito per il cinema che racconta il sud degli States e un racconto che si definisce molto bene per quello che non è, o che è solo in parte.

Bull non è una storia di infanzia rubata, non è una storia di integrazione, non parla dell’abbattimento delle barriere “razziali”, né critica o commenta in alcun modo i margini della società che occupano i due protagonisti. Quella che racconta Silversetein è una storia piena di dignità, non solo nelle persone ma anche nei luoghi che racconta, anch’essi sottratti dal luogo comune. Sembra proprio il primo pensiero della regista, quello di fuggire dal cliché e offrire uno sguardo onesto su una particolare realtà.

Come detto, la storia si concentra su Kris, una quattordicenne turbolenta, con una situazione familiare complicata (padre assente e madre in prigione, vive con la nonna malata e la sorellina), e Abe, un afroamericano, vera stella del rodeo, che però relega al passato la sua gloria in questa pratica. Il loro incontro è dettato prima dal caso e dalla prossimità, sono infatti vicini di casa e il cane della ragazzina ammazza una delle galline di Abe, e poi da un’attrazione umana che viene fuori a poco a poco con crescente intensità.

Entrambi i personaggi, inoltre, vengono raccontati con lo stesso sguardo onesto e umano delle situazioni e dei luoghi, senza luoghi comuni: Abe infatti è un cowboy nero, Kris una ragazzina in difficoltà che non cede mai per un attimo il passo, non diventando mai un oggetto di ciò che gli accade.

Il film è abile a concentrarsi sulle due individualità, da una parte Abe e dall’altra Kris, seguendole anche in maniera indipendente nei loro problemi e nella risoluzione di questioni a volte più grandi di loro, tuttavia raggiunge i momenti migliori nel confronto trai due, tratteggiato sempre con grande delicatezza e onestà, soprattutto con uno sguardo affettuoso.

È un peccato che però che l’attenzione riservata alla fase di scrittura non corrisponda alla ricerca di soluzioni registiche altrettanto originali e lontane dagli schermi, ma Annie Silverstein è un talento che vale la pena seguire e con lei, in Bull, le interpretazioni dei due protagonisti Rob Morgan e l’esordiente Amber Havard.

 
 

Cannes 2019: Jim Jarmusch presenta la zombie comedy The Dead don’t Die

“Vedere il declino della natura è terrificante”. Nonostante abbia parlato di zombie e poliziotti invischiati nel’Apocalisse, Jim Jarmusch ha dimostrato di avere a cuore un tema molto preciso, durante la conferenza stampa di The Dead don’t Die a Cannes 2019. Il regista statunitense ha dichiarato: “La politica non mi interessa, mi interessa la consapevolezza delle persone. La politica è una forma di distruzione, è politica delle multinazionali. La questione è nelle nostre mani, chiunque di noi può scegliere di boicottarle.”

Non è la prima volta che Jarmusch si avvicina al genere horror, ma come ogni autore con una voce propria e riconoscibile, prende il genere e lo trasforma, lo usa come strumento per raccontare cosa gli passa per la testa. Tuttavia il legame con l’horror per Jarmusch sembra cominciare da molto lontano: “La notte dei morti viventi è il primo horror che ho visto. Romeo ha cambiato l’idea degli zombie e dei mostri. Non sono mostri stranieri, che vengono dall’esterno della comunità, ma sono tra noi e non sono solo degli avversari ma sono anche delle vittime”.

E ancora di Romero parla il regista, in merito alle tante letture che sono state offerte del film da parte della stampa: “Le metafore inventate da Romero sono così forti che molte delle cose che ho letto sul film non le avevo neanche pensate.” E si ferma anche a commentare le voci che sono circolare all’indomani dell’annuncio del film, che lo volevano in qualche modo collegato a Solo gli amanti sopravvivono: “Non guardo indietro, ma per me quel film era una storia d’amore che utilizzava la metafora dei vampiri, in questo caso è diverso. Non volevo fare uno splatter, per cui gli zombie finiscono essiccati in un mare di polvere, non volevo che ci fosse un bagno di sangue, mi sono limitato solo alla scena della loro prima apparizione”.

E come ogni personaggio famoso che ha i propri miti, anche Jim Jarmusch si emoziona come un ragazzino di fronte ai registi che ammira: “Parlando di horror, posso dire che è stato molto fico incontrare per la prima volta qui, l’altra sera, Dario Argento e John Carpenter”.

The Dead don’t Die, recensione del film di Jim Jarmusch

 
 

MCU: i gesti più eroici compiuti dagli eroi nell’universo condiviso

captain america

Ci sono momenti che definiscono il percorso di un eroe, e altri che cambiano radicalmente il loro viaggio di accettazione di sé e dei propri poteri. Questo accade quando i personaggi mettono i bisogni della comunità davanti a tutto, sacrificando ciò che hanno per un bene superiore.

Lo sanno bene i valorosi protagonisti del MCU, che dal 2008 ad oggi hanno compiuto imprese indimenticabili. Ripercorriamole insieme qui sotto:

1Lo schiocco di Iron Man

Schioccando il guanto dell’infinito, Tony Stark spazza via Thanos e il suo esercito. L’equilibrio è di nuovo ripristinato, ma quanto tempo e ostacoli ci sono voluti per per arrivarci? Finalmente Iron Man afferma se stesso nel migliore dei modi: dimostrando una volta per tutte di avere un cuore.

