Ispirato a una storia vera,
Brave
ragazze, in sala dal 10 ottobre, racconta di quattro
donne di provincia, interpretate da Serena Rossi,
Ambra Angiolini, Silvia D’Amico e
Ilenia Pastorelli, che dopo l’ennesimo rovescio
della sorte, decidono di dare una svolta alle loro vite, in modo
non proprio ortodosso: rapinando la banca del paese. Nel cast anche
Luca Argentero, Massimiliano
Vado, Stefania Sandrelli e Max
Tortora.
La regista Michela
Andreozzi racconta così la genesi del suo secondo
lungometraggio, dopo Nove lune e
mezza: “La prima idea del film nasce
tantissimi anni fa assieme ad Alberto Manni.
Abbiamo iniziato con un ritaglio di giornale: un’intervista a una
delle rapinatrici, uscita dal carcere, che raccontava cosa le era
rimasto di quell’esperienza. C’erano situazioni così paradossali e
soprattutto, queste donne cavalcavano un pregiudizio: che le donne
non facciano certe cose e quindi, se ci travestiamo da uomini non
ci beccherà nessuno. Questo elemento è andato a colpire in un punto
a me caro, la questione della realizzazione femminile”.
“Dopo Nove lune e mezza abbiamo riletto questo
vecchio progetto con i produttori [Paco
Cinematografica ndr] e abbiamo deciso di farlo, anche
se era un azzardo, perché due anni e mezzo fa non c’era
l’attenzione che c’è in questo momento al femminile”.
Il film ricostruisce la provincia
italiana degli anni ’80. La regista spiega il motivo di questa
ambientazione e la scelta di Gaeta: “questa storia è successa
davvero negli anni ’80 […] I colpi che le rapinatrici
hanno messo a segno allora, con la tecnologia che c’è adesso non
sarebbero possibili. Poi mi interessava capire quanto la condizione
della donna di quegli anni sia cambiata o rimasta la stessa. Le
cose sono purtroppo cambiate poco, soprattutto per una certa fascia
sociale.
Ho deciso di girare a Gaeta
perché lì ho passato i miei anni ’80. Ho negli occhi scorci di mia
madre che cammina con mio fratello e mia sorella. Il gioco di Anna
coi figli è molto legato al ricordo che ho di mia madre in quegli
anni. Ho innestato i miei anni ’80 e la provincia che conoscevo con
la storia vera, accaduta in una zona centrale della Francia, vicino
ad Avignone, né Parigi, né Costa Azzurra. Allo stesso modo, Gaeta è
centrale, senza essere né Roma, né Napoli. Poi gli anni ’80 secondo
me sono fichissimi! […] L’idea di travestirsi da uomini,
di essere una “boy band” è stata di Ambra, ispirata ai Duran Duran,
e l’ho accolta subito”.
La regista individua poi il cuore
del film nello spirito di gruppo, nella solidarietà tra le
protagoniste, a suo avviso perfetta per veicolare un messaggio:
“il fatto che insieme si funziona come un organismo unico, si è
più forti e si possono anche fare cose sbagliate, ma grandi
cose”. E spiega così la scelta delle componenti di questo
affiatato cast: “Le ho individuate perché le ho viste nella mia
testa mentre scrivevo. Erano loro. […] Mi sono innamorata
in modi diversi di ciascuna. […] Sono state scelte per il
loro temperamento, perché hanno quattro caratteristiche diverse che
si sposavano bene con le loro caratteristiche umane: Ambra
Angiolini, una pasionaria; una … com’è Ilenia
Pastorelli? Originale. Serena Rossi
accogliente, e Silvia D’Amico un pezzo raro”.
Mentre per la componente maschile: “Luca
Argentero per me rappresenta gli uomini
positivi”. “Il suo personaggio è un uomo che non ha
pregiudizi; mentre è stato divertente dirigere mio marito
(Massimiliano Vado ndr) in un ruolo
abominevole [quello di un uomo rozzo e violento nei confronti
della moglie Maria, interpretata da Serena Rossi, ndr], perché
avendolo in casa, sapevo dove potevo andare a spingere”.
