Eagle Pictures ha finalmente
rilasciato il trailer
ufficiale di
Hellboy – L’uomo deforme, reboot cinematografico
diretto da Brian Taylor e basato sulla celebre saga di
Mike Mignola. La
pellicola, con Jack
Kesy nei panni del demone rosso, approderà nelle sale
italiane il 6 agosto 2025.
Cosa succede in Hellboy –
L’uomo deforme
Ambientato negli anni ’50 negli
oscure foreste degli Appalachi, Hellboy – L’uomo
deforme riprende il celebre fumetto “L’uomo deforme” e si
presenta come un horror-folk intenso e caratterizzato da
un’atmosfera cupa. Dopo una campagna promozionale passata quasi
sotto silenzio, il nuovo trailer offre finalmente uno sguardo
nitido su effetti visivi, creature soprannaturali e l’approccio
horror del regista, confermando un tono più oscuro rispetto alle
versioni precedenti.
In quello che presumiamo essere un
filmato di pochi secondi del prossimo trailer, vediamo Johnny
chiedere al suo scontroso compagno di squadra che ore sono. Ben
risponde con un brusco “è ora di cena“.
Finora non abbiamo visto molta
interazione tra i due, ma questo è un buon segno che la dinamica
spesso conflittuale tra fratello maggiore e fratello minore (almeno
Johnny sembra divertirsi a prendere in giro Ben) verrà ripresa dai
fumetti.
Il film Marvel Studios I
Fantastici Quattro: Gli Inizi introduce la prima
famiglia Marvel composta da Reed Richards/Mister Fantastic
(Pedro
Pascal), Sue Storm/Donna Invisibile (Vanessa
Kirby), Johnny Storm/Torcia Umana (Joseph
Quinn) e Ben Grimm/la Cosa (Ebon
Moss-Bachrach) alle prese con la sfida più difficile
mai affrontata. Costretti a bilanciare il loro ruolo di eroi con la
forza del loro legame familiare, i protagonisti devono difendere la
Terra da una vorace divinità spaziale chiamata Galactus
(Ralph Ineson) e dal suo enigmatico Araldo, Silver
Surfer (Julia Garner). E se il piano di Galactus
di divorare l’intero pianeta e tutti i suoi abitanti non fosse già
abbastanza terribile, la situazione diventa all’improvviso una
questione molto personale.
Il film è interpretato anche da
Paul Walter Hauser, John Malkovich, Natasha Lyonne
e Sarah Niles. I
Fantastici Quattro: Gli Inizi è diretto da
Matt Shakman e prodotto da Kevin Feige, mentre Louis D’Esposito, Grant
Curtis e Tim Lewis sono gli executive producer.
Uno spot televisivo di Superman appena
pubblicato sembra rivelare la
modifica apportata dal regista
James Gunn a una sequenza chiave che mostra
l’Uomo di Domani in volo. In precedenza era stata criticata
dai fan. Quando è stato pubblicato il primo spot
televisivo di 30 secondi di Superman, i fan più
pignoli non hanno tardato a concentrarsi su un momento in
particolare.
Si trattava di un frammento
dell’Uomo d’Acciaio di
David Corenswet in volo. Non si può negare che ci
fosse qualcosa di strano nella sequenza, ma ciononostante è
sembrato strano mettere in risalto quella che, inizialmente,
sembrava un’inquadratura piuttosto innocua. Comprensibilmente,
però, ha sollevato preoccupazioni riguardo alla fase degli effetti
visivi di Superman.
Poco dopo che il regista
James
Gunn ha confermato di aver utilizzato una ripresa
diversa per quella scena (una decisione che molti sono convinti
derivi dal fatto che abbia trascorso così tanto tempo sui social
media a leggere le lamentele dei fan), ora sembra che abbiamo la
versione aggiornata.
Come si nota, è un’inquadratura di
Superman molto migliorata, anche se probabilmente
continuerà a dividere le opinioni, dato quello che sembra essere un
modo estremamente unico di girare le sequenze di volo da parte di
Gunn.
“Era uno spot televisivo e non
una ripresa con effetti visivi completa“, ha recentemente
dichiarato il regista di Superman in merito alle reazioni negative.
“Quindi la parte in cui volava, era una fotografia del suo
volto e di lui che volava. Era una fotografia di un drone che
volava davanti a uno sfondo reale. Quindi tutti i pezzi erano
reali, ma è stata incorporata in un modo un po’ bizzarro.”
“Non mi è piaciuta molto quella
scena, quindi non è nemmeno quella che c’è nel film. A volte sono
piuttosto severo quando guardo un trailer e guardo ogni singola
scena, ma a volte, con le pubblicità, mi dimentico di guardarla
attentamente”, ha aggiunto Gunn. “Quindi quella mi è
sfuggita.”
Qualche settimana fa, abbiamo
sentito che Superman era stato rimontato, ed è
difficile non chiedersi quanto Gunn stia cercando di rendere felici
i fan online del film. Anche il color grading, ad esempio, sembra
essere stato modificato dopo essere stato un grande argomento di
discussione in precedenza.
Nel cast anche
Rachel Brosnahan,
Nicholas Hoult, Edi Gathegi, Anthony Carrigan,
Nathan Fillion,
Isabela Merced, Skyler Gisondo, Sara Sampaio, María Gabriela de
Faría, Wendell Pierce,
Alan Tudyk, Pruitt Taylor Vince e Neva
Howell. Il film sarà al cinema dal 9
luglio distribuito da Warner Bros.
Pictures.
“Superman”, il
primo film dei DC Studios in arrivo sul grande schermo, è pronto a
volare nei cinema di tutto il mondo quest’estate, distribuito da
Warner Bros. Pictures. Con il suo stile inconfondibile, James Gunn
trasporta il supereroe originale nel nuovo universo DC reinventato,
con una miscela unica di racconto epico, azione, ironia e
sentimenti, consegnandoci un Superman guidato dalla compassione e
da una profonda fiducia nella bontà del genere umano.
Produttori esecutivi di
“Superman” sono Nikolas Korda, Chantal Nong Vo e
Lars Winther. Dietro la macchina da presa, Gunn si è avvalso del
lavoro di suoi collaboratori fidati, tra cui il direttore della
fotografia Henry Braham, la scenografa Beth Mickle, la costumista
Judianna Makovsky e il compositore John Murphy, oltre al
compositore David Fleming (“The Last of Us”), ai montatori William Hoy
(“The Batman”) e Craig Alpert (“Deadpool 2”, “Blue Beetle”).
È stato annunciato questa mattina il
programma della dodicesima edizione del LIFF –
Lamezia International Film Fest, che si terrà a
Lamezia Terme dal 14 al 19 luglio 2025, durante
una conferenza stampa presso la Biblioteca Oreste Borrello, a
Lamezia Terme.
LIFF arriva alla sua dodicesima
edizione e conferma tutte le sezioni, a partire dal concorso
internazionale Colpo d’Occhio, per i cortometraggi
e i feature film inediti in sala.
Quest’anno la sezione
Monoscopio omaggia uno dei più amati attori,
registi e sceneggiatori italiani: Michele Placido,
che sarà anche il gradito ospite d’onore del festival e che
riceverà il Premio Ligeia durante una serata a lui
dedicata.
Novità di quest’anno è la sezione
LIFFfuori, pensata e organizzata per un festival
più diffuso, in grado di coinvolgere il territorio e le istituzioni
locali.
“Ogni anno è una nuova
partenza”, dichiara il direttore GianLorenzo Franzì, che
annuncia una felicissima collaborazione. “Il LIFF12 inizia con
tante novità, prima fra tutte la collaborazione con il
Romics che ci rende particolarmente fieri: sarà
infatti grazie alla partnership con una delle fiere più importanti
d’Italia che siamo onorati di organizzare una mostra dedicata a uno
dei fumetti cult italiani. Un evento speciale di cui riveleremo a
brevissimo tutti i dettagli”.
Fra le tante partnership, non poteva
mancare quella con chi, sul territorio, si prodiga per la
diffusione, la conservazione e la divulgazione di opere
cinematografiche e audiovisive. Continua Franzì: “Sarà con noi
quest’anno anche la Cineteca della Calabria, a sancire una
collaborazione preziosa, quella con il Reggio Calabria Film
Festival e l’Asti Film Festival: questo perché stiamo tessendo una
vera rete virtuosa di realtà dell’audiovisivo (e non solo) per fare
in modo che il LIFF e i festival ad esso collegati diventino centro
nevralgico per la diffusione della cultura dell’immagine”.
“Ovviamente, un grazie va sempre
alla Calabria Film Commission, perché il progetto del LIFF12
viene organizzato a valere sull’Avviso Pubblico per il Sostegno
alla Realizzazione di Festival e Rassegne cinematografiche e
audiovisive in Calabria 2025”.
La locandina del
LIFF12 è stata affidata ancora una volta
all’artista Pasquale De Sensi. Quest’anno
l’immagine principale del festival è dedicata a David Lynch e al
suo The Elephant Man.
In un mondo sempre meno propenso
all’empatia, in un presente di conflitti e di disumanizzazione in
favore dei freddi numeri, il LIFF12 – Lamezia International
Film Fest sceglie “I am a human
being” come claim ufficiale. Un grido che, nel preciso
momento storico internazionale che stiamo attraversando, si fa
sempre più universale e necessario.
L’ottava edizione
del Saturnia
Film Festivalscalda i motori:
dal 30 luglio al 3 agosto 2025,
l’appuntamento cinematografico itinerante tornerà a far vivere
alcuni dei borghi più suggestivi della Maremma con proiezioni,
incontri e racconti d’autore.
Promosso dall’associazione culturale
ARADIA PRODUCTIONS, con la presidenza
di Antonella Santarelli e la direzione
artistica del regista Alessandro Grande, il
festival conferma la sua vocazione nel valorizzare
il nuovo cinema di qualità, offrendo spazio e
visibilità a talenti emergenti attraverso due sezioni competitive
dedicate a
lungometraggi e cortometraggi.
Anche quest’anno, le proiezioni dei concorsi saranno arricchite da
incontri con ospiti di rilievo.
In apertura di festival sarà infatti
Lillo Petrolo l’ospite d’eccezione della
serata a Saturnia. Artista poliedrico e amatissimo dal
pubblico, Lillo, volto iconico tra cinema,
teatro, televisione, radio, oltre che doppiatore e autore, sarà
ospite del Saturnia Film Festival, forte di una carriera
trasversale che coniuga comicità, talento creativo e una
sorprendente versatilità espressiva.
Familia Film 2024 Francesco Costabile – Screenshot dal trailer di
Youtube
Il concorso lungometraggi sarà
l’occasione per scoprire opere capaci di raccontare la complessità
del presente con sguardi innovativi e autentici. A presentare i
film selezionati saranno: Francesco
Costabile con Familia,
storia di violenza domestica tratta dal romanzo “Non sarà sempre
così” di Luigi Celeste e magistralmente interpretata da Barbara
Ronchi, Francesco Gheghi (miglior attore nella sezione Orizzonti a
Venezia 2024) e Francesco Di Leva (miglior attore ai David di
Donatello); Christian Filippi con la sua
opera prima Il mio
compleanno, racconto di una generazione a cui
non è concessa la libertà di sbagliare; Stefano
Lorenzi con Afrodite,
una storia d’amore coraggiosa e ricca di intensità con due
straordinarie protagoniste come Ambra Angiolini e Giulia
Michelini.
Ricchissima anche la selezione del
concorso cortometraggi. Tra i titoli internazionali:
I’m not a robot di Victoria
Warmerdam, premio Oscar 2025 per il cortometraggio, in cui la
protagonista scopre una verità sconvolgente nel tentativo di
superare dei test CAPTCHA; La
compañía di José María Flores, che segue una
coppia nella sua serata libera che si ritrova tra una folla
radunatasi intorno a qualcosa; The boy with the
white skin di Simon Panay, storia di un ragazzo
albino in un villaggio africano, alle prese con il peso della
discriminazione e la ricerca della propria identità in un mondo che
lo guarda con diffidenza. Per il concorso
Italia: Marcello, diretto
da Maurizio Lombardi e interpretato da
Francesco Gheghi, film vincitore del Nastro d’Argento per il
cortometraggio è una dichiarazione d’amore al cinema
attraverso la storia di due ragazzi della periferia romana che
distruggono il bar del boss del quartiere e si ritrovano alla fuga;
Francesco Gheghi è inoltre regista di La buona
condotta, sorprendente esordio dietro la macchina da
presa per un racconto girato tutto in una notte in cui una famiglia
si ritrova a fronteggiare una rivelazione
sconvolgente; Majoneze, in cui la
regista Giulia Grandinetti firma un atto di ribellione femminista
con questi 23 minuti raccontati con movimenti di macchina nervosi,
ritmo serrato e scelte stilistiche audaci che sfidano ogni
convenzione; Superbi di Nikola
Brunelli, in cui il protagonista forte del prestigio del suo
storico negozio di olive ascolane ignora che l’arrivo del giovane
Ismail e delle sue olive fritte metterà in discussione non solo il
suo mestiere, ma anche l’eredità che credeva
intoccabile; Billi il cowboy di
Fede Gianni, storia di autodeterminazione con protagonista una
bambina che si sta per lasciare alle spalle l’infanzia.
Tornano anche i film d’animazione
con: Playing God di Matteo
Burani, storia del legame tra una Creatura d’argilla e il suo
Creatore, un racconto sul contrasto inconsapevole tra creazione e
distruzione, scelta e destino, amore e
ossessione; Portrait Not
Landscape di Erik Howell, una gara d’arte che
porta a un’interpretazione severa delle
regole; Cafunè di Carlos F. De Vigo
e Lorena Ares, commovente racconto su una bambina rifugiata che
rivive il trauma del naufragio di cui è l’unica sopravvissuta.
Quest’anno il Saturnia Film Festival
in collaborazione con le associazioni Olympia de Gouges e Mujeres
nel Cinema ospita inoltre la sezione “Sguardi di donne”, che si fa
portavoce di prospettive femminili forti e originali, raccogliendo
storie di ribellione, intimità, memoria e lotta interiore. Dai
paesaggi del Sud Italia alle tensioni familiari contemporanee, dai
silenzi del Mediterraneo ai ricordi che riaffiorano, i cinque film
selezionati – Amarena di Sabrina
Iannucci, La Femmina di Nuanda
Sheridan, No name di Silvia
Estella Ondina Sanna, In the
box di Francesca Staasch e Il
presente di Francesca Romana Zanni – tracciano
un percorso potente e sensibile attraverso lo sguardo femminile sul
mondo. Nella sezione verrà presentato anche il trailer
de La Villa di Alvaro Raul
Diamanti.
Completa il programma del festival
la sezione Art Short School, diretta da David
Pompili, con i video degli studenti dell’Istituto Gandhi di Narni
che resteranno visibili al Polo Culturale Le Clarisse di
Grosseto per tutte le giornate del festival oltre che al Polo
Culturale Pietro Aldi di Saturnia.
Mentre la trama del film
Copycat – Omicidi in serie diretto da Jon Amiel giunge alla
sua conclusione, la dottoressa Helen Hudson si
trova ad affrontare una minaccia reale da parte del killer
imitatore e dei demoni della sua mente, mentre lui si avvicina
sempre più a compiere il suo piano contro di lei. La detective
Mary Jane Monahan corre invece contro il tempo per
evitare una tragedia all’università. Il killer di questa storia
intende completare l’ultimo pezzo del puzzle nel suo grandioso e
violento tributo agli assassini del passato che idolatra. La
psicologa criminale e la detective devono quindi usare più del loro
ingegno se vogliono sopravvivere alla prova e raggiungere la
salvezza e la libertà.
La trama di Copycat –
Omicidi in serie
La dottoressa Helen
Hudson (Sigourney
Weaver) è una ricercata psicologa criminale
specializzata nella profilazione dei serial killer. Dopo aver
tenuto un’interessante lezione sulla sua area di competenza
all’università, sopravvive a un tentativo di strangolamento da
parte di un uomo psicotico di nome Daryll Lee
Cullum. L’aggressore voleva torturarla lentamente prima di
ucciderla. Tredici mesi dopo l’incidente, vive una vita appartata a
San Francisco. Tormentata da un grave caso di disturbo da stress
post-traumatico e agorafobia associati all’incidente, trovando
impossibile uscire dal suo appartamento. Mentre la psicologa si
adatta alla sua nuova realtà, con solo il suo amico Andy ad
assisterla, le cose prendono una brutta piega quando una donna
viene trovata assassinata in una vasca da bagno e un killer entra
in azione in città.
La detective della omicidi
Mary Jane Monahan (Holly Hunter)
chiede quindi l’aiuto della dottoressa Hudson per arrestare
l’aggressore. Monahan, insieme al suo partner Ruben
Goetz, collabora con Helen per trovare indizi che possano
condurli al criminale prima che colpisca di nuovo. Le speculazioni
dei media sui delitti alimentano il panico in città, creando un
senso di disperazione nel dipartimento di polizia, che vuole
risolvere rapidamente il caso. La profiler criminale, attraverso
l’osservazione dei fatti, conclude che si tratta di un caso di
omicidi seriali. Mentre continua a lavorare con gli agenti di
polizia, diventa chiaro che qualcuno sta perseguitando la psicologa
nonostante lei non esca dal suo appartamento.
Lo spazio personale di Helen viene
invaso a sua insaputa e la sua ansia peggiora, data questa
violazione della sua sicurezza. Sulla base di ulteriori prove
raccolte dopo altri omicidi, la psicologa nota che l’assassino sta
cercando di copiare i modelli di altri serial killer noti nei suoi
omicidi e, in modo folle, rende loro omaggio. Quello che segue è un
gioco al gatto e al topo tra l’assassino e la squadra che lo
insegue, che porta a più sangue, brutalità e panico nella città.
Mentre la squadra fa progressi significativi nel capire l’identità
del criminale, viene rivelato che Helen stessa è il suo obiettivo
principale. Deve dunque superare grandi difficoltà per uscire viva
da questa situazione.
Sigourney Weaver in Copycat – Omicidi in serie
La spiegazione del finale: chi
stava davvero cercando di uccidere Helen e perché?