La morte di Tony Stark è un evento che peserà sul futuro del MCU, come suggerito dal trailer di Spider-Man: Far From Home, e sembra che il lutto verrà affrontato diversamente a seconda del personaggio. Di sicuro siamo felici che Avengers: Endgame ci abbia consegnato la versione più emozionante dell’eroe e che la sua dipartita non è stata vana.

Leggi anche – MCU: le teorie sul futuro del franchise dopo Endgame

Fonte: ScreenRant

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Avengers: Endgame, un personaggio è stato aggiunto in CGI nella battaglia finale

avengers endgame

avengers endgame

La battaglia finale di Avengers: Endgame ha riunito sul grande schermo, e per la prima volta nella storia del MCU, quasi tutti i personaggi finora introdotti al cinema in un’epica sequenza d’azione che non dimenticheremo facilmente. E tra i momenti più importanti c’è anche il female-assemble delle supereroine (esclusa Vedova Nera, morta per ottenere la gemma dell’anima su Vormir) che proteggono la corsa del guanto dell’infinito in mano a Spider-Man fino al Regno Quantico.

Tuttavia, ironia della sorte, l’unico attore assente sul set durante le riprese della scena era proprio Tom Holland, come spiegato dal supervisore della WETA (la società degli effetti speciali che si è occupata del film), Matt Aiken in un’intervista con Cinemablend:

Tom Holland era l’unico del cast che non era in grado di essere lì quel giorno, e sapevamo che Spider-Man avrebbe dovuto consegnare il guanto a Captain Marvel all’inizio di quella sequenza. Quindi abbiamo ricreato il supplente di Spidey in digitale e terminato le riprese un paio di settimane più tardi, quando Tom Holland è diventato disponibile, e aggiunto la sua sagoma digitalmente.”

Ecco cosa succede quando decidi di riunire nello stesso film più di cinquanta attori, e il ritmo della lavorazione procede spedito senza possibilità di pause lungo il percorso… Di fatto Peter Parker interagisce con tutte le eroine per finzione, perché in realtà il suo interprete ha girato questa sequenza da solo.

Leggi anche – Avengers: Endgame, il film prima e dopo gli effetti speciali

Nel frattempo possiamo dare uno sguardo ad una manciata di nuove immagini ufficiali e in alta risoluzione di Endgame che mostrano, tra le altre cose, anche la battaglia che ha portato alla sconfitta di Thanos e del suo esercito.

CORRELATI:

Vi ricordiamo che Avengers: Endgame è nelle nostre sale dal 24 aprile.

Nel cast del film Robert Downey Jr.Chris HemsworthMark RuffaloChris EvansScarlett JohanssonBenedict Cumberbatch, Don Cheadle, Tom HollandChadwick Boseman, Paul Bettany, Elizabeth Olsen, Anthony Mackie, Sebastian Stan, Letitia Wright, Dave Bautista, Zoe Saldana, Josh Brolin, Chris Pratt, Jeremy Renner, Evangeline Lilly, Jon Favreau, Paul Rudd, Brie Larson.

Dopo gli eventi devastanti di Avengers: Infinity War (2018), l’universo è in rovina a causa degli sforzi del Titano Pazzo, Thanos. Con l’aiuto degli alleati rimasti in vita dopo lo schiocco, i Vendicatori dovranno riunirsi ancora una volta per annullare le azioni del villain e ripristinare l’ordine nell’universo una volta per tutte, indipendentemente dalle conseguenze che potrebbero esserci.

Avengers: Endgame, le scene che potevano essere nel film

Fonte: Cinemablend, CBM

 
 

Dark Phoenix: l’ultima corsa dei Mutanti nelle nuove foto dal film

La rivista Empire ha dedicato uno spazio del suo prossimo numero a Dark Phoenix, descritto come il gran finale della saga degli X-Men in mano alla Fox. Come saprete la Disney ha di recente acquisito tutti i diritti sui personaggi ed è facile ipotizzare che i Mutanti arriveranno presto nel Marvel Cinematic Universe per unirsi al franchise.

Per l’occasione il magazine ha raggiunto il regista Simon Kinberg per un’intervista, pubblicando qualche foto inedita dal film, per parlare del lavoro sul set e del processo creativo:

Credo che tutti abbiamo fatto pace con l’idea che questi personaggi siano giunti alla conclusione del loro percorso. Quindi se questo doveva essere il nostro ultimo film, facciamo in modo che resti impresso, no? […] Mi sono avvicinato a questa sceneggiatura immaginandola come il culmine di questo ciclo. Si tratta dell’ultima storia degli X-Men, ed era diversa dagli altri capitoli a cui ho lavorato in veste di produttore, dove ci chiedevamo cosa sarebbe successo dopo. Stavolta ho messo in gioco tutto“.

E quando gli si chiede se abbia già discusso con Kevin Feige della possibilità di vedere gli X-Men nel MCU, Kinberg risponde che “Tutto ciò di cui abbiamo parlato era il funzionamento della macchina marketing della Disney, perché non gli è stato permesso di dire altro. Onestamente non so cosa intendano fare con l’universo dei Mutanti“.

