Guillermo Del Toro
ha talmente amato The
Irishman di Martin Scorsese, da
scriverne un elogio in 13 tweet. Il regista de La Forma
dell’Acqua è naturalmente un fan del collega newyorkese,
nonostante il loro modo di fare cinema e i loro temi cari siano
così differenti.
All’indomani della visione del
film, Del Toro non si è trattenuto dallo scrivere un lungo tweet in
cui spiega le ragioni che lo hanno spinto ad amare il film di
Scorsese:
Prima di tutto, il film si
connette con la natura di un epitaffio, alla Barry Lyndon. Parla
della vita che va e viene, con tutti i suoi turbamenti, tutti i
suoi drammi, la violenza, il rumore, la perdita… e come tutti,
invariabilmente, svaniamo. “Fu durante il regno di Giorgio III che
i suddetti personaggi vissero e litigarono; buoni o cattivi, belli
o brutti, ricchi o poveri, adesso sono tutti uguali”. Saremo tutti
traditi e rivelati dal tempo, umiliati dai nostri corpi, spogliati
del nostro orgoglio.
Il film è un mausoleo del mito:
un monumento funerario che sta in piedi per sbriciolare le ossa
sotto di sé. Il granito è fatto per durare, ma noi ci trasformiamo
comunque in polvere, al suo interno. È l’anti-My Way (suonata ad
ogni matrimonio di gangster del mondo). Si sono rammaricati di
avere più di pochi. La strada non può essere annullata e alla fine
tutti affrontiamo l’equilibrio. Persino la voce fuori campo ha
portato De Niro a insinuarsi in un rimuginare senza senso.
Mi ricordo, in un documentario
su Rick Rubin, spiegava in che modo Johnny Cash cantava “Hurt”
(avendo vissuto e perso ed essendo andato all’inferno e ritorno)
gli diede una dimensione che non poteva avere nella voce il giovane
Trent Reznor (anche se l’aveva composta proprio lui). Questo film è
così. Scorsese lo ha cominciato mano nella mano con Schrader,
entrambi giovani, cercando Bresson. Questo film trasforma
magicamente tutti i miti gangster in rimpianto. Questo film lo
vivi. Non mostra mai la sensualità della violenza, mai lo
spettacolo, eppure è straordinariamente cinematografico.
Il film ha l’inesorabilità di
una crocifissione – dal punto di vista di Giuda. Ogni stazione
della croce è permeata dall’umorismo e da un senso di banalità –
futilità – i personaggi vengono introdotti con i loro epitaffi
sovrapposti sullo schermo: “È così che muoiono”. Non avrei mai
pensato di vedere un film in cui avrei tifato per Jimmy Hoffa- ma
l’ho fatto- forse perché, alla fine, lui, proprio come i Kennedy,
rappresentava anche la fine di un maestoso status postbellico in
America.
Pesci estremamente minimalista.
Magistrale. È come un buco nero, un attrattore di pianeti, materia
oscura. De Niro mi ha sempre affascinato quando interpreta
personaggi che colpiscono al di sopra del loro vero peso – o
intelligenza – Ecco perché lo amo così tanto in Jackie Brown.
Un’interazione interessante tra questi personaggi: Pesci, che ha
interpretato il mostro machiavellico, riacquista un’innocente
senilità, un oblio benigno, e il personaggio di De Niro – che ha
operato in un vuoto morale – acquisisce abbastanza consapevolezza,
da provare un’amara solitudine.
Credo che si guadagni molto se
incrociamo le nostre trasgressioni con come ci sentiremo negli
ultimi tre minuti della nostra vita, quando tutto diventerà chiaro:
i nostri tradimenti, le nostre grazie salvifiche e la nostra ultima
insignificanza. Questo film mi ha dato quella sensazione. Questo
film ha bisogno di tempo, tuttavia, deve essere elaborato come un
vero lutto. Arriverà in più fasi… Credo che la maggior parte del
suo potere affonderà, con il tempo, e causerà una vera
realizzazione. Un capolavoro. Il corollario perfetto [per] Quei
Bravi Ragazzi e Casino.
Vedetelo, Al cinema. Questo
film ha languito nel limbo della produzione per tanto tempo… averlo
qui, ora, è un miracolo. Sono le tre ore di cinema più veloci di
sempre. Non perdetelo.
Se pure avessimo avuto dei dubbi in
merito, Guillermo Del Toro sembra poterci
convincere tutti!
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