Il produttore di Assassinio a
Venezia (A Haunting in Venice), James
Prichard, ha lasciato intendere che il detective di
Kenneth Branagh, Hercule Poirot, potrebbe
potenzialmente tornare in molte altre avventure future. Segnando
ufficialmente la terza volta che Branagh interpreta l’iconico
detective belga di Agatha Christie, Assassinio
a Venezia è l’ultimo capitolo di una trilogia
cinematografica iniziata con
Assassinio sull’Orient Express del 2017.
Allontanandosi da alcune delle opere più note di Christie,
quest’ultimo film è basato sul romanzo Poirot e la strage degli
innocenti del 1969 e sostituirà l’ambientazione londinese
originale del libro con la città italiana.
Parlando con Total Film
(via GamesRadar+), Prichard ha
rivelato che ci sono molte opportunità per il franchise che
Kenneth Branagh dirige e interpreta di
continuare dopo l’imminente uscita di Assassinio
a Venezia. Citando l’ampio catalogo di storie di
Poirot di Christie, il produttore ha rivelato che “ne faremo
sicuramente un altro” se Branagh e lo sceneggiatore
Michael Green si sentiranno inclini a continuare.
“Se Ken vuole fare di più e Michael vuole scrivere di più, ne
faremo sicuramente un altro. C’è ancora molto materiale da
raccontare, quindi non rimarremo senza ispirazione”.
Assassinio
a Venezia è ambientato nella misteriosa Venezia
del secondo dopoguerra alla vigilia di Ognissanti, dove Hercule
Poirot, ormai in pensione e vivendo in un esilio autoimposto nella
città più affascinante del mondo, partecipa con riluttanza a una
seduta spiritica in un palazzo fatiscente e infestato. Quando uno
degli ospiti viene assassinato, il detective viene catapultato in
un sinistro mondo di ombre e segreti, costretto nuovamente a dover
risolvere il caso prima che qualcos altro di spiacevole possa
accadere.
Il film, come già riportato, è
diretto da Kenneth Branagh con una sceneggiatura del
candidato all’Oscar Michael Green
(Logan). I produttori sono Kenneth Branagh, Judy
Hofflund, Ridley Scott e Simon
Kinberg, con Louise Killin, James
Prichard e Mark Gordon come produttori
esecutivi. Un brillante ensemble interpreta un cast di personaggi
indimenticabili, tra cui Kenneth Branagh, Kyle Allen
(Rosaline), Camille Cottin (Call My
Agent), Jamie Dornan
(Belfast), Tina Fey (30 Rock),
Jude Hill (Belfast), Ali
Khan (6 Underground), Emma Laird
(Mayor of Kingstown), Kelly Reilly
(Yellowstone), Riccardo
Scamarcio (L’ombra di Caravaggio) e la
recente vincitrice dell’Oscar Michelle Yeoh
(Everything Everywhere All at Once).
Il regista di Suicide Squad, David Ayer,
concorda sul fatto che i tatuaggi del suo Joker siano stati una
cattiva idea dopo aver parlato della scelta creativa per il film
del 2016. Tutte le volte che Batman è stato immaginato in
live-action, Joker è sempre stato al suo fianco, apparendo in
numerosi progetti DC nel corso dei decenni. Una delle sue
incarnazioni più recenti è stata il Joker di Suicide Squad, interpretato da
Jared
Leto nel 2016, quando la Task Force X ha esordito
al cinema.
Tuttavia, il Joker di Jared Leto
in Suicide Squad ha sempre generato delle
opinioni contrastanti, principalmente per alcuni dei cambiamenti al
suo look, rispetto a un’immagine più legata alla rappresentazione
classica del personaggio. Uno degli aspetti più discussi è stata la
decisione di riempire Joker di tatuaggi, e soprattutto la parola
“Danneggiato” sulla fronte.
Quasi otto anni dopo l’uscita del
film, il regista di Suicide Squad concorda con il
pubblico sul fatto che non è stata una delle scelte migliori per il
suo Joker. David Ayer ha usato la piattaforma
X (ex
Twitter) per affrontare il fatto che mentre è
il titolare del “l’idea del tatuaggio al 100%”, ammette di
rimpiangere la scelta che “ha creato acrimonia e
divisione“. In effetti, inizialmente Ayer aveva pensato di far
scrivere sulla fronte di Joker “Beato” invece di “Danneggiato”, ma
alla fine il regista ha riconosciuto che “non tutte le idee sono
buone”.