Qui sotto potete dare uno sguardo al cast sul set di Dark Phoenix.

Dark Phoenix non avrà un cameo di Stan Lee

CORRELATE:

Dark Phoenix è già stato apostrofato da Kinberg come l’inizio di un nuovo capitolo per la serie di film di X-Men.

“Lo vedo come un nuovo capitolo. Lo vedo come qualcosa che prende il franchise e lo lancia in una direzione diversa con toni diversi. E questo non significa che il prossimo avrà lo stesso tono, significa solo che il prossimo può avere un tono diverso. Penso che per molti anni, gli X-Men di Bryan [Singer] abbiano davvero trasformato il genere dei supereroi nel 2000 o 2001 quando è uscito il primo. Questo arriva quasi 20 anni dopo. È molto tempo fa. E a quel tempo, i film sui supereroi non erano molto popolari, in realtà. C’erano stati alcuni fallimenti a metà degli anni ’90, e non c’erano stati molti film sui supereroi,  e in quel periodo l’approccio sugli X-Men era davvero rivoluzionario.”

Il produttore Hutch Parker l’ha inoltre inscritto nella categoria “thriller hitchcockiano”, in omaggio al maestro del genere, parlandone in un’intervista con ScreenRant durante il WonderCon di Anaheim, California, confermando la linea editoriale del franchise che ha sempre dato un tono specifico ad ogni film.

Dark Phoenix: Jean Grey perde il controllo nel nuovo trailer

Fonte: Empire (via CBM)

 
 

Aladdin: Will Smith canta “Il Principe Alì” nella nuova clip

Aladdin

A pochi giorni dall’uscita nelle sale Disney, via IGN, ha diffuso una nuova clip tratta da Aladdin, il live action che rivisiterà il classico d’animazione del 1992 con attori in carne e ossa e i brani della colonna sonora originale di Alan Menken. Nel video Will Smith, che sullo schermo interpreta il Genio della lampada, intona le note di “Il principe Alì”, fanfara che accompagna l’ingresso ad Agrabah del protagonista.

Vi ricordiamo che Aladdin è diretto da Guy Ritchie e vede Mena Massoud nel ruolo dell’affascinante furfante Aladdin, Naomi Scott nel ruolo della bellissima e indipendente principessa Jasmine e Will Smith nei panni dell’incredibile Genio con il potere di esaudire tre desideri per chiunque entri in possesso della sua lampada magica.

Qui sotto potete dare uno sguardo alla clip:

Aladdin, nuovo trailer con la voce di Naomi Rivieccio

Aladdin vanta una colonna sonora composta dall’otto volte Premio Oscar Alan Menken(La Bella e la BestiaLa Sirenetta), che comprende nuove versioni dei brani originali scritti da Menken e dai parolieri, vincitori dell’Oscar, Howard Ashman (La Piccola Bottega degli Orrori) e Tim Rice (Il Re Leone), oltre a due brani inediti realizzati dallo stesso Menken e dai compositori vincitori dell’Oscar e del Tony Benj Pasek e Justin Paul (La La LandDear Evan Hansen).

Il cast del film vede inoltre la presenza di Marwan Kenzari nel ruolo del potente stregone Jafar, mentre Navid Negahban veste i panni del Sultano, preoccupato per il futuro di sua figlia; Nasim Pedrad è Dalia, la migliore amica e confidente della principessa Jasmine, Billy Magnussen interpreta il principe Anders, il bellissimo e arrogante pretendente di Jasmine, e Numan Acar è Hakim, braccio destro di Jafar e capitano delle guardie del palazzo.

Nella versione italiana Naomi Rivieccio, finalista a X Factor 2018, interpreterà le canzoni della Principessa Jasmine offrendo al pubblico una nuova versione degli indimenticabili brani inclusi nella celebre colonna sonora del film originale, tra cui la canzone premiata con l’Oscar “Il Mondo È Mio” (“A Whole New World”). “Come tutti, anche io sono cresciuta con i film d’animazione Disney”, racconta Naomi, “e Aladdin è sempre stato uno dei miei preferiti. È una storia ricca di azione, comicità, magia e amore. Ha delle sonorità a dir poco travolgenti. Un mondo incredibile. È un vero onore poter interpretare le canzoni di una delle Principesse Disney che amo di più e in cui più mi identifico perché Jasmine, come me, è una ragazza indipendente, ironica e tenace. Inoltre l’attrice che la interpreta nel film si chiama come me: Naomi! Forse era destino…”

Fonte: IGN

 
 

The Dead don’t Die: recensione del film di Jim Jarmusch

the dead don't die i morti non muoiono

In apertura di Cannes 2019, presentato in Concorso, The Dead don’t Die è il nuovo film di Jim Jarmusch, che sulla carta si presentava come un instant cult. Uno zombie movie hipster, apparentemente stralunato, che piuttosto che seguire la lezione vincente di Shaun of the Dead o dei classici di Romero, traccia una propria strada, perfettamente in linea con lo stile del suo autore.