Il killer imitatore, Peter
Foley, insegue senza sosta la dottoressa Helen Hudson per
tutta la trama. I suoi sforzi culminano nell’intrappolarla nello
stesso bagno dell’università dove lei era sopravvissuta all’inizio.
Il climax del film porta così a una rivelazione sconvolgente con
conseguenze disastrose. In una scena terrificante ambientata
all’interno di una cella di prigione, si scopre che Daryll Lee
Cullum era la mente dietro tutti gli omicidi seriali commessi a San
Francisco da Peter Foley, e che intendeva completare il suo
capolavoro convincendo il suo discepolo e seguace, Peter, a
uccidere la psicologa criminale.
All’inizio del film, Daryll Lee
Cullum appare come un uomo molto violento con un’estrema
propensione all’omicidio, che non solo uccide le persone, ma ne
gode anche. In una scena a metà della trama, Daryll invia a Helen
una copia del suo libro “My Life With A Knife”, in cui ha
scritto delle sue avventure omicide all’interno di una cella di
prigione. Contattato da Helen e Monahan tramite una videochiamata,
che intendono saperne di più sul killer emulatore, Daryll rivela di
conoscere il colpevole, ma accetta di parlarne solo se la psicologa
gli manderà un paio di suoi indumenti intimi. A questo punto, viene
dato agli spettatori un sottile indizio che Daryll potrebbe sapere
più di quanto lasci trasparire. La sua presenza squilibrata
dimostra che ha il controllo della situazione.
Daryll, nella sua copia del libro,
scrive una nota molto allusiva a Helen, mostrando la sua ossessione
sessuale per lei. Non riesce proprio a liberarsi della sua
ossessione tossica; l’unico modo in cui pensa di poter porre fine a
tutto questo è vederla violentata e uccisa. Sebbene non sia
esplicito, si può dedurre che abbia fatto il lavaggio del cervello
a Peter per fargli eseguire i suoi ordini e gli abbia anche
suggerito di seguire uno schema di omicidi, copiando i metodi di
famosi serial killer nell’ordine esatto menzionato dalla psicologa
nel suo discorso all’università. Il piano contorto di Daryll alla
fine fallisce, ma questo non lo disturba, poiché la sua ossessione
per la psicologa criminale continua, diventando ancora più
tossica.
Holly Hunter e Dermot Mulroney in Copycat – Omicidi in
serie
Qual è il significato del messaggio
di Cullum?
Nella scena finale agghiacciante,
Daryll Lee Cullum scrive un messaggio a un altro discepolo, un uomo
sconosciuto di nome Conrad. Dopo il fallimento di
Peter Foley nel portare a termine l’ultimo omicidio, Cullum prende
provvedimenti per garantire che il suo obiettivo rimanga vivo. È
diventato essenzialmente un leader di una setta mentre era seduto
nella sua cella di prigione. Intende quindi ispirare altri uomini a
diventare serial killer e a trovare un senso alla loro vita. L’idea
della solitudine maschile e della mancanza di direzione nella vita
dei giovani uomini è stata brillantemente catturata nella
narrazione del film.
Dalla sua lettera a Conrad, si può
dedurre che Daryll si considera una figura religiosa all’interno
del suo pantheon di seguaci. Vuole riconoscere e onorare coloro che
ritiene degni. Con inquietanti sfumature religiose, cerca di
stabilire un nuovo ordine di uomini zelanti disposti a uccidere per
ottenere ciò che meritano nella vita. Finché i suoi discepoli non
lo deludono, possono ricevere buoni doni, che in questo caso sono
un paio di indumenti intimi appartenenti a Helen. È un trofeo che i
suoi seguaci possono custodire e che riconosce la sua
leadership.
Daryll, in una parte specifica della
lettera, dice: “Peter si è allontanato dal sentiero e il
Signore lo ha punito severamente. Quindi mantieni le cose semplici.
Allora la gloria sarà vostra… e “la vendetta è mia”, come dice il
Vangelo. So che capirai cosa intendo. Buona caccia, socio“. È
chiaro che Daryll è deluso dal fatto che Peter non abbia raggiunto
l’obiettivo finale, ma ne attribuisce il merito al Signore e crede
che il Signore stia tenendo in vita Hudson per un motivo. Il suo
obiettivo finale è ottenere la salvezza attraverso la vendetta
contro Helen, e non si fermerà finché non avrà raggiunto questo
obiettivo.
Harry Connick Jr. in Copycat – Omicidi in serie
La dottoressa Hudson cura la sua
agorafobia
Alla fine del film, Helen Hudson è
di nuovo intrappolata nel bagno dell’università. Peter Foley la
lega e intende finire ciò che Daryll ha iniziato. Grazie
all’intervento di Monahan e a un abile diversivo, lei scappa dal
bagno e corre per salvarsi la vita. Possiamo supporre che questo
sia il punto in cui la sua agorafobia ha raggiunto un livello
estremo. Peter la insegue sul tetto dell’università. Lei affronta
di nuovo le sue peggiori paure, proprio come all’inizio della
trama. Questa volta è pronta ad affrontare la morte, chiedendo
persino a Peter di farlo. È finalmente pronta a liberarsi dalla sua
paura e ad accettare la realtà. Tuttavia, viene salvata all’ultimo
momento da Monahan, che è sopravvissuta ai colpi di pistola di
Peter grazie al suo giubbotto antiproiettile.
Quello che succede qui è un caso
involontario di terapia dell’esposizione, utilizzata dagli
psicologi per curare le fobie nei pazienti. A causa della sua
esperienza del peggiore scenario possibile nel bagno e sul tetto,
Helen è stata esposta agli estremi della sua agorafobia. Essendo
lei stessa una psicologa, possiamo supporre che ne trarrà
beneficio, dato che sopravvive nonostante le probabilità siano
contro di lei. L’intervento tempestivo di Monahan le dimostra anche
che non è sola nella sua lotta. Grazie alla combinazione
dell’esposizione alla paura e alla sopravvivenza con l’aiuto di un
amico, è logico supporre che superi la sua agorafobia e inizi a
vivere una vita migliore. Monahan sarà invece probabilmente
promossa a una posizione più alta all’interno del suo dipartimento
di polizia e continuerà a combattere il crimine a San
Francisco.
La storia vera di Gran Turismo è unica tra gli adattamenti da
videogiochi, poiché la trama non è tratta propriamente dal gioco da
cui prende il nome ma ruota attorno al giocatore di Gran Turismo
nella vita reale, Jann Mardenborough, le cui
abilità nel gioco di corse lo portano a partecipare a una serie di
competizioni videoludiche sponsorizzate da Nissan. Le abilità di
Mardenborough in Gran Turismo gli permettono di passare
dal gioco alla guida di una vera auto da corsa e di iniziare una
carriera da pilota.
Gran Turismo è
diretto da Neill Blomkamp e sceneggiato da
Jason Hall di American Sniper e
Zach Baylin di King Richard. Gran
Turismo fa parte dell’impegno congiunto di PlayStation
Productions per adattare i suoi titoli di gioco più popolari in
progetti live-action. Tuttavia, mentre altri adattamenti di
videogiochi traggono la loro narrazione dai giochi, il film di
Gran Turismo del 2023 è basato su eventi reali.
Jann Mardenborough non è un personaggio, ma una
persona reale, ed è il suo incredibile viaggio alla base della
storia vera su cui è basato il film.
La vera storia del gioco Gran
Turismo
Dal debutto del 1997 all’avvento di
GT Academy
Per oltre 25 anni,
Gran Turismo è stato uno dei videogiochi di corse
di maggior successo nella storia dei videogiochi per console. Il
primo gioco è uscito nel 1997, offrendo qualcosa di incredibilmente
diverso da ciò a cui i giocatori erano abituati. All’epoca, la
maggior parte dei giochi di corse erano in stile arcade, per lo più
giochi di velocità esagerati con curve spericolate e prestazioni
irrealistiche. Gran Turismo cambiò tutto. Il gioco
introdusse prestazioni di guida realistiche su strade reali a bordo
di auto reali che i giocatori potevano potenziare nel tempo.
Il primo gioco con licenza di
veicoli che nessun altro gioco aveva mai tentato e creò
un’esperienza divertente tanto per i giocatori quanto per gli
appassionati di motori e auto. Grazie alla potenza della prima
PlayStation, i giocatori non avevano mai visto nulla di simile
sulle loro console televisive. Quando il sequel uscì due anni dopo,
tutto era più grande e migliore, con più auto e nuovi eventi rally.
Anche Need for Speed III aveva auto con licenza, ma non eguagliò
mai l’esperienza di guida realistica di Gran Turismo.
Gran Turismo 4 alzò ulteriormente la
posta in gioco. Ora c’erano oltre 700 auto diverse tra cui
scegliere e c’erano anche diversi tracciati reali. Ciò significava
che i giocatori gareggiavano con auto vere, utilizzando tecniche di
guida reali, su veri circuiti da corsa su cui gareggiavano i
professionisti. Era chiaro il motivo per cui era iniziato
l’allenamento per Gran Turismo nel mondo reale: non esisteva una
simulazione migliore per questi difficili tracciati, e tutti erano
disponibili sulla console PlayStation. Fu con Gran Turismo
5 che Polyphony lanciò la GT Academy.
Chi è il vero Jann
Mardenborough?
Spiegazione del personaggio di
Archie Madekwe in Gran Turismo
Il vero Jann
Mardenborough è la base della vera storia di Gran
Turismo, ed è ancora oggi un pilota automobilistico
attivo. Mardenborough è nato a Darlington, nella contea di Durham,
in Inghilterra, nel 1991. È figlio di Steve Mardenborough, un ex
calciatore professionista che ha collezionato più di 300 presenze
nella Football League nel corso della sua carriera.
La vera storia di Gran
Turismo è stata leggermente modificata per il film, ma a
grandi linee si attiene all’incredibile ascesa di Jann
Mardenborough da giocatore di Gran Turismo a
pilota professionista di auto da corsa. Crescendo, Mardenborough
era un appassionato giocatore della serie di giochi di corse Gran
Turismo per PlayStation. La sua abilità come giocatore di
Gran Turismo lo ha poi portato a una carriera da pilota
professionista di auto da corsa, entrando nella GT Academy.
Nel film Gran Turismo, Jann
Mardenborough è interpretato da Archie
Madekwe, attore britannico noto per il suo ruolo nella
serie di Apple TV See. Il padre di Mardenborough è
interpretato da Djimon Hounsou, noto per il suo
ruolo di Juba ne Il Gladiatore. Sua madre, Lesley
Mardenborough, è interpretata da Geri Halliwell,
meglio conosciuta come “Ginger Spice” delle Spice Girls.
Jann Mardenborough ha vinto la GT
Academy nel 2011
La storia di Mardenborough nel film
Gran Turismo è quasi fedele alla realtà
La storia di Gran Turismo è
iniziata con la fondazione della GT Academy, nota anche come
Nissan PlayStation GT Academy. Come si vede nel film, l’iniziativa
si proponeva di offrire ai migliori giocatori di Gran Turismo
l’opportunità di mettere alla prova le proprie abilità di guida nei
videogiochi su un circuito reale, con l’obiettivo di avviare una
carriera da pilota professionista. L’accademia è stata finanziata
da Nissan e Sony Interactive Entertainment dal 2008 al 2016.
Come si vede nel film, i giocatori
di Gran Turismo che vincevano una serie di competizioni
videoludiche per dimostrare il proprio valore venivano ammessi
all’accademia per imparare a guidare una vera auto da corsa, con la
possibilità di guadagnarsi un posto nella scuderia Nissan. Dopo
aver vinto una serie di competizioni con le sue abilità di gioco in
Gran Turismo, il vero Jann Mardenborough si è
guadagnato un posto nella GT Academy. Nel 2011, Mardenborough ha
battuto altri 90.000 partecipanti, diventando il terzo e più
giovane vincitore della GT Academy.
Questa vittoria gli ha permesso di
guidare per Nissan alla 24 Ore di Dubai. Prima di entrare nella GT
Academy all’età di 19 anni, il vero Jann
Mardenborough non aveva alcuna esperienza di corse né
alcun interesse serio per le auto da corsa reali al di fuori dei
videogiochi di Gran Turismo. Questo rende la sua storia una rarità
nel mondo degli sport motoristici e una base unica per un film
biografico sportivo.
Darren Cox ha fondato la GT
Academy
Anche il personaggio di Orlando
Bloom è stato una parte fondamentale della vera storia di Gran
Turismo
Un altro modo in cui il
film rispecchia da vicino la vera storia di Gran Turismo è
attraverso il personaggio di Orlando Bloom, Danny
Moore, basato su Darren Cox. La GT Academy è stata
ideata da Cox, un uomo d’affari britannico e dirigente marketing
del motorsport che ha iniziato la sua carriera in Renault 10 anni
prima di passare a Nissan. Due anni dopo, è passato a Nissan Europe
(tramite Autosport).
L’idea della GT Academy venne
concepita da Cox per la prima volta nel 2005, quando era direttore
generale di Nissan Europe (secondo il New York Times), ma non venne
concretizzata fino alla partnership tra Sony e Nissan per la
creazione della Nissan GT Academy nel 2008. Dei 23 diplomati
dell’accademia di Cox, sia Jann Mardenborough che Lucas Ordóñez
salirono sul podio alla 24 Ore di Le Mans.
Il ruolo di Cox nella fondazione
della GT Academy e nel lancio della carriera di Mardenborough è
trattato nel film Gran Turismo. Tuttavia, mentre nel film
Mardenborough mantiene il suo vero nome, la caratterizzazione di
Darren Cox in Gran Turismo è sufficientemente romanzata da spingere
gli sceneggiatori a cambiargli il nome in Danny Moore.
Durante il suo mandato in Nissan, in
seguito al successo della GT Academy, Darren Cox ha anche guidato
la Nissan Deltawing, la Nissan ZEOD elettrica per il record di Le
Mans, il prototipo Juke R, i programmi motore LMP2 e LMP3 e il
programma Nissan LMP1. Nel 2016, dopo aver lasciato Nissan, Cox è
rimasto nel mondo dei gamer diventati piloti e ha fondato il primo
team di corse e-sport professionistico, eSPORTS+CARS (tramite
AutoHebdo).
Leah o gli altri piloti della GT
Academy sono persone reali?
I rivali di Mardenborough sono
tutti immaginari
Sebbene gran parte del
film sia radicato nella storia vera di Gran Turismo, sono stati
aggiunti diversi personaggi non reali. Leah Vega, ad esempio, non è
una vera pilota di GT Academy. Si vocifera, tuttavia, che il
personaggio sia vagamente ispirato al pilota di GT Academy, Lucas
Ordóñez.
Nel film di Gran Turismo,
Mardenborough è visto in rivalità con Matty Davis, interpretato da
Darren Barnet di Non ho mai. Davis non è una persona reale, ma
secondo Slashfilm, il personaggio potrebbe essere basato sul
collega pilota di Mardenborough, Bryan Heitkotter. Anche il
personaggio di Josha Stradowski, Nicholas Capa, non è una persona
reale e non è stato segnalato che sia basato su nessuno.
Jack Salter di Gran Turismo non è
una persona reale
Il personaggio di David Harbour non
fa parte della storia vera di Gran Turismo
Oltre ai colleghi piloti di
Mardenborough in Gran Turismo, anche Jack Salter di David Harbour
non è una persona reale. Il personaggio è probabilmente basato su
Gavin Gough, un esperto di PNL e ipnosi sportiva che Mardenborough
ha incontrato all’accademia. Mardenborough ha parlato apertamente
dell’impatto che Gough ha avuto sul suo percorso agonistico,
affermando persino in un tweet che una conversazione con lui ha
creato un effetto domino che ha portato a un’impennata delle sue
prestazioni.
Mardenborough ha continuato ad
avere una prolifica carriera agonistica
La carriera del pilota è continuata
a lungo dopo la conclusione degli eventi di Gran Turismo
Dopo essersi diplomato alla GT
Academy ed essere entrato nel mondo reale degli sport motoristici
con un posto nel team Nissan alla 24 Ore di Dubai, il vero Jann
Mardenborough ha continuato a godere di una prolifica carriera
agonistica (tramite Driver Database). Ha partecipato a competizioni
come il Campionato Europeo di Formula 3, la GP3 Series e la GP2
Series, e ha persino partecipato alla leggendaria 24 Ore di Le
Mans, una gara endurance.
Quando fece il suo debutto a Le Mans
nel 2013, Mardenborough arrivò terzo nella Classe LMP2. Nel 2012,
ha vinto una gara, tre podi e una pole position guidando per RJN
Motorsport nell’Avon Tyres British GT Championship. Nel 2014,
Mardenborough ha vinto tre gare, sette podi, una pole position e
due giri più veloci guidando per Giles Motorsport nella Toyota
Racing Series New Zealand, e ha anche vinto una gara, due podi e
due giri più veloci guidando per Arden International nella GP3
Series.
La vera carriera di Jann
Mardenborough, tuttavia, non si è fermata qui. Nel 2016, ha vinto
una gara, due podi e due giri più veloci correndo per NDDP Racing
nel Super GT Japan, e ha anche vinto quattro gare, 12 podi, sei
pole position e sei giri più veloci correndo per il B-MAX Racing
Team con NDDP nel campionato giapponese di Formula 3. Tutto
sommato, Jann Madenborough ha un curriculum di corse impressionante
per un pilota che ha iniziato come giocatore di Gran Turismo.
In che modo Gran Turismo cambia la
vera storia di Jann Mardenborough
Sono state apportate diverse
modifiche per rendere la narrazione più avvincente
Come la maggior parte dei
film biografici, Gran Turismo si è preso qualche libertà creativa
nell’adattare la storia al grande schermo. Ci sono diversi modi in
cui Gran Turismo ha finito per modificare la storia di Jann
Mardenborough, ma alla fine il film è riuscito a mantenerne
l’essenza. Un elemento importante che è stato modificato rispetto
alla vera storia di Gran Turismo è stato il fatto che Mardenborough
fosse il primo vincitore di GT Academy, quando in realtà era il
terzo.