Il Blue
Beetle al cinema dal 17 agosto (distribuito dalla
Warner Bros.) è il cinecomic
adatto per la lunga estate calda i cui strascichi precedono
l’inizio del grandi festival internazionali. Tra gli evidenti
ammiccamenti all’audience teen e il tentativo di rinnovare
l’Universo tematico della concorrente della Marvel, la scelta dello Xolo
Maridueña del Cobra Kai di Netflix come
primo supereroe latino della DC è la chiave del film del
portoricano Ángel Manuel Soto (La granja, Charm
City Kings). Nel quale la vera protagonista è la famiglia
Reyes, e i tanti attori sudamericani impiegati, dalla nonna
Adriana Barraza (Rambo: Last Blood,
Thor) a mamma Elpidia Carrillo (la
saga di Predator) e papà Damián
Alcázar (Narcos, Le cronache di Narnia – Il
principe Caspian), oltre alla bella Jenny Kord
interpretata dalla modella brasiliana Bruna
Marquezine (God Save the King),
sullo schermo figlia della perfida Victoria affidata a una molto
divertita
Susan Sarandon.
Jaime Reyes è il Blue
Beetle
C’è tutta la famiglia –
nonna compresa – ad aspettare il ritorno dagli Stati Uniti del
neolaureato Jaime Reyes, ma la Palmera City che il ragazzo aveva
lasciato non è quella che sperava di ritrovare. Pieno di
aspettative e aspirazioni, pronto a mettersi in gioco e trovare il
suo posto in un mondo nuovo (oltre a realizzare il suo sogno di una
piscina a sfioro), Jaime viene inaspettatamente in contatto con
un’antica reliquia, uno scarabeo che si rivela essere un manufatto
alieno, un congegno biotecnologico d’avanguardia che lo sceglie
come ospite simbiotico e gli ‘dona’ un’incredibile armatura dai
poteri straordinari. Quelli necessari a contrastare i piani delle
industrie Kord, sul punto di lanciare la produzione in larga scala
dei suoi esoscheletri da combattimento.
Dagli aracnidi della Marvel ai coleotteri della DC
Comics il passo non è breve, ma è sicuramente un merito del film e
dei suoi realizzatori quello di esser riusciti a evitare la sorte
dei vari Batgirl,
Black Canary, Deathstroke, Lobo o The Atom e degli altri scomparsi progetti
che avrebbero dovuto popolare l’ormai defunto DCEU. Forse anche
proprio per l’essere nata come opera a “medio budget” che avrebbe
dovuto avere tutt’altra destinazione, televisiva in questo
caso.
Eppure, per quanto
quella di Xolo Maridueña si confermi una scelta ideale per
il prodotto realizzato e il pubblico identificato come riferimento
principale, l’apparizione dell’ex Miguel Diaz del Cobra Kai di Netflix avrebbe
avuto miglior fortuna – e forse platea più adeguata – sulla HBO Max
prevista inizialmente. Nonostante, per altro, molti dei
lungometraggi del genere arrivati in sala non possano vantare una
squadra come quella assemblata mettendo insieme un direttore della
fotografia come Pawel Pogorzelski
(Midsommar,
Hereditary),
una costumista candidata all’Oscar come Mayes C.
Rubeo (Jojo Rabbit e i film di
Thor), Kelvin McIlwain
(The Suicide
Squad, Aquaman)
come supervisore agli effetti visivi e Craig
Alpert (Deadpool 2,The Lost
City) al montaggio.