Siamo a Centerville, “un posto davvero carino”, come recita l’insegna all’ingresso della cittadina, un luogo comune di ogni piccolo centro ddella provincia americana, con una tavola calda, un motel, una stazione di benzina, una centrale di polizia, un carcere, tutti i “luoghi comuni” nel senso stretto della parola, che caratterizzano questi centri abitati. I protagonisti sono una coppia di poliziotti, Cliff e Ronnie (Bill Murray e Adam Driver); i due, di pattuglia, si accorgono che gli strumenti elettronici sono in tilt. La causa è il fracking polare che ha spostato l’asse di rotazione della Terra, una motivazione scientifica che però dà inizio all’apocalisse zombie, evento che sembra non sorprendere troppo il razionale Ronnie.

Gli zombie di The Dead don’t Die sono esattamente come la storia del cinema ce li ha raccontati prima, solo che non fanno eccessivamente paura, sono piuttosto degli stereotipi delle abitudini e dei vizi della società contemporanea, non solo dell’America Trumpiana, una società pigra, spinta dall’inerzia. E questo sembra essere il ritmo del film stesso, che procede lentamente come i nostri amici zombie, per i quali non si può non provare simpatia, soprattutto se sono interpretati da Iggy Pop. Il nodo, se così possiamo chiamarlo, del film di Jarmusch arriva proprio nella contrapposizione tra la volontà di raccontare la contemporaneità, senza farlo con la dovuta cattiveria, e la tranquillità con cui il regista traccia un ritratto con toni apparentemente svogliati ma che risultano fedeli al suo modo di comunicare con pubblico, attori e generi.

Il risultato è la dichiarazione, inequivocabile, che per Jarmusch quella che stiamo vivendo noi adesso sia già un’Apocalisse e che gli zombie siamo affettivamente noi. La metafora, inevitabile per un film sui non morti, è lapalissiana, forse meno incisiva di quanto il genere ci ha mostrato all’inizio della sua storia cinematografica con Romero. Forse c’è dell’autocompiacimento nei riferimenti meta-testuali, nelle gag che strizzano l’occhio alla cultura pop, nello giocare a carte scoperte con una scrittura che infrange non solo la comunicazione tra personaggi e pubblico, ma anche quella tra personaggio e attore che lo interpreta. Tuttavia si può comunque godere di un sorriso compiaciuto per buona parte del film.

Certo, la sostanza sembra latitare e il film si riduce proprio a questo, a un sorriso soddisfatto per aver colto l’ennesima citazione, condizione che in assoluto non rappresenta un male, ma che senza dubbio lascia una sensazione di insoddisfazione rispetto a ciò che ci si aspetta dal regista. Resta, del film, la bellezza di un cast che sebbene non è sfruttato al 100% delle possibilità, regala personaggi incredibili, tra cui spiccano quelli interpretati da Tilda Swinton e da Adam Driver.

Guarda il trailer di The Dead don’t Die

 
 

Avengers: Endgame, i Russo condividono la foto dell’ultimo cameo di Stan Lee

Avengers: Engdame è stato il film delle “ultime volte”, come quella di Robert Downey Jr. nei panni di Iron Man, forse quella di Chris Evans con il costume di Captain America e, ovviamente, quella di Stan Lee e dei suoi cameo nel Marvel Cinematic Universe. Il celebre fumettista è infatti morto qualche mese dopo aver girato la sua ultima apparizione, e per ricordarla i fratelli Russo hanno condiviso su Twitter una foto scattata sul set.

Chi ha visto il film saprà che Lee interpreta un hippie a bordo di una macchina d’epoca che arriva sfrecciando nella sede originale dello S.H.I.E.L.D. gridando “Fate l’amore, non la guerra!“. La scena è stata girata nell’estate del 2018, pochi mesi prima della sua scomparsa.

Sull’apparizione di Endgame e il “ritorno” negli anni Settanta, dove è ambientata una parte del cinecomic, i Russo hanno poi spiegato che si trattava di “un ultimo cameo commovente, con un tono completamente diverso dagli altri. Dovevamo inserirlo in una zona dove esatta per quel tono, e quella ci sembrava l’area del film che faceva al caso nostro […]

Winter Soldier fu la nostra prima volta con Stan, e quando venne sul set si respirava un’energia incredibile e stimolante. Si vedeva che era eccitato all’idea di essere lì. Parlava con tutti, faceva battute, insomma era una persona magnetica.”, ricordano i Russo. “Per qualche ragione, ogni volta che giravamo il suo cameo, aumentavano gli spettatori sul set…e se c’è una cosa che amavamo di lui, che ci confondeva da morire, era che voleva sempre più battute“.

stan lee

LEGGI ANCHE – Stan Lee e il significato nascosto del cameo in Captain Marvel

https://twitter.com/Russo_Brothers/status/1125425048834035713?ref_src=twsrc%5Etfw%7Ctwcamp%5Etweetembed%7Ctwterm%5E1125425048834035713&ref_url=https%3A%2F%2Fwww.cinemablend.com%2Fnews%2F2471753%2Fthe-russo-brothers-share-set-photo-from-stan-lees-final-cameo

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Vi ricordiamo che Avengers: Endgame è nelle nostre sale dal 24 aprile.