La scioccante scena dell’incidente
era molto realistica rispetto a ciò che accadde a Jann nella vita
reale, ma i tempi sono stati modificati nel film. Nella vita reale,
l’incidente è avvenuto nel 2015, a quattro anni dall’inizio della
carriera di Jann. Il film lo ha fatto sembrare molto prima, per
renderlo un momento più stimolante per il pubblico.
Anche il momento cruciale di Le Mans
è stato modificato per rendere la storia più avvincente. Gran
Turismo mostra Mardenborough battere il record sul giro di Le Mans
durante la sua ultima tappa di gara, con un tempo inferiore a 3
minuti e 15 secondi. Questo è di oltre tre secondi inferiore al
record stabilito quando Jann gareggiava nella vita reale.
Gran Turismo è
l’incredibile storia vera del percorso di Jann Mardenborough, da
giocatore a pilota professionista di sport motoristici, ed ecco
tutto ciò che c’è da sapere sul finale del film. La storia inizia
con Danny Moore, interpretato da Orlando Bloom, responsabile marketing della
Nissan, che propone un’idea ai vertici dell’azienda. L’idea di
Moore era quella di rinvigorire l’amore per la guida e le corse nel
grande pubblico, rivolgendosi a un pubblico inesplorato con un
potenziale di successo: il mondo dei videogiocatori.
L’idea di Moore era quella di
riunire i migliori giocatori di Gran Turismo al
mondo e trasformarli in piloti professionisti, un’iniziativa che
inizia con l’aiuto dell’ex pilota Jack Salter, interpretato da
David Harbour, un altro membro di spicco del
fantastico cast di Gran Turismo. Uno dei
partecipanti al torneo è Jann Mardenborough, interpretato da Archie
Madekew, che in Gran Turismo racconta il suo percorso da giocatore
di Gran Turismo alla corsa nella gara più prestigiosa del mondo:
la 24 Ore di Le Mans. Il film si conclude
con la gara di Jann a Le Mans, in un vero e proprio film sportivo e
commovente del regista Neill Blomkamp.
Spiegazione della gara di Le Mans
in Gran Turismo e del piazzamento di Jann
La trama di Gran
Turismo si sviluppa fino alla 24 Ore di Le Mans, uno degli
eventi più prestigiosi del motorsport. La gara di Le Mans
è diversa dagli altri eventi motoristici in quanto il
posizionamento si basa sulla distanza percorsa da ciascuna vettura.
Ogni vettura ha tre piloti che devono ruotare nell’arco di 24 ore,
e a nessun pilota è consentito correre per più di 14 ore; il team
la cui auto percorre la distanza maggiore dopo 24 ore viene
incoronato vincitore. Insieme al Gran Premio di Monaco e alla 500
Miglia di Indianapolis, la gara di Le Mans costituisce la Tripla
Corona del Motorsport, a dimostrazione delle difficoltà che Jann ha
dovuto superare per partecipare all’evento.
Poiché la 24 Ore di Le Mans
rappresenta il culmine di Gran Turismo, gran parte
dell’attenzione è incentrata sul posizionamento di Jann. Prima
della gara viene rivelato che Jann e il suo team di altri piloti
della GT Academy devono piazzarsi tra i primi tre per essere
classificati come “veri” piloti dagli altri team che hanno
presentato una petizione per rimuoverli dallo sport. Il
posizionamento di Le Mans è interessante, in quanto i team
competono all’interno della propria classe, ovvero contro un gruppo
prestabilito di altre auto con specifiche uguali o simili, e
contemporaneamente competono con tutte le altre auto al di fuori
della propria classe.
Alla fine di Gran Turismo, Jann e il
suo team sono riusciti ad aggiudicarsi il terzo posto, conquistando
un podio e dimostrando che tutti gli scettici sul progetto GT
Academy si sbagliavano. Ciò che Gran Turismo non
rivela è che Jann e il suo team si sono classificati noni in
classifica generale, eppure il terzo posto è stato nella loro
categoria, il che spiega i festeggiamenti sul podio. Detto questo,
un podio di qualsiasi tipo era tutto ciò di cui Jann e le sue altre
gare avevano bisogno per dimostrare il successo dell’idea di Moore
per la GT Academy.
Perché gli altri piloti della GT
Academy corrono nel team di Jann a Le Mans
Un elemento interessante della vera
storia di Gran Turismo, che viene in qualche modo modificato nel
finale del film, sono gli altri due membri del team di Jann a Le
Mans, composti da altri piloti della GT Academy. Il motivo di ciò
deriva dal progetto non convenzionale della GT Academy, con le
altre scuderie del motorsport che presentano petizioni contro Jann
a causa del suo ingresso nello sport. A Moore viene quindi dato un
ultimatum: Jann e altri due piloti della GT Academy devono correre
a Le Mans e assicurarsi un podio. Se ci riescono, il resto del
mondo del motorsport riconoscerà i piloti della GT Academy come
veri piloti.
Confronto tra la gara di Le Mans di
Gran Turismo e la vita reale
La vera storia di Gran Turismo
modifica in qualche modo la gara di Le Mans, in quanto entrambi gli
altri piloti, oltre a Jann, sono piloti della GT Academy.
Nella vera gara di Le Mans 2013 su cui si basa il film,
Jann Mardenborough ha gareggiato al fianco di Michael Krumm e Lucas
Ordóñez. Il primo era un pilota professionista che si era
avvicinato allo sport con mezzi convenzionali prima di correre a Le
Mans 2013, mentre il secondo aveva un background simile a quello di
Jann. Per drammatizzare gli eventi del finale di Gran
Turismo, si è deciso di trasformare entrambi gli altri
piloti in piloti della GT Academy insieme a Jann.
In termini di risultati, Gran
Turismo descrive fedelmente il podio di Jann insieme al suo team.
Sebbene il film tralasci di approfondire tutti i dettagli relativi
al posizionamento a Le Mans, come la competizione simultanea tra le
classi e tra tutte le altre auto, Gran Turismo semplifica le cose
per il grande pubblico affermando semplicemente che Jann deve
arrivare terzo e lo mostra mentre raggiunge questo risultato. A
quanto pare, l’accenno al nono posto nella classifica generale
della squadra di Jann non è necessario, poiché un terzo posto nella
loro classe è stato sufficiente per garantirsi un futuro nel
motorsport.
Jann ha davvero battuto
un record sul giro a Le Mans?
Nel finale di Gran
Turismo, Jann viene mostrato come ultimo pilota ad
intervallo per la 24 Ore di Le Mans. Dopo qualche intoppo, Jann
viene rimandato in gara per cercare di assicurarsi un podio. Jann
sfrutta la sua conoscenza del circuito di Le Mans, acquisita nel
videogioco che dà il titolo al film, per gareggiare in modo
alquanto insolito, recuperando terreno sulle auto davanti a lui e
finendo terzo. Questa corsa non convenzionale è messa in risalto
nel film dal record sul giro di Le Mans stabilito da
Jann, il che solleva la questione se ciò sia accaduto
nella vita reale.
La vera storia del film, che sembra
riscuotere un grande successo tra il pubblico, come dimostrato dal
punteggio di Rotten Tomatoes di Gran Turismo, è leggermente
diversa. Sembra che non ci siano prove che Jann Mardenborough abbia
battuto un record sul giro a Le Mans. In realtà, a Mardenborough
viene attribuito il merito di aver stabilito un record sul giro un
anno dopo la Le Mans del 2013, all’Hockenheimring,
con i registi di Gran Turismo che hanno modificato il nome in Le
Mans per un effetto drammatico durante il finale del film.
Il finale di
The Nun – La vocazione del male (qui la recensione) è uno dei più
scioccanti della
serie The Conjuring, sorprendendo con una retcon del film
originale per rivelare un legame oscuro e di lunga data. È
diventata una tradizione per gli spin-off del franchise collegarsi
direttamente ai film precedenti della serie: Annabelle
ha spostato la bambola nella direzione di Ed e
Lorraine Warren (Patrick
Wilson e Vera Farmiga), mentre il prequel Annabelle:
Creation ha portato direttamente alla scena iniziale
del primo film. Ma questo film fa di meglio, collegandosi
direttamente alla serie principale di The Conjuring e
rendendo Valak il vero grande cattivo di essa.
La forza malvagia e demoniaca
conosciuta come Valak è stata introdotta per la
prima volta in The Conjuring – Il caso
Endfield, dove appare più comunemente sulla Terra sotto
forma di una suora spettrale. Nel sequel del 2016 di James Wan, ha complottato per uccidere Ed
Warren come mezzo per pacificare la sensitiva Lorraine e possedere
una ragazza adolescente come parte della vera storia di Enfield.
Fortunatamente, i Warren scoprirono il complotto e, pronunciandone
finalmente il nome, Lorraine riuscì a bandire Valak all’inferno.
Annabelle:
Creation ha poi stabilito che la suora proveniva da un
convento in Romania, con una scena post-crediti che anticipava il
suo spin-off completo.
Il film esplora infatti le origini
di Valak e della sua forma spettrale. Diretto da Corin Hardy,
The Nun – La vocazione del male segue padre Burke
e suor Irene, due inviati del Vaticano che indagano sul suicidio di
una suora in Romania. Ben presto diventa evidente che nell’abbazia
sta accadendo qualcosa di misterioso e i due iniziano a indagare.
Naturalmente, il pubblico sa esattamente cosa sta succedendo grazie
alle precedenti esperienze con Valak. Ciò che nemmeno i fan più
accaniti di Conjuring potrebbero aspettarsi, tuttavia, è dove ci
porta il finale del film.
La spiegazione dell’origine di
Valak e il travestimento della suora
Tutto ciò che The Conjuring – Il caso
Endfield ha rivelato su Valak è che si trattava di un
demone dell’inferno il cui nome completo – Valak, il Profanatore,
il Marchesato dei Serpenti, lo avrebbe bandito. Questo ha lasciato
a The Nun – La vocazione del male ampio spazio per
spiegare le sue origini e le sue motivazioni, e il film non delude.
Come rivelato da suor Oana (o, meglio, da un suo fantasma ricreato
da Valak), nel Medioevo un duca di St Cartha tentò di usare
l’abbazia per aprire un varco verso l’inferno e scatenare un male
indicibile sulla Terra. Quel male era Valak, che quasi riuscì a
sfondare la barriera prima che la Chiesa cattolica uccidesse il
duca e sigillasse il portale usando il sangue vero di Cristo (con
qualcosa di simile al Santo Graal).
Durante questa sequenza del film,
intravediamo nuovamente la vera forma di Valak dopo un flash in
The Conjuring – Il caso
Endfield, mostrata anche nei libri studiati da padre
Burke: è una figura demoniaca nera, non
dissimile dal demone della serie Annabelle. Naturalmente,
questa non è la sua forma conosciuta: Valak assume le sembianze di
una suora inquietante nel tentativo di mimetizzarsi nel convento.
Questo non spiega del tutto perché mantenga quell’aspetto quando si
avventura nel mondo esterno, anche se una spiegazione potrebbe
essere che la paura che suscita vale le illogicità.
Sappiamo infatti da The Conjuring – Il caso
Endfield che le creature si nutrono delle paure, per cui
tale forma sarebbe derivata dalla paura di una commistione tra
sacro e maledetto. Valak è stato liberato solo durante la seconda
guerra mondiale, quando le bombe hanno danneggiato l’abbazia e
rotto il sigillo fisico che lo tratteneva. Da allora, le suore
hanno pregato senza sosta per tenere a bada il male. Alla fine,
però, la loro veglia è stata interrotta, Valak è stato liberato e
tutte le suore sono state uccise… portando così agli eventi di
The Nun – La vocazione del male.
Come suor Irene e le altre
“sconfiggono” Valak
La maggior parte della trama di
The Nun – La vocazione del male riguarda dunque
Burke e Irene (con l’aiuto del franco-canadese Frenchie) che
indagano sul convento per scoprire cosa è successo. Alla fine,
scoprono la verità: nonostante trovino un convento semi-attivo, il
luogo è deserto, con solo Valak lì a giocare con loro. Deducono
anche che il demone sta cercando un nuovo ospite, quindi, una volta
completata la missione di confermare ciò che è successo per la
chiesa, decidono di sconfiggere la suora una volta per tutte. Il
metodo è piuttosto semplice, con il terzo atto del film che
consiste principalmente in una serie di brevi scene horror
piuttosto che in un intricato schema.
Irene ottiene la fiala del sangue di
Cristo usando le sue premonizioni divine e, dopo una lotta con
Valak, sputa sangue sulla creatura (un richiamo al disgusto dei
paesani per la creatura), apparentemente bandendola. Tuttavia,
questo è un film della serie Conjuring, e uccidere il male
non è mai così semplice. Una volta creduto sconfitto Valak, il trio
seppellisce le suore nella terra tornata sacra che circonda il
convento. Tuttavia, mentre se ne vanno, la telecamera rivela che
Frenchie – il cui vero nome è Maurice, che ora sta progettando di
diventare un coltivatore di pomodori – ha una croce capovolta sulla
nuca.
Valak è dunque sopravvissuto,
prendendolo come nuovo ospite per liberarsi finalmente dai confini
dell’abbazia rumena per la prima volta! Sebbene questo colpo di
scena sia piuttosto sorprendente – l’ultima volta lo abbiamo visto
salvare Irene e diventare timido mentre le praticava la
respirazione bocca a bocca – in realtà ha perfettamente senso in
base a ciò che The Nun – La vocazione del male ci
ha mostrato. Irene viene catturata in un pentagramma e presa da
Valak. Viene liberata quando Maurice le spruzza del sangue addosso,
con lo spirito che va verso il franco-canadese e chiude fuori la
suora.
Quello che segue non viene mostrato
– Valak emerge, seguito più tardi da Frenchie – ma evidentemente, a
questo punto, era posseduto. Sembra che sia stato preso
immediatamente, il che spiega perché Valak giochi con Irene – si
diverte a ucciderla, sapendo che l’obiettivo principale è già stato
raggiunto – e significa che lo spruzzo di sangue era superfluo
(anche se sappiamo già da The Conjuring – Il caso
Endfield che la vera debolezza di Valak è sentire il suo
nome). In seguito, non vediamo cosa succede a Burke e Irene, anche
se la risoluzione delle loro vicende vede la loro fede
ricompensata.
Valak era presente fin dall’inizio
in The Conjuring
L’epilogo di The Nun – La
vocazione del male fa poi un salto in avanti al 1971.
Vediamo i Warren tenere la loro presentazione sulla possessione
(alla presenza della futura vittima Carolyn Perron), sottolineando
i danni causati da Valak a Maurice, ora identificato come un
contadino franco-canadese. Questa è l’apertura di L’evocazione
– The Conjuring, il primo film della serie del 2013, con
alcune scene rimontate in modo che l’attore Jonas
Bloquet appaia come vittima. Il film continua, mostrando
lui che attacca Lorraine Warren, dandole una visione di Valak
(qualcosa che in precedenza si vedeva solo nei flashback).
Questa scena collega apparentemente
l’intera serie Nun/Conjuring, portandola dall’abbazia
rumena ai Warren e avviandoli sul percorso verso The Conjuring – Il caso
Endfield. Qui entrano in contatto per la prima volta con
Valak, con l’attacco di Maurice che dà a Lorraine la prima di una
serie di visioni che preannunciano la morte di Ed. Il demone è
rimasto una presenza minore nelle loro vite – al momento della
presentazione non sono a conoscenza della sua vera storia – fino
agli eventi ambientati nel 1976 di The Conjuring – Il caso
Endfield, quando ha mostrato nuovamente a Lorraine una
premonizione importante.
Il futuro di Valak nella saga
Naturalmente, sappiamo già dove
finisce Valak: dopo aver preso di mira una famiglia a Enfield,
Londra, Lorraine riesce a rispedire il demone all’inferno, questa
volta presumibilmente senza alcun legame con la Terra. Tuttavia,
dato che The Nun – La vocazione del male
identifica Valak come grande nemico del franchise, si prevedeva già
un suo ritorno per renderlo tale. Nel 2019 è infatti stato
annunciato che un sequel con il titolo The Nun 2, poi distribuito nelle sale nel
settembre 2023. Taissa Farmiga riprende il ruolo di Suor Irene
in un racconto ambientato quattro anni dopo il primo film e che la
vede nuovamente scontrarsi con il demone Valak.
Questo sequel si svolge ad ogni modo
circa venti anni prima di The Conjuring – Il caso
Endfield, per cui ci sarebbe ancora spazio per raccontare
altre manifestazioni di Valak. Al momento, però, il momento più in
avanti nella storia in cui compare è proprio quello del secondo
film della saga principale. Non è però escluso che possa rivelarsi
una delle minacce principali del prossimo The
Conjuring – Il rito finale, che concluderà la serie
principale del franchise. Ambientato nel 1986, il film arriverà al
cinema a partire dal 4 settembre 2025.
Olympo, la nuova
serie di Netflix,
è un’esperienza ricca di colpi di scena. Prodotta dagli stessi
produttori di Elite, lo show segue un gruppo di
giovani che si allenano al Pirineros High Performance
Center in Spagna, con il sogno di titoli di Coppa del Mondo e
ori olimpici. Un cast di tutto rispetto, in competizione non solo
per la gloria, ma anche per la sponsorizzazione del marchio di
abbigliamento Olympo, che sceglie solo gli atleti più
promettenti per rappresentarli, offrendo un riconoscimento
fondamentale che li porta al livello successivo.
“Nessuno arriva alle Olimpiadi
senza sponsorizzazioni“, come dicono i giovani atleti. Tra
loro c’è la protagonista, Amaia (Clara Galle), che
si allena senza sosta per diventare la migliore nuotatrice
sincronizzata di tutta la Spagna e, alla fine della stagione, ha
scoperto alcune informazioni chiave sui suoi compagni.