Un ‘fumettone’ con un messaggio
sociale
Siamo lontani da alcuni
dei film citati – e probabilmente dall’Aquaman e
il regno perduto di James Wan che
lo seguirà il prossimo 20 dicembre – in questa celebrazione
dell’anima latina e messicana spesso discriminata al di là del
muro tanto fortemente voluto da Donald Trump. Una parte fondante
degli Stati Uniti che però anche qui viene rappresentata in maniera
piuttosto fanciullesca e bonaria, pur offrendo l’opportunità di
inserire temi come immigrazione, speculazione e sfruttamento
imperialista, violenza e impunità, insieme soprattutto
all’importanza delle radici. Fin troppo presenti, visto il
presenzialismo dei vari Reyes (su tutti lo zio Rudy di
George Lopez e la spesso eccessiva sorella della
Belissa Escobedo di Hocus Pocus 2) al fianco del loro
eroico rampollo, e tali forse da indebolire il risultato finale,
nonostante l’aiuto dato sul piano narrativo e action.
Macchiette, a tratti,
delle quali non si sentiva effettivamente il bisogno e che ci
auguriamo – per il film – possano incontrare il gusto degli
spettatori cui si rivolge, ma anche che non impediscano al
Blue Beetle di tornare in prossimi capitoli di
questo Universo esteso. Per scoprire davvero le potenzialità di
questo supereroe, ormai più consapevole di sé e del proprio ruolo,
una volta chiusa la parentesi tutta ‘salsa’ e ‘abuelos’, gadget
alla TMNT e combattimenti tra i Power Rangers e Machete, nella
quale si assiste persino al recupero del cattivissimo Carapax di
Raoul Trujillo e ci si commuove per la citazione (che in pochissimi
ormai coglieranno) del Chapulin Colorado, indimenticabile
parodia degli eroi mascherati che andava in onda sulla tv messicana
negli anni ’70.
Va a
Sergio Castellitto il Premio Pietro Bianchi 2023,
riconoscimento che i Giornalisti Cinematografici Italiani (SNGCI)
assegnano tradizionalmente al Lido, quest’anno per la sua 47.ma
edizione, ad una personalità eccellente del cinema italiano. E
d’intesa con la Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica, il
Bianchi è quest’anno un omaggio ad uno dei nostri attori più
amati che ha firmato anche come autore alcuni dei film più
interessanti degli ultimi anni e non solo: icona della grande
fiction di cui è stato un vero leader nell’epoca in cui lo
sceneggiato cominciava a trasformarsi verso la nuova serialità,
Sergio Castellitto continua a conquistare il pubblico con il suo
talento, ma anche con la grande passione e l’impegno che siglano da
oltre quarant’anni un rapporto speciale con la stampa e soprattutto
con un pubblico che non ha mai tradito.
“Eccellente nei ruoli
drammatici e ironico nella tradizione della migliore commedia
italiana, Castellitto è tra gli attori più eclettici e certamente
disponibili a lasciarsi andare anche alla sperimentazione, sia
nella recitazione che come autore” si legge nella motivazione
del Premio che sigla tra cinema e fiction oltre cento
interpretazioni alle quali si aggiunge l’avventura della regia,
come autore di sette titoli tra i quali film che hanno conquistato
anche un posto importante nel cinema e un’eco internazionale.
Con dieci candidature ai
Nastri d’Argento e altrettante ai David di Donatello,
Castellitto – che dai Giornalisti Cinematografici ha avuto anche un
Nastro d’Argento speciale e nel 2007, tra pochissimi talenti
italiani, il Nastro europeo ricevuto durante il Festival
di Cannes – è tra i più premiati dai Giornalisti tra gli attori
italiani. Sei Ciak, tre Globi d’Oro e il prestigioso
Premio Flaiano per il teatro completano un palmarès
al quale si aggiungono anche due riconoscimenti istituzionali della
Presidenza della Repubblica. Al suo talento va anche il merito di
aver reso più vicini al pubblico molti protagonisti della storia,
della cultura e dell’eccellenza italiana nel mondo: da Enzo Ferrari
a Padre Pio fino al Generale Dalla Chiesa e al Boccaccio, e ancora
guida nella Commedia dantesca con Avati: un ‘Virgilio’ appassionato
e capace di trasmettere al pubblico emozione e curiosità nella
tradizione più alta della Cultura italiana. Un impegno e un talento
al quale la stampa cinematografica quest’anno rivolge il suo
affettuoso ‘grazie’ a Venezia.
