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Il mundial dimenticato di Garzella e Macelloni

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Il mundial dimenticato di Garzella e Macelloni

Subito dopo la proiezione del film Il mundial dimenticato, Lorenzo Garzella e Filippo Macelloni,  registi e sceneggiatori del film, incontrano la stampa.

Molte delle domande ovviamente vertono sul sottile filo sul quale corre il film, tra realtà e finzione, e sono gli stessi autori a sottolineare più volte come spesso l’opera venga fraintesa e creduta veramente un documentario.

Il Mundial Dimenticato – recensione

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Il Mundial Dimenticato – recensione

In Il Mundial Dimenticato tra il 1938 e il 1950 le manifestazioni sportive si fermano per la seconda guerra mondiale. Così fa anche il calcio, che quindi non fa disputare i mondiali nel 1942 e nel 1946. Anche se, da un racconto di Osvaldo Soriano, sembra trapelare un’altra verità: nel 1942 nella terra lontanissima di Patagonia, nel sud dell’Argentina, si sono disputati i mondiali di calcio, con alcune squadre europee, e la squadra dei Mapuche, gli indios argentini. Questa “scoperta” solletica la curiosità di Lorenzo Garzella e Filippo Macelloni, documentaristi esperti, e con un interesse particolare per il calcio giocato, visto che precedentemente avevano realizzato documentari sui Mondiali e alcune monografie di atleti, che partono per andare a vedere se tutto  fosse solo un’intuizione geniale dello scrittore o celasse un minimo di verità.

Il quantitativo minimo di realtà di Il Mundial Dimenticato, che è un mockumentary in piena regola, risiede nella spontaneità degli intervistati, vecchietti che ricordano i bei tempi, e che magari avrebbero davvero voluto che invece della guerra, ci si disputasse la supremazia tra nazioni giocando per la coppa Rimet. L’inganno è perfetto e ben calibrato, tanto che ricorda un’altra opera che è addirittura stata selezionata prima a Cannes e poi nella cinquina degli Oscar per il miglior documentario, Exit through the gift shop, del celebre street artist di cui nessuno ha mai visto il volto, il britannico Banksy. In quel caso però, il mockumentary attorno allo street artist francese inventato era un mezzo per portare in scena un vero documentario sulla street art e vedere all’opera artisti come Obey, Space Invader e lo stesso Banksy.

In questo caso il mockumentary è perfettamente ricostruito: filmati di repertorio, alcuni targati Istituto Luce, per gentile concessione, alcuni ex atleti accondiscendenti che hanno dissertato sul metodo Mapuche, diventato anche un video viral sul web ad opera dell’agenzia pubblicitaria Tbwa che ha ingaggiato Gianluigi Buffon, prestatosi con un visibile divertimento a raccontare quanto questo metodo lo avesse aiutato ad esempio durante i mondiali in Germania. Insomma, Il mundial dimenticato è una vera opera dell’ingegno, studiata a tavolino, con molto materiale e molti argomenti; il calcio infatti è un pretesto per parlare ad esempio delle popolazioni Mapuche, una minoranza etnica con una lunga storia alle spalle sia in Cile che in Argentina, di cinema perchè ha un ruolo molto importante per lo sviluppo della storia il ritrovamento delle bobine di quello che fu l’operatore dei mondiali.

C’è quindi, come dicono i registi, una “messa in scena” di un documentario, un racconto della realtà reso film di finzione. Un’opera crossmediale e moderna che mette in gioco tutte le nuove tecniche di comunicazione e messa in scena, il film è stato girato totalmente in digitale e non è stato ancora “gonfiato” in pellicola, quindi gli effetti di invecchiamento e di adeguamento del materiale moderno ad un cinegiornale degli anni ’30 sono un risultato della lavorazione in postproduzione momento in cui si è inserito anche un contributo in grafica 3D nel film. Insomma un piccolo film che racchiude in sé molti film, un paio di generi e qualche decennio di tecnica cinematografica, un mix riuscito che svela soprattutto la passione e l’amore per il racconto cinematografico dei due registi.

Il Mucchio Selvaggio: Michael Fassbender e Peter Dinklage per il remake di Mel Gibson?

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Nuovo remake in arrivo prodotto da Warner Bros. e Jerry Bruckheimer: stavolta sarà Il Mucchio Selvaggio di Sam Pekinpah a essere riadattato per il grande schermo con la regia di Mel Gibson, a quanto pare già legato al progetto come riporta in esclusiva Deadline. Nel cast dovrebbero arrivare Michael Fassbender, Peter Dinklage e Jamie Foxx, attualmente in trattative per interpretare i protagonisti.

La sceneggiatura è stata curata da Bryan Bagby, mentre da Cannes si attendono le prime offerte di mercato per iniziare le riprese il prossimo autunno. Questa sarebbe la sesta regia per Gibson, che torna dietro la macchina da presa a tre anni dall’ultimo lavoro, Hacksaw Ridge, candidato al premio Oscar come Miglior Film e Miglior Regista.

Uscito nel 1969, Il Mucchio Selvaggio figura nella lista dei dieci migliori western della storia del cinema. La trama segue il bandito Pike Bishop e la sua banda mentre svaligiano la banca della ferrovia, e un gruppo di tagliagole capeggiato da un ex membro del mucchio, che uccide i fuorilegge e si lancia all’inseguimento dei superstiti. Dopo aver scoperto di essere caduti in una trappola (il bottino è infatti costituito solo da rondelle di acciaio), e braccati dai loro inseguitori, i personaggi arrivano in Messico e si legano ad un villaggio dove vive la famiglia di un componente del mucchio…

Fonte: Deadline

Il Mucchio selvaggio remake : produce e interpreta Will Smith!

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Il Mucchio selvaggio remake : produce e interpreta Will Smith!

Sarà l’attore Will Smith a produrre con Jerry Weintraub il remake di Il Mucchio selvaggio di Sam Peckinpah, il capolavoro western che ha fatto la storia del cinema. Will Smith come prevedibile sarà anche il protagonista del film, quasi sicuramente interpreterà Wild Bunch anche se non c’è ancora una notizia ufficiale in merito. Il nuovo adattamento viene descritto come un moderno remake che coinvolge i cartelli della droga a sud del confine e racconterà di un agente della Dea in disgrazia che mette insieme un gruppo di uomini per perseguire un boss della droga messicano.

Per coloro che non conoscono il film originale Il mucchio selvaggio (The Wild Bunch) è un film statunitense del 1969, diretto da Sam Peckinpah. Il film (che buona parte della critica statunitense considera tra i 10 migliori western di sempre) divenne famoso non tanto per l’eccellente cast (William Holden, Ernest Borgnine, Robert Ryan, Warren Oates per citarne alcuni) o per la storia truculenta e “sporca” dei protagonisti, quanto per la scena finale del massacro. Nel 1999 è stato scelto per la conservazione nel National Film Registry della Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti. Il film è tratto da un racconto di Roy N. Sickner, attore e stuntman. La sceneggiatura fu scritta da Walon Green, poi riscritta da Sam Peckinpah stesso. Dal 1995 è disponibile in home video una versione director’s cut. Nell’edizione italiana le scene inedite non sono state sottoposte ad un doppiaggio con nuove voci ma semplicemente sottotitolate.

Trama:

Il bandito Pike Bishop e la sua banda svaligiano la banca della ferrovia. Un gruppo di tagliagole capeggiato da un ex appartenente al mucchio, ingaggiato da un dirigente della ferrovia, decima i fuorilegge e si lancia all’inseguimento dei superstiti.

Dopo aver scoperto di essere caduti in una trappola (il bottino sono delle rondelle di acciaio), e sempre inseguiti dai loro cacciatori, sconfinano in Messico e raggiungono un villaggio dove vive la famiglia di un componente del mucchio.

Alla testa di cinque uomini Pike raggiunge poi la città messicana di Agua Verde, dove si trova l’esercito che combatte contro Pancho Villa. Il capo delle truppe, Mapache, auto-nominatosi generale, propone a Pike di impadronirsi di un carico di armi dell’esercito USA in cambio di diecimila dollari.

L’impresa va a segno. Mapache però si avvede che uno dei banditi ha rubato una cassa di armi per sé, proprio allo scopo di rifornire il suo villaggio sostenitore di Pancho Villa. Scatta automaticamente la tortura, e quindi l’omicidio. Per vendicare il sodale ucciso, Pike e gli altri ingaggiano la celebre sparatoria finale.

Il motivo per cui Kevin Costner ha accettato Yellowstone è quello che ha reso il western di Taylor Sheridan così bello

Kevin Costner è stato uno dei motivi principali del grande successo di Yellowstone, ma ciò che lo ha spinto ad accettare di partecipare alla serie è anche il motivo per cui è stata un trionfo. La serie TV creata da Taylor Sheridan e John Linson ha debuttato nel 2018 ed è andata in onda per cinque stagioni e 53 episodi prima di concludersi nel 2024. Naturalmente, alcune parti di Yellowstone erano migliori di altre. Tuttavia, la serie ha avuto un enorme successo complessivo, poiché ha dato il via a un franchise, è stata amata da milioni di persone e ha rivitalizzato il genere western. Quindi, Costner ha fatto una buona scelta quando ha accettato di interpretare John Dutton III.

Taylor Sheridan ha in cantiere molti spin-off di Yellowstone, tra cui The Madison, uno spin-off senza titolo su Beth Dutton e Rip Wheeler, uno spin-off senza titolo su Kayce Dutton, 1944 e 6666.

Purtroppo, Costner ha lasciato Yellowstone prima della seconda parte della quinta stagione, causando di fatto la sua cancellazione. La serie semplicemente non funziona senza l’attore e il suo iconico personaggio, come hanno dimostrato gli ultimi sei episodi. Ciononostante, Yellowstone rimane una delle serie TV più influenti e rivoluzionarie degli ultimi tempi, e Costner ne ha riconosciuto la grandezza ancora prima che fosse trasmessa.

Kevin Costner ha accettato di partecipare a Yellowstone perché era “cruda” e “disfunzionale”

Sienna Miller e Kevin Costner - Venezia 81
Sienna Miller e Kevin Costner – Venezia 81 – Foto di Luigi De Pompeis © Cinefilos.it

Costner è rimasto colpito dalla sceneggiatura

Durante un’intervista con Variety nel 2022, Kevin Costner ha spiegato perché ha detto “sì” a Yellowstone. Il suo ragionamento è esattamente il motivo per cui la serie ha avuto così tanto successo e perché la sua eredità continuerà a vivere anche dopo la sua fine. Costner ha rivelato di essere rimasto affascinato da Yellowstone dopo aver letto la sceneggiatura del pilot per la prima volta. Ha detto a Variety:

“Ho visto che i dialoghi avevano un approccio divertente e realistico. Erano crudi. Erano disfunzionali. E il tutto era ambientato sullo sfondo di montagne, fiumi, valli e persone a cavallo, il che è molto affascinante”.

L’autenticità “cruda” e “disfunzionale” di Yellowstone è il motivo per cui ha attirato così tante persone. Non era una rappresentazione glorificata del West, né si basava su stereotipi e temi western per guidare la trama e definire i personaggi. Al contrario, Yellowstone ha modernizzato il genere western, rendendolo più accessibile (in una certa misura, dato che la serie era pur sempre un dramma e doveva intrattenere). Quindi, il motivo per cui Costner ha accettato di interpretare John Dutton III è anche il motivo per cui la serie ha avuto così tanto successo.