Nel cast del film Robert Downey Jr.Chris HemsworthMark RuffaloChris EvansScarlett JohanssonBenedict Cumberbatch, Don Cheadle, Tom HollandChadwick Boseman, Paul Bettany, Elizabeth Olsen, Anthony Mackie, Sebastian Stan, Letitia Wright, Dave Bautista, Zoe Saldana, Josh Brolin, Chris Pratt, Jeremy Renner, Evangeline Lilly, Jon Favreau, Paul Rudd, Brie Larson.

Dopo gli eventi devastanti di Avengers: Infinity War (2018), l’universo è in rovina a causa degli sforzi del Titano Pazzo, Thanos. Con l’aiuto degli alleati rimasti in vita dopo lo schiocco, i Vendicatori dovranno riunirsi ancora una volta per annullare le azioni del villain e ripristinare l’ordine nell’universo una volta per tutte, indipendentemente dalle conseguenze che potrebbero esserci.

Avengers: Endgame, tutti i cameo del film

 
 

Star Wars: il prossimo film della saga sarà quello di David Benioff e D.B. Weiss

Più di un anno fa la Lucasfilm annunciava che David Benioff e D.B. Weiss, showrunner e sceneggiatori di Game of Thrones, avrebbero scritto e prodotto una nuova trilogia di Star Wars, ma ora abbiamo la conferma ufficiale che il primo film ad arrivare nelle sale dopo Episodio IX: The Rise Of Skywalker sarà proprio il loro.

Sapevamo che D&D stavano lavorando ad un progetto per il franchise e che nel frattempo anche Rian Johnson, regista di Episodio VIII: Gli Ultimi Jedi avrebbe sviluppato una nuova serie di film, ma non era chiaro quale team avrebbe avuto la precedenza. Grazie alle dichiarazioni del CEO Disney Bob Iger possiamo finalmente toglierci ogni dubbio.

Resta da capire se Benioff e Weiss daranno vita ad una trilogia o a tre titoli separati e non collegati (anche se il contratto ufficiale comprende di fatto tre film), ma staremo a vedere. I due sono attualmente nell’occhio del ciclone a causa dei riscontri negativi sulla stagione conclusiva del Trono di Spade, giudicata fin troppo distante dalla bellezza degli esordi. Riusciranno a farsi perdonare con Star Wars e a conquistare l’affetto dei fan?

Emilia Clarke sugli showrunner di Game of Thrones: “Faranno un lavoro grandioso con Star Wars”

Vi ricordiamo che Star Wars: The Rise Of Sywalker, capitolo conclusivo della nuova trilogia del franchise diretto da J.J. Abrams, arriverà nelle sale a dicembre 2019.

Nel cast Daisy RidleyOscar IsaacJohn BoyegaKelly Marie TranNaomi AckieJoonas Suotamo, Adam Driver, Anthony DanielsBilly Dee Williams Lupita Nyong’o, Domhnall Gleeson, Billie Lourd e il veterano del franchise Mark Hamill. Tra le new entry c’è Richard E. Grant.

Il ruolo di Leia Organa sarà interpretato di nuovo da Carrie Fisher, usando del girato mai visto prima da Star Wars: Il Risveglio della Forza. “Tutti noi amiamo disperatamente Carrie Fisher – ha dichiarato Abrams – Abbiamo cercato una perfetta conclusione alla saga degli Skywalker nonostante la sua assenza. Non sceglieremo mai un altra attrice per il ruolo, né mai potremmo usare la computer grafica. Con il supporto e la benedizione della figlia, Billie, abbiamo trovato il modo di onorare l’eredità di Carrie e il ruolo di Leia in Episodio IX, usando del girato mai visto che abbiamo girato insieme per Episodio VII.”

Star Wars: The Rise Of Skywalker, le teorie sul significato del titolo

Fonte: Attractions Magazine

 
 

Cruella: Emma Thompson in trattative per il film Disney

Arrivano nuovi aggiornamenti su Cruella, il live action Disney che porterà sul grande schermo le avventure di Crudelia De Mon e che vedrà Emma Stone nel ruolo di protagonista: secondo Variety infatti, Emma Thompson sarebbe alle prime fasi di una trattativa per il film, ma non è chiaro quale personaggio potrebbe interpretare.

L’attrice era già comparsa in due altri titoli della casa di Topolino, ovvero La bella e la bestia, nei panni di Mrs. Potts, e Saving Mr. Banks, dove prestava il volto all’autrice di Mary Poppins, P. L. Travers. Per quanto riguarda il live action, dietro la macchina da presa siederà Craig Gillespie (I,Tonya, Lars e una ragazza tutta sua e Fright Night – Il vampiro della porta accanto) mentre la sceneggiatura è stata curata da Tony McNamara.

Alex Timbers, acclamato sceneggiatore di Broadway e della serie Mozart in the Jungle, era stato il primo nome associato al progetto, tuttavia il cambio di piani di lavorazione e la voglia di affrettare la schedule ha costretto la Disney a scegliere un altro regista e a programmare l’inizio delle riprese l’anno prossimo. Vi ricordiamo che la celebra antagonista de La carica dei 101 era già stata ritratta al cinema nel classico animato del 1961 e in carne o ossa da Glenn Close nella pellicola del 1996 prodotta da John Hughes.

Fonte: Variety

 
 

Cannes 2019: Jarmusch, Murray, Driver e Swinton alla cerimonia di apertura

Si è aperta sotto un cielo che prometteva pioggia (che poi è arrivata) la settantaduesima edizione del Festival di Cannes 2019, e lo ha fatto in grande stile, con il ritorno sulla croisette, in concorso, di Jim Jarmusch.