La scoperta del farmaco
Il penultimo episodio di
Olympo conferma uno dei sospetti
di Amaia: a diversi atleti del Pirineros sono stati
somministrati farmaci per migliorare le prestazioni. L’HPC non è
l’unico coinvolto; stanno lavorando con Olympo per testare il
farmaco sui migliori prospetti. Il farmaco è impercettibile, un
fatto che minaccia di distruggere per sempre lo sport agonistico. E
alla fine dell’episodio, Charly (Martí Cordero) si
rivolge a parole al vetriolo e omofobe al suo compagno di squadra
di rugby, Roque (Agustin Della Corte),
dichiaratamente gay. Roque (a cui erano stati somministrati i
farmaci per curare la mano fratturata) reagisce violentemente,
quasi picchiando a morte Charly e rimanendo con un grosso pezzo di
vetro conficcato nel braccio. L’episodio si conclude con Charly e
Roque sdraiati a terra, sanguinanti.
Il finale vede gli atleti prepararsi per i rispettivi eventi che
decideranno chi parteciperà ai campionati mondiali. Amaia
sta ancora cercando di smascherare la scuola e l’organizzazione
sportiva Olympo per aver dopato gli atleti, avvisando la
direzione antidoping e convincendola a sottoporre gli atleti a
esami del sangue.
Durante la convalescenza, Roque si
sveglia e scopre di non sentire più la mano. Implora Hugo di fargli
annullare tutto quello che gli hanno fatto, ma Hugo (Sergio
Álvarez), ex campione di rugby e giocatore di punta
dell’Olympo, lo minaccia, dicendogli che la sua carriera rugbistica
è finita per sempre se continua a lamentarsi. I medici convincono
Hugo che non ha nulla di cui preoccuparsi, anche se lo avvertono
che potrebbero essere trovate tracce del farmaco se lo cercano. Ma
gli esami del sangue alla fine risultano negativi, il che significa
che Nuria (Maria Romanillos) e gli altri atleti
che hanno assunto il farmaco possono partecipare.
Gli eventi sportivi sono in corso e
Zoe (Nira Oshaia) vince la sua gara, ritrovando
nuova energia dopo che la sua amica Renata (Andy
Duato) si è infortunata. La vita di Amaia viene sconvolta
dall’arrivo di sua madre, ex campionessa olimpica, che la costringe
a tornare a gareggiare. Cerca di ricorrere a misure estreme per non
gareggiare, come l’assunzione di lassativi, ma viene trovata da
Fátima (Najwa Khliwa), che la ferma. Mentre Fátima
se ne va, cade dalle scale e si intuisce che sia stata Amaia a
spingerla. Fátima ha preso il suo posto in sincronia e,
eliminandola, Amaia è tornata in gara, avvicinandosi di un passo al
suo sogno di una vita: l’oro olimpico.
Solo che Nuria, la migliore amica di
Amaia, le si è rivoltata contro. Sceglie la collega nuotatrice
Peque (Laura Ubach) al suo posto. È una mossa che
devasta Amaia, ma si scopre che non è stata una scelta di Nuria. È
stata costretta a prendere questa decisione dalla collega dirigente
di Olympo, Jana (Melina Matthews), che sta
lavorando con Hugo per espellere gli studenti che cercano di
denunciare l’uso improprio di droghe nella scuola. Tra questi
studenti c’è Zoe, che perde la sua sponsorizzazione da Olympo
nonostante abbia vinto la gara, perché si è rifiutata di prendere
la droga.
Roque, che vuole anche far fuori
Olympo per il trattamento che gli hanno riservato, sia in quanto
atleta gay che per avergli somministrato i farmaci. Roque ritiene
che Olympo stia commettendo un pinkwashing,
riducendolo alla sua omosessualità e usandola per nascondere la
realtà del loro programma antidroga. Riesce a lasciare la
struttura, trovando il suo compagno di squadra e fidanzato Sebas
(Juan Perales) e Zoe in una baita lì vicino, dove
gli atleti spesso si rifugiano per divertirsi. Non sono soli nel
loro desiderio di far fuori Olympo, e sono raggiunti dal collega
sponsor di Olympo, Cristian (Nuno Gallego). Zoe
rivela il loro piano per eliminare Olympo: si è procurata
un campione del farmaco che hanno usato per dare ai loro atleti un
vantaggio sleale.
È giorno di gara per le nuotatrici
sincronizzate e Olympo ci sorprende con un’altra
sorpresa: Amaia ha riconquistato il suo posto in gara, esibendosi
al fianco di Nuria, cosa che fanno da anni insieme. Durante la loro
performance epica, Amaia e Nuria sono impeccabili, perfettamente in
sintonia. È uno spettacolo sbalorditivo e alla fine fanno
l’impensabile. Eseguono un’acrobazia subacquea incredibilmente
difficile da eseguire e ripeterla più e più volte richiede un
controllo del respiro disumano.
Nuria è quasi morta nel tentativo di
battere il record nel primo episodio, ma qui, sia lei che Amaia lo
superano facilmente. Può significare solo una cosa: Amaia si è
arresa a Olympo e ha rinunciato a combattere contro di loro,
assumendo il farmaco per raggiungere la perfezione. Mentre tutti
tributano al duo una standing ovation, Zoe e compagnia sono
devastate, conoscendo la verità. Amaia ha assunto il farmaco e si è
rivoltata contro di loro nella lotta contro Olympo. Amaia è passata
dall’essere una capofila nella lotta per la giustizia a crollare
sotto l’immensa pressione esercitata su di lei da lei e da sua
madre per raggiungere la grandezza.
Zoe lascia l’arena e trova l’addetta
al test dell’associazione antidoping e le dà un campione del
farmaco non rintracciabile. Mentre Amaia esce dalla piscina, guarda
negli occhi il suo fidanzato Cristian, vedendo la sua devastazione.
Ma prima che Amaia possa uscire dalla piscina, inizia ad avere una
reazione al farmaco. Perde l’equilibrio e cade in piscina. Mentre
affonda sul fondo, la stagione finisce. La lotta contro
Olympo potrebbe non essere finita, ma la caduta di
Amaia e la prova di Zoe sicuramente riapriranno l’intera lotta
nella prossima stagione di Olympo.
Dopo otto episodi emozionanti, la
seconda stagione di The Walking Dead: Dead City è finalmente giunta al
termine e ci sono molti aspetti da approfondire riguardo
all’avventura di Maggie e Negan a Manhattan. Dopo che la Dead City stagione 1 si è conclusa con Maggie che ha
liberato Hershel in cambio di Negan, la serie ha accennato al fatto
che la loro rivalità sarebbe continuata nella seconda stagione.
Maggie aveva ancora dei conti in sospeso con l’assassino di suo
marito, e Negan aveva molti motivi per sentirsi offeso dalla donna
che lo aveva tradito, ma i loro percorsi sono rimasti separati
per gran parte della seconda stagione. Tuttavia, tutto è cambiato
con l’episodio finale.
Maggie ha iniziato “If History Were
a Conflagration” sotto la custodia della Dama, ma è stata
rilasciata dopo aver promesso a Hershel che avrebbe ucciso Negan in
modo che potessero finalmente superare il trauma che lui aveva
causato. Nel frattempo, Negan si preparava allo scontro con la
fazione di Bruegel, mentre il gruppo di criminali era impegnato in
una silenziosa lotta di potere con i Burazi per il controllo delle
operazioni di estrazione del metano a Manhattan. Con molti altri
fattori in gioco, il finale della seconda stagione di Dead
City ha affrontato la faida tra Maggie e Negan mettendoli l’uno
contro l’altro un’ultima volta, ma il loro scontro non è andato
come molti fan si sarebbero aspettati.
Perché Maggie non ha ucciso
Negan nel finale della seconda stagione di The Walking Dead: Dead
City
Nonostante sia uno dei due
personaggi principali dello spin-off, il ruolo di Maggie nella
seconda stagione di Dead City è stato piuttosto passivo,
dato che inizialmente non voleva recarsi a Manhattan, ma il finale
l’ha messa nuovamente contro Negan, che però ha rifiutato di
uccidere il suo nemico di lunga data. Considerando l’importanza
di Negan per la serie, non è una grande sorpresa che Maggie abbia
mostrato pietà, soprattutto perché l’ultimo scontro tra i due
non era il primo. Tuttavia, la posta in gioco era senza dubbio più
alta che mai e la motivazione di Maggie andava oltre la semplice
vendetta.
Il tradimento di Negan era uno dei
motivi per cui la Dama era quasi morta, quindi non sorprende che
volesse sbarazzarsi dell’ex leader dei Salvatori. Inoltre, Hershel
era tormentato da ciò che l’ex cattivo aveva fatto a suo padre,
quindi ha chiesto a Maggie di uccidere Negan nel finale della
seconda stagione di Dead City. Maggie ha accettato, in parte
per chiudere quel difficile capitolo della sua vita e in parte per
riaccendere il rapporto con suo figlio. Di conseguenza, si è recata
alla base operativa dei Burazi ed è arrivata proprio mentre Negan
stava tornando alle sue vecchie abitudini.
Ha costretto Bruegel e Perlie a
inginocchiarsi prima di eseguire il suo classico gioco “ambarabà
ciccì coccò” per decidere chi uccidere per primo. Nonostante la
scelta fosse caduta su Perlie, ha deciso invece di uccidere
Bruegel, costringendolo a respirare del metano prima di dargli
fuoco alla bocca. È stato un destino brutale che ha suggerito che
la personalità malvagia di Negan fosse tornata nello spin-off di
The Walking Dead, mentre Maggie
assisteva a tutto. Negan aveva intenzione di uccidere anche Perlie,
ma il maresciallo è riuscito a fuggire, dando vita a un’intensa
sequenza di caccia.
Maggie ha capito perché Negan
era ricaduto nella malvagità e ha deciso che risparmiarlo e andare
avanti insieme era l’unica strada da seguire.
Prima che potesse uccidere
Perlie, che una volta gli aveva salvato la vita, Negan è stato
pugnalato da Maggie, che ha poi raccolto la sua mazza da
baseball e lo ha inseguito attraverso l’edificio. Negan si è
trascinato nelle celle sotterranee dove ha cercato di controllare
Ginny, solo per scoprire che era morta e si era trasformata in uno
zombie. Con il suo acerrimo nemico debole, vulnerabile e con il
cuore spezzato, Maggie ha avuto la possibilità di finirlo, ma ha
rifiutato.
Capì perché Negan era ricaduto
nella malvagità e decise che risparmiarlo e andare avanti insieme
era l’unica strada da seguire.
Se non fosse stato per la morte di
Ginny, Maggie avrebbe sicuramente vendicato Negan. Tuttavia, la sua
decisione suggerisce che potrebbero finalmente essersi lasciati il
passato alle spalle e, anche se non diventeranno mai amici, la loro
faida sembra essere finita ora che saranno costretti a lavorare
insieme per andare avanti.
Cosa ha causato la morte di
Ginny
Dato che la morte di Ginny è
stata un punto di svolta importante nel finale, è importante
capire cosa ha causato la sua morte, considerando che è avvenuta
fuori dallo schermo. Durante la stagione 2, episodio 5, si temeva
che Ginny fosse stata morsa da uno zombie, ma in realtà la sua
ferita era stata causata da un oggetto con cui era stata trafitta
mentre combatteva contro i vaganti. È riuscita a mettersi in salvo,
ma ha tenuto segreta la ferita, che ha portato a un’infezione. Dopo
aver finalmente affrontato Negan per l’omicidio di suo padre, ha
puntato la pistola rubata contro di lui, ma è presto collassata,
spingendo Negan a cercare di salvarla.
Nonostante l’odio di Ginny verso
Negan, i due avevano ancora un legame quasi familiare, con Negan
che la vedeva come una figlia. Di conseguenza, ha rischiato la vita
e ha combattuto in un ospedale infestato dagli zombie per trovare
le provviste che potevano salvarle la vita nel penultimo episodio
della seconda stagione. Dopo averla collegata a una macchina, Negan
veglia su di lei fino al momento di affrontare Bruegel e i suoi
uomini, quando lascia Ginny da sola. Purtroppo, senza nessuno che
la sorvegli e senza cure mediche adeguate, la giovane donna finisce
per soccombere alle ferite.
Ginny e Bruegel sono stati gli
unici personaggi ricorrenti a morire nel finale della seconda
stagione di The Walking Dead: Dead City.
È stata una rivelazione straziante
vedere il suo corpo zombificato avvicinarsi alla porta della cella
mentre era ancora attaccato alla macchina. Negan l’ha pugnalata
alla testa con grande commozione, pieno di rimpianto per averla
lasciata sola nei suoi ultimi istanti. Per quanto parte della colpa
possa essere attribuita a Negan per averla trascurata mentre
combatteva, non c’era nulla che potesse fare per salvarla senza un
medico, portando a una delle morti più tragiche di The Walking
Dead degli ultimi anni.
Come Negan e i Burazi hanno
sconfitto Bruegel
Sebbene Bruegel e la sua fazione
fossero arrivati alla chiesa dei Burazi per negoziare, entrambi i
gruppi avevano l’unico intento di combattere l’altro.
Sfortunatamente per Bruegel, Negan era un passo avanti al cattivo.
Come regalo di benvenuto, Negan ha offerto a Bruegel e alla sua
gente un buffet con abbondanza di cibo fresco. La scena sembrava
riferirsi a una storia raccontata dal croato all’inizio della
stagione su come Negan avesse organizzato un banchetto per un
gruppo nemico pieno di veleno, ma Bruegel ha gentilmente rifiutato
il cibo, dicendo che avrebbe aspettato mentre Negan e i Burazi
mangiavano.CorrelatiSimon ha tradito Negan in The Walking Dead
stagione 8 – Ora Negan sta facendo lo stesso con un altro
cattivoSimon ha tradito Negan in The Walking Dead stagione 8, e ora
Negan sta facendo lo stesso con un altro cattivo in The Walking
Dead: Dead City stagione 2.
Con grande sorpresa del cattivo,
Negan e i suoi uomini si sono gustati il cibo prima di rovesciare
il tavolo, rivelando un gruppo di vaganti nascosti sotto. Dopo
aver consegnato le armi all’ingresso, la maggior parte
dell’esercito di Bruegel è stata sopraffatta quando i Burazi hanno
dato fuoco alla chiesa con lanciafiamme e benzina, senza
lasciare loro alcuna via di fuga. Tuttavia, Perlie è riuscito a
rompere la statua che Bruegel aveva portato in dono e che era piena
di armi, dando alla fazione la possibilità di contrattaccare. Ci
sono state vittime da entrambe le parti, ma Bruegel ha presto
acquisito un lanciafiamme, inseguendo Negan fino alle celle.
Mentre il personaggio di Kim Coates
pensava di avere il sopravvento, Perlie lo affrontò, preoccupato
che l’antagonista stesse per attaccare Ginny. Prima che potessero
risolvere le loro tensioni, i due furono affrontati dai Burazi e,
nonostante Bruegel fosse il miglior cattivo di Walking Dead
introdotto negli ultimi anni, fu brutalmente ucciso da Negan,
ponendo fine al suo regno a New York. Naturalmente, Perlie è poi
fuggito e ha avuto un confronto con Negan prima che i due alla fine
appianassero le loro divergenze, ma non faceva realmente parte del
gruppo di Bruegel, il che suggerisce che la fazione è stata
ufficialmente sconfitta per sempre.
Come New Babylon è arrivata a
Manhattan e qual è il suo obiettivo
Dopo la morte di Narvaez all’inizio
della stagione, sembrava che la Federazione New Babylon di The
Walking Dead non fosse più una minaccia importante, ma “If
History Were a Conflagration” ha confermato che era ancora molto
pericolosa. Durante lo scontro tra i Burazi e la fazione di
Bruegel, New Babylon è arrivata a Manhattan con un numero di
soldati apparentemente più numeroso che mai. Mentre Narvaez e
Perlie avevano precedentemente guidato un gruppo di modeste
dimensioni sull’isola, New Babylon sembra aver gettato tutte le sue
forze per conquistare Manhattan nel finale della seconda stagione
di Dead City, trovando l’occasione perfetta per
arrivare.
Le principali fazioni della città
si stavano distruggendo a vicenda mentre attraccavano e, anche
se non è chiaro se New Babylon fosse a conoscenza della battaglia
in corso, sono riusciti a navigare verso Manhattan mentre nessuno
guardava. Il loro obiettivo principale rimane lo stesso di
prima: impossessarsi dell’operazione metano, e sembra che ci siano
già riusciti. Le scene finali dell’episodio 8 hanno mostrato il
gruppo che trova il metano e inonda l’isola di soldati, il che
significa che conquisteranno sicuramente Manhattan e imporranno le
loro leggi ai sopravvissuti, diventando i principali antagonisti
della serie.
Cosa succederà a Hershel e alla
Dama
Con Maggie che non è riuscita a
mantenere la promessa di uccidere Negan, Hershel ha mostrato più
risentimento nei confronti della madre, scegliendo di rimanere con
la Dama piuttosto che ricucire il loro rapporto. Era una
decisione che Maggie sembrava prevedere, dicendo a suo figlio che
sarebbe rimasta a Manhattan nel caso Hershel avesse avuto bisogno
di lei. Anche se questo è un modo amaro per concludere la loro
storia nella seconda stagione di Dead City, solleva
interrogativi su quale sarà il nuovo piano di Hershel e della Dama.
La Dama non ha più il sostegno dei Burazi, il che rende il duo
relativamente impotente a New York.
Tuttavia, continueranno sicuramente
a impegnarsi per rimodellare la città a loro immagine, che è stato
il loro obiettivo fin dall’inizio della seconda stagione.
L’alleanza tra Hershel e la Dama in The Walking Dead sembra
nascere da una visione condivisa del futuro, e sebbene sia stata
presentata in modo relativamente inquietante, non è ancora chiaro
come intendano cambiare la città. Indipendentemente da ciò,
probabilmente rimarranno una presenza malvagia a New York e
cercheranno di sfruttare chiunque resista a New Babylon, creando
potenzialmente una nuova fazione per cercare di riprendere il
controllo di Manhattan.
Dov’era il Croato durante il
finale della seconda stagione?
Forse uno dei più grandi misteri
della seconda stagione di Dead City è stata l’assenza del
Croato durante l’episodio 8. È stato visto l’ultima volta con
Maggie mentre la aiutava a raggiungere il teatro dove si trovava
Hershel, ma dopo di ciò ha preso la sua strada e non è più stato
visto. Sembrava inevitabile che avrebbe avuto un ruolo nel finale,
ma con mia grande sorpresa è rimasto scomparso. Sebbene sia
impossibile sapere con certezza cosa gli sia successo, l’ipotesi
più plausibile è che stesse cercando un modo per lasciare Manhattan
e tornare a casa in Croazia.
Dopo che il croato ha lasciato i
Salvatori in The Walking Dead, ha tentato di tornare nel suo
paese natale, ma è finito invece a Manhattan, dove ha incontrato la
Dama. Tuttavia, dopo essere stato bandito dai Burazi, è rimasto
senza uno scopo e sembrava pronto a morire, finché Maggie non lo ha
costretto ad aiutarla. Con il cattivo ormai solo, sembra che la sua
ultima possibilità di felicità sia da qualche parte in Croazia, ma
potrebbe essere impossibile lasciare l’isola ora che è arrivata New
Babylon, il che suggerisce che il croato potrebbe avere un ruolo
nella terza stagione, se ci sarà.
Come il finale di The Walking
Dead: Dead City – Stagione 2 prepara la terza stagione
Sebbene una terza stagione non sia
stata confermata, il finale della seconda stagione di Dead
City conferma quasi certamente che ci sarà un altro capitolo,
dato che molte trame sono rimaste in sospeso. Innanzitutto, Maggie
e Negan sono ancora a New York e, considerando il loro ruolo nella
narrazione più ampia di Walking Dead, è impossibile che la
loro storia finisca qui. Il finale ha indicato che Maggie e Negan
lavoreranno insieme in futuro e, sebbene abbiano già collaborato
nella prima stagione, la loro prossima avventura potrebbe porre
fine alla loro faida decennale una volta per tutte.
La presenza di Hershel con la
Dama prepara anche il terreno per la seconda stagione, poiché
Maggie sarà determinata a impedire che suo figlio scivoli nella
malvagità e a mostrargli un futuro migliore.
Inoltre, la presenza di Hershel con
la Dama getta le basi per la trama della seconda stagione, poiché
Maggie sarà determinata a impedire che suo figlio scivoli nella
malvagità e a mostrargli un futuro migliore. L’arrivo di New
Babylon rende Manhattan un territorio ancora più ostile di prima e
conferisce alla fazione più potere, fornendo a Maggie un’ulteriore
motivazione per sconfiggerla, dato che ha una forte influenza sulla
sua comunità. Il senso di colpa di Negan per la morte di Ginny
probabilmente influenzerà il suo percorso futuro, poiché ha molto
da redimersi dopo essere ricaduto brevemente nelle vecchie
abitudini.
Ha quasi ucciso Perlie, il che
suggerisce che trascorrerà la seconda stagione cercando di ottenere
il perdono del maresciallo e dimostrando a Maggie che è cambiato.
Negan non si è mai riunito con Annie e Joshua nella seconda
stagione di Dead City, il che significa che ha ancora un
obiettivo generale da raggiungere. Anche se lo spin-off ha dato una
conclusione definitiva a nuovi personaggi come Bruegel e Narvaez,
ci sono ancora molte storie che necessitano di una conclusione
adeguata, il che suggerisce che la conferma della terza
stagione di Dead City è solo una questione di
tempo.
The Walking Dead: Dead City –
Il vero significato della seconda stagione
The Walking Dead: Dead City
La seconda stagione è stata ricca di azione, violenza e dramma, ma
il suo vero messaggio era quello di andare avanti. Maggie ha
trascorso anni della sua vita lottando per superare la morte di
Glenn, e il suo risentimento verso Negan l’ha resa più ostile e
divisiva, anche agli occhi di suo figlio. Piuttosto che portare
avanti quel rancore, Maggie sembrava aver finalmente raggiunto una
sorta di chiusura nella sua faida con Negan e, anche se ci vorrà
ancora del tempo prima che lei riesca a perdonarlo veramente, il
finale ha suggerito che ci arriveranno insieme.
Anche la storia di Negan ha
sottolineato l’importanza di lasciarsi il passato alle spalle. Nel
tentativo di salvare Ginny, è stato consumato dal suo personaggio
di Salvatore, cercando di uccidere tutti quelli che gli
ostacolavano il cammino, invece di essere più pragmatico. Le sue
visioni di Lucille nell’episodio precedente hanno dimostrato che
era ancora aggrappato al suo ricordo come guida, e anche se è
comprensibile che lei fungesse da sua bussola morale, è chiaro che
la sua morte lo ha guidato per tutto il finale.
The Walking Dead: Dead City
è disponibile in streaming su AMC+.
Imparare a lasciar andare sembra
essere l’unico modo per creare un futuro migliore, cosa che sia
Maggie che Negan alla fine capiscono nel finale. Di conseguenza,
la capacità di perdonarsi a vicenda e andare avanti dal proprio
passato sembra essere la migliore possibilità per Maggie e Negan di
sconfiggere Dama e New Babylon nella terza stagione di Dead
City, motivo per cui questi temi hanno avuto un ruolo così
importante nel finale.
La creatrice di Harry
Potter, J.K. Rowling, ha offerto un
primo commento alle sceneggiature del prossimo reboot dell’amata
serie, in produzione su HBO, e ha descritto il suo livello di
coinvolgimento. La produzione dell’attesissima serie di Harry
Potter della HBO dovrebbe iniziare entro la fine
dell’estate e l’autrice J.K. Rowling ha espresso
il suo entusiasmo per i progressi del progetto.
In un post su X, J.K.
Rowling ha rivelato di aver già letto le sceneggiature dei
primi due episodi e le ha descritte come “così belle“,
esprimendo grande approvazione per la direzione che la serie sta
prendendo.
Quando i fan le hanno chiesto se
avrebbe scritto personalmente alcuni episodi, Rowling ha confermato
che non li avrebbe sceneggiati direttamente, ma ha sottolineato di
aver lavorato a stretto contatto con il team di sceneggiatori della
serie per garantire che l’adattamento rimanesse fedele allo spirito
dei libri.
Cosa sappiamo della serie HBO
su Harry Potter
HBO descrive la serie come un
“adattamento fedele” della serie di libri della Rowling.
“Esplorando ogni angolo del mondo magico, ogni stagione porterà
‘Harry Potter’ e le sue incredibili avventure a un pubblico nuovo
ed esistente”, secondo la descrizione ufficiale. Le riprese
dovrebbero avere inizio nel corso dell’estate 2025, per una messa
in onda prevista per il 2026.
La serie è scritta e prodotta da
Francesca Gardiner, che ricopre anche il ruolo di
showrunner. Mark Mylod sarà il produttore
esecutivo e dirigerà diversi episodi della serie per HBO in
collaborazione con Brontë Film and TV e Warner Bros. Television. La
serie è prodotta da Rowling, Neil Blair e
Ruth Kenley-Letts di Brontë Film and TV, e
David Heyman di Heyday Films.
Come già annunciato, Dominic
McLaughlin interpreterà Harry, Arabella
Stanton sarà Hermione e Alastair Stout
sarà Ron. Altri membri del cast includono: John
Lithgow nel ruolo di Albus Silente, Janet
McTeer nel ruolo di Minerva McGrannitt, Paapa
Essiedu nel ruolo di Severus Piton, Nick
Frost nel ruolo di Rubeus Hagrid, Luke
Thallon nel ruolo di Quirinus Quirrell e Paul
Whitehouse nel ruolo di Argus Gazza.
Il trailer di Power
Book IV: Force stagione 3 rivela la finestra di lancio
dell’ultima stagione della serie. Incentrato sul personaggio di
Tommy Egan (Joseph Sikora), lo scorso giugno è stato annunciato che
Power Book IV: Force – stagione 3 sarebbe tornato per
un’ultima apparizione. Ma anche se lo spin-off di successo di
Power sta volgendo al termine, Tommy potrebbe non sparire
per troppo tempo.
STARZ
ha pubblicato un nuovo teaser per Power Book IV: Force
stagione 3, confermando che l’ultima puntata uscirà nell’autunno
2025. Non è stata confermata una data di uscita più precisa, ma
il teaser mostra Tommy sorridente e impassibile nonostante le
pressioni crescenti e i pericoli sempre più gravi. Guarda il teaser
qui sotto:
Cosa c’è da sapere su Power
Book IV: Force stagione 3
La nuova stagione riprenderà da
dove Power Book IV: Force – stagione 2 si era interrotta, con
Tommy che deve affrontare una lista sempre più lunga di nemici. I
federali lo stanno seguendo e le gang di strada continuano a
cercare di eliminarlo. Questo porta Egan, più che mai, a
pianificare strategicamente le sue prossime mosse per proteggere le
persone che ama.
Correlati10 cose che Power Book IV:
Force deve fare prima che la terza stagione concluda la serieIl
prossimo capitolo di Power Book IV: Force concluderà lo spin-off e
ci sono diverse cose che la serie deve fare prima che la terza
stagione giunga al termine.✕Rimuovi pubblicità
Tommy deve sottrarre clienti alle
fazioni rivali, il tutto mentre combatte contro l’influenza e il
potere crescenti dei suoi avversari. È una situazione sempre più
pericolosa per Tommy, che deve giocare sia in difesa che in
attacco. Sikora è affiancato nel cast di Power Book IV:
Force da Isaac Keys nel ruolo di Diamond Sampson, Kris D.
Lofton nel ruolo di Jenard Sampson e Manuel Eduardo Ramirez nel
ruolo di Miguel Garcia, che avrà un ruolo significativo nella
prossima puntata.
Gary Lennon è showrunner e
produttore esecutivo di Power Book IV: Force, mentre
l’universo di Power è prodotto da Courtney A. Kemp, che ha
creato la serie originale Power attraverso la sua società di
produzione End of Episode, insieme al produttore esecutivo Curtis
“50 Cent” Jackson attraverso la G-Unit Film and Television e Mark
Canton attraverso la Canton Entertainment. Terri Kopp e Chris Selak
sono produttori esecutivi, mentre Lionsgate Television produce la
serie per STARZ.
Adrienne Walker interpreta Shanti
“Showstopper” Page, insieme a Miriam A. Hyman nel ruolo del
procuratore federale Stacy Marks, Anthony Fleming III nel ruolo di
JP e Lucien Cambric nel ruolo di D-Mac. Indipendentemente da ciò
che accadrà a Tommy, però, potrebbe non essere l’ultima volta che
gli spettatori lo vedranno. Recenti indiscrezioni indicano che
tornerà con un altro attore che è stato assolutamente cruciale per
l’universo di Power.
Sulla scia del
trailer completo di The Sandman –
Stagione 2 (che sarà anche l’ultima), Netflix
ha pubblicato un nuovo teaser sui social media che mette in risalto
i sette membri della famiglia degli Eterni
(Endless): Sogno, Morte, Destino,
Disperazione, Desiderio, Delirio e
Distruzione (Dream, Death, Destiny,
Despair, Desire, Delirium e
Destruction).
Abbiamo incontrato la maggior parte
di questi personaggi nella prima stagione, ma la première della
seconda stagione vedrà il debutto di Esme
Creed-Miles nei panni dell’imprevedibile Delirio,
Adrian Lester nei panni dell’onnisciente Destino e
Barry Sloane nei panni di Distruzione, che si
stanca delle sue responsabilità e abbandona il suo incarico.
Questa trama finale inizia con la
riunione di famiglia degli Eterni per la prima volta dopo molti
anni, con un insulto apparentemente superficiale da parte di
Desiderio che riporta Morpheus all’Inferno.
Il nuovo teaser, di seguito, mette
in evidenza i fratelli Eterni, mentre sempre da Instagram arrivano
delle belle immagini dal backstage della serie.
In seguito alla controversia
riguardo le accuse di violenza sessuale e cattiva condotta contro
Neil Gaiman, che ha co-sviluppato e prodotto la
serie TV basata sui suoi fumetti DC, è stato annunciato a gennaio
che la seconda stagione di The Sandman
sarebbe stata l’ultima, anche se secondo Netflix era previsto già da prima che emergessero le
accuse contro Gaiman che il secondo ciclo di episodi sarebbe stato
conclusivo.
La seconda stagione di The
Sandman adatta infatti le trame di molti fumetti, tra cui
Season of Mists, Brief Lives, The Kindly Ones e The
Sandman: Overture, insieme a storie singole come “Tales in
the Sand”, “A Midsummer Night’s Dream”, “The Song
of Orpheus”, “Thermidor” e “The Tempest”,
tra le altre.
The Sandman è
interpretato da Tom Sturridge nel ruolo di Sogno,
Gwendoline Christie nel ruolo di Lucifero,
Vivienne Acheampong nel ruolo di Lucienne,
Kirby Howell-Baptiste nel ruolo di Morte,
Patton Oswalt nel ruolo di Matthew il Corvo,
Jenna Coleman nel ruolo di Johanna Constantine,
Mason Alexander Park nel ruolo di Desiderio,
Donna Preston nel ruolo di Disperazione e altri
ancora.
Gli altri fratelli di Sogno sono:
Destino (Adrian Lester), Delirio (Esmé
Creed-Miles) e il Prodigo (Barry Sloane),
che partecipano a una “cena di famiglia” con il resto degli
Endless, Morte (Kirby), Desiderio (Mason
Alexander Park) e Disperazione (Donna
Preston).
Le speculazioni sulla trama di
Spider-Man: Brand New Day continuano a dilagare,
e le ultime foto e filmati dal set di Daredevil:
Rinascita – Stagione
2 potrebbero gettare un po’ di luce sullo
status quo di New York.
Al momento, Bernthal non è stato
ancora annunciato per Daredevil:
Rinascita – Stagione 2, il che rende
più probabile che la suddetta Presentazione Speciale colmi il
divario tra i due progetti MCU.
Ogni foto e video dal set della
seconda stagione ha mostrato Matt Murdock e Karen Page in incognito
e con la testa bassa, grazie alla Task Force Anti-Vigilante che
pattuglia la Grande Mela. Tuttavia, il nostro ultimo sguardo alla
serie mostra i due personaggi molto felici e chiaramente non più
nascosti.
La teoria prevalente tra i fan è che
questa sia una scena ambientata verso la fine della seconda
stagione, il che significa che Fisk è stato sconfitto e la città è
libera dal suo regno tirannico. Questo libera
Spider-Man: Brand New Day dal dover essere
vincolato agli avvenimenti della serie.
Resta da vedere se la terza stagione
avrà luogo, anche se il capo della Marvel Television, Brad
Winderbaum, ha lasciato intendere che gli piacerebbe
esplorare la Mano e la Gilda degli Assassini in futuro.
Netflix ha celebrato la fine delle riprese della
quarta stagione di Bridgerton
con un nuovo video dal dietro le quinte, che svela un dettaglio
impercettibile sul ruolo che Penelope continuerà a ricoprire nella
storia. La
quarta stagione di Bridgerton vedrà finalmente il
secondo genito Benedict (Luke Thompson) protagonista di una storia
d’amore, dopo essersi innamorato di una misteriosa donna mascherata
al famoso ballo in maschera organizzato da sua madre. Sebbene
Benedict e il suo amore alla Cenerentola, Sophie Baek (Yerin
Ha), saranno al centro dell’attenzione di Bridgerton
e della prossima stagione londinese, anche il resto del clan
Bridgerton avrà un ruolo da svolgere.
Tra questi c’è Penelope,
interpretata da Nicola Coughlan, che ha trovato il suo lieto fine
con il fratello minore di Benedict, Colin (Luke Newton), nella
terza stagione di Bridgerton. Il video del dietro le quinte
della quarta stagione di Bridgerton
mostra quasi tutti i membri del cast principale della serie,
compresi i nuovi arrivati come Yerin Ha, Michelle Mao, Isabella
Wei, Katie Leung e Masali Baduza, mentre si cambiano i loro
elaborati costumi dell’epoca regency con abiti contemporanei (e
infinitamente più comodi). Tuttavia, un piccolo dettaglio ha
attirato l’attenzione dei fan più attenti, poiché il trailer di
Nicola Coughlan è ora etichettato come “Penelope Bridgerton” invece
che “Penelope Featherington”. Potete guardare il video qui
sotto:
Do join us in bidding our dear Ton a
farewell as they conclude the production of the forthcoming season!
Indeed, there is much to look forward to… pic.twitter.com/uEixGya96M
Cosa significa questo per la
quarta stagione di Bridgerton
Dato che Bridgerton è una
serie corale, è logico che i protagonisti delle stagioni precedenti
tornino per brevi apparizioni nelle stagioni successive. Nonostante
la sfortunata assenza di Daphne (Phoebe Dynevor) nella terza
stagione (e quella di suo marito dalla prima stagione), sappiamo
almeno che Penelope, Colin, Anthony (Jonathan Bailey) e la moglie
di Anthony, Kate (Simone Ashley), torneranno nella quarta stagione di Bridgerton. Forse il cambio
di nome nel trailer di Penelope non dovrebbe sorprendere più di
tanto. Tuttavia, è un gradito promemoria di come la sua storia stia
andando avanti ora che ha sposato Colin, ha rivelato la
sua doppia identità ed è diventata madre.
Dato il ruolo più ampio di
Penelope nella società – si può dire che abbia più influenza
dell’intera famiglia Bridgerton messa insieme – ha senso che
Coughlan possa avere un ruolo più importante nella quarta stagione
di Bridgerton.
Dato il ruolo più ampio di Penelope
nella società – si può dire che abbia più influenza dell’intera
famiglia Bridgerton messa insieme – è logico che Coughlan possa
avere un ruolo più importante nella quarta stagione di
Bridgerton. Potrebbe persino essere in grado di aiutare
Benedict e Sophie nel lungo periodo; l’opinione di Penelope come
Lady Whistledown ha un certo peso, e il background familiare non
convenzionale di Sophie causerà senza dubbio scalpore tra i
pettegoli più importanti di Londra. Riuscirà ad aiutarli a evitare
lo scandalo? Tutto è possibile.
James Spader riprenderà il ruolo di
Ultron nella prossima serie Vision,
ma sembra che i Marvel Studios abbiano in mente
progetti molto più ambiziosi per il personaggio in futuro. Non
vediamo il potente supercriminale noto come Ultron da
Avengers: Age of Ultron del
2015, e da allora i fan sperano di vedere la megalomane IA tornare
nell’MCU.
Ad agosto, è emersa la notizia che
James Spader riprenderà il ruolo nella serie
Vision
in arrivo su Disney+, descritta come “la terza
parte di una trilogia iniziata con WandaVision e proseguita con
Agatha Christie”.
Ultron fu creato da
Tony Stark e Bruce Banner per far parte di un programma di
mantenimento della pace che avrebbe dovuto “mettere uno scudo
attorno alla Terra” come difesa contro l’invasione, ma l’IA
finì per rivoltarsi contro l’umanità e fu infine distrutta da suo
“figlio” Visione verso la fine di Age of Ultron.
Resta da vedere come verrà reintrodotto, ma si prevede che Spader
interpreterà Ultron in forma umana insieme a diversi altri
personaggi IA di ritorno.
Si è ipotizzato che il ritorno di
Ultron potrebbe essere un “uno e basta”
(beh, tecnicamente sarebbe un due e basta), ma secondo l’indiscreto
Daniel Richtman, la Marvel “ha in programma il
ritorno di Ultron per diversi progetti dopo Vision Quest”.
Ovviamente resta da vedere come si
evolveranno questi progetti, ma non saremmo sorpresi se Ultron
venisse preso in considerazione nella serie Young
Avengers (che si ritiene si intitolerà The
Champions) attualmente in lavorazione.
La serie
Vision
Il progetto Vision,
ancora senza titolo ufficiale, che potrebbe o meno essere
intitolato Vision Quest, è stato descritto come “la terza parte
di una trilogia iniziata con WandaVision
e che continua con Agatha All
Along“.
Oltre a
Paul Bettany, James Spader di Avengers: Age of
Ultron riprenderà il ruolo di Ultron (“non è chiaro se
Ultron tornerà come robot o in forma umana”). Non c’è stato
alcun accenno al potenziale coinvolgimento di Elizabeth Olsen, ma la serie sarà
ambientata dopo gli eventi di WandaVision,
“mentre il fantasma di Visione presumibilmente esplora il suo
nuovo scopo nella vita”. T’Nia
Miller è stata confermata per il ruolo di Jocasta.
Kerry Condon apparirà nei panni di
F.R.I.D.A.Y. in forma umana, mentre Emily
Hampshire sarà
E.D.I.T.H.
Il finale di WandaVision ha rivelato
che la Visione con cui avevamo trascorso del tempo nel corso della
stagione era in realtà una delle creature di Wanda, ma la vera
“Visione Bianca” è stata ricostruita dalla S.W.O.R.D. e programmata
per rintracciare e uccidere Scarlet Witch. Questa versione del
personaggio si è allontanata verso luoghi sconosciuti verso la fine
dell’episodio, dopo essersi dichiarata la “vera Visione”.
Per quanto riguarda Wanda, l’ultima
volta che abbiamo visto la potente strega era mentre devastava gli
Illuminati e si faceva crollare una montagna addosso in
Doctor Strange in the Multiverse of Madness.
Anche l’attore di Picard,
Todd Stashwick, è nel cast, nei panni di “un
assassino sulle tracce di un androide e della tecnologia in suo
possesso”.Vision – o Vision
Quest – debutterà su Disney+ nel 2026.
Prima dell’uscita di 28 Anni
Dopo di Danny Boyle e Alex
Garland (qui
la nostra recensione), tutto ciò che sapevamo del
misterioso personaggio di Jack O’Connell era che si faceva chiamare
Sir Jimmy Crystal e che era (molto probabilmente) responsabile
dell’incisione di quelle iniziali sull’uomo infetto che Jamie
(Aaron
Taylor-Johnson) e Spike (Alfie
Williams) trovano appeso e in fin di vita durante il loro
viaggio sulla terraferma.
Jimmy ha solo un ruolo marginale nel
film. Lo incontriamo per la prima volta da bambino nella scena
iniziale, quando perde l’intera famiglia in un attacco infetto, e
torna negli ultimi momenti del film per salvare Alfie che viene
messo alle strette da un gruppo di Ragers. Jimmy adulto e i suoi
seguaci – che si fanno chiamare tutti Jimmy – sono vestiti come il
famigerato DJ e
presentatore televisivo britannico Jimmy Savile, morto nel 2011
dopo una lunga storia di abusi sessuali su minori.
“Ha a che fare tanto con la
cultura pop quanto con l’abbigliamento sportivo, con il cricket,
con il sistema di onorificenze”, ha detto Boyle a Business
Insider a proposito della decisione di far adottare a Crystal e al
suo culto il look distintivo di Savile. “È tutto un po’ come un
intreccio in questo ricordo parziale, aggrapparsi a cose e poi
ricrearle come immagine per i seguaci”.“È un
caleidoscopio, vero?” ha aggiunto Garland a proposito del
personaggio di O’Connell. “Una specie di caleidoscopio
psichedelico, strafatto”. “Il problema del guardare indietro è
quanto sia selettiva la memoria”, ha continuato lo scrittore.
“Sceglie a caso, soffre di amnesia e, soprattutto, ricorda
male. Viviamo in un’epoca dominata da un passato ricordato
male“.
Jimmy Crystal (O’Connell)
e la sua banda dovrebbero avere un ruolo molto più importante nel
sequel di Nia DaCosta, 28 Years Later: The Bone Temple, girato
contemporaneamente a questo film e la cui uscita è prevista per il
prossimo anno.
Secondo la sinossi ufficiale,
“Sono passati quasi tre decenni da quando il virus della rabbia
è sfuggito a un laboratorio di armi biologiche e ora, ancora in una
quarantena imposta senza pietà, alcuni hanno trovato il modo di
sopravvivere tra gli infetti. Uno di questi gruppi di sopravvissuti
vive su una piccola isola collegata alla terraferma da un’unica
strada rialzata pesantemente difesa. Quando uno del gruppo lascia
l’isola per una missione nel cuore oscuro della terraferma, scopre
segreti, meraviglie e orrori che hanno mutato non solo gli infetti,
ma anche altri sopravvissuti.”
Una città che cresce, che si
trasforma e, mentre guarda al futuro, continua a nascondere dietro
ogni palazzo sfarzoso una crescente rivalità tra vecchia e nuova
aristocrazia. La New York di fine XIX secolo, in cui il potere si
sposta dalle famiglie dell’old money a quelle emergenti, fa da
sfondo alle vicende della
terza stagione di The
Gilded Age, il period drama HBO e Sky Exclusive
nominato agli Emmy firmato da uno fra i più celebrati maestri del
dramma in costume, sir Julian Fellowes
(Downton
Abbey, Belgravia). Il nuovo capitolo della serie, in otto
episodi, in esclusiva su Sky e in streaming solo su NOW dal 23
giugno, in contemporanea con gli US.
Cosa succede nella terza stagione
di The Gilded Age
1 di 4
Cortesia di HBO e SKY
Cortesia di HBO e SKY
Cortesia di HBO e SKY
Cortesia di HBO e SKY
Fra ambientazioni sontuose, costumi
spettacolari e riferimenti storici reali, nei nuovi episodi il
vecchio è stato soppiantato dal nuovo: la vecchia guardia è uscita
indebolita dalla Guerra dell’Opera e, ormai affermati nei salotti
più esclusivi, i Russell sono pronti a prendere il loro posto alla
guida dell’alta società di New York. Imponendosi come la nuova Mrs.
Astor, Bertha (Carrie Coon) punta a un premio che eleverebbe la
famiglia a livelli inimmaginabili, mentre George (Morgan Spector)
rischia tutto in un’impresa che potrebbe rivoluzionare l’industria
ferroviaria, sempre che non lo rovini prima. Dall’altra parte della
strada, la famiglia Brook viene gettata nel caos quando Agnes
(Christine Baranski) si rifiuta di accettare la nuova posizione di
Ada (Cynthia Nixon) come padrona di casa. Peggy (Denée Benton)
incontra un affascinante medico di Newport, ma la famiglia di lui è
ben poco entusiasta della carriera della giovane. Mentre tutta New
York si affretta verso il futuro, le ambizioni dei protagonisti
potrebbero andare a scapito di ciò che hanno di più caro.
La serie vanta un cast stellare che
include Carrie Coon, Christine Baranski, Cynthia Nixon, Morgan
Spector, Louisa Jacobson, Denée Benton, Taissa Farmiga, Harry
Richardson, Blake Ritson, Ben Ahlers, Ashlie Atkinson, Dylan Baker,
Kate Baldwin, Victoria Clark, John Ellison Conlee, Michael Cumpsty,
Kelley Curran, Jordan Donica, Jessica Frances Dukes, Claybourne
Elder, Amy Forsyth, Jack Gilpin, LisaGay Hamilton, Ward Horton,
Simon Jones, Celia Keenan-Bolger, Ben Lamb, Nathan Lane, Andrea
Martin, Audra McDonald, Brian Stokes Mitchell, Debra Monk, Hattie
Morahan, Donna Murphy, Kristine Nielsen, Paul Alexander Nolan,
Kelli O’Hara, Patrick Page, Rachel Pickup, Taylor Richardson,
Douglas Sills, Bobby Steggert, Erin Wilhelmi, John Douglas
Thompson, Leslie Uggams, Merritt Wever. Con Bill Camp e Phylicia
Rashad.
THE GILDED AGE è creata, scritta e prodotta da
Julian Fellowes; produttori esecutivi, oltre a Fellowes, anche
Gareth Neame e David Crockett; regista e produttore esecutivo
Michael Engler; produttore esecutivo Bob Greenblatt; sceneggiatrice
e produttrice esecutiva Sonja Warfield; regista e produttrice
esecutiva Salli Richardson-Whitfield. La serie è una co-produzione
HBO e Universal Television, divisione di Universal Studio
Group.
“Non mi farò fregare da un
pistolero invisibile con proiettili magici.” Un filmato di
Ironheart diffuso
da qualche giorno rivelava che, al ritorno di Riri Williams dal suo
“tirocinio in Wakanda”, verrà reclutata da The
Hood per unirsi alla sua banda di criminali per una serie
di furti ad alto rischio.
Non è esattamente la storia delle
origini eroiche di Riri che la maggior parte si aspetterebbe, ma
sembra che alla fine riesca a rimettersi in carreggiata e a
decidere di opporsi al malvagio demone, come si vede nell’ultimo
filmato diffuso.
The Hood era un
villain piuttosto importante della Marvel Comics qualche anno fa, durante la
storia di Dark Reign, come membro della Cabala di Norman Osborn,
una versione malvagia degli Illuminati. Tuttavia, il personaggio è
scomparso dai riflettori negli ultimi anni. Forse una performance
avvincente di Anthony Ramos (Transformers: Rise of
the Beasts, Twisters) potrebbe riportare il personaggio alla
ribalta?
Ambientata dopo gli eventi di
Black
Panther: Wakanda Forever, la serie Ironheart
di Marvel Television mette a confronto la tecnologia con la magia
quando Riri Williams (Dominique
Thorne), una giovane e geniale inventrice determinata
a lasciare il segno nel mondo, torna nella sua città natale,
Chicago.
La sua innovativa interpretazione
della costruzione di armature di ferro è brillante, ma nel
perseguire le sue ambizioni, si ritrova coinvolta con il misterioso
ma affascinante Parker Robbins, alias “The Hood” (Anthony
Ramos).
La serie vede la partecipazione
anche di Lyric Ross, Alden Ehrenreich, Regan Aliyah, Manny
Montana, Matthew Elam e Anji White.
Chinaka Hodge è la sceneggiatrice e produttrice
esecutiva; gli episodi sono diretti da Sam Bailey
e Angela Barnes.
I primi tre episodi di Ironheart debutteranno
su Disney+ il 24 giugno 2025.
In seguito alle indiscrezioni
secondo cui la star di Avengers: Endgame,
Jeremy Renner, avrebbe rifiutato la seconda stagione
di Hawkeye a causa di un’offerta irrisoria da
parte dei Marvel Studios, abbiamo un
importante aggiornamento sulla situazione attuale tra le due
parti.
Da tempo circolano voci sui piani
per una seconda stagione di Hawkeye,
con una storia fortemente ispirata a The Raid.
In questa, Clint Barton e Kate Bishop si confronteranno con Barney
Barton, alias Trickshot.
Con grande sorpresa dei fan,
Jeremy Renner ha scartato l’idea di
un’altra stagione dopo aver rivelato che i Marvel Studios gli hanno
offerto metà di quanto guadagnato per la prima stagione (per quelle
che sarebbero state lunghe riprese di 9 mesi). Si prevede inoltre
che i Marvel Studios si concentreranno meno sui personaggi del
grande schermo in streaming, creando una linea di demarcazione più
netta tra ciò che le persone possono vedere al cinema e a casa.
Renner ha chiuso con l’MCU? È
difficile scrollarsi di dosso questa sensazione, soprattutto ora
che non è stato annunciato per Avengers: Doomsday. Ma stando a
quello che riporta l’indiscreto Daniel Richtman,
non sembra una decisione definitiva: “La Marvel è ancora in
trattative con Jeremy Renner per tornare per una seconda stagione
di Occhio di Falco”.
Se le due parti riusciranno a
trovare un compromesso tra denaro e tempo allora non vediamo perché
Renner non possa impugnare di nuovo l’arco degli Avenger. La prima
stagione di Hawkeye
è servita come passaggio di testimone a Kate, interpretata da
Hailee Steinfeld, quindi probabilmente
potrebbe reggere il confronto anche senza un ruolo da
protagonista.
Renner è entrato a far parte
dell’MCU nel 2011, con un cameo a sorpresa in
Thor. Non possiamo credere che il presidente dei
Marvel Studios, Kevin Feige, gli abbia permesso di
lasciare il franchise senza un saluto degno, ma solo il tempo ci
dirà come si evolveranno queste discussioni.
“Penso che sia più la volontà di
prendere le distanze”, ha recentemente dichiarato Renner a
proposito di un passo indietro dall’MCU. “Mia figlia è la
priorità. Non è nemmeno una scelta. Sarò un padre per mia figlia.
Se continueranno a girare a Londra o [qualsiasi altra cosa], non
funzionerà.”
Quando gli sono state presentate le
voci su The Raid e Trickshot, l’attore ha
risposto: “Forse qualcosa di vero c’è, non lo so. Ci siamo
addentrati un po’ nella trama e cose del genere. Tutti erano
interessati. Non direi di no. Penso che ci siano ancora molte idee
e che debbano capire un sacco di cose.”
“Sono sempre pronto a farlo,
amico”, ha confermato Renner. “È un mondo divertente e
adoro farne parte. Egoisticamente, mi piace il valore di farlo per
ciò che significa per i ragazzi della fondazione che dirigo.”
Sono stati pubblicati quattro nuovi
spot televisivi da 15 secondi per Superman.
In questi, vediamo l’Uomo d’Acciaio atterrato dal braccio di
Kryptonite di Metamorpho, insieme ad altre scene di volo e
azione.
La redazione del Daily Planet riceve
un po’ di attenzione, vediamo Lois Lane pilotare il T-Craft di
Mister Terrific in quella che sembra essere una sequenza
divertente. L’Uomo d’Acciaio, pur essendo formidabile, sembra aver
trovato pane per i suoi denti in Ultraman, un cattivo che abbatte
l’eroe con facilità.
A
James Gunn è stato chiesto di Ultraman durante una
recente intervista con Entertainment Weekly. Alla domanda se il
misterioso cattivo faccia parte del tentativo di Lex Luthor di
creare una “figura in stile Superman“, ha risposto:
“Ci va vicino. Sì, credo di sì. Ultra Man è una specie di
scagnozzo di Lex ed è piuttosto potente“.
Il regista ha anche confermato che
Hammer of Boravia ha legami con la LuthorCorp. “Sì,
assolutamente. Lex è connesso a tutto. Non succede nulla di male a
Metropolis durante questo film che non abbia un qualche legame con
Lex Luthor.“
Molti fan hanno sottolineato che il
color grading di Superman ha abbandonato la pesante tinta blu vista
nei primi trailer. Sui social media si è speculato se questo sia
finalizzato ad allineare il film a quello che sarà il DCU in senso più ampio. Tuttavia, Gunn non
considera il reboot una “prova di concetto” per il
franchise.
“Non la vedo affatto in questo
modo“, ha detto al sito. “La vedo come se stessi girando
un altro film. Sto cercando di fare il miglior film possibile. E
sto imparando molto. Per me, questo processo è stato più simile a
quello dei primi Guardiani che a qualsiasi altra cosa, perché sto
imparando moltissimo su come girare scene con Superman, che è molto
diverso.”
“Sai, volare, capire tutto
questo e capire la semplicità e l’eleganza di questo personaggio,
che è così diverso da chiunque altro per cui abbia mai scritto un
film prima. Sto imparando molto lungo la strada”, ha concluso
Gunn.
Glen è stato visto lavorare insieme
a un gruppo di comparse, alcune delle quali sembravano vestite da
alieni, per la scena.
Al momento non si sa nulla della
trama del film, ma sappiamo che Jenna Ortega, Emma Mackey e
Samuel L. Jackson reciteranno al fianco di Glen. Abrams è
il regista, sceneggiatore e produttore del film per la Warner
Bros.
Glen ha molti progetti in cantiere:
ha appena firmato per un film sui vigili del fuoco con Ron Howard,
reciterà in una commedia di Judd Apatow, in un
film di fantascienza di Barry Jenkins e nel remake del film The
Running Man.
Glen
Powell and his stunt double spotted filming J.J. Abrams’ new
movie ‘Ghostwriter’.
Actor Glen Powell is seen in character on
the set of Ghostwriter, chatting with director J.J. Abrams as the
street is transformed with futuristic cars and props for the sci-fi
production.
J.J. Abrams presto tornerà
con un film originale al cinema
Il famoso regista J.J.