L’approccio unico di Yellowstone al western potrebbe aver cambiato per sempre il genere

yellowstone kevin costner

Hollywood sta vivendo una rinascita del western

Sulla scia del successo di Yellowstone, stanno nascendo sempre più serie TV e film western. I servizi di streaming e le case di produzione stanno cercando di ricreare il successo della serie di Taylor Sheridan, dimostrando come questa abbia completamente reinventato il western nell’era moderna. La serie della Paramount Network ha combinato personaggi complessi e dinamiche familiari con temi classici, garantendo un appeal per un pubblico variegato. In definitiva, se non fosse stato per questa serie, non è chiaro quale sarebbe lo stato attuale del genere western. Tuttavia, grazie a Yellowstone, il genere sta vivendo una rinascita a Hollywood.

Il Mostro: al via le riprese della nuova serie Netflix di Stefano Sollima

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Al via le riprese de Il Mostro, la serie tv Originale Netflix in 4 episodi diretta da Stefano Sollima, creata da Leonardo Fasoli e Stefano Sollima, una produzione The Apartment – società del gruppo Fremantle – e AlterEgo, prodotta da Lorenzo Mieli e Stefano Sollima, in arrivo prossimamente solo su Netflix.

Di cosa parlerà il Il Mostro diStefano Sollima

Otto duplici omicidi. Diciassette anni di terrore. Sempre la stessa arma. Una beretta calibro 22. Una delle più lunghe e complesse indagini italiane sul primo e più brutale serial killer della storia del Paese: Il Mostro di Firenze. Una serie basata su fatti realmente accaduti, testimonianze dirette, atti processuali e inchieste giornalistiche. Tutto terribilmente vero. Perché crediamo che il racconto della verità, e solo quello, sia l’unico modo per rendere giustizia alle vittime. In una storia dove i mostri possibili, nel corso del tempo e delle indagini, sono stati molti, il nostro racconto esplora proprio loro, i possibili mostri, dal loro punto di vista. Perché il mostro, alla fine, potrebbe essere chiunque.

  • Data di uscita: prossimamente su Netflix
  • Regia di Stefano Sollima
  • Una Produzione The Apartment – società del gruppo Fremantle – e AlterEgo
  • Prodotto da Lorenzo Mieli e Stefano Sollim
  • Una serie creata da Leonardo Fasoli e Stefano Sollima

Il mostro della laguna nera: recensione del film cult

Il mostro della laguna nera: recensione del film cult

Il mostro della laguna nera è il film cult del 1954 diretto da Jack Arnold con protagonisti nel cast di Richard Carlson, Julie Adams, Richard Denning, Antonio Moreno, Nestor Paiva, Whit Bissell, Bernie Gozier e Henry A. Escalante.

  • Anno: 1954
  • Regia: Jack Arnold
  • Cast: Richard Carlson, Julie Adams, Richard Denning, Antonio Moreno, Nestor Paiva, Whit Bissell, Bernie Gozier, Henry A. Escalante.

Il mostro della laguna neraL’ombra della minaccia nucleare, il costante stato d’ansia dovuto alla possibile diffusione di radiazioni d’ogni tipo, partorirono, durante gli anni cinquanta, un campionario ricchissimo di creature che presero vita sui grandi schermi dell’epoca: tra ragni giganti, mostri ed alieni, il genere horror/fantascientifico conobbe uno dei suoi periodi più floridi, producendo pellicole che avrebbero influenzato tutto il cinema di genere successivo.

Il mostro della laguna nera diretto da Jack Arnold, regista di punta di un certo cinema d’intrattenimento spesso sostenuto da budget limitati, rappresenta una delle opere più celebri di quel periodo. La vicenda narra di una spedizione di paleontologia lungo il Rio delle Amazzoni e della conseguente scoperta, da parte di un gruppo di scienziati, di una laguna rimasta immutata sin dalla preistoria, abitata da un terribile esemplare di uomo-pesce che non tarderà a seminare il panico.

Il mostro della laguna nera

Da questa semplice premessa assistiamo allo svolgersi di una caccia al mostro esotica che rappresenta un gioiello di ritmo, regia ed innovazione: girato in bianco e nero ed in formato stereoscopico, uno dei primi ad utilizzare una tecnologia 3D, il film è tutt’oggi in grado di sorprendere per l’incredibile perizia tecnica utilizzata nelle riprese sott’acqua, durante cui la creatura, impersonata da ben tre attori differenti (il subacqueo Ricou Browning, Ben Chapman e lo stuntman Tom Hennessy), è mostrata in tutta la naturalezza del suo habitat, perfettamente credibile nelle sue movenze animali, nonostante il costume di gomma e lattice utilizzato possa strappare, al giorno d’oggi, qualche sorriso.

Il mostro della laguna neraTra imprudenti nuotate nella laguna in un primo momento e scienziati interessati alla cattura del mostro dopo, il film calibra perfettamente l’alternarsi di sequenze di tensione ad altre caratterizzate da una sottile ironia, utilizzate per descrivere una serie di personaggi sì macchiettistici, ma tutti funzionali allo svolgersi della trama: dalla ragazza in pericolo, oggetto primario del desiderio del mostro, al capo della spedizione interessato alla creatura, passando poi per il goliardico capitano dell’imbarcazione, sino alla psicologia tutta eroica del ricercatore il cui unico fine, come in ogni classico di genere che si rispetti, diverrà presto l’eliminazione della creatura e la salvezza della donna. Gli attori, tutti perfettamente calati nelle loro parti, offrono prove del tutto convincenti, aiutati da ruoli talmente ben scritti e delineati che donano alle loro performance, e all’intera pellicola, quell’aria da cult senza tempo che solo i grandi classici possono vantare.

La visione di questo piccolo grande film è obbligatoria per chiunque voglia assaporare un modo di fare cinema che, solo in apparenza, risulta datato: tra gli infiniti clichè rintracciabili nella pellicola, difatti, si nascondo trucchi e trovate che quasi sempre gli horror odierni saccheggiano, utilizzandoli però in maniera ben più irritante e mediocre.

Il mostro dei mari, teaser trailer del nuovo film Netflix

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Il mostro dei mari, teaser trailer del nuovo film Netflix

Netflix rilascia il teaser trailer del nuovo di Il mostro dei mari, film d’animazione Il mostro dei mari, che debutterà venerdì 8 luglio in tutti i Paesi in cui il servizio è attivo.

Con la regia del premio Oscar Chris Williams (Oceania, Big Hero 6, Bolt: un eroe a quattro zampe), Il mostro dei mari conduce lo spettatore ai confini del mondo, dove ha inizio la vera avventura.

Il mostro dei mari, la trama

In un’epoca in cui creature terrificanti solcano i mari, i cacciatori di mostri sono considerati veri e propri eroi. E il grande Jacob Holland è di certo il più osannato. Ma quando la giovane Maisie Brumble s’imbarca clandestinamente sulla sua nave leggendaria, l’uomo trova a sorpresa un’alleata. Insieme intraprendono un viaggio epico in acque inesplorate ed entrano nella storia.

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Netflix è il più grande servizio di intrattenimento in streaming del mondo, con 222 milioni di abbonati paganti in oltre 190 paesi che accedono a un ampio e variegato catalogo di serie TV, documentari, film e giochi per dispositivi mobili in numerose lingue. Gli abbonati possono guardare tutto ciò che vogliono in qualsiasi momento, ovunque e su ogni schermo connesso a Internet. Possono mettere in pausa e riprendere la visione a piacimento, senza interruzioni pubblicitarie e senza impegno.

Il Mostro dei Mari, recensione del film d’animazione Netflix

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Il Mostro dei Mari, recensione del film d’animazione Netflix

La recensione de Il Mostro dei Mari parte dalle suggestioni che il film Netflix, disponibile dall’8 luglio sulla piattaforma, risveglia: i film di kaijū, l’avventura, le storie di bucanieri, di cacciatori di mostri, sulla scia del leggendario Capitano Achab. Tutti questi elementi sono stati nella testa del piccolo Chris Williams, regista cresciuto alla mensa Disney e ora adottato dalla piattaforma della N rossa che gli ha dato carta bianca per la realizzazione della sua avventura.

Il Mostro dei Mari, la storia

La storia è quella di Jacob, un giovane aspirante Capitano che serve sulla Inevitabile, il vascello di Capitan Crow e flagello dei mostri marini che affliggono le coste del Regno. Siamo in un mondo marinaresco che ricorda molto l’epoca delle grandi conquiste, nel XVII secolo, quando a bordo di enormi navi si sfidavano i mari per scoprire nuove terre. In questo caso il mare si solca per abbattere le creature che lo popolano, enormi bestie variopinte e assetate di sangue. L’ossessione di Capitan Crow e di Jacob è la Furia Rossa, un enorme e spaventosa creatura marina che più volte è sfuggita alla cattura o all’uccisione. Mentre l’Inevitabile salpa per una missione che deve essere quella definitiva, per incarico reale, si intrufola a bordo Maisie, un’orfana, figlia di due cacciatori di mostri, morti nel naufragio della Monarca, che desidera a tutti i costi prendere parte a queste avventure.

il mostro dei mari
THE SEA BEAST – (L-R) Karl Urban as Jacob Holland and Zaris-Angel Hator as Maisie Brumble. Cr: NETFLIX © 2022

Il debito verso Dreamworks

Il Mostro dei Mari è un’avventura divertente e molto colorata, che mescola uno stile tendente al realistico con uno più smaccatamente di matrice Dreamworks. Non sono pochi gli echi delle creature di Dragon Trainer nel film, infatti, dal momento che entrambi i titoli condividono il direttore artistico Woonyoung Jung e il produttore Jed Schlanger. Questa eco costante dà la sensazione di essere in territorio protetto, dato l’amore che il pubblico nutre per la saga Dreamworks, ma dà anche qualche indicazione su quello che sarà lo sviluppo della trama. Ebbene, il film Netflix non tradisce le intuizioni dei più svegli e diventa un’ode all’accettazione e alla comprensione, allo sfidare le regole se queste difendono un sistema sbagliato e ad essere sempre presenti a se stessi e alle proprie idee. La piccola Maisie è una rivoluzionaria, in questo, e dimostra di avere una mente aperta e un cuore coraggioso, perché non si spaventa di difendere la realtà, per quanto assurda e bizzarra possa sembrare. 

Un film che si muove in superficie

La scenografia del film è essenziale, non troppo caratterizzata né ricca e lo svolgimento della storia è piuttosto semplice, anche se questo non rappresenta per forza un difetto. Vero è che Il Mostro dei Mari si muove in superficie e offre un messaggio didascalico, per quanto importante, designandosi come un prodotto destinato ad una singola lettura, appunto superficiale, e tendenzialmente a un pubblico molto giovane. 

il mostro dei mari
THE SEA BEAST – Zaris-Angel Hator as MAISIE BRUMBLE. Cr: Netflix © 2022

Il Mostro dei Mari è tutto sommato un film divertente ma che lascia davvero poco e fa di un colpo di scena telefonato il momento di maggiore interesse della storia. I personaggi sono amabili e l’azione concitata e divertente, tuttavia il film è piuttosto modesto e derivativo, addirittura sciatto nel design delle creature marine, la cui particolarità si esaurisce con la prima bestia con cui hanno a che fare i nostri protagonisti per poi sgonfiarsi completamente anche rispetto alla Furia Rossa (che persino nel nome, non solo nel design, comunque molto inferiore, ricorda lo Sdentato di Dragon Trainer).

La recensione de Il Mostro dei Mari non può essere del tutto negativa, perché non renderebbe giustizia al lavoro di Williams e della sua squadra, tuttavia, quello che di interessante c’è nel film, da un punto di vista delle influenze e dei riferimenti, impallidisce di fronte alla prevedibilità della trama e alla sciatteria della messa in scena, per quanto il messaggio di cui si fa portatore il film sia nobile. 

Il mostro dei mari, il trailer del nuovo film d’animazione Netflix

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Netflix ha appena rilasciato trailer e poster de Il mostro dei mari, il nuovo film d’animazione con la regia del premio Oscar Chris Williams, in arrivo solo su Netflix da venerdì 8 luglio in tutti i Paesi in cui il servizio è attivo.