Già ai tempi di Fiore gemello, nel 2019, avevamo lasciato
Laura Luchetti al lavoro su una storia – come la
descrisse lei – “molto bella, che voglio trattare con rispetto,
perché si basa su una novella italiana”, come quella
liberamente tratta dal romanzo del 1940 di Cesare Pavese che
in questi giorni arriva nelle nostre sale, prima a Roma – con una
serie di anteprime nei cinema Giulio Cesare, Greenwich e
Quattro Fontane – e poi in tutta Italia, a partire dal 24
agosto, distribuito da Lucky Red. La bella
estate è, per usare le sue stesse parole, “la storia di
una verginità che si difende” nella quale la giovane Yile
Yara Vianello (Corpo
celeste) e la Deva Cassel figlia di
Monica Bellucci e Vincent Cassel
sono le due facce di una femminilità che emerge come assoluta
protagonista, con i suoi timori e un incontenibile desiderio di
libertà.
La
bella estate di Yile Yara Vianello
Torino, 1938. A Ginia (la
Vianello), che si è appena trasferita in città dalla campagna, il
futuro nel capoluogo piemontese sembra offrire infinite
possibilità. Divisa tra il lavoro in un atelier di moda e la
condivisione della casa con l’apprensivo fratello operaio, come
tutte le ragazze della sua età sogna di innamorarsi. Magari del
giovane pittore che conosce frequentando la Torino più
bohémien, ambiente nel quale la conduce Amelia
(Deva Cassel), poco più grande di lei, ma molto
più sensuale e provocante. La ragazza è diversa da tutte le persone
che Ginia abbia mai conosciuto in vita sua, e pronta a scuotere le
sue certezze. Divisa tra il senso del dovere e la scoperta di un
desiderio che la confonde, Ginia è travolta da emozioni cui non sa
o non osa dare un nome. Fino a che, alla fine di una estate “bella”
e sorprendente, finalmente si arrende ai propri sentimenti,
celebrando il coraggio di essere se stessa.
Una donna moderna nella
Torino del secolo scorso
Ripartire da Pavese è
sempre una buona scelta, e una regista come Laura
Luchetti sicuramente non manca della sensibilità
necessaria a rendere una vicenda ambientata alle soglie della
Seconda guerra mondiale facilmente comprensibile e condivisibile
anche a un pubblico più giovane e moderno, poco attratto
dall’adattamento in sé. D’altronde non sarà difficile rivedersi
nella storia di questa ragazza “libera” in cerca di una
identità e di una strada, desiderosa di innamorarsi, ma pronta
a sbagliare e imparare, ed empatizzare con lei.
Grazie alla notevole
interpretazione della Vianello, ben affiancata dall’esordiente
suddetta figlia d’arte (prossimamente nella serie Il gattopardo e che sostiene di non aver mai visto i
film di mamma Bellucci e papà Vincent), ma soprattutto a una regia
tanto attenta ai dettagli quanto capace di spaziare tra diversi
palcoscenici e contesti, gestendo bene stacchi e cesure, nel
rispetto dei suoi personaggi, dell’ambiente in cui si muovono e di
una pulizia formale non consueta.
Forse troppa, ché a
tratti si ha l’impressione che lo spaesamento della giovane appena
arrivata dalla campagna – alle prese con la città, gli uomini, le
convenzioni e l’arte, ma anche con desideri nuovi, e possibilità,
anche per le donne, per le quali sembrava addirittura impossibile
sognare – sia fin troppo patinato e che lo scavo psicologico resti
piuttosto didascalico, forse condizionato dall’origine letteraria,
una possibilità poco sfruttata.
Il dramma d’epoca, sotto
una superficie di sartine e operai, da documentario su quel piccolo
mondo antico diventa racconto di un rapporto particolare, nella
quale da vittime del sessismo imperante e dei ruoli tradizionali
Amelia e Ginia si scoprono a vicenda. Attraverso strappi e sgarbi,
sempre rischiando, in un gioco di simmetrie e un’alternanza di
punti di vista, che supera l’elegia dell’innocenza più evidente. Lo
sguardo dell’altra, più che dell’artista, e l’esempio – ora
positivo, ora negativo – creano la possibilità di una presa di
coscienza e di una espressione di sé nella quale molte spettatrici
di oggi troveranno qualcosa che le riguarda.