Abrams sta attualmente sviluppando un nuovo film con un cast
incredibilmente stellare e, per una serie di motivi, questo è il
progetto più entusiasmante del regista degli ultimi anni. Abrams ha
fatto il suo ingresso nel mondo del cinema e della televisione
all’inizio degli anni ’90 come sceneggiatore. Tuttavia, la sua
grande occasione è arrivata nel 2004, quando ha co-creato la serie
fantascientifica Lost, che è ancora considerata
una delle migliori serie degli anni 2000. Da lì, Abrams ha iniziato
a dirigere grandi successi hollywoodiani, ma dopo alcuni ostacoli
lungo il percorso, il regista è rimasto in silenzio negli ultimi
anni.
Per la prima volta dal 2019, Abrams
torna alla regia con un film originale inedito. Al momento, si sa
molto poco di questo film, a parte il genere e il cast eccezionale.
A quanto pare, il film è un mistery e avrà come protagonisti
Glen Powell,
Jenna Ortega,
Emma Mackey e
Samuel L. Jackson. Inoltre, il film è prodotto
dalla società di Abrams, la Bad Robot. Anche con così poche
informazioni a disposizione, il
nuovo film di Abrams è incredibilmente emozionante, soprattutto
se si considera la storia unica del regista a Hollywood.
J.J. Abrams sta finalmente
girando un nuovo film originale
Il nuovo film di Abrams è così
emozionante perché è il primo film originale che dirige dal 2011.
Dei sei film diretti da Abrams, solo uno è una storia originale,
non appartenente a un franchise, scritta dallo stesso Abrams.
Quel film è
Super 8, che racconta la storia di un gruppo di adolescenti
che stanno girando un film quando assistono a un incidente
catastrofico e ultraterreno. Nonostante abbia incassato 260 milioni
di dollari al botteghino e abbia ottenuto recensioni entusiastiche
dalla critica, è stato il primo e ultimo film originale realizzato
da Abrams, fino ad ora.
Molti si chiederanno perché ci sia
voluto così tanto tempo. La risposta più semplice è che Abrams è
diventato famoso un po’ troppo in fretta. Dopo aver diretto con
successo
Mission: Impossible III,Abrams ha avuto la possibilità
di dirigere due grandi franchise di fantascienza: Star Trek
e Star
Wars. Sebbene i film di Abrams abbiano incassato
molto e ottenuto un grande successo di critica, hanno anche
ricevuto reazioni negative da parte dei fan che non apprezzavano la
direzione che stava prendendo la serie. Alla fine, questo gli ha
impedito di portare avanti i propri progetti e persino di
realizzare film per alcuni anni.
Compie 50 anni Lo
squalo, capolavoro di Steven
Spielberg, un thriller ricco di tensione, con un
finale terrificante in cui il protagonista e una piccola squadra si
trovano faccia a faccia con un micidiale squalo bianco. Il film
suscitò grande clamore già dalla sua scena di apertura, in cui una
giovane donna entra in mare per nuotare, ma viene presto trascinata
sott’acqua e scompare. Un inizio agghiacciante che rese subito
chiaro di come questo film era qui per cambiare le carte in tavola.
Il tutto prosegue poi con il capo della polizia, Martin
Brody, che viene a sapere che l’incidente è stato causato
dall’attacco di uno squalo e decide di chiudere la spiaggia per
condurre ulteriori indagini ed eliminare la minaccia.
Tuttavia, il sindaco Larry
Vaughn lo spinge a tenere aperta la spiaggia, poiché Amity
Island sta per entrare nella sua stagione turistica più intensa e,
senza alcuna garanzia che ci sia uno squalo, causare il panico
generale sarebbe dannoso per gli affari. Tuttavia, quando lo squalo
ritorna e uccide un ragazzino, Vaughn è costretto ad ascoltare il
poliziotto. Brody recluta quindi un ricercatore esperto di squali,
Hooper, e Quint, un eccentrico
cacciatore sicuro di poter uccidere lo squalo, per andare in barca
e portare a termine il lavoro. Tuttavia, le cose non andranno come
previsto.
Apparentemente, il film di Spileberg
che ha dato vita al concetto di blockbuster sembra un classico caso
di man vs. nature, eppure ci sono altri significati
nascosti all’interno del film e del suo finale, con lo stesso
squalo che diventa metafora del male e della paura che in quegli
anni – successivi agli sconvolgimenti degli anni Sessanta – regnava
negli Stati Uniti e nel mondo intero. In questo approfondimento,
esploriamo dunque tanto i colpi di scena finali di Lo
squalo quanto i significati più profondi del
film.
La barca con cui i tre uomini si
sono spinti in mare aperto non era in ottime condizioni, poiché era
chiaramente vecchia. Tuttavia, nonostante una grave falla nello
scafo, sembrava che Brody e l’equipaggio sarebbero stati in grado
di tornare a casa e occuparsi dello squalo in un secondo momento.
Sfortunatamente, Quint ha spinto troppo i motori e il
surriscaldamento, combinato con la falla nello scafo, ha causato la
combustione dei motori. Con l’equipaggio bloccato in acqua, lo
squalo ha a quel punto attaccato e distrutto la parte posteriore
della barca fino a quando questa ha iniziato ad affondare.
Nel finale del film, dopo essersi
quindi avvicinati al grande squalo bianco in diverse occasioni e
aver attaccato dei grandi barili alla creatura nel tentativo di
tenerla vicino alla superficie, lo squalo passa all’offensiva.
Riesce a danneggiare lo scafo della barca, facendo entrare acqua
all’interno e danneggiando ulteriormente i motori. Brody, Hooper e
Quint decidono quindi di passare a loro volta all’offensiva e
cercano di uccidere lo squalo con ogni mezzo possibile. Tuttavia,
Quint viene ucciso in una lotta serrata con lo squalo, prima che
Brody riesca a ucciderlo.
L’uomo viene infatti sopraffatto dal
grande squalo bianco quando la sua nave viene parzialmente
trascinata sott’acqua. Quint viene quindi mostrato mentre viene
morso lungo le gambe e il torso, prima di essere trascinato
sott’acqua, decretando la sua morte. Resta invece per un po’ ignoto
il destino di Hopper, il quale in precedenza era stato mandato
sott’acqua con una gabbia nel tentativo di uccidere lo squalo.
Quando quest’ultimo attacca e distrugge la gabbia, siamo portati a
credere che anche per Hopper non ci sia più nulla da fare.
Scopriamo solo all’ultimo, però, che si era in realtà nascosto,
tornando in scena al momento opportuno.
Nel finale, dunque, lo squalo
addenta una delle bombole piene di aria compressa, cosa che Brody
sperava di riuscirgli a far fare. A quel punto spara alla bombola
per provocare un’esplosione. A questa distanza, con un’esplosione
intensa che avviene direttamente nella bocca dello squalo, si può
supporre che tutta la parte superiore della creatura sia stata
vaporizzata. Di conseguenza, lo squalo viene definitivamente
abbattuto, senza alcuna possibilità che possa essere
altrimenti.
Senza ulteriori minacce da parte
dello squalo, si può tranquillamente supporre che i ricongiuntisi
Brody e Hooper siano riusciti a tornare ad Amity Island. Lo squalo
era noto per attaccare vicino alla spiaggia, quindi era improbabile
che la barca fosse molto lontana dalla riva. Con la barba
affondata, Hooper e Brody hanno dunque usato un pezzo della nave
danneggiata per galleggiare e hanno nuotato fino all’isola,
idealmente senza incontrare altri pericoli.
Il vero significato del finale del
film
Il tema centrale del film vede
dunque lo squalo come simbolo della paura. È implacabile, si
nasconde sotto la superficie e può sopraffare facilmente chi lo
incontra. Lo squalo, nel film di Spielberg, è dunque pensato per
essere una forma di puro male e paura, incarnazione di tutto ciò
che non conosciamo e che ci terrorizza, come anche della forza
bruta della natura che facilmente può reclamare il suo potere su di
noi. Tuttavia, sebbene la paura possa essere implacabile e causare
danni considerevoli, può essere superata se affrontata a testa
alta.
Personaggi come Vaughn hanno scelto
di ignorare la loro paura e concentrarsi su altre cose, ma questo
ha solo messo più persone in pericolo. È stato solo quando Hooper,
che ha una conoscenza approfondita degli squali, Quint, che ha il
coraggio e la forza necessari, e Brody, che ha una speranza
incrollabile, hanno unito i loro sforzi per affrontare lo squalo e
ucciderlo. Alla fine di Lo squalo sono rimasti
molti danni e cicatrici, ma una volta compresa e affrontata, la
paura poteva essere superata.
Il film sudcoreano del 2021
Emergency Declaration, diretto da Han Jae-rim, si
colloca in un momento in cui il cinema coreano sta vivendo una fase
di grande riconoscimento internazionale, grazie a opere che sanno
coniugare spettacolarità e riflessione sociale. Il film si
inserisce nel filone del disaster movie, declinato però
secondo i canoni della tradizione cinematografica coreana: forte
tensione narrativa, attenzione ai personaggi e un sottotesto etico
che spinge lo spettatore a interrogarsi su temi complessi (vedi
anche Parasite o
Special Delivery). Presentato fuori concorso al Festival di Cannes, questo
film rappresenta un esempio significativo di come l’industria
cinematografica sudcoreana riesca a misurarsi con i generi più
popolari senza rinunciare a uno sguardo autoriale.
Il film si ispira al classico genere
dei thriller catastrofici con ambientazione aerea (7500,
58 minuti per morire – Die Harder), ma ne rielabora gli
elementi per raccontare una storia che parla di paure globali molto
attuali. Il regista riesce così a costruire un racconto corale che
fonde suspense e dramma umano, mantenendo viva la tradizione del
cinema coreano di combinare spettacolo e riflessione sociale. Il
risultato è un film che coinvolge emotivamente e offre anche uno
spunto per riflettere sulle dinamiche del panico collettivo e della
responsabilità etica di fronte a un’emergenza.
Nel corso di questo articolo ci
concentreremo in particolare sul finale di Emergency
Declaration, un epilogo che ha diviso il pubblico per
la sua intensità e per le scelte morali che i protagonisti si
trovano a compiere. Analizzeremo come si sviluppano le ultime
scene, quale significato esse assumono rispetto ai temi portanti
del film e in che modo il regista abbia voluto chiudere un racconto
che parla di sacrificio, paura e speranza. Un finale che, come
vedremo, si collega profondamente alla tradizione del cinema
catastrofico ma con uno sguardo tipicamente coreano.
Song Kang-ho in Emergency Declaration
La trama di Emergency
Declaration
Il film vede il volo KI501, partito
dalla cittadina sudcoreana di Incheon e diretto alle Hawaii,
costretto a dichiarare lo stato di emergenza, dopo che il detective
Gu In-ho (Song Kang-ho) scopre
che un uomo minaccia di fare un attentato bioterroristico a bordo.
Il terrorista, Ryu Jin-seok (Im
Si-wan) ha manifestato le sue intenzioni con un video
messaggio e prontamente il veterano In-ho cerca di indagare
sull’identità dell’attentatore. A complicare la situazione ci sono
le tensioni diplomatiche tra la Corea del Sud e altri governi, che
non permettono all’aereo di atterrare sul loro territorio per
evitare che il virus contratto dai passeggeri e dal personale di
bordo nell’attentato si diffonda anche all’esterno.
La spiegazione del finale del film
Nel corso del film scopriamo la
storia di Ryu Jin-seok attraverso il suo essere
l’unico sopravvissuto agli effetti del virus in BRICOM. Fin da
bambino, Ryu era stato sottoposto a forti pressioni da parte della
madre, una microbiologa, e questo lo aveva profondamente segnato.
Quando era sotto stress, sfogava la sua rabbia uccidendo animali:
un modo distorto per vendicarsi del comportamento oppressivo della
madre. Questo atteggiamento si era protratto anche durante la sua
esperienza in BRICOM, dove, nonostante gli avvertimenti ricevuti,
Ryu aveva esposto tre colleghi al virus mutato SC-1, traendo
piacere nel vederli soffrire. Alla fine, spinto dalla follia,
decise di alzare la posta e pianificò di uccidere un intero aereo
pieno di persone.
Il motivo? I traumi inflitti dalla
madre. Lei lo aveva spinto a diventare microbiologo, e così era
stato, ma invece di contribuire alla scienza, Ryu aveva scelto di
usare le sue conoscenze per distruggere. Questo dimostra quanto
l’infanzia possa plasmare un individuo: spesso un bambino che
subisce abusi finisce per riversare quel male sul mondo. Dopo la
morte della madre, Ryu perse ogni senso della propria identità e
iniziò a sfogare la sua rabbia sugli altri, questa volta senza più
nessuno a imporgli cosa fare. BRICOM, da parte sua, negò ogni
accusa e rifiutò qualsiasi perquisizione senza un mandato.
L’azienda sapeva di aver ricevuto il virus mutato SC-1 dal Medio
Oriente e aveva sviluppato un antidoto.
Kim Nam-gil in Emergency Declaration
Non si può escludere che BRICOM
stesse tentando di ottenere un monopolio, forse con l’intento di
rilasciare il virus per poi trarre profitto dalla vendita
dell’antidoto. Questo potrebbe spiegare perché Ryu venne licenziato
senza che venissero presentate denunce: denunciarlo avrebbe
rischiato di compromettere anche l’azienda. Inoltre, non bisogna
dimenticare che l’acquisizione del virus è avvenuta in segreto. Se
BRICOM non avesse acquistato quel virus, Ryu non avrebbe potuto
impossessarsene. Il film offre dunque un quadro realistico e
intenso di come il mondo potrebbe reagire a un attacco biologico su
un aereo: passeggeri terrorizzati, dibattiti sui media, governi
divisi e un’azienda biotecnologica che tenta di nascondere la
verità, fino ad arrivare a un sacrificio necessario.
Gli Stati Uniti e il Giappone negano
l’autorizzazione all’atterraggio per evitare la diffusione del
virus. Gli USA interrompono ogni comunicazione con la Corea, mentre
il Giappone afferma che un governo deve prima di tutto proteggere i
propri cittadini. In questo scenario, il primo ufficiale Choi mette
da parte l’odio verso Park e lo autorizza a pilotare l’aereo se lui
dovesse morire. In-ho, disperato perché anche sua moglie è a bordo,
si inietta il virus per testare l’antidoto fornito da BRICOM. I
passeggeri, uniti, decidono intanto che è meglio non atterrare per
non mettere a rischio altre vite. Park però, con grande abilità,
riesce a manovrare l’aereo quasi senza carburante, spegnendo i
motori per risparmiare e atterrando con una manovra rischiosa ma
geniale.
Choi, invece, ormai gravemente
malato, perdona Park, riconoscendo che senza di lui nessuno si
sarebbe salvato. Nonostante il dolore, entrambi accettano la verità
e le conseguenze delle proprie azioni. Alla fine, BRICOM accetta di
consegnare l’antidoto. All’inizio ci sono dubbi sulla sua
efficacia, ma il sergente In-hu inizia a migliorare dopo
l’iniezione. A quel punto Park riceve l’ordine di atterrare:
l’antidoto funziona. In un momento di alta tensione, Park riesce a
far atterrare l’aereo con tecniche precise per risparmiare
carburante. Lo Sky Korea Flight 501 atterra così sano e salvo e
nonostante le vittime, molti si salvano grazie al coraggio e
all’ingegno di Park.
Lee Byung-hun e Kim Bo-min in Emergency Declaration
Emergency
Declaration, pur offrendo un finale positivo, resta un
racconto tragico. Ryu Jin-seok è morto sull’aereo: non aveva alcuna
intenzione di sopravvivere e, purtroppo, è riuscito nel suo
intento, colpendo più persone di quanto avesse previsto. Verso la
fine del film, Sook-Hee, il ministro dei Trasporti, dice alla
giuria che ci sono persone guidate da un vizio irrazionale: non
cercano un motivo, non si possono comprare, ricattare o convincere.
Alcuni uomini vogliono soltanto vedere il mondo bruciare. Ed è
proprio questo che ha portato al disastro che conosciamo come
“Emergency Declaration”.
Il finale ruota così attorno ai temi
della solidarietà e della responsabilità etica. Il film sottolinea
come, in una situazione di emergenza, la sopravvivenza non possa
basarsi su decisioni individualistiche, ma debba scaturire da un
impegno condiviso. La scelta dei protagonisti di rischiare la
propria vita per salvare quella degli altri rappresenta un
messaggio di speranza e di altruismo, in netto contrasto con
l’egoismo del bioterrorista che ha scatenato la crisi. Anche il
cambio di posizione del governo, inizialmente paralizzato dalla
paura, mostra come il coraggio e l’empatia possano prevalere sulla
pura logica della sopravvivenza a tutti i costi.
Infine, come già accennato,
Emergency Declaration riflette sulla fragilità
delle istituzioni di fronte a una catastrofe e sul ruolo
fondamentale della pressione collettiva e del senso civico nel
determinare le decisioni più giuste. Il regista costruisce un
epilogo in cui il vero eroismo non è solo quello dei piloti, ma
anche quello di una comunità che riscopre la propria umanità nel
momento più buio. Il film si chiude quindi con un messaggio
universale: nelle emergenze globali, la salvezza non dipende solo
dalla tecnologia o dalle autorità, ma soprattutto dal coraggio e
dalla solidarietà di ciascuno.
Lo stalker della stanza
accanto (il cui titolo originale è Within These
Walls) è un
thriller psicologico che si inserisce nel filone delle storie
di ossessione e paura domestica, un genere sempre apprezzato da chi
ama i brividi legati alla quotidianità. Diretto con uno stile teso
e minimalista, il film riesce a costruire un’atmosfera
claustrofobica e carica di tensione, portando lo spettatore a
interrogarsi su quanto siano realmente sicuri gli spazi che
consideriamo nostri rifugi. La regia punta su ambientazioni
ristrette e sguardi inquietanti, trasformando il familiare in
qualcosa di minaccioso. Fin dalle prime scene, il pubblico viene
trascinato in un vortice di inquietudine che non lascia
respiro.
Uno degli aspetti più interessanti
del film è la scelta di concentrarsi su temi attuali e universali
come l’invasione della privacy, la vulnerabilità all’interno delle
mura domestiche e la sottile linea che separa il senso di sicurezza
dal terrore. Lo stalker della stanza accanto non
si limita a raccontare la classica storia di un persecutore, ma
indaga le paure più profonde legate alla solitudine e alla
difficoltà di fidarsi degli altri. La protagonista si ritrova
progressivamente intrappolata in una spirale di sospetti e minacce
sempre più angoscianti, mentre lo spettatore è costretto a
chiedersi chi sia davvero il nemico e quali siano le sue vere
intenzioni.
Nel corso dell’articolo ci
soffermeremo in particolare sullo scoprire se il film è basato su
una storia vera o, in caso non lo sia, sul confrontarlo con episodi
simili in quanto a dinamiche realmente avvenuti. Come già detto,
gli autori si sono impegnati per dar vita ad una situazione estrema
ma non implausibile, che porta a provare terrore proprio per il suo
essere tale e costringendo a riconsiderare gli spazi che crediamo
di poter controllare. Tutto questo, lo si vedrà in questo
approfondimento dopo una prima descrizione della trama.
Il film racconta la storia di
Mel Carver (Jen Landon), una
madre single realizzata, con una brillante carriera da architetta e
una figlia adolescente, Brook (Tara
Redmond Van Rees). Conduce una vita apparentemente serena
accanto al fidanzato Ben (Joshua
Close), conosciuto durante dei lavori di ristrutturazione
nella sua abitazione di periferia. Dopo la morte del marito, Ben è
stato il primo uomo che Mel abbia accolto nella sua casa, cercando
di ricostruire una stabilità familiare e offrire a Brook una
parvenza di normalità. Ma con il tempo, quella relazione si rivela
poco solida. Ben si trasferisce troppo in fretta, invadendo spazi e
abitudini, e Mel inizia a sentirsi intrappolata.
Quando poi la relazione con Ben
finisce, l’atmosfera in casa cambia. La tranquillità svanisce,
lasciando spazio a presenze ambigue, rumori inspiegabili, ombre
fugaci e oggetti che sembrano spostarsi da soli. Mel inizia a
dubitare della propria lucidità, mentre Brook percepisce un’energia
sinistra e crescente inquietudine. Il sospetto si insinua nella
mente di Mel, che inizia a domandarsi se Ben non fosse davvero chi
diceva di essere. Tra tensioni psicologiche, segreti nascosti e
presenze inquietanti, Mel dovrà affrontare la verità. Il confine
tra amore e controllo diventa sempre più sottile, e mette alla
prova una donna determinata a proteggere la propria casa, sua
figlia e la sua salute mentale.
La storia vera che ha ispirato il
film
Diciamo subito che il film
Lo stalker della stanza accanto, diretto da
Anne De Léan, non è
tratto da una specifica storia vera. Si tratta di un’opera di
fiction che, come già riportato, sfrutta elementi classici del
thriller psicologico, ispirandosi a dinamiche e paure universali
legate alla violazione della privacy e alla minaccia rappresentata
da uno stalker. Tuttavia, anche se il film non si basa su un caso
reale, i suoi spunti narrativi ricordano fatti di cronaca che hanno
avuto risonanza internazionale e che presentano un’inquietante
somiglianza con le vicende raccontate sullo schermo.
Uno dei casi più noti che si
avvicina alla tematica del film è quello di Theodore Edward
Coneys, passato alla storia come il “Denver Spiderman”.
Nel 1941, Coneys si nascose per mesi nel sottotetto della casa di
un conoscente e scendeva di notte per procurarsi cibo, finché non
fu scoperto e uccise il padrone di casa. Questo episodio ha
ispirato negli anni numerose storie e film sul terrore domestico e
sulla minaccia nascosta tra le pareti della propria casa, un tema
centrale anche in Lo stalker della stanza accanto.
Similmente, casi più recenti hanno riportato alle cronache storie
di individui che hanno occupato abusivamente spazi nascosti in case
altrui, scoperti solo dopo mesi grazie a coincidenze o
incidenti.
Un altro caso reale che riecheggia
nel film è quello del cosiddetto “stalker di Honolulu” avvenuto nel
2019, quando un uomo si introdusse più volte nell’appartamento di
una donna senza che lei se ne accorgesse subito, installando
telecamere nascoste e lasciando segni inquietanti della sua
presenza. La vicenda sottolinea come la paura di essere osservati o
minacciati all’interno delle proprie mura domestiche abbia radici
reali, alimentando un immaginario collettivo di vulnerabilità e
pericolo. Questi episodi reali forniscono il terreno fertile su cui
il film costruisce la propria tensione.
Sebbene dunque Lo stalker
della stanza accanto non prende spunto da una storia vera
singola e documentata, si inserisce però in un filone narrativo che
trae ispirazione da fatti realmente accaduti e dalle paure profonde
che essi evocano. La violazione dello spazio intimo della casa, la
minaccia invisibile nascosta dietro una facciata di normalità e
l’incapacità iniziale di riconoscere il pericolo sono tutti
elementi che si ritrovano sia nella finzione che nella realtà.
Questo contribuisce a rendere la storia del film ancora più
inquietante e credibile per lo spettatore.
Russell Crowe è
ufficialmente entrato nel cast del nuovo film Highlander
e ha dato una risposta brillante. L’attore premio Oscar, che ha
ottenuto il riconoscimento per il suo ruolo in Il gladiatore
(2000), interpreterà l’immortale Juan Sánchez-Villalobos
Ramírez, che nel film originale era la figura mentore di Connor
MacLeod, interpretato da Christopher Lambert. Crowe reciterà al
fianco di Henry Cavill, che interpreterà MacLeod nel
reboot di Highlander, l’epico film del 1986.
In un post sul suo account Twitter
personale, Croweha pubblicato un link all’annuncio di casting di Variety
e ha confermato la notizia. Spiegando che “sono passati
alcuni secoli”, il vincitore dell’Oscar ha sottolineato che
“tornerà nelle Highlands con una spada” quando il film
uscirà ufficialmente. Date un’occhiata al suo post qui sotto:
Negli hashtag alla fine del suo
post, la star ha accennato al coinvolgimento del clan Fraser of
Lovat di Wemyss, così come del clan Macdonald of Clanranald. Ha
anche promesso che “ce ne può essere solo uno”, alludendo
alla missione singolare di tutti gli Immortali nella saga di
Highlander.
Cosa significa questo per il
casting di Crowe in Highlander
Se questo post è indicativo,
Crowe sta già dimostrando di essere all’altezza del suo
casting, il che non è particolarmente sorprendente. Come ha
dimostrato la sua interpretazione vincitrice di un Oscar in Il
gladiatore, è un attore straordinario, capace di conferire
gravitas ai suoi ruoli con apparente facilità. È perfetto nei film
storici epici, avendo recitato in ruoli importanti in 3:10 to
Yuma (2007), Master and Commander: The Far Side of the
World (2003), American Gangster (2007) e nel prossimo
Nuremberg (2025). Crowe ha anche recitato in film horror,
dimostrando di avere la versatilità necessaria per questo
ruolo.
Il ruolo del mentore in
Highlander è particolarmente importante, dato che sarà
proprio Crowe a introdurre MacLeod, interpretato da Cavill, alla
realtà dell’immortalità. Ramírez è anche una figura fondamentale
per la motivazione del personaggio, poiché MacLeod è costretto a
vendicare il suo mentore dopo l’attacco di Kurgan. Il secolare
Ramírez non ha molto tempo a disposizione sullo schermo, il
che significa che deve mantenere una forte presenza per rimanere
impresso nella memoria del pubblico. Crowe è l’attore perfetto per
dare un’interpretazione intensa a un ruolo limitato.
La seconda stagione di Mercoledì
si avvicina rapidamente e l’attore che interpreta un personaggio
che quest’anno riceverà maggiore attenzione ha svelato un altro
mistero da svelare. La prima stagione di Mercoledì è stata un enorme successo per
Netflix, con la straordinaria
Jenna Ortega nel ruolo dell’iconica figlia della famiglia
Addams. Nella
seconda stagione di Mercoledì, Mercoledì dovrà
affrontare alleanze e rivalità più complicate tra il personale e i
docenti della Nevermore. Inoltre, suo fratello Pugsley (Isaac
Ordonez) entrerà a far parte del corpo studentesco di Nevermore,
come rivelato nel primo trailer della seconda stagione di
Mercoledì.
Parlando con ScreenRant,
Isaac Ordonez ha rivelato che “Pugsley ha un legame molto
profondo con il cattivo principale.” Chi sia questo cattivo
è ancora un mistero, anche se molti attori di primo piano si
uniranno al cast della seconda stagione e potrebbero interpretare
questo personaggio. Ecco i commenti di Ordonez:
Isaac Ordonez: I miei poteri e
il cattivo principale di questa stagione sono collegati. Pugsley ha
un legame molto profondo con il cattivo principale. C’è qualcosa
che faccio con i miei poteri [che ci collega], penso di poterlo
dire. Si immergono davvero nel loro legame e nella loro storia
insieme.
In questa stagione ho
sicuramente un bel po’ di scene con Eugene, e poi c’è un altro
nuovo personaggio che vedremo.
Cosa significa
l’anticipazione di Isaac Ordonez su Pugsley per la seconda stagione
di Mercoledì
La storia si ripete in
Mercoledì?
Nel marketing, viene rivelato
che Pugsley ha la capacità di generare elettricità, poiché viene
mostrato mentre emette scintille. I fan più accaniti della Famiglia
Addams non associerebbero immediatamente questo potere a un
misterioso cattivo, poichéi poteri elettrici di Pugsley
richiamano quelli dello zio Fester(Fred Armisen) nelle
precedenti adattamenti dei personaggi.Ordonez afferma
che “qualcosa [che Pugsley fa] con i [suoi] poteri” è ciò che lo
collega al cattivo,suscitando ancora più
curiosità.
Forse Pugsley favorisce
accidentalmente i piani del cattivo, oppure il cattivo è attratto
da lui perché potrebbe sfruttare i suoi poteri. Tuttavia, ciò che è
interessante è che questo indizio sembra creare un parallelo con la
prima stagione.Mercoledì era sinceramente affezionata a
Marilyn Thornhill (Christina Ricci),la cattiva della
prima stagione; ora Mercoledì non si farà ingannare di nuovo. Ma
potrebbe non essere in grado di impedire a un Pugsley più ingenuo
di legarsi a un altro cattivo nascosto, alimentando ancora una
volta il tema delle esperienze simili tra eroi e cattivi.
Sebbene Mickey Haller
possa sembrare un personaggio incredibile nato interamente dalla
fantasia, ovvero dal libro omonimo di Michael Connelly, il
protagonista della serie NetflixAvvocato di difesa – The Lincoln
Lawyerè in realtà ispirato a due avvocati
reali. Avvocato di difesa – The Lincoln Lawyer è una
serie televisiva basata su un thriller legale di Michael Connelly.
La storia segue Mickey Haller, un avvocato sfortunato che lavora
dal retro della sua Lincoln Town Car e che riesce ad accettare casi
legali importanti, tra cui omicidi.
Sia nel romanzo di Connelly che
nell’adattamento Netflix, la storia di Mickey Haller inizia con lui
che lavora come avvocato nella contea di Los Angeles dal retro
della sua Lincoln Town Car, guidata da un ex cliente che sta
pagando le sue spese legali. Mentre Haller si occupa solitamente di
casi comuni di spacciatori e gang, decide di correre un rischio
accettando il caso di un ricco agente immobiliare accusato di
aggressione e tentato omicidio. Il caso non solo è sconcertante, ma
Haller inizia anche a esaminare casi passati e se stesso per
risolverlo.
Avvocato di difesa –
The Lincoln Lawyer è ispirato all’avvocato di Los Angeles
David Ogden
Il protagonista del cast di
The Lincoln Lawyer, Mickey Haller, è stato
originariamente ispirato dall’avvocato di Los Angeles David Ogden.
Secondo un articolo di
Tudum di Netflix, Mickey Haller può essere un personaggio
immaginario ideato da Michael Connelly, ma l’autore è stato
ispirato a scrivere Haller così com’è dopo aver incontrato David
Ogden. Come scritto dal
Washington Post, Connelly stava scrivendo “The Lincoln Lawyer”
nel 2001 e ha incontrato Ogden tramite un amico comune durante una
partita di baseball. Dopo aver chiesto a Ogden della sua
professione, l’avvocato ha rivelato che non lavorava in un ufficio
normale, ma dalla sua auto, guidata da un ex cliente.
Da lì, con alcuni dettagli molto
interessanti forniti da David Ogden, il personaggio di Mickey
Haller ha cominciato a prendere forma. Connelly è stato giornalista
di cronaca nera per oltre un decennio prima di scrivere “The
Lincoln Lawyer”, e quindi la sua esperienza nel mondo del crimine
ha contribuito a plasmare la storia di Haller e il suo importante
caso legale.
Inoltre, Connelly ha rivelato che,
oltre alla storia di Ogden, gli piaceva l’idea di scrivere di un
avvocato che “fa la cosa giusta mettendo a rischio se stesso e la
sua famiglia”. Connelly è stato particolarmente ispirato da “Il
buio oltre la siepe”. In questo modo, Mickey Haller ha iniziato a
prendere forma da diverse fonti.
La carriera di Mickey Haller è
stata ispirata anche da Dan Daly
Lara Solanki/Netflix
Il secondo avvocato che ha ispirato
Haller è stato Dan Daly. Daly e Connelly si sono conosciuti quando
entrambi lavoravano al Daytona Beach News Journal e, quando Daly è
diventato avvocato, Connelly ha tratto ispirazione dal suo
percorso. In particolare, Connelly incontrava Daly e il suo socio
Roger Mills in un bar della Florida e i due avvocati parlavano del
loro lavoro e dei loro casi a Connelly, che prendeva appunti sui
tovaglioli. L’esperienza di Daly come avvocato impegnato e sempre
in movimento ha avuto una grande influenza sul modo di operare di
Mickey Haller in “The Lincoln Lawyer”.
Sebbene Mickey Haller sia basato su
David Ogden e Dan Daly, alla fine è un personaggio unico. The
Lincoln Lawyer è un thriller legale di fantasia con un tocco
molto più drammatico rispetto alla vita dei due avvocati reali.
Tuttavia, è innegabile che i frammenti di verità che Connelly ha
aggiunto al personaggio di Mickey Haller ispirandosi a Ogden e Daly
siano stati fondamentali per renderlo un personaggio onesto e
interessante, che sicuramente continuerà ad esserlo nella
seconda stagione di The Lincoln Lawyer.
Mickey Haller può sembrare un personaggio hollywoodiano, ma
questo è solo perché per crearlo sono state utilizzate verità
uniche.
28 Anni
Dopo presenta un finale incredibilmente inaspettato
che prepara il terreno per 28 Years Later: The Bone
Temple, ma nel Regno Unito si sta rivelando
particolarmente divisivo e decisamente controverso. Ecco
perché.
Abbiamo analizzato il finale di
28 Anni Dopo, ma in questo caso, grazie a
fearhq.com spiegheremo bene il
vero significato del personaggio interpretato da Jack
O’Connell, come “Jimmy Crystal”.
Nel finale a sorpresa, l’attore si
presenta con una parrucca bionda, una tuta sgargiante e gioielli di
cattivo gusto. La sua setta indossa abiti simili e procede a
eliminare gli infetti in una sequenza in stile grindhouse con
lance, nunchaku e un’azione diversa da qualsiasi cosa abbiamo visto
fino a quel momento.
A prima vista, si potrebbe pensare
che si tratti di un gruppo di sopravvissuti molto bizzarro e
squilibrato. Potrebbe anche essere vero, ma chi di voi conosce il
Regno Unito saprà che la setta di Jimmy ha basato la propria
apparizione su Jimmy Savile. E si sta rivelando
piuttosto controversa da quelle parti.
Chi è Jimmy Savile? Era un
personaggio televisivo e radiofonico britannico di spicco,
rivelatosi uno dei predatori sessuali più prolifici del Regno Unito
dopo la sua morte nel 2011. Abusava di bambini e adulti di entrambi
i sessi, usando la sua fama e il suo impegno benefico per
raggiungere individui vulnerabili.
I suoi crimini sono stati commessi
in scuole, ospedali e persino in televisione. Alla fine sono state
identificate 400 vittime, la più piccola delle quali aveva solo 8
anni. Lo scandalo che ne è seguito ha portato a diffuse riforme
nella tutela dei minori e ha portato alla luce sistematici
insabbiamenti all’interno della BBC e di altre organizzazioni.
28 giorni dopo è
ambientato molto prima che Savile venisse smascherato come un
abusatore, e il fatto che questi sopravvissuti siano rimasti
sostanzialmente intrappolati nei primi anni 2000 (il Regno Unito è
isolato dal resto del mondo quando inizia 28 anni
dopo) significa che il conduttore di Jim’ll Fix It è
probabilmente ancora considerato una figura amata.
“Il ruolo del personaggio di
Jack O’Connell e della sua famiglia, che in realtà sostituisce la
famiglia biologica che perde all’inizio del film, è quello di
reintrodurre il male in quello che è diventato un ambiente
compassionevole”, ha spiegato il regista Danny
Boyle.
“Ho chiesto ad Alex [Garland,
sceneggiatore] fin dall’inizio di spiegarmi la natura di ciascuno
dei film, e lui ha detto che la natura del primo film riguarda la
famiglia”, ha continuato. “Il secondo film parla della
natura del male. E ne incontrerete molti di più quando sarà più
appropriato parlarne nel secondo film.”
Saville era malvagio, e
28 Years Later: The Bone Temple ruota
attorno a una setta che venera un’icona televisiva britannica
caduta in disgrazia. In 28 anni dopo (qui
la nostra recensione), sono passati quasi tre decenni
da quando il virus della rabbia è sfuggito a un laboratorio di armi
biologiche e ora, ancora in una quarantena imposta spietatamente,
alcuni hanno trovato il modo di sopravvivere tra gli infetti. Uno
di questi gruppi di sopravvissuti vive su una piccola isola
collegata alla terraferma da un’unica strada rialzata pesantemente
difesa.
Quando uno del gruppo lascia l’isola
per una missione nel cuore oscuro della terraferma, scopre segreti,
meraviglie e orrori che hanno mutato non solo gli infetti, ma anche
altri sopravvissuti.