La versione italiana del film sarà impreziosita al doppiaggio da Diego Abatantuono, che presta la voce al Capitano Crow, Claudio Santamaria, che interpreta il coraggioso cacciatore di mostri Jacob Holland, e Giulia Stabile, ballerina e vincitrice della ventesima edizione di Amici di Maria De Filippi, con un cameo vocale nei panni della giovane Vedetta dell’Inevitabile, la più famosa nave da caccia.

In un’epoca in cui creature terrificanti solcano i mari, i cacciatori di mostri sono considerati veri e propri eroi. E il grande Jacob Holland è di certo il più osannato. Ma quando la giovane Maisie Brumble s’imbarca clandestinamente sulla sua nave leggendaria, l’uomo trova a sorpresa un’alleata. Insieme intraprendono un viaggio epico in acque inesplorate ed entrano nella storia.

Con la regia del premio Oscar Chris Williams (Oceania, Big Hero 6, Bolt: un eroe a quattro zampe), “Il mostro dei mari” conduce lo spettatore ai confini del mondo, dove ha inizio la vera avventura.

Il mostro de La Cosa di Carpenter nei nuovi work in progress NECA

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NECA (la National Entertainment Collectibles Association) ha condiviso un’anteprima di un nuovissimo giocattolo ispirato al mostro di La Cosa di John Carpenter. Il classico del genere horror ha debuttato nel 1982 ed è stato ispirato dal romanzo di John W Campbell Jr Who Goes There?, uscito oltre quattro decenni prima. Con Kurt Russell nel ruolo del protagonista principale R.J. MacReady, la storia segue un gruppo di ricercatori in Antartide che scoprono un organismo alieno parassita che assorbe e imita qualunque forma di vita incontri.

Ora, in un post di NECA, i fan de La Cosa hanno potuto dare una prima occhiata a un nuovo oggetto da collezione ispirato al famoso horror fantascientifico. Condividendo due possibili iterazioni del cane da slitta affetto dal parassita del film, i giocattoli presentano le grottesche appendici mutanti e la carne sanguinolenta associate al classico mostro. Il post rileva che si tratta di un lavoro in corso ed entrambe le figure sono attualmente in attesa di approvazione da parte del detenente licenza.

Il morso del coniglio: recensione del thriller psicologico con Sarah Snook

La tana del bianconiglio non è mai stata così lontana dall’idea fiabesca che Carroll racconta in Alice nel Paese delle Meraviglie. Ci sono però tante somiglianze: il nome di una delle protagoniste di Il morso del coniglio, Alice, la sorella del personaggio di Sarah (interpretato da Sarah Snook) scomparsa quando erano piccole. Ma anche il tema della tana, del nascondiglio, e di questo piccolo coniglio bianco che si aggira per casa. Il film di Diana Reid con i suoi colpi di scena ha guadagnato il primo posto nella classifica dei più visti di Netflix.

In Il morso del coniglio Sarah è una ginecologa e vive con sua figlia Mia (Lily LaTorre) dell’età di sette anni. Dopo aver subito un grave lutto in seguito alla morte del padre, il personaggio di Sarah Snook si trova in difficoltà a gestire anche le semplici cose di vita quotidiana come preparare i pancake per il compleanno della figlia. Da questo compleanno, quando Mia compie sette anni, le cose iniziano a peggiorare. Il clima di tensione è esacerbato dalle continue richieste della figlia che sostiene di chiamarsi Alice.

Il morso del coniglio, la trama

Il morso del coniglio Mia e SarahElaborazione del lutto, traumi sepolti, sensi di colpa e il tema della maternità. In Il morso del coniglio c’è molta carne al fuoco che cerca di portare sullo schermo con l’aiuto di una brillante interpretazione di Sarah Snook, che può bastare fino a un certo punto. Sarah sta vivendo un momento complicato della sua vita dove, la morte del padre, l’ha devastata aprendo in lei ferite che pensava di aver chiuso da tempo. Nella vita di Sarah e Mia altre figure di contorno più o meno fondamentali come l’ex marito, Pete (interpretato da Damon Herriman) e la compagna.

Quando ancora siamo nelle fasi iniziali del film, quando la premessa ancora non è stata gettata davanti agli occhi dello spettatore, capiamo subito un dettaglio fondamentale per il personaggio di Sarah. L’ex marito e la compagna le annunciano di voler avere un bambino quando lei non ha mai voluto che Mia avesse un fratello o una sorella. Da qui in poi si iniziano a scoprire le carte e veniamo a conoscenza del passato misterioso di Sarah per cui anche la figlia Mia adesso, dal nulla, inizia a chiedere spiegazioni. C’è un motivo per cui Sarah non ha mai voluto un altro figlio, un trauma sepolto nel suo passato in quella tana del bianconiglio che è la sua mente.

Chi sono?

Il morso del coniglio Mia

Un semplice gioco, mettere le mani sugli occhi di una persona per farle sentire la tua presenza. Un semplice gioco che per Sarah ormai è stato portato all’estremo. Sua figlia Mia si trasforma in una sconosciuta mentre realtà e soprannaturale si mischiano e fondo in Il morso del coniglio. Stiamo quasi per scoprire il colpo di scena finale ma nel frattempo nel lungo viaggio di ricordi che Mia costringe Sarah a fare tutto è nero e confuso. Ci trasferiamo in aperta campagna dove, in una casa solitaria circondata da un fitto bosco, abitava una piccola Sarah insieme alla sua famiglia. Lì gli atteggiamenti di Mia iniziano a esasperarsi: fa i dispetti, le compaiono misteriosi lividi e le esce sangue dal naso continuamente. Sarah non sa più come gestire la figlia a poco a poco anche la sua salute mentale inizia a venire meno. Mentre cerca di aiutare la figlia il suo grosso bagaglio sepolto nella sua mente riaffiora.

Arriviamo nel momento in cui la sorella Alice è scomparsa e le immagini di una giovane Sarah, di Mia, di Alice e della Sarah adulta si sovrappongono fino a mostrare allo spettatore quello che è successo realmente il giorno in cui Alice scompare. Il morso del coniglio di per sé è molto dinamico ma anche riflessivo: lascia allo spettatore il tempo di meditare sulle scene, di guardare le vecchie fotografie insieme alle protagoniste. Ma quando è il momento si carica di tensione e vitalità con una telecamera dinamica che inquadra Sarah e Mia in un inquietante gioco con delle forbici in mano.

La tana del bianconiglio

Il morso del coniglio Sarah

La scena finale di Il morso del coniglio lascia tantissimi punti interrogativi in sospeso. Il destino di Mia è lasciato alle speculazioni e chiacchiere post film. La tana del bianconiglio cosa è in realtà: la mente di Sarah vittima dei suoi stessi problemi e traumi del passato che ha lasciato sedimentare. Ma mentre la mente di Sarah di deteriora, vede Mia allontanarsi mano nella mano con Alice. Una spiegazione anche soprannaturale che toglie però il fulcro del racconto dal thriller psicologico che però regge fino a un certo punto del film. Le motivazioni che portano Sarah al crollo sono legate all’elaborazione del lutto per il padre, un pilastro nella sua vita.

Il morso del coniglio presenta alcuni elementi tipici del genere, rincorrendo lo spettatore come il coniglio di Alice nel Paese delle Meraviglie, ma costringendolo a entrare nella sua tana in modo da ritrovarsi a fare i conti con sé stessi.

Il morso del coniglio: la spiegazione del finale del film Netflix

Nel catalogo di Netflix è arrivato, dal 28 giugno, il film Il morso del coniglio, thriller psicologico diretto da Daina Reid, recentemente distintasi per aver diretto alcuni episodi delle serie The Handmaid’s Tale e Shining Girls, a partire da una sceneggiatura di Hannah Kent. Si tratta di un film che sin da quando è stato annunciato ha generato molta curiosità per via delle sue premesse – una madre dal passato problematico alle prese con una figlia che manifesta inquietanti comportamenti – ma anche per via della presenza dell’attrice Sarah Snooke, reduce dal successo della serie Succession, da poco conclusasi. Un titolo dunque, particolarmente appetibile all’interno del catalogo della piattaforma.

Chi ha apprezzato thriller psicologici presenti su Netflix come La donna alla finestra, Tin & Tina o L’apparenza delle cose, troverà dunque in Il morso del coniglio pane per i propri denti. Ancora una volta, infatti, questo genere si dimostra ideale per riflettere su tematiche inerenti la complessità della mente e dell’esistenza umana. Con Il morso del coniglio, nello specifico, ci si ritrova davanti ad una storia che riflette sulle cicatrici lasciate dai traumi e dai lutti passati, mostrando l’effetto che essi possono avere se non correttamente risolti. Il film si rivela dunque essere una specie di incubo sulla difficoltà di elaborare il lutto. Naturalmente il tema viene presentato attraverso una serie di eventi e simboli che richiedono una loro spiegazione.

La trama e il cast di Il morso del coniglio

Prima però ecco alcuni dettagli sulla trama e il cast: protagonista del film è la dottoressa Sarah, che si occupa di aiutare coppie con problemi di fertilità. Quando sua figlia Mia compie sette anni, la stessa età a cui morì la sorella di Sarah, Alice, la bambina inizia a manifestare strani comportamenti. Inoltre, la donna vede spesso un coniglio fuori dalla loro porta di casa, che pare sia un misterioso regalo donato a Mia, ma nel quale sua madre trova qualcosa di sinistro. I giorni passano e la bambina continua ad apparire sempre più diversa dal solito, arrivando infine a dire a sua madre di essere Alice. È così che Sarah si ritroverà a sfidare i suoi stessi valori, mentre un fantasma del passato irromperà nella sua vita e la donna dovrà lottare per tenere sua figlia con sé.

A guidare il cast del film vi è l’attrice Sarah Snook, celebre per la serie Succession, che interpreta Sarah. Per il ruolo era in realtà originariamente stata scelta l’attrice Elisabeth Moss, che ha però dovuto rinunciare per via di altri impegni. Lily LaTorre interpreta invece la figlia di sette anni di Sarah, Mia, debuttando così come attrice in un lungometraggio. L’attore australiano Damon Herriman recita invece nei panni di Peter, ex marito di Sarah e padre di Mia. L’attrice Greta Scacchi, nota per i film I protagonisti, Presunto innocente e Prova schiacciante, recita invece nei panni di Joan, madre di Sarah con cui la protagonista ha un brutto rapporto.

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Il morso del coniglio: la spiegazione del finale

Il finale di Il morso del coniglio ha una serie di elementi piuttosto ambigui che richiedono qualche spiegazione. Ecco di seguito, punto per punto, un’analisi del significato del film alla luce dei suoi risvolti conclusivi.

Cosa è successo ad Alice?

Per tutto il film, l’assenza di Alice incombe sulle interazioni di Sarah con Mia. Questo diventa ancor più evidente quando la bambina inizia a sostenere di essere Alice. Verso la fine del film, Sarah sperimenta quindi una crisi psicotica che mostra in piccoli flash ciò che è realmente accaduto ad Alice. Da giovane Sarah aveva rinchiuso Alice in un armadietto nella stalla. Quando riapre la porta, Alice le urla contro e stringe le mani intorno al collo di Sarah. Quest’ultima per liberarsi afferra una trappola per conigli e colpisce Alice in testa. In stato di shock, Alice inizia a scappare da Sarah. Sarah insegue Alice attraverso un campo fino a una scogliera. Qui, Sarah spinge Alice giù dal dirupo.

La scena finale di Il morso del coniglio è stata tutta un’allucinazione?

Alla fine del film, Mia decide di seguire il suo coniglio bianco. Sarah vede allora alla finestra Mia che cammina con un’altra ragazza verso la scogliera vicino alla casa. La sconosciuta si rivela essere Alice. Sarah inizia allora a bussare alla finestra e a urlare, ma le due continuano ad allontanarsi. Due teorie principali possono spiegare la scena finale del film: la sequenza è un’allucinazione causata dal crollo psicologico di Sarah; Alice potrebbe realmente comparire come fantasma e possedere Mia, in cerca di vendetta per il suo omicidio. Il film, tuttavia, è pubblicizzato come un thriller non paranormale. In nessun momento i fantasmi o gli spiriti vengono proposti come argomento del film. La prima opzione risulta dunque la più probabile.

Il senso della realtà di Sarah

Per tutta la prima metà di Il morso del coniglio ci sono indizi che portano a pensare che Sarah stia solo immaginando i comportamenti di Mia, di cui né la bambina né chiunque altro sembrano accorgersi. Nella seconda metà del film, l’instabilità mentale di Sarah diventa più pronunciata ed esplicita. Le ferite a Mia iniziano a scomparire dopo che Sarah le nota, o ancora le foto tolte dai muri, riappaiono lì dov’erano. Inoltre, Sarah inizia a sentire dei colpi che la portano a un armadietto nella stalla. Quindi inizia a rivivere gli eventi della morte di sua sorella. Quando alla fine cerca Mia con il suo ex marito, ha allucinazioni di Mia annegata nell’acqua. Alla fine del film, Sarah è dunque una donna senza più alcun legame con la realtà.

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Ha realizzato Sarah quei disegni inquietanti?

Sebbene Sarah incolpi Mia per i disegni inquietanti trovati sui compiti e sul libro della biblioteca, Il morso del coniglio include una scena verso la fine in cui un’adulta Sarah disegna inconsciamente la stessa immagine dal libro della biblioteca sul pavimento della vecchia casa dei suoi genitori. Al contrario, l’unica volta che il film mostra Mia mentre disegna, sta solo disegnando un albero dall’aspetto normale. Queste due scene combinate implicano che è stata Sarah a realizzare quei disegni. Dato che Sarah non ha memoria di aver disegnato le immagini inquietanti, le immagini stabiliscono ulteriormente quanto Sarah sia mentalmente lontana dalla realtà. La sua psicosi è così pronunciata che potrebbe disegnare immagini estremamente inquietanti senza mai ricordarsene.

Il vero significato del finale di Il morso del coniglio

Il tema della salute mentale in Il morso del coniglio aiuta a interpretare il finale. Il punto principale è che le persone non possono superare i traumi e gli errori passati senza affrontare i problemi che da essi derivano. Sarah evita continuamente il suo passato, la sua famiglia e i ricordi di sua sorella, il che porta ad allucinazioni profondamente preoccupanti. Se avesse avuto il tempo di guarire correttamente, forse non avrebbe mai fatto del male a sua figlia. Invece, si immerge sempre più a fondo nella sua malattia mentale, arrivando a trattare la sua stessa figlia come in passato aveva trattato sua sorella.

Il trailer di Il morso del coniglio e come vedere il film su Netflix

Come anticipato, è possibile fruire di Dalla mia finestra: Al di là del mare unicamente grazie alla sua presenza nel catologo di Netflix, dove attualmente è al 3° posto della Top 10 dei film più visti sulla piattaforma in Italia. Per vederlo, basterà dunque sottoscrivere un abbonamento generale alla piattaforma scegliendo tra le opzioni possibili. Si avrà così modo di guardare il titolo in totale comodità e al meglio della qualità video, avendo poi anche accesso a tutti gli altri prodotti presenti nel catalogo.

Fonti: IMDb, ScreenRant

Il Montana diventa il primo stato a vietare TikTok

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Il Montana diventa il primo stato a vietare TikTok

Il Montana è diventato il primo stato negli Stati Uniti a vietare TikTok. Se il disegno di legge resiste alle previste sfide legali, entrerà in vigore il 1° gennaio 2024. Il governatore dello stato Greg Gianforte ha firmato il disegno di legge mercoledì, scrivendo in una dichiarazione: “Oggi, il Montana intraprende l’azione più decisiva di qualsiasi stato per proteggere i dati privati ​​e le informazioni personali sensibili dei Montanans dall’essere raccolti dal Partito Comunista Cinese“. Gianforte ha aggiunto su Twitter: “TikTok è solo un’app legata ad avversari stranieri. Oggi ho ordinato al Chief Information Officer dello stato di vietare qualsiasi applicazione che fornisca informazioni o dati personali ad avversari stranieri dalla rete statale”.

La legge vieterebbe agli app store di rendere l’app disponibile per il download nel Montana. TikTok ha risposto al divieto con la seguente dichiarazione : “Il governatore Gianforte ha firmato un disegno di legge che viola i diritti del Primo Emendamento della popolazione del Montana vietando illegalmente TikTok, una piattaforma che dà potere a centinaia di migliaia di persone in tutto lo stato. Vogliamo rassicurare i Montanans che possono continuare a utilizzare TikTok per esprimersi, guadagnarsi da vivere e trovare una comunità mentre continuiamo a lavorare per difendere i diritti dei nostri utenti all’interno e all’esterno del Montana“.

Secondo l’Associated Press, Montana sarebbe in grado di multare qualsiasi “entità”, come un app store o lo stesso TikTok, $ 10.000 al giorno ogni volta che a un utente viene “offerta la possibilità” di accedere o scaricare la piattaforma. Queste multe non verrebbero imposte ai singoli utenti.

Di proprietà della società tecnologica cinese ByteDance, TikTok si è guadagnata la reputazione di minaccia alla sicurezza nazionale a causa delle preoccupazioni sulla raccolta dei dati. Ciò ha portato gli Stati Uniti a vietare TikTok sui dispositivi emessi dal governo a marzo. TikTok, che è esploso in popolarità durante la pandemia, ospita oltre 1 miliardo di utenti e funge da hub per influencer, celebrità e creatori. Secondo il portavoce di TikTok Jamal Brown, il Montana ospita 200.000 utenti TikTok e 6.000 aziende che utilizzano l’app.

Il monello, il film culto di Charlie Chaplin

Il monello, il film culto di Charlie Chaplin

Il monello è il film culto del 1921 di Charlie Chaplin con protagonisti lo stesso Charlie Chaplin con Jackie Coogan, Edna Purviance.

Una lacrima e un sorriso. Questo è il cinema di Charlie Chaplin. E questo film del 1921 ne è la massima riprova. Chaplin comincia ad andare oltre i cortometraggi divertenti; comincia a proporre film dalla media durata o veri lungometraggi (il presente dura 83’) che fanno riflettere su tematiche sociali.

Il monello, la trama

Il monelloIn una Londra divisa tra ricchi e poveri, una giovane madre sola dalla disperazione abbandona il suo neonato, e vive nel rimorso anche quando arriverà per lei il successo e diventerà ricca. Un povero vetraio trova il fagotto abbandonato e decide, nonostante il proprio stato di povertà, di allevarlo.

Quando poi il neonato diventa un po’ più grande, si fa aiutare dal piccolo monello facendogli rompere i vetri delle case che egli poi ripara, guadagnandosi un minimo per vivere. Dopo una rissa con un altro monello, il bimbo si sente male e chiamato il medico, quest’ultimo decide di chiamare l’orfanotrofio per far vivere il piccolo in condizioni più consone. Il vetraio però riesce a riprenderselo, ma la legge ha la meglio. Non fino in fondo però, e al povero ma ricco di amore, alla donna disperata e al piccolo orfanello, il destino sorriderà…

Il monello richiese complessivamente diciotto mesi di lavoro, dalla prima scena girata alla prima proiezione, un periodo non particolarmente felice per la vita privata di Charlie: poco prima dell’inizio della lavorazione perse il primo figlio avuto dalla prima moglie (Mildred Harris), Norman Spencer, nato con gravi deformazioni e sopravvissuto solo tre giorni. Il matrimonio non fu mai felice, fallì nel corso della lavorazione del film; l’opera stessa rischiò di finire sotto sequestro unitamente ai beni di Charlie nella causa di divorzio intentatogli dalla moglie: Charlie, previdente, consegnò in custodia una copia dei negativi al fratello Sidney, terminò il montaggio della pellicola spostandosi in incognito (per quanto la sua popolarità lo consentisse) in diverse località, tra alberghi e studi tecnici.

Il monelloSecondo alcuni fu proprio la perdita del figlio ad ispirargli il soggetto. L’incontro tra Chaplin e Jackie Coogan fu un colpo di fulmine, nacque prima un’amicizia speciale tra i due, solo in seguito pensò di scritturarlo nella sua compagnia, e quando la lavorazione del film iniziò Jackie fu perfetto: Chaplin, non potendo interpretare lui il ruolo, così come desiderava per tutti i ruoli dei suoi film, lo trovò spontaneo, naturale e perfettamente plasmabile alle sue indicazioni. Probabilmente, l’intesa tra i due, fu dovuta anche alla peculiarità della personalità di Chaplin capace di vedere gli aspetti della vita attraverso gli occhi di un bambino. Un film toccante, con una tenera interpretazione del piccolo Jackie Coogan. Un attore che però non ha fatto molta strada da allora, essendo anche immischiato in una vicenda giudiziaria per sfruttamento dei suoi diritti da parte dei genitori. Grazie alla sua vicenda, la California emise “The Child Actors Bill”, meglio conosciuto come il “Coogan Act”, nel quale venivano tutelati i diritti dei minori impegnati nel cinema.

Il monello

Oltre al Il monello, nel 1930-31 Coogan interpretò i popolari personaggi di Mark Twain: Tom Sawyer e Huckleberry Finn. Poi una serie di film minori, tornando alla popolarità indovinate come? Interpretando il turpe Zio Fester nella famosissima serie tv “La famiglia Addams” del 1964 (trasmessa anche in Italia).

Charlie Chaplin inizia a trattare struggenti tematiche sociali con “Charlot emigrante” del 1918, in cui mette in scena la scandalosa «quarantena» cui venivano sottoposti gli immigranti a Ellis Island prima di sbarcare a New York. Seguiranno “Vita da cani” e “Charlot soldato”: col primo pone sotto i riflettori la vita dei senzatetto, perseguitati dalla legge disuguale e accanita verso i poveri. Col secondo ironizza sulla guerra, nella fattispecie l’intervento americano in Europa durante la Prima guerra mondiale. Un tema che riprenderà con un capolavoro del 1940  “Il grande dittatore”, dove sbeffeggerà Hitler e il suo folle progetto di sterminare gli ebrei; ma lancerà anche uno struggente messaggio finale di speranza ai popoli in guerra. I dittatori i sovrani sono ridicolizzati anche nel film “Un Re a New York” del 1957.

La filmografia di Chaplin ha prevalentemente preso di mira i potenti, ironizzando su di loro fino a ridicolizzarli. In tal modo tratterà anche il capitalismo, in modo lapalissiano nel film “Monsieur Verdoux”, che ha come protagonista un bancario (dal quale prende il nome il film) che con l’arrivo della crisi finanziaria del 1930 divenne disoccupato. Per mantenere il tenore di vita della propria famiglia che ormai vede molto poco, ma soprattutto, per un acquisito sadismo ed egoismo innescato in lui da una società post crisi sempre più egoista ed arrivista, nonché violenta dati i regimi dittatoriali che si diffondevano nel mondo, Verdoux da tre anni si da alla truffa sposando donne ricche per poi ucciderle e derubarle. Chaplin voleva dimostrare come la società capitalista ed egoista potesse ridurre gli uomini, renderli avidi e alienati. Per queste sue posizioni, fu mal visto dall’America e dall’Inghilterra. Siamo negli anni ‘50, in piena Guerra Fredda, ed in pieno maccartismo. Chaplin decise di stabilizzarsi in Svizzera con la famiglia dove morì nel 1978.

Il mondo segreto di Moonhaven: nuovo poster!

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Il mondo segreto di Moonhaven: nuovo poster!

è stato diffuso un nuovo poster per Epic – Il mondo segreto nuovo lungometraggio d’animazione dei Blue Sky Studios (l’Era Glaciale, Rio) e in arrivo negli States il 24 maggio 2013.

Diretto da Chris Wedge Epic – Il mondo segreto è tratto dal racconto per bambini di William Joyce, già autore de Le 5 Leggende. Nel cast di voci originale ci sono Josh Hutcherson, Amanda Seyfried, Beyoncé Knowles e Steven Tyler.

Ecco il poster:

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Il mondo segreto di Moonhaven – Trailer Originale

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Il mondo segreto di Moonhaven – Trailer Originale

Arriva il trailer originale di Epic – Il mondo segreto, dai creatori de L’era Glaciale e Rio.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il mondo secondo John Ford di Alberto Crespi in uscita il 1° settembre

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In occasione del cinquantesimo anniversario della morte di John Ford (31 agosto 1973), uscirà il 1° settembre 2023 “Il mondo secondo John Ford“, libro che Alberto Crespi ha dedicato al leggendario regista americano, edito da Jimenes Edizioni.

Il mondo secondo John Ford” non è un saggio di pura critica cinematografica né una biografia, ma piuttosto un viaggio appassionato e appassionante nell’immaginario fordiano, un racconto in prima persona che regala una miriade di spunti di riflessione, curiosità, collegamenti e suggestioni e, soprattutto, svela l’ineffabile poetica che segna l’opera del regista.

In questo volume, Alberto Crespi ha scritto una vera e propria lettera d’amore a John Ford e al suo cinema, seguendo un percorso tematico che parte da “Ombre rosse” e, traendo spunto dai nove passeggeri della diligenza, dagli indiani e dalla Monument Valley, tocca undici tappe.

In questo suo cammino Crespi entra ed esce dai film di Ford senza scrupoli di genere, critici o cronologici e offre al lettore le chiavi per comprendere come il regista ha interpretato il mondo e come, di conseguenza, lo ha raccontato nel suo cinema: un cinema nel quale si ride e si piange allo stesso tempo; un cinema nel quale l’avventura, il West, la storia, la violenza, le frontiere si mescolano sempre con l’ironia sommersa, il senso della famiglia e della comunità, il dolore della perdita e il passaggio di consegne da una generazione all’altra.

Il Mondo Perduto: Jurassic Park, tutti gli errori del film!

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Il Mondo Perduto: Jurassic Park, tutti gli errori del film!

In attesa dell’uscita di Jurassic World, ecco tutti gli errori di Il Mondo Perduto: Jurassic Park raccolti in un video realizzato da Cinema Sins!

Il mondo perduto – Jurassic Park è un film del 1997 diretto da Steven Spielberg, basato dall’omonimo romanzo Il mondo perduto di Michael Crichton e sequel di Jurassic Park.

Alla sua uscita, il film ha riscosso un notevole successo, con un incasso, a livello mondiale, di 618.638.999$ di dollari, che lo rende tra i 100 maggiori incassi di tutti i tempi[1], secondo solo all’epoca allo stesso Jurassic Park sempre di Spielberg. Il film ha conservato per quattro anni e mezzo il record d’incasso per il primo weekend di programmazione.

Il titolo del romanzo originale di Crichton da cui è tratto il film è un omaggio al romanzo Il mondo perduto di Arthur Conan Doyle e ai numerosi film che da esso furono ispirati.

Il franchise è proseguito con Jurassic Park III (2001) e Jurassic World (2015).

Il mondo perduto – Jurassic Park: tutte le curiosità sul film con Jeff Goldblum

Con l’arrivo nei cinema di tutto il mondo, nel 1993, di Jurassic Park, il regista Steven Spielberg mostrò le reali potenzialità della computer grafica, cambiando per sempre la settima arte. Sullo schermo era ora possibile veder prendere vita, dopo milioni di anni dalla loro estinzione, i celebri dinosauri in tutta la loro maestosità. Questi sono poi tornati a calcare il grande schermo nel 1997 con il sequel Il mondo perduto – Jurassic Park. Diretto nuovamente da Spielberg, questo è ambientato quattro anni dopo gli eventi del precedente capitolo, e narra di una nuova spedizione a Isla Sorna, dove i dinosauri vengono riportati in vita.

Come anche per il film del 1993, il regista si è nuovamente affidato alla penna di Michael Crichton. Lo scrittore da cui prese vita la storia narrata nel primo film venne più volte pregato di dare un sequel a tale racconto, ma questi si rifiutò ogni volta. Ci pensò infine Spielberg a fargli cambiare idea, e fu così che nel 1995 venne pubblicato Il mondo perduto. Il regista intraprese subito la produzione della trasposizione, inserendo in questa anche elementi scartati da Jurassic Park. Il lavoro sui dinosauri si rese qui ancor più complesso, richiedendo oltre 18 mesi per poterli realizzare tutti in modo realistico e avvincente.

Il mondo perduto – Jurassic Park contiene infatti quasi il doppio di animazioni generate al computer rispetto al suo predecessore, promettendo così anche il doppio dell’intrattenimento. Il film si affermò poi come il secondo più alto incasso dell’anno dopo Titanic, e confermò l’interesse degli spettatori nei confronti della storia e delle sue creature. Un interesse vivo ancora oggi, e che ha permesso alla Universal di dar vita a diversi sequel, di cui l’ultimo annunciato, Jurassic World Rebirth, è atteso prossimamente in sala. Nel mentre, riscopriamo il lungometraggio del 1997 e le curiosità ad esso legate.

Jeff Goldblum, Julianne Moore, Vince Vaughn e Richard Schiff in Il mondo perduto - Jurassic Park
Jeff Goldblum, Julianne Moore, Vince Vaughn e Richard Schiff in Il mondo perduto – Jurassic Park © 1997 – Universal Pictures

La trama di Il mondo perduto – Jurassic Park

Quattro anni dopo gli eventi svoltisi a Isla Nubar, dove sorgeva il Jurassic Park, John Hammond avverte il professor Ian Malcolm della presenza di un’isola vicina, chiamata Isla Sorna, dove venivano ricreati i dinosauri. La vita presente su di essa è ora in pericolo, poiché il corrotto Peter Ludlow aspira a catturare quanti più dinosauri possibili per collocarli in un parco nella città di San Diego. Malcolm si trova così a doversi recare sull’isola, con l’intento di documentare quanto lì sta avvenendo e denunciando tutto ciò ai media e alle autorità. Memore della traumatica vicenda vissuta anni prima, questi rifiuta però l’offerta. Nel momento in cui Hammond gli rivela che la sua fidanzata Sarah Harding si è già recata sull’isola, Malcolm si vede però costretto ad accettare.

Arrivato a Isla Sorna, Malcolm è intenzionato a recuperare quanto prima Sarah e lasciare quel luogo pieno di pericoli. I suoi obiettivi verranno però ostacolati dalla volontà della donna di rimanere lì e difendere le creature presenti dalla violenza dell’uomo. Nonostante l’esercito di Ludlow sia particolarmente numeroso, e capitanato dall’esperto cacciatore Roland Tembo, ciò non sembra sufficiente a gestire la furia dei dinosauri. Ritrovatisi in terra a loro ostile, con nessuna recinzione tra loro e le creature, gli esseri umani lì presenti capiranno ben presto di non essere i cacciatori bensì i cacciati. La sfida per Malcolm e Sarah sarà allora quella di sopravvivere, evitando che il peggio possa accadere. Il ruggito del T-Rex, tuttavia, non sembra lasciare grandi speranze a riguardo.

 

Il cast di attori

A causa dell’indisponibilità degli attori Sam Neill e Laura Dern, il protagonista divenne il professor Ian Malcolm, già presente nel precedente film. Ad interpretarlo vi è nuovamente l’attore Jeff Goldblum, il quale si è dichiarato particolarmente entusiasta di poter riprendere il personaggio. Come lui, anche Richard Attenborough ha dato disponibilità per comparire nuovamente nel ruolo di John Hammond. Grande ingresso nel cast è quello dell’attrice Julianne Moore, oggi premio Oscar, che interpreta qui Sarah Harding. Spielberg la contattò dopo averla vista recitare nel film Il fuggitivo. Questa accettò di partecipare al film per poter lavorare con Spielberg, del quale è una grande ammiratrice.

Nel film è poi presente l’attrice Vanessa Lee Chester. Questa era diventata popolare dopo aver recitato nel film La piccola principessa. Spielberg rimase colpito da lei proprio grazie a tale pellicola, e decise da subito di offrirle il ruolo di Kelly, figlia di Ian Malcolm. Il ruolo del cacciatore Roland Tembo è invece affidato all’attore Pete Postlethwaite, da Spielberg considerato il migliore del mondo. Il regista lo scelse per la sua grande presenza scenica, requisito fondamentale per il personaggio di Roland. L’attore Vince Vaughn interpreta il ruolo di Nick Van Owen, alleato di Ian e Sarah. Infine, gli attori Arliss Howard e Peter Stormare interpretano rispettivamente i crudeli Peter Ludlow e Dieter Stark.

Jeff Goldblum, Vince Vaughn e Richard Schiff in Il mondo perduto - Jurassic Park
Jeff Goldblum, Vince Vaughn e Richard Schiff in Il mondo perduto – Jurassic Park © 1997 – Universal Pictures

I sequel del film

Dato il successo del film, nel 2001 si realizza un terzo e conclusivo capitolo della trilogia. Jurassic Park III, da Spielberg solamente prodotto, vede il ritorno del personaggio di Alan Grant, interpretato nuovamente da Sam Neill. Il titolo ottenne però un’accoglienza particolarmente meno entusiasmante rispetto ai precedenti due film, e sembrò dunque porre fine alle vicende dedicate ai dinosauri. Nel 2015, tuttavia, arriva al cinema Jurassic World. Pur cambiando titolo, questo si configura come sequel diretto dei precedenti film, anche se ambientato diversi anni dopo. La coppia di protagonisti è qui interpretata dagli attori Chris Pratt e Bryce Dallas Howard.

Questi hanno poi ripreso i loro ruoli anche in Jurassic World – Il regno distrutto, uscito nel 2018. Nel giugno del 2022 è invece uscito il capitolo conclusivo della nuova trilogia, intitolato Jurassic World: Il dominio, dove oltre ai nuovi protagonisti si ritrovano anche gli attori Sam NeillLaura Dern e Jeff Goldblum. È poi stato annunciato un nuovo film, Jurassic World Rebirth, atteso in sala per il luglio del 2025 e con protagonisti gli attori Scarlett Johansson, Jonathan Bailey e Mahershala Ali. Il film, ambientato cinque anni dopo gli eventi di Il Dominio, proporrà una serie di nuovi scenari, aprendo la saga verso un nuovo futuro.

Il trailer del film e dove vederlo in streaming e in TV

In attesa di vedere gli sviluppi della saga, per gli appassionati è possibile fruire di Il mondo perduto – Jurassic Park grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Questo è infatti disponibile nei cataloghi di Infinity, Apple iTunes e Prime Video. Per vederlo, una volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di lunedì 14 ottobre alle ore 21:00 sul canale 20 Mediaset.

Il Mondo fino in fondo: recensione del film con Filippo Scicchitano (II)

Alessandro Lunardelli esordisce con Il Mondo fino in fondo,  un film on the road, realizzando un viaggio dell’anima alla scoperta dei desideri e delle paure di due fratelli italiani, talmente diversi tra loro da essere ormai come due rette parallele, che guardano nella stessa direzione ma non si incontrano mai.

Ne Il Mondo fino in fondo Davide (Filippo Scicchitano) è un adolescente di Agro, piccolo paese industriale del nord est italiano. Il ragazzo è gay, e non sa come comunicarlo al padre (industriale disinteressato ai figli) e tantomeno al fratello maggiore Loris (Luca Marinelli). Loris ha quasi trent’anni, è cresciuto in fretta rinunciando alla propria adolescenza per seguire le orme paterne, lavorando nella fabbrica di famiglia, cercando di sistemare il fratello e sposando Veronica (Camilla Filippi) donna dalla quale aspetta pure un figlio. Una trasferta dell’Inter (squadra del cuore di Loris) diventa il pretesto per fare un viaggio insieme, i due fratelli, verso Barcellona. Ed è proprio in Spagna che Davide conosce Andy (Cesare Serra), giovane ecologista cileno, del quale si innamora a prima vista, decidendo di seguirlo fino in Cile. Ma qui, le cose non vanno come Davide aveva previsto, e Loris decide di andare a cercarlo; entrambi hanno finalmente l’occasione di dare una svolta definitiva alle loro vite.

Il mondo fino in fondo recensione 2Il Mondo fino in fondo è un road movie dal sapore leggero e fresco; il regista sceglie la Patagonia come paesaggio, un luogo intrepido e dalla maestosa bellezza, come supporto per il viaggio interiore, emotivo ed umano, di due fratelli diversi tra loro e distanti, ma forse non troppo diversi l’uno dall’altro: Davide è giovane, e al contrario di Loris ha ancora l’opportunità di cambiare la propria vita e di indirizzarla dove vuole; Loris, al contrario, ormai è incastrato in una situazione dalla quale non può fuggire, ma attraverso un percorso di consapevolezza può imparare ad accettarla e a vivere in un modo diverso. Ma la vera domanda sollevata è un’altra: riusciranno queste due anime in cerca di loro stesse a ritrovarsi da qualche parte, perfino alla fine del mondo, perfino nella selvaggia Patagonia? E riusciranno, infine, umanamente cambiati, a tornare da dove sono partiti, ripercorrendo i loro passi verso Agro e verso il limitato orizzonte della provincia?

Il regista usa un linguaggio audiovisivo pulito e limpido: il paesaggio è compenetrato al tema del viaggio, è l’altro grande protagonista del film oltra alla coppia Scicchitano – Marinelli, giovani, promettenti e affiatati, che tratteggiano delicatamente il ritratto di due fratelli diversi ma forse più simili del previsto, due anime ingabbiate in una realtà che forse non gli appartiene fino in fondo e dalla quale vogliono evadere ad ogni costo, per continuare a seguire i loro sogni e per continuare ad assaporare il sapore proibito ed inebriante della libertà.

Il mondo fino in fondo recensione del film con Filippo Scicchitano (I)

Loris e Davide sono fratelli, hanno una fabbrica nel nord Italia. Sono diversi: Loris è un imprenditore, conformista, tifoso di calcio, con una moglie e forse un figlio in arrivo. Davide è appena maggiorenne, la fabbrica di famiglia gli va stretta, è gay, ma non osa dirlo ai suoi. Per caso si trova a Barcellona col fratello, che vuole vedere l’Inter in trasferta. Lì Davide conosce Andy, un ambientalista cileno di cui s’invaghisce, e decide di partire con lui per il Cile. Per tutti comincia così un viaggio che li porterà fino in Patagonia: Loris va in cerca del fratello, mentre Davide conosce gli amici di Andy e il mondo dell’attivismo ecologista, cercando di capire meglio se stesso.

Alessandro Lunardelli esordisce nel lungometraggio con questa commedia on the road – presente fuori concorso al Festival di Roma, sezione Alice nella città – ambientata tra Italia, Spagna e Cile. Ma si fa prendere dalla metafora del viaggio, dall’azione, dai cambi di location, dalla voglia di dire tante cose e non riesce ad andare davvero fino in fondo (suoi anche soggetto e sceneggiatura, con Vanessa Picciarelli). I temi sono tanti. Personali: l’omosessualità, il rapporto fra fratelli, il tradimento, la maternità. Sociali, culturali e politici: il perbenismo ottuso della provincia italiana, il libertarismo, l’ambientalismo, la politica come impegno comune, la dittatura cilena. Tante le parentesi aperte, tanti i personaggi incontrati nel cammino dai protagonisti, troppi. Difficile tenere tutto insieme e trattare come meritano almeno i temi centrali: omosessualità, rapporto tra fratelli, ecologia.

Così accade che Davide (Filippo Scicchitano) sia gay, ma la sua storia con Andy non sia sviluppata, né quella con altri uomini. Un’omosessualità accennata o espressa con poca convinzione. È incerto, impacciato, mai davvero a suo agio – in famiglia, in azienda, nei locali gay, nel mondo degli attivisti – non parla di sé e non bastano pochi gesti istintivi a definirlo. Sembra sempre un passo indietro rispetto alle sue scelte. Ne risente anche la resa di Scicchitano, che non riesce, se non in qualche momento, a ritrovare la vivida efficacia di Scialla! Se la sua figura fosse emersa maggiormente avrebbe creato anche una dinamica più interessante con Loris: il suo antagonista involontario, il personaggio più da commedia, che diverte il pubblico. È sfortunato, gli capita tutto ciò che può sconvolgere i suoi parametri e metterlo in difficoltà. Incarna alcuni stereotipi. È provinciale, limitato, un po’ingenuo, in fondo affezionato al fratello minore. Gli dà vita ed efficacia Luca Marinelli.

Il ritmo del film poi è diseguale: veloce nella prima parte, lento nella seconda, attraverso continue soste che prolungano il viaggio verso il ghiacciaio, con rari momenti significativi.

Il Mondo Fino in Fondo la conferenza stampa del film

Il Mondo Fino in Fondo la conferenza stampa del film

Il mondo fino in fondo recensione Alla presenza del regista Alessandro Lunardelli e degli attori Luca Marinelli e Filippo Scicchitano, insieme alla sceneggiatrice Vanessa Picciarelli, si è tenuta la conferenza stampa di presentazione del film Il Mondo Fino in Fondo, opera prima del regista.

Presentato al Festival Del Cinema di Roma nella sezione Alice nella città, uscirà in circa 40 copie il prossimo 30 Aprile, riconfermando la forza della distribuzione “piccola” di Microcinema, già supporto fondamentale dell’ultimo successo dei fratelli Manetti.

La prima domanda riguarda la scelta del luogo: perché la Patagonia Cilena?

Secondo Lunardelli, la Patagonia Cilena è la parte meno conosciuta di questa terra affascinante, un luogo desolato e selvaggio, funzionale all’arco emotivo che avrebbero vissuto i personaggi. Un luogo “vergine” dove vivere al meglio l’emotività dei protagonisti, un luogo che riflettesse la loro sfera emotiva.

Inoltre, la Patagonia serviva da contrasto con la realtà di provincia che vivevano Davide (Filippo Scicchitano) e Loris (Luca Marinelli).

Inoltre, Lunardelli ribadisce l’importanza fondamentale di Alfredo Castro, eccezionale attore cileno che si è prestato ad interpretare il ruolo di Lucho, il tassista cileno che aiuta Loris a ritrovare suo fratello Davide attraverso il Cile più selvaggio ed inesplorato.

Una domanda, invece, è stata rivolta alla sceneggiatrice Picciarelli, riguardo alle difficoltà incontrate, in fase di scrittura, nel delineare dei personaggi così “lontani” senza ricadere nei cliché tipici della narrativa di viaggio: il valore aggiunto, per evitare di ricadere in questa dimensione e per recuperare quella naturalezza in grado di cogliere luoghi e atmosfere, è stato dato dalle interpretazioni degli attori.

Secondo Lunardelli il personaggio di Loris subisce il maggior cambiamento: è lui la vera vittima del sistema provinciale dove vivono, si piega alle logiche paterne imposte dal genitore e accetta passivamente, prima però di rompere con le consuetudini andando a cercare suo fratello fino… alla fine del mondo. In una dimensione lontana e non sua, si sente liberato e compie un arco narrativo molto profondo, trascinato dall’ebbrezza della fuga e del viaggio.

Il mondo fino in fondo recensione 2E proprio il tema del viaggio “on the road” coinvolge i due protagonisti: Scicchitano è uscito cambiato da questa esperienza, definendo questo viaggio un’avventura incredibile e inaspettata, che lo ha influenzato dal lato artistico e umano.

Per Marinelli, Lunardelli è stato in grado di cogliere gli aspetti “fraterni” tra i due attori, permettendo loro di compiere un viaggio addirittura oltreoceano, cambiandoli a livello umano.

In fase di scrittura Lunardelli e Picciarelli non pensavano specificatamente ai due attori scelti alla fine: si mantenevano un ampio margine di scelta. Di Marinelli lo ha colpito la freschezza e la brillantezza trasmessa in alcune commedie (tipo quella di Virzì Tutti i Santi Giorni), e per tale motivo è stato scelto; di Scicchitano temeva, invece, la sua dirompente “romanità”, che invece non è emersa sullo schermo ma che ha sottolineato- e sancito- il profondo senso di “fratellanza” che si era creato tra i due attori.

E proprio loro due si sono divertiti sul set, concedendosi delle “variazioni sul tema”, provando le situazioni e creandole, come per esempio il loro lavoro sul dialetto del paesino di Agro, luogo inesistente che ha una lingua non convenzionale, un dialetto non codificato immaginato, in un primo momento, simile al veneto e poi diventato invece qualcosa di completamente diverso. Gli elementi “temporali” scelti da Lunardelli dovevano coincidere alla perfezione: la partita dell’Inter a Barcellona, la conferenza di Copenaghen, la ribellione degli studenti in Cile… tutto doveva giustificare il viaggio di questi due fratelli, un viaggio collocato in una dimensione spazio temporale ben precisa.

Essendo un’opera prima, le difficoltà non si sono sprecate, anzi: la produzione ha appoggiato “un rischio”, scommettendo su un’opera che partiva dall’Italia allargandosi però alla sfera emotiva dei personaggi.

Lunardelli, iniziando a girare il film, non parlava lo spagnolo (e questo rientrava in una delle prime difficoltà incontrate nel momento in cui prese la decisione di girare in Patagonia); anche realizzare i provini con gli attori cileni è stato un problema, soprattutto linguistico. Il Cile ha giocato un ruolo importante nella realizzazione: oltre allo scenario prestato- la Patagonia- anche la troupe era del posto e, nonostante le difficoltà incontrate durante tutto il tempo delle riprese, hanno creato un clima costruttivo e creativo dove lavorare, grazie anche alla profonda ammirazione che i cileni nutrono (ancora!) nei confronti del nostro cinema, pur non possedendo, quest’ultimi, un mercato cinematografico molto sviluppato.

L’ultima, cruciale, domanda riguardava tempi e costi: quanto tempo e quanti finanziamenti sono stati concessi? La parte iniziale (come i sopralluoghi) sono stati realizzati a carico del regista; il film è durato sette settimane ed è costato circa un milione e duecentocinquanta euro, con un contributo del ministero di duecentomila euro.

Il mondo dietro di te: trailer del film con Julia Roberts e Mahershala Ali

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Netflix dopo il teaser ha diffuso il trailer di Il mondo dietro di te, il nuovo film Originale Netflix diretto da Sam Esmail con protagonisti Julia Roberts e Mahershala Ali in arrivo dall’8 dicembre su Netflix.

Una vacanza di famiglia viene sconvolta da due estranei sopraggiunti nel cuore della notte per sfuggire a un cyberattacco che diventa sempre più terrificante, obbligando tutti a venire a patti con il proprio ruolo in un mondo prossimo al collasso.

La trama di Il mondo dietro di te

In questo thriller apocalittico dal premiato sceneggiatore e regista Sam Esmail (Mr. Robot), Amanda (il premio Oscar Julia Roberts) e il marito Clay (il candidato agli Oscar Ethan Hawke) affittano una casa di lusso per un fine settimana con i figli Archie (Charlie Evans) e Rose (Farrah Mackenzie). La vacanza viene subito sconvolta dall’arrivo di notte di due sconosciuti: G.H. (il premio Oscar Mahershala Ali ) e la figlia Ruth (Myha’la), che li informano di un misterioso cyberattacco e vogliono rifugiarsi nella casa di cui dicono di essere i proprietari. Le due famiglie fanno il punto del disastro che incombe e che diventa sempre più terrificante, obbligandoli a venire a patti con il loro ruolo in un mondo prossimo al collasso. Il film è tratto dal romanzo – candidato ai National Book Award – di Rumaan Alam, Il mondo dietro di te, ed è prodotto da Esmail Corp e Red Om Films. La produzione esecutiva è di Higher Ground Productions.

Il mondo dietro di te: teaser trailer del film con Julia Roberts e Mahershala Ali

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Netflix ha diffuso il teaser trailer di Il mondo dietro di te, il nuovo film Originale Netflix diretto da Sam Esmail con protagonisti Julia Roberts e Mahershala Ali in arrivo dall’8 dicembre su Netflix.

Una vacanza di famiglia viene sconvolta da due estranei sopraggiunti nel cuore della notte per sfuggire a un cyberattacco che diventa sempre più terrificante, obbligando tutti a venire a patti con il proprio ruolo in un mondo prossimo al collasso.

La trama di Il mondo dietro di te

In questo thriller apocalittico dal premiato sceneggiatore e regista Sam Esmail (Mr. Robot), Amanda (il premio Oscar Julia Roberts) e il marito Clay (il candidato agli Oscar Ethan Hawke) affittano una casa di lusso per un fine settimana con i figli Archie (Charlie Evans) e Rose (Farrah Mackenzie). La vacanza viene subito sconvolta dall’arrivo di notte di due sconosciuti: G.H. (il premio Oscar Mahershala Ali ) e la figlia Ruth (Myha’la), che li informano di un misterioso cyberattacco e vogliono rifugiarsi nella casa di cui dicono di essere i proprietari. Le due famiglie fanno il punto del disastro che incombe e che diventa sempre più terrificante, obbligandoli a venire a patti con il loro ruolo in un mondo prossimo al collasso. Il film è tratto dal romanzo – candidato ai National Book Award – di Rumaan Alam, Il mondo dietro di te, ed è prodotto da Esmail Corp e Red Om Films. La produzione esecutiva è di Higher Ground Productions.

Il mondo dietro di te: recensione del nuovo film con Julia Roberts

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Il mondo dietro di te (Leave the world behind) porta sullo schermo una tale atmosfera di tensione e di inquietudine da mantenere sempre salda l’attenzione dello spettatore. Diretto dal regista statunitense di origini egiziane Sam Esmail (creatore della serie Mr.  Robot), il film è stato presentato il 25 ottobre al AFI fest per poi essere distribuito solamente in piattaforma. Il cast è formato da alcune delle maggiori star di Hollywood del momento. Julia Roberts (Wonder, Mangia, prega, ama) interpreta Amanda, mentre l’attore Mahershala Ali (Green Book, Moonlight) interpreta il proprietario di casa George Scott. A questi si aggiungono anche Ethan Hawke (trilogia Before) e Kevin Bacon. Il mondo dietro di te è una trasposizione cinematografica dell’omonimo libro di Rumaan Alam.

Il mondo dietro di te: la catastrofe fuori dal cortile di casa

Amanda, stressata dalla vita frenetica di New York, decide di organizzare per tutta la sua famiglia una vacanza fuori città, affittando una magnifica villa immersa nel verde e vicina al mare. Al loro arrivo tutto sembra perfetto, ma le prime stranezze non tardano ad accadere. Mentre Amanda si trova in spiaggia con il marito Clay e i suoi due figli Rose e Archie, una petroliera si dirige verso di loro, fino a raggiungere la sabbia. Da allora, tutti i mezzi di comunicazione sembrano non funzionare: telefoni, computer ed infine anche la televisione.

La sera, due persone si presentano alla loro porta: George Scott, il proprietario della casa, e sua figlia Ruth. I due hanno preferito provare a rifugiarsi li, fuori dalla città, piuttosto che tornare nella loro casa a Manhattan. Nonostante la diffidenza di Amanda nei confronti dei due sconosciuti, questi restano per la notte. La mattina seguente tutti insieme cercheranno di capire meglio cosa stia succedendo: un cyberattacco sembra essere in corso, ma la situazione sembra essere anche peggiore di così.

Tensione senza fine

Il primo elemento che emerge alla visione di Il mondo dietro di te è certamente la presenza di un’atmosfera ad alta tensione. Questo è favorito da tanto fattori: primo fra tutti il sottofondo musicale. Si prediligono melodie molto tese che alimentano di molto il clima sinistro. A questo si aggiungono le performance degli attori, specialmente di Julia Roberts e di Mahershala Ali nei panni di Amanda e George. I due interpretano delle figure che reagiscono in maniera diversa ad una tale situazione di catastrofe, contribuendo in egual modo alla suspense del film. Amanda è di natura diffidente verso tutti, detesta l’essere umano per la sua natura egoista ed avida, e non mancano i momenti in cui il panico e la paura prendano il sopravvento in lei. George invece si mostra sempre in una calma tetra, quasi spettrale.

Interessante è anche l’attenzione dedicata ai particolari, specialmente ad alcune interessanti inquadrature. Oltre alle scene che mostrano la rotazione terrestre, le riprese di Rosie in spiaggia con l’imponente petroliera davanti colpiscono lo spettatore fin dall’inizio del film. A queste si aggiunge la visione della bandiera americana sulla luna: immagine evocativa che dovrebbe rappresentare l’imponenza di una grande potenza mondiale quali erano gli Stati Uniti d’America e di come questo attacco sembra averla portata alla distruzione.

Il mondo dietro di te film 2023

Il potere della ferocia umana

Analizzando le tematiche de Il mondo dietro di te, l’argomento focale che maggiormente salta alla mente di qualsiasi spettatore è la ferocia umana, ciò che il filosofo Thomas Hobbes ha definito come homo homini lupus, ovvero l’uomo è lupo all’altro uomo. L’essere umano, con la sua natura intrinsecamente egoista, punta prima di tutto alla salvaguardia propria e della propria famiglia. Per Hobbes questo è il motivo per cui la creazione dello Stato è indispensabile: il collasso dello Stato dovuto agli attacchi esterni nel film porta ad un paradossale ritorno allo stato di natura. Ciò è ravvisabile soprattutto nelle scene finali, nell’incontro con il vicino di casa Danny, ma sono presenti altri esempi sottintesi. Amanda è disposta a lasciare George e sua figlia Ruth in mezzo alla strada nel bel mezzo di un blackout per salvaguardare la sua famiglia ed i suoi figli; Clay lascia una donna implorante aiuto in mezzo alla strada.

Il mondo dietro di te: un finale inaspettato

Il mondo dietro di te sorprende in tutto, anche nel finale, ma in questo caso non necessariamente positivamente. Per tutto il film lo spettatore cerca di comprendere insieme ai personaggi ciò che sta realmente accadendo, aspettandosi delle risposte nel finale. Senza fare alcun spoiler, si afferma semplicemente che la pellicola lascia delle domande in sospeso, creando una certa frustrazione nel pubblico che si aspettava una conclusione chiara a tutto il mistero del film.

Il mondo dietro di te si chiude con degli importanti spunti di riflessione ma con pochi chiarimenti sull’attacco in sé e su coloro che vi hanno dato inizio. Ad ogni modo si potrebbe vedere questo come un ulteriore elemento di suspense: si crea un finale aperto all’interpretazione dello spettatore.

Il mondo dietro di te: la spiegazione del finale del film Netflix

Il mondo dietro di te è il nuovo film di Netflix, scritto e diretto da Sam Esmail e basato sull’omonimo romanzo di Rumaan Alam, in cui eventi apocalittici iniziano a verificarsi nel mondo. Disponibile dall’8 dicembre, il titolo è da subito divenuto uno dei più visti sulla piattaforma, merito anche della partecipazione di attori del calibro di Julia Roberts, Ethan Hawke, Mahershala Ali e Kevin Bacon. Ad aver incuriosito gli spettatori vi sono però anche i tanti elementi che preannunciano la fine del mondo in cui vivono i protagonisti, per molti dei quali occorre però qualche piccola spiegazione.

La trama di Il mondo dietro di te

Il mondo dietro di te Julia Roberts Ethan Hawke Mahershala Ali

Amanda, stressata dalla vita frenetica di New York, decide di organizzare per tutta la sua famiglia una vacanza fuori città, affittando una magnifica villa immersa nel verde e vicina al mare. Al loro arrivo tutto sembra perfetto, ma le prime stranezze non tardano ad accadere. Mentre Amanda si trova in spiaggia con il marito Clay e i suoi due figli Rose e Archie, una petroliera si dirige verso di loro, fino a raggiungere la sabbia. Da allora, tutti i mezzi di comunicazione sembrano non funzionare: telefoni, computer ed infine anche la televisione.

La sera, due persone si presentano alla loro porta: George Scott, il proprietario della casa, e sua figlia Ruth. I due hanno preferito provare a rifugiarsi li, fuori dalla città, piuttosto che tornare nella loro casa a Manhattan. Nonostante la diffidenza di Amanda nei confronti dei due sconosciuti, questi restano per la notte. La mattina seguente tutti insieme cercheranno di capire meglio cosa stia succedendo: un cyberattacco sembra essere in corso, ma la situazione sembra essere anche peggiore di così.

Spiegazione della struttura a cinque parti de Il mondo dietro di te

Il mondo dietro di te

Il mondo dietro di te è diviso in cinque sezioni, ognuna delle quali è caratterizzata da un titolo: I: la casa, II: la curva, III: il rumore, IV: l’inondazione e V: la fine. Ogni titolo fa riferimento ad un avvenimento che caratterizzerà quel capitolo, ma il significato della divisione in cinque parti non si limita a questo. Le prime due sono infatti una sorta di preludio, mentre le parti III, IV e V coincidono con una delle fasi del programma che George descrive a Clay alla fine del film.

Con la fase I si crea isolamento, si rende l’obbiettivo sordo e muto, il che coincide chiaramente con il rumore della parte III. La fase II prevede invece un caos sincronizzato, caratterizzato da attacchi sincronizzati e disinformazione. Questo corrisponde all’inondazione della parte IV: i personaggi sono inondati da disinformazione, come i volantini piovuti dal cielo. Infine, l’ultima fase porterà naturalmente ad un colpo di stato, che coincide con l’ultima parte: la fine. Il mondo dietro di te avrebbe quindi potuto essere formato anche da sole tre parti, ma le prime due sezioni permettono di comprendere meglio il tutto.

Perché gli animali si comportavano in maniera tanto bizzarra?

Il mondo dietro di te Netflix

Dopo che i Sandford vedono la petroliera incagliarsi nella spiaggia all’inizio de Il mondo dietro di te, i quattro fanno ritorno a casa, dove i genitori vedono dei cervi nel giardino. Inizialmente Clay vede la presenza di tali animali in maniera positiva: questi erano considerati un buon presagio secondo la cultura mesoamericana. Ma i cervi non sono i soli animali a comparire vicino alla casa dei Sandford: vengono trovati dei fenicotteri rosa nella piscina, mentre durante tutto il film si mostrano in alcune scene degli stormi di uccelli. Verso la fine, una spaventosa mandria di cervi circonda Ruth e Amanda in maniera alquanto minacciosa, sembrando quasi sul punto di attaccarle. Per quanto non ci sia una reale spiegazione riguardo il comportamento anomalo degli animali, ci sono alcuni indizi.

Mentre Clay cerca di raggiungere il villaggio, nel momento in cui scende dall’auto, la radio riceve a tratti del segnale e alcune frasi sono distinguibili: si fa riferimento agli effetti catastrofici dal punto di vista ambientale che il cyber attacco ha avuto, specialmente negli stati del sud, compromettendo le normali migrazioni degli animali. La natura effettiva dell’attacco non è chiara, ma eventi come l’arrivo della petroliera sulla spiaggia può dare un’idea di cosa possa essere successo nel resto del paese. Il posto più vicino da cui i fenicotteri rosa possano provenire è la Florida: i danni causati da un’altra petroliera incagliata nel golfo del Messico possono aver spinto gli animali a migrare a nord.

Danny aveva saputo in anticipo dell’attacco?

Il mondo dietro di te Kevin Bacon

Quando Amanda va nella cittadina, vede Danny che acquista grandi quantità di scorte di viveri, ma solamente dopo lei si renderà conto che lui si stava già preparando per la catastrofe che era in arrivo. Mentre George ha i suoi sospetti per via dei comportamenti dei mercati finanziari e l’ha previsto per via della “curva”, Danny non aveva la possibilità di ottenere informazioni dalle sue stesse fonti. Ciononostante, lui sapeva che qualcosa stava per succedere e si è assicurato di essere pronto.

Danny ha letto i segnali di ciò che sarebbe successo in tante piccole cose, informazioni che molti altri non avevano notato come il ritiro del personale diplomatico russo.  Allo stesso tempo collega l’attacco o ai coreani o ai cinesi, teoria nata da una base xenofoba unita alla testimonianza di un amico da San Diego riguardo ai volantini rossi con scritte in coreano o mandarino.

La spiegazione del finale e il significato di Friends in Il mondo dietro di te

Il mondo dietro di te spiegazionel finale

Cosa realmente stia avvenendo al mondo del film, non viene mai chiarito del tutto. Di base, il guasto ad un satellite ha portato al blackout informatico e a tutti gli inceidenti successivi, ma ci sono anche indizi per cui lo scenario apocalittico che si viene a generare possa essere causato da radiazioni o qualche degenerazione legata al clima o da tutte e tre le cose insieme. Il mondo dietro di te, però, non fornisce vere risposte in quanto vuole che l’attenzione dello spettatore si concentri su come i personaggi protagonisti reagiscono alla consapevolezza che il mondo sta per finire.

L’evoluzione dei personaggi in Il mondo dietro di te, specialmente di Amanda e Ruth, garantisce dunque la base per una riflessione sull’umanità stessa. Dopo i numerosi contrasti avuti durante tutto il film, le due trovano un punto comune nella visione della natura umana. I Sandlord e gli Scott non si fidano gli uni degli altri e non vorrebbero vivere nella stessa casa, finché tutti si rendono conto di dover mettere da parte la loro diffidenza per aiutarsi l’un l’altro per la sopravvivenza.

L’ossessione di Rose per Friends serve da base e spunto di riflessione per il resto del film. Prima che George e Ruth si presentino alla loro porta, Clay parla ad Amanda del libro della sua studentessa che è un’esplorazione di come i media servano come strumento di evasione e riflessione. Allo stesso modo, Il mondo dietro di te è un thriller sul collasso della società, ma rivela anche la verità sulla natura umana attraverso i suoi personaggi. Mentre il mondo sembra cadere a pezzi, Rose vuole solamente vedere il finale della serie Friends. Allo stesso tempo, per Ruth Friends è una serie nostalgica per un tempo che non è mai esistito.

“Se non c’è speranza per questo mondo, almeno voglio sapere come finisce tra loro” – Rose Sandford

Quando Rose non riesce più a sopportare il caos alla fine de Il mondo dietro di te, lei scappa e si rifugia nella casa dei Thorne a mangiare tutti i dolci e cibi appetitosi che riesce a trovare. Qui lei riesce a trovare anche il bunker e l’enorme collezione di DVD, dove è presente anche la serie Friends. Mentre tutti gli altri scoprono che New York viene bombardata, lei inizia il finale di stagione, “The last one”, il quale è lo spunto che da il titolo alla parte V.

Per me rappresentava pura evasione“, dice Esmail. “Nei momenti di crisi, quando abbiamo perso di vista la nostra comune umanità, quando ci sentiamo isolati, vogliamo fuggire per trovare conforto. E per Rose, ho pensato che il suo viaggio non sarebbe stato completo finché non avesse guardato l’ultimo episodio del suo show preferito. Penso che per quanto questo film sia un racconto ammonitore e voglia essere un avvertimento, non vuole darci una risposta su cosa fare dopo – ma vuole dire: ‘Per quanto possa diventare buio, per quanto possa diventare desolante, possiamo sempre sforzarci di trovare un po’ di speranza’“, e Friends va dunque a rappresentare tale elemento.

Il pubblico può dunque ritrovarsi a ritenere Il mondo dietro di te sia come un modo per evadere dal mondo esterno, sia come uno spunto di riflessione su come ci si relaziona con le grandi catastrofi che sempre più caratterizzano il nostro mondo. Dipende tutto dal punto di vista da cui lo si vuole guardare.

Il mondo di Arthur Newman: recensione del film con Colin Firth

Il mondo di Arthur Newman: recensione del film con Colin Firth

Il mondo di Arthur Newman l’esordio alla regia del giovane Dante Ariola, apprezzato autore di spot pubblicitari, si presenta come una più che ordinaria commedia romantica, condita di tutti i crismi del genere, senza lesinare in fatto di luoghi comuni e di situazioni da puro manuale rosa.

In Il mondo di Arthur Newman insoddisfatto della propria vita, del proprio lavoro e con alle spalle un divorzio e un difficile rapporto col figlio, Wallace Avery decide di dare un taglio col passato. Dopo aver inscenato la propria scomparsa, acquista la nuova identità di Arthur Newman, brillante golfista che incarna il suo alter ego ideale. Ma l’incontro fortuito con la giovane tossica Michaela Fitzerland, anche lei sotto falsa identità, farà nascere nell’uomo l’impulso di ritornare sulla propria strada per affrontare le proprie responsabilità.

Il mondo di Arthur Newman, il film

Il mondo di Arthur Newman recensione

Affidandosi totalmente ad una sceneggiatura scritta più di vent’anni fa da Becky Johston, qui lontana anni luce dalla purezza di Sette anni in Tibet, che risente indubbiamente del peso del tempo, Ariola confeziona un prodotto che, seppur godibile a livello di intrattenimento, non può nascondere alcune gravissime pecche di forma e di stile, confermando come il regista risenta della fantomatica crisi da opera prima. Innanzitutto non vi è un sufficiente approfondimento psicologico dei due personaggi principali, i quali vengono presentati come semplici manichini mossi da motivazioni posticce, all’interno di un quadro narrativo in cui i fatti e gli avvenimenti semplicemente accadono senza dare il tempo allo spettatore di digerirli e di capirne a fondo le dinamiche.

Come se non bastasse poi, il film si presenta pieno zeppo di riferimenti metacinematografici e narrativi più che evidenti, occhieggiando più volte senza vergogna a Il fu Mattia Pascal di Pirandello e citando in maniera inquietante Ferro 3, proponendo la figura dei due protagonisti impegnati ad intrufolarsi nelle abitazioni altrui. A salvare il tutto ci pensano fortunatamente le interpretazioni più che soddisfacenti dei due protagonisti, a cominciare da sir Colin Firth, che riesce a dar vita in maniera perfetta alla personalità semplice, pura e sincera di Arthur / Wallace, ponendo l’accento sulla riflessione riguardo al tema dell’identità (peraltro già affrontata in L’importanza di chiamarsi Ernest). Ciò che salta però all’occhio è il fatto che ultimamente l’attore appare sclerotizzato, sia fisicamente che a livello prestazionale, all’interno di un modello di personaggio che, dopo A Single Man, pare averlo ingabbiato definitivamente. Allo stesso modo risulta ammirabile e genuina l’interpretazione di Emily Blunt, bravissima nel conferire al personaggio di Michaela / Charlotte una gustosa vena di follia e di erotismo (peraltro in alcune scene abbastanza spinto).

Di sicuro ammirabile l’intento di Ariola, ma ciò non toglie il fatto che il tutto, nelle mani forse di un regista più esperto e con una sceneggiatura di maggiore freschezza, avrebbe potuto dar vita ad un universo del tutto differente. Rimane comunque innegabile come il tema predominate, ovvero l’identità morale e fisica di un individuo, divenga la struttura portante del mondo del protagonista, ovvero Il mondo di Arthur Newman, e che esso venga qui affrontato con intelligenza e profondità.

Il mondo dei repplicanti

C’era una volta Sigmund Freud che nella sua opera “Totem e tabù” dichiarava: «l’uomo civile ha barattato una parte della sua possibilità di felicità per un po’ di sicurezza» – sicurezza che in Surrogates gli uomini sembrano aver trovato in macchine che rispecchiano i loro canoni estetici e se ne vanno in giro in loro vece a vivere la vita, mentre l’operatore, comodamente rilassato nell’imperturbabilità della propria casa, controlla ogni sua movenza.

Il mondo dei replicanti: recensione del film con Bruce Willis

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Il mondo dei replicanti: recensione del film con Bruce Willis

C’era una volta Sigmund Freud che nella sua opera “Totem e tabù” dichiarava: «l’uomo civile ha barattato una parte della sua possibilità di felicità per un po’ di sicurezza» – sicurezza che in Surrogates gli uomini sembrano aver trovato in macchine che rispecchiano i loro canoni estetici e se ne vanno in giro in loro vece a vivere la vita, mentre l’operatore, comodamente rilassato nell’imperturbabilità della propria casa, controlla ogni sua movenza. Il mondo dei replicanti prende le mosse dall’uccisione del figlio del dottor Lionel Canter (James Crownell), uno dei principali artefici del progetto Surrogates. Sulle tracce del suo assassino, si mettono i detective dell’FBI Greer (Bruce Willis) e Peters (Radha Mitchell) che indagheranno sui segreti della VSI, azienda produttrice dei robot-surrogati.

In un mondo ormai privo di crimine, una serie inaspettata di morti di operatori, collegati al proprio surrogato, desta non poche perplessità, generando psicosi. Si è diffuso un virus che mette a rischio la vita degli operatori e dei surrogati a loro connessi. Le vicende del detective Greer si intrecciano con la sua vita personale, in particolare  è in primo piano il rapporto conflittuale con la moglie Maggie (Rosamund Pike), ormai intrinsecamente legata a proprio surrogato.

La donna entra in crisi proprio quando un malvivente distrugge il suo “replicante”, costringendola a ritornare alla vita fuori dalla sicurezza di casa sua. Maggie è così costretta a tornare sulla strada e a mettersi alla ricerca della verità. In questo mondo di automi, la minaccia non viene da un altro pianeta. Il nemico non è l’alieno malvagio che vuole impadronirsi del nostro pianeta (come in “La guerra dei mondi”), il nemico – in questo caso – è dentro di noi ed è, quindi, più pericoloso: siamo noi stessi che abbiamo deciso di non vivere la nostra vita e delegato macchine “perfette”, ma senz’anima, a farsi carico dei rischi della quotidianità.

Il mondo dei replicanti diretto da Jonathan Mostow, è uscito nelle sale italiane l’8 gennaio di quest’anno ed è subito entrato nella classifica dei primi dieci film del mese più visti al cinema. Mostow vince al botteghino, confezionando un buon action-movie adrenalinico, che – tuttavia – vede nella povertà di spunti introspettivi e nella superficialità dell’analisi di tematiche antropologiche il suo più grande limite.

Di Antonio Adelfio

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