Ecco invece come gli attori vedono
i propri personaggi. Ambra Angiolini descrive Anna
come “una donna indipendente dalla formalità, da ciò che si
dovrebbe fare se hai due figli, […] una che si inventa la
vita senza farne per forza una fiaba e non la racconta neanche ai
suoi figli questa storia per forza a lieto fine, spera che accada e
giorno per giorno inventa qualcosa di diverso”. Per l’attrice
il tratto peculiare della pellicola è la gentilezza: “E’ un
film gentile e la gentilezza è abbastanza rara di questi
tempi. […] Tutta questa schifezza che si trova in giro,
sui social. La gentilezza non c’è, per cui è un film futurista, è
quello che dovremmo tornare a essere, pur trattando argomenti
sbagliati come le rapine in banca. Il film non è gli anni ’80, è
quello che dovremmo essere nel 2020”.
Serena Rossi ci
tiene a sottolineare che sul set “c’è stato un grande
rispetto di tutte verso tutte”. La sua Maria, la cui storia,
dice, “mi commuove sempre”, “è una donna devota alla
Madonna, alla famiglia, al marito violento, cattivissimo,
spaventosissimo e ha questo gruppo di amiche che in qualche modo la
salva. Tutte la vogliono proteggere, ma è lei che non si protegge
da sola, perché pensa che quella sia la sua condizione, la sua
normalità, cosa purtroppo comune a tante donne anche oggi. Però,
grazie all’amicizia di altre femmine riesce a trovare la forza di
fare un gesto eclatante. Attraverso questo percorso lei capirà
quello che vuole davvero, che può avere anche altro dalla vita, che
merita di più. […] Io l’ho amata molto, ho avuto anche un
sacco di dolori per colpa sua. Ero così tesa nelle scene con
Massimiliano, che il giorno dopo avevo dolori
dappertutto”.
Ilenia Pastorelli
afferma che Chicca è stato per lei “un personaggio bellissimo
perché ha molte sfaccettature, anche un po’ diverso: in genere
faccio sempre la fidanzata o l’amica di, sono sempre subordinata a
una figura maschile. Invece in questo caso il mio personaggio fa
parte di un gruppo di donne, è ribelle, arriva a farsi molte
domande su sé stessa, sulla sua sessualità. […] Mi ha
permesso di togliere quella parte femminile in eccesso”. Con
essa, anche i tacchi, per indossare con disinvoltura i più comodi
camperos vintage della regista.
Per Silvia
D’Amico, che nel film è Caterina, sorella di Chicca, la
forza del quartetto di attrici e di personaggi di cui fa parte
“sono le diversità”. “Il messaggio nuovo del film è
che l’unione di un gruppo di donne può dare forza e può portare a
un certo tipo di realizzazione, nonostante le grandissime
differenze e le difficoltà che ci sono. Noi abbiamo vissuto questo
davvero mentre eravamo a Gaeta, perché non ci conoscevamo prima, ed
è successa questa magia. Michela è stata una bravissima direttrice
d’orchestra. È bello avere una regista donna che ha capito i nostri
punti deboli e i punti di forza. Ci ha spinte ad osare in certe
direzioni che probabilmente nessuna di noi aveva mai provato
prima”.
Luca Argentero si
dice orgoglioso di far parte del progetto e convinto sostenitore
del punto di vista della regista sul cinema, della sua voglia di
raccontare al femminile. “Un’esigenza che forse c’è perché lo
sguardo di Michela è molto attento e preciso. Nulla è lasciato al
caso, anche per un personaggio strumentale alla storia come il mio.
C’è questa dovizia di particolari, l’essere scrupolosa, che
contrasta con l’euforia di un gruppo di donne scalmanate”.
“Non dovrebbe esserci l’esigenza di sottolinearlo, ma è
importante che ci sia una donna così oggi, qui, a presentare questo
film”. Altro motivo che lo ha convinto ad accettare il ruolo
dell’ispettore Morandi, aggiunge l’attore, è stata “la
possibilità di fare un’altra piccola trasformazione, che per gli
attori è sempre divertente. Michela mi mandava foto di Tom Selleck
e William Hurt, mentre io guardavo l’album di famiglia e vedevo mio
padre, sono uguale a lui negli anni ’90”. “Il cuore del
film”, dice infine, “per me è il coraggio: lo stesso
Morandi ha il coraggio di prendere in mano la sua vita. È una
storia in cui i protagonisti decidono di prendere in mano la loro
vita e renderla migliore di quello che è”.
Diretto da Michela
Andreozzi, Brave Ragazze è in sala dal 10 ottobre,
distribuito da Vision Distribution.
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