Il regista statunitense ha portato al Festival il suo ultimo film, una zombie comedy hipster, perfettamente in linea con il suo cinema. Per raccontare questa storia, Jarmusch ha scelto una serie di attori con cui aveva già lavorato, come Bill Murray, Adam Driver e Tilda Swinton, ma presenti alla cerimonia inaugurale del festival c’erano anche Sara Driver, Luka Sabbat, Adam Driver, Selena Gomez, Chloe Sevigny, che hanno salito la montée de marches insieme a Thierry Frémaux.

Ecco di seguito le foto della serata:

GUARDA IL TRAILER DEL FILM

Il film è scritto e diretto da Jarmusch e nella prima sinossi si legge: il più grande cast di zombie mai smembrato, con Bill Murray, Adam Driver, Tilda Swinton, Chloë Sevigny, Steve Buscemi, Danny Glover, Caleb Landry Jones, Rosie Perez, Iggy Pop, Sara Driver, RZA, Selena Gomez, Carol Kane, Austin Butler, Luka Sabbat e Tom Waits.

 
 

Cannes 2019: Angy Birds 2 protagonista della pre-apertura

Non c’è niente di meglio di un avversario comune per unire dei nemici giurati, così alla vigilia del 72° Festival di Cannes 2019, i pennuti arrabbiati ed incapaci di volare e i maialini verdi di Angry Birds 2 – nemici amici per sempreAngry Birds 2 – nemici amici per sempre si sono presentati insieme di fronte alle telecamere. Qualcosa di insolito è accaduto in occasione di un photo-call avvenuto nel pomeriggio di oggi al molo del Carlton Hotel quando i protagonisti del film hanno fronteggiato il loro nuovo nemico armati delle loro caratteristiche fionde. L’attore Josh Gad (“Chuck”), il filmmaker John Cohen e il regista Thurop Van Orman hanno svelato una nuova scena del sequel che uscirà nelle sale italiane il 12 settembre distribuito da Warner Bros. Entertainment Italia.

“È fantastico essere a Cannes, soprattutto per un film di cui sono molto orgoglioso” dice il regista Van Orman. “Josh ed io eravamo qui a Cannes nel 2016 per presentare il film – dice Cohen, che aggiunge – anche questo ci ha aiutato ad essere il film più visto in 52 paesi nel mondo. Dopo il videogame, ora che Angry Birds è diventato anche un successo cinematografico, siamo davvero entusiasti di poter raccontare nuove storie e divertirci con questi personaggi”.

 
 

Avengers: Endgame, Captain America ha incontrato Teschio Rosso su Vormir

Chi ha visto Avengers: Endgame saprà che Steve Rogers, una volta archiviata la battaglia contro Thanos e dopo aver celebrato la morte di Tony Stark insieme ai colleghi Vendicatori, decide di viaggiare ancora una volta nel Regno Quantico per restituire tutte le gemme dell’infinito alla rispettiva timeline in cui erano custodite. In una di queste realtà passate incontra Peggy, l’amore della sua vita, e si concede quel famoso ballo promesso in Captain America: Il Primo Vendicatore. Ma cosa è accaduto negli altri salti temporali? Chi ha incontrato?

A quanto pare, come confermato da Anthony e Joe Russo in un’intervista, Cap è tornato su Vormir per riportare la gemma dell’anima al suo protettore originario, Teschio Rosso, confrontandosi dunque con il suo primo vero antagonista del MCU.

Si, Steve dovrebbe aver incontrato Teschio Rosso” hanno dichiarato, “Ma nessuno sa come funzionino le regole quando si restituisce la gemma dell’anima. Conoscendo il personaggio, probabilmente avrà applicato la sua politica del ‘niente soldi indietro’ “. Ovviamente i registi fanno riferimento alla questione della morte di Vedova Nera o di Gamora, che non possono essere resuscitate semplicemente restituendo la gemma.

Forse le variabili di queste timeline alterate e dei viaggi nel tempo saranno approfondite nella serie animata What If? in arrivo su Disney +? Che ne pensate?

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Nel cast del film Robert Downey Jr.Chris HemsworthMark RuffaloChris EvansScarlett JohanssonBenedict Cumberbatch, Don Cheadle, Tom HollandChadwick Boseman, Paul Bettany, Elizabeth Olsen, Anthony Mackie, Sebastian Stan, Letitia Wright, Dave Bautista, Zoe Saldana, Josh Brolin, Chris Pratt, Jeremy Renner, Evangeline Lilly, Jon Favreau, Paul Rudd, Brie Larson.

Dopo gli eventi devastanti di Avengers: Infinity War (2018), l’universo è in rovina a causa degli sforzi del Titano Pazzo, Thanos. Con l’aiuto degli alleati rimasti in vita dopo lo schiocco, i Vendicatori dovranno riunirsi ancora una volta per annullare le azioni del villain e ripristinare l’ordine nell’universo una volta per tutte, indipendentemente dalle conseguenze che potrebbero esserci.

Avengers: Endgame, rivelata la vera identità del padre dei figli di Peggy Carter

Fonte: CBM

 
 

I fratelli Russo parlano di Ultron: “Tony Stark non aveva torto”

Nelle settimane successive all’uscita di Avengers: Endgame diversi titoli del MCU sono tornati al centro della discussione (merito forse della grande capacità di intreccio di questa saga durata undici anni), compreso l’allora criticato e snobbato Age of Ultron, non esattamente il più amato capitolo sui Vendicatori. Tuttavia, e ciò si evince dalle parole dei fratelli Russo intervistati da Slate, quel film ricopre ancora oggi un ruolo fondamentale per come ha portato avanti la costruzione del personaggio di Iron Man e le sue ragioni.

In particolare, i registi di Endgame pongono l’accento sulla scelta compiuta da Tony, discutibile all’epoca, di progettare un androide che servisse come prototipo di una difesa globale da eventuali minacce esterne (quello che si è di fatto realizzato in Infinity War):

Tony non aveva torto, stava arrivando una grande minaccia e i Vendicatori avevano bisogno di costruire un’armatura in giro per il mondo. Ma quand’è che le libertà civili vincono e vengono prima della capacità del governo di proteggere i suoi cittadini? Pensiamo che un discorso del genere sia interessante e che, in una certa misura, gli eroi sono dovuti passare passare attraverso questo conflitto. C’era un senso di destino già scritto, che dovevano affrontare per vincere, quindi sia lui e che Cap avevano ragione.”

I Russo fanno riferimento a due scene precise del MCU: la prima, di Age of Ultron, in cui Cap e Tony discutono apertamente su cosa sia giusto e cosa sbagliato in termini etici nell’idea di Ultron; la seconda, di Endgame, quando Iron Man torna sulla Terra dopo la battaglia su Titano urlando in faccia a Steve e sostenendo di aver previsto tutto, l’arrivo di Thanos e l’insufficienza delle difese disponibili per evitare il disastro.

Come dare torto a Stark, visto l’evolversi della situazione da Civil War a oggi? Della stessa opinione sembrano i registi, che hanno accompagnato questi personaggi e i loro viaggi esistenziali per lungo tempo.

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Dopo gli eventi devastanti di Avengers: Infinity War (2018), l’universo è in rovina a causa degli sforzi del Titano Pazzo, Thanos. Con l’aiuto degli alleati rimasti in vita dopo lo schiocco, i Vendicatori dovranno riunirsi ancora una volta per annullare le azioni del villain e ripristinare l’ordine nell’universo una volta per tutte, indipendentemente dalle conseguenze che potrebbero esserci.

Avengers: Endgame, i momenti più emozionanti del film

Fonte: Slate

 
 

MCU: 5 eroi e 5 villain che vorremmo vedere nella Fase 4

mcu

Chiuso il sipario della Fase 3 i Marvel Studios si preparano a spalancare le porte della Fase 4 con l’ambizione e l’entusiasmo maturati negli anni, da Iron Man fino a Avengers: Endgame, che ha segnato la fine di un’era e l’inizio di un futuro ancora più luminoso.

Ma quali eroi e quali villain potrebbero popolare il MCU nei prossimi anni? Ecco qualche candidato:

1Doctor Doom

Victor Von Doom (aka Dottor Destino) è uno degli uomini più intelligenti dell’universo Marvel, oltre che uno dei più malvagi mai incontrati nei fumetti. Insomma, il candidato perfetto ad entrare nel MCU contro i nostri eroi. Con l’addio di Loki (almeno al cinema) il franchise avrà bisogno di qualcuno della sua stessa statura, popolarità e importanza, e il Dottor Destino potrebbe essere la scelta più adeguata.

Leggi anche – MCU: gli eroi che dovrebbero diventare i nuovi Avengers

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Avengers: Endgame, il film prima e dopo gli effetti speciali

Avengers: Endgame

Quanto contano gli effetti speciali nella riuscita di un cinecomic? Che ruolo hanno all’interno del film? Il successo di un blockbuster dipende unicamente dalla cgi e dalla magia delle immagini? Sono domande a cui si può rispondere abbastanza velocemente. E le immagini che vedete qui sotto, a cura di Framestore (società che si occupa della post-produzione dei film Marvel) dove vengono confrontate le scene di Avengers: Endgame prima e dopo l’intervento dei vfx, sono più che esaustive.

Degli ottimi effetti visivi immergono lo spettatore nell’avventura dei supereroi, lo trasportano in altre dimensioni e annullano il senso di incredulità, tanto sono ormai vicini al realismo. Lo dimostrano queste foto del backstage dove vengono illustrate le varie fasi che portano al risultato visto in sala.

Ovviamente quando parliamo di cinecomic, non basta saper raccontare una buona storia e avere personaggi di spessore, ma è necessario che questi siano inseriti in un contesto che – per quanto immaginario – possa avvicinarsi alla realtà, a qualcosa che si riesce a toccare con mano.

Qui sotto trovate frame relativi alla battaglia finale di Endgame, la creazione del nuovo Hulk e la scena del guanto dell’infinito, gli eroi in azione tra cui Captain Marvel e Captain America e la parentesi della New Asgard con Korg e Thor.

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Fonte: CBM

 
 

Aquaman: Peter Jackson ha rifiutato la regia più di una volta

Aquaman

La carriera di un regista è determinata in parte dalle scelte che si fanno lungo un percorso di affermazione: c’è chi preferisce passare dalla gavetta al cinema d’autore, rimanendo nell’ambiente underground dell’industria, chi si getta in progetti ambiziosi e meno in vista, chi invece accetta di servire i bisogni e le strategie degli studios dirigendo grossi blockbuster sacrificando la propria identità.

Il caso di Peter Jackson, ad esempio, è interessante per capire i meccanismi del potere hollywoodiano e al tempo stesso la capacità del filmaker di rimanere fedele a se stesso nonostante il successo e il corteggiamento delle major. Dopo un inizio con produzioni a basso budget è arrivata la trilogia del Signore degli Anelli, la consacrazione e i remake (King Kong), poi la parentesi intimista di Amabili Resti e il ritorno in grande stile con i tre capitoli de Lo Hobbit, e diversi lavori come produttore e supervisore.

È però Empire a rivelare che anni fa, prima dell’annuncio di James Wan al timone del progetto, Jackson venne considerato per la regia di Aquaman e contattato dalla Warner Bros non una, ma ben due volte, rifiutando l’offerta dell’ex ceo Kevin Tsujihara. Insomma, la prova del fatto che il regista non ama scendere a compromessi a meno che non sia coinvolto sentimentalmente con la storia.

Kevin mi chiese se ero un fan di Aquaman. Risposi no, e sei mesi dopo mi rifece la stessa domanda. Dissi di no, Kevin te l’ho già detto. Non sono un tipo da supereroi. Leggo Tintin ….e quei film sono difficili. Voglio solo girare qualcosa per cui nutro una profonda passione, e ora sono più contento di lavorare sui miei documentari. Non prevedo di fare un altro film nei prossimi due anni.”

Non stupisce affatto che Tsujihara avesse puntato Jackson per un cinecomic come Aquaman, dala la sua esperienza con gli effetti speciali e la gestione delle scene in larga scala. E non sorprende che abbia ripiegato con un altro esperto in materia di action-horror come Wan, che si era fatto notare per la saga di Conjuring e l’ottimo lavoro svolto in Fast & Furious 7. Fortunatamente il box office ha sorriso alla Warner, che grazie al miliardo superato dal re dei mari può tornare a respirare dopo il quasi flop di Justice League.

Aquaman 2: ecco quando arriverà al cinema

Vi ricordiamo che Aquaman 2 uscirà al cinema il 16 dicembre 2022. Lo studio ha annunciato ufficialmente il sequel del film con Jason Momoa all’inizio di questo mese, confermando che David Leslie Johnson-McGoldrick scriverà la sceneggiatura.

Attualmente l’incasso del film lo ha fatto classificare al 20° posto della classifica mondiale di tutti i tempi. Johns-McGoldrick ha collaborato con Will Beall nella sceneggiatura di Aquaman. Johnson-McGoldrick ha iniziato a lavorare sulla sceneggiatura tre anni fa dopo aver letto i fumetti di Aquaman mentre era sul set di The Conjuring 2 di Wan.

Fonte: Empire

 
 

Avengers: Endgame, Captain America avrebbe potuto usare il guanto dell’infinito?

avengers endgame

L’uso del guanto dell’infinito è stato fatale per tre personaggi del MCU da Infinity War ad Avengers: Endgame, come mostrato dalla coppia di film che ha concluso la saga delle gemme dell’infinito: prima Thanos, che una volta raccolte tutte le gemme ha schioccato le dita per realizzare il suo folle piano (riequilibrare le sorti dell’universo e dimezzare la sua popolazione), poi Hulk, indicato come l’eroe più adatto per resistere agli effetti dello schiocco, che ha riportato indietro le vittime della Decimazione, e infine Iron Man, l’ultimo a sacrificarsi in Endgame per sconfiggere definitivamente il Titano e il suo esercito.

Ma quale altro eroe avrebbe potuto indossare il guanto? Forse Captain America, che durante la battaglia in Wakanda si era ritrovato faccia a faccia con Thanos resistendo alla sua furia? A questa domanda ha risposto uno degli sceneggiatori, Christopher Markus, in una recente intervista con L’Hollywood Reporter:

Penso che Steve Rogers ne sarebbe capace, perché è abbastanza forte da impugnare il guanto e sopravvivere. In quel momento di Infinity War Thanos è impressionato dalla volontà di Steve. Non crede che un ragazzo apparentemente senza poteri riesca a contrastarlo. Non se ne capacita“.

A differenza di Cap, uscito indenne dalla lotta con il Titano, lo stesso villain e Bruce Banner sono rimasti gravemente feriti e compromessi dopo l’utilizzo dell’artefatto, per non parlare di Tony Stark, letteralmente ucciso dallo schiocco come abbiamo visto sul finale di Endgame. Se non altro Steve ha avuto l’occasione di restituire tutte le gemme alle relative timeline, ma non ci saranno più possibilità di sfidare la sorte o tentare imprese assurde nel MCU. Ora è un anziano supereroe in pensione che non ha nessuna intenzione di rimettersi al lavoro…

Leggi anche – Captain America: 8 modi in cui potrebbe tornare dopo Endgame

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Fonte: THR