Disney+ ha annunciato che il 18 agosto
arriveranno sulla piattaforma streaming sei film di Spider-Man™,
dando accesso ai fan ad ancora più contenuti Marvel, tutti in un unico posto.
Saranno disponibili i primi film di Spider-Man™:
Spider-Man™(2002),
Spider-Man™ 2 (2004),
Spider-Man 3 (2007), The Amazing
Spider-Man™(2012), The Amazing
Spider-Man™ 2: Il Potere di Electro (2014) e Spider-Man:
Homecoming (2017).
Spider-Man™
(2002) – Disponibile
dal 18 agosto 2023
Peter Parker, adolescente ordinario,
si trasforma in uno straordinario supereroe dopo essere stato
accidentalmente morso da un ragno radioattivo. Quando il suo amato
zio viene ferocemente ucciso durante una rapina, il giovane Peter
giura di usare i suoi poteri per vendicare la sua morte.
Definendosi “Spider-Man”, comincia a liberare le strade dal
crimine, entrando in conflitto con il malvagio “Green Goblin”.
Spider-Man™
2(2004)– Disponibile dal 18
agosto 2023
In Spider-Man 2™, Tobey
Maguire torna a vestire i panni del mite Peter Parker, che si
destreggia nel delicato equilibrio della sua doppia vita di
studente universitario e di combattente del crimine sovrumano. La
vita di Peter si complica ulteriormente quando affronta una nuova
nemesi, il brillante Otto Octavius che si è reincarnato nel
maniacale e multi-tentacolare “Doc Ock”. Quando Doc Ock rapisce MJ,
Spider-Man deve tornare in azione e l’avventura raggiunge nuove
emozionanti vette.
Spider-Man™
3(2007)– Disponibile dal 18
agosto 2023
Peter Parker ha finalmente la
ragazza dei suoi sogni, Mary Jane Watson, e New York è in preda
alla Spider-mania! Ma quando uno strano simbionte alieno fa
diventare nero il costume di Spider-Man, i suoi demoni più oscuri
vengono alla luce cambiando Spider-Man dentro e fuori. Spider-Man
si trova a combattere la battaglia della sua vita contro un
terribile mix di nemici: il letale Uomo Sabbia, Venom e New Goblin,
oltre che contro il nemico che è dentro di lui.
The Amazing
Spider-Man™(2012)– Disponibile
dal 18 agosto 2023
Un Peter Parker adolescente è alle
prese con crisi liceali e incredibili crisi sovrumane nei panni del
suo alter-ego Spider-Man.
The
Amazing Spider-Man™ 2: Il Potere di Electro(2014)– Disponibile dal 18 agosto
2023
È bello essere Spider-Man, ma ha un
prezzo: solo Spider-Man può proteggere i suoi concittadini di New
York dai terribili nemici che minacciano la città. Con la comparsa
di Electro, Peter deve affrontare un avversario molto più potente
di lui. E con il ritorno del suo vecchio amico Harry Osborn, Peter
si rende conto che tutti i suoi nemici hanno una cosa in comune: la
OsCorp.
Un giovane Peter Parker/Spider-Man
inizia a sperimentare la sua nuova identità da super eroe. Peter
torna a casa, dove vive con la zia May, sotto l’occhio vigile del
suo nuovo mentore Tony Stark. Peter cerca di tornare alla sua
normale routine quotidiana, ma quando appare l’Avvoltoio, tutto ciò
a cui Peter tiene maggiormente viene minacciato.
In occasione del cinquantesimo
anniversario della morte di John
Ford (31 agosto 1973), uscirà il 1° settembre 2023
“Il mondo secondo John Ford“, libro
che Alberto Crespi ha dedicato al leggendario regista
americano, edito da Jimenes Edizioni.
“Il mondo secondo John Ford”
non è un saggio di pura critica cinematografica né una biografia,
ma piuttosto un viaggio appassionato e appassionante
nell’immaginario fordiano, un racconto in prima persona che regala
una miriade di spunti di riflessione, curiosità, collegamenti e
suggestioni e, soprattutto, svela l’ineffabile poetica che segna
l’opera del regista.
In questo volume, Alberto
Crespi ha scritto una vera e propria lettera d’amore a
John
Ford e al suo cinema, seguendo un percorso tematico
che parte da “Ombre rosse” e, traendo spunto dai nove
passeggeri della diligenza, dagli indiani e dalla Monument Valley,
tocca undici tappe.
In questo suo cammino Crespi entra
ed esce dai film di Ford senza scrupoli di genere, critici o
cronologici e offre al lettore le chiavi per comprendere come il
regista ha interpretato il mondo e come, di conseguenza, lo ha
raccontato nel suo cinema: un cinema nel quale si ride e si piange
allo stesso tempo; un cinema nel quale l’avventura, il West, la
storia, la violenza, le frontiere si mescolano sempre con l’ironia
sommersa, il senso della famiglia e della comunità, il dolore della
perdita e il passaggio di consegne da una generazione
all’altra.
Questa è la quarta volta che
Hayao Miyazaki
partecipa al festival spagnolo, ma è la prima volta che partecipa
alla selezione ufficiale. In precedenza ha partecipato alla
manifestazione nella sezione Velodrome con La città
Incantata e Ponyo e in Perlak con
Si alza il vento. Altri due film Ghibli sono stati
selezionati per la Perlak: La storia della Principessa
Splendente (2013) di Isao Takahata e
La tartaruga rossa (2016) di Michael Dudok
de Wit.
Il film è ispirato al libro
How Do You Live?, titolo originale del film, ma
piuttosto che essere un adattamento del libro stesso, è il libro
che appare effettivamente nel film in possesso di Maki. Il film
sembra condividere molti temi importanti cari a Miyazaki, come il
sentimento contro la guerra, l’idea di un mondo fantastico che
esiste accanto al nostro e le difficoltà di essere un bambino,
rendendolo una degna conclusione (?) della sua carriera
cinematografica.
Il lungometraggio animato disegnato
a mano è il primo lungometraggio del regista Miyazaki in 10 anni. E
a firmare la colonna sonora è stato chiamato un collaboratore di
lunga data di Hayao Miyazaki,
Joe Hisaishi. In una rottura con la tradizione, lo
Studio Ghibli ha distribuito il film in Giappone senza alcuna
promozione, materiale di marketing o descrizione del film,
consentendo al pubblico di scoprire il film da solo.
Barbie
di Greta Gerwig ha superato i 537,5 milioni di
dollari al botteghino nazionale, superando il box office casalingo
di Il cavaliere Oscuro, il film di
Christopher Nolan del 2008 che deteneva il record
in casa Warner Bros. (536 milioni di dollari).
E i record non si fermano qui.
Secondo le proiezioni di incasso, nei prossimi giorni, Barbie supererà il film d’animazione della Universal
The Super Mario Bros. Movie ($ 574 milioni)
diventando il film con il più alto incasso del 2023 negli USA. Di
questo passo, Barbie, che ha appena raggiunto $ 1,2 miliardi a
livello globale, potrebbe anche eclissare l’incasso di Mario in
tutto il mondo ($ 1,35 miliardi).
È stata una corsa sfrenata quella di
Barbie, che è rimasto il film n. 1 per quattro fine settimana
consecutivi. Dopo 17 giorni nelle sale, è diventato il film della
Warner Bros. che più velocemente (e l’ottavo nei 100 anni di storia
dello studio) è entrato a far parte del club da 1 miliardo di
dollari. Potrebbe anche superare Harry Potter e i Doni
della Morte: Parte 2 del 2011 ($ 1,34 miliardi) come il
maggior incasso di tutti i tempi dello studio.
Barbie, tutto quello che c’è da sapere sul
film
Dalla sceneggiatrice/regista
candidata all’Oscar Greta
Gerwig (Piccole donne, Lady Bird) arriva
Barbie
con protagonisti i candidati all’Oscar Margot Robbie
(Bombshell – La voce dello scandalo, Tonya) e
Ryan Gosling (La La
Land, Drive) nei panni di Barbie
e Ken. Insieme a loro nel cast anche America Ferrera
(End of Watch – Tolleranza zero, i film Dragon
Trainer), Kate McKinnon
(Bombshell – La voce dello scandalo, Yesterday),
Michael Cera (Scott Pilgrim vs. the World,
Juno), Ariana Greenblatt (Avengers: Infinity War, 65 – Fuga
dalla Terra), Issa Rae (The Photograph –
Gli scatti di mia madre, Insecure), Rhea
Perlman (Nei miei sogni, Matilda 6 Mitica) e
Will Ferrell
(Anchorman, Ricky Bobby – La storia di un uomo che sapeva
contare fino a uno).
Fanno parte del cast del film anche
Ana Cruz Kayne (Piccole donne),
Emma Mackey (Emily,
Sex Education), Hari Nef (Assassination
Nation, Transparent), Alexandra Shipp (i film X-Men),
Kingsley Ben-Adir (Quella notte a Miami, Peaky
Blinders), Simu Liu (Shang-Chi e la leggenda
dei dieci anelli), Ncuti Gatwa (Sex
Education), Scott Evans (la serie TV
Grace e Frankie), Jamie Demetriou
(Crudelia), Connor Swindells (Sex
Education, Emma.), Sharon Rooney
(Dumbo, Jerk), Nicola Coughlan
(Bridgerton, Derry Girls), Ritu
Arya (The Umbrella Academy) e il premio
Oscar Helen Mirren
(The Queen – La Regina). Il film è al cinema dal
20 luglio.
Il MCU è un bacino sempre
pieno di novità e sorprese. Da quando è stato avviato sotto l’egida
di Kevin Faige, qualsiasi prodotto uscito dal suo
grembo è stato caratterizzato da uno specifico tono o da un mix di
registri. Quelli che più hanno spiccato nel tempo e che trovano
conferma nei film fino a questo momento realizzati – sia i top che
i flop – sono: l’umorismo e il dramma. In realtà, il Marvel Cinematic
Universe è partito con uno stampo humor grazie
a Iron Man, primo film del filone, nel quale il pubblico
è subito venuto a contatto con un supereroe fuori dal comune,
divertente al punto giusto e con la battuta sempre pronta. Seppur
con il tempo il MCU si sia lasciato andare
di più alle sfumature seriose, l’humor ha sempre cercato di essere
presente, a volte cadendo con tutte le scarpe in diverse
parentesi di idiozia pura e assurdità. A quanto pare la
prossima pellicola Marvel, The
Marvels, ci darà più attimi di questo tipo, il che fa
suppore che la storia avrà degli inserti molto bizzarri e
stravaganti. Rispetto a quanto detto, ripercorriamo insieme
tutti i momenti più sciocchi e strambi che il
MCU ci ha regalato
fin’ora, in attesa degli altri film.
Veb e i buchi – Ant-Man & The Wasp:
Quantumania
È stato detto spesso nel corso del
tempo che i primi due film di Ant-Man non sono stati un grande
successo nell’universo del MCU e, confrontandoli con
altri, si può dire che abbiano avuto un destino anche infausto. Una
scossa è però poi arrivata con Ant-Man and the Wasp: Quantumania, pellicola che ha
aperto la Fase 5 del Marvel Universe, e che alla fine ha
dato (seppur di poco) una svolta tonale al franchise, puntato di
più su elementi di bizzarra fantascienza.
Il film non solo ha inserito le
diverse versioni di Kang il Conquistatore, ma ha anche introdotto
differenti creature del Regno dei Quanti. Fra le poù strane specie
c’è Veb, una massa senziente che si schiera contro
Kang. Di questo essere non è strano solo il design visivo, ma anche
la sua ossessione per i buchi. Non avendo orifizi propri, Veb è
interessato a contare quanti buchi hanno le altre creature viventi.
Tutta questa situazione confluisce in un momento molto sciocco in
Ant-Man and the Wasp: Quantumania, quando Veb viene
colpito più volte e subisce gravi danni fisici. La reazione della
creatura però è alquanto divertente, in quanto invece di morire o
soffrire, Veb grida eccitato perché finalmente ha dei buchi.
La testa di carota – Guardiani
della Galassia Vol. 3
L’ultimo capitolo della trilogia de
I Guardiani della Galassia del
MCU è stato quello più
drammatico e malinconico, perché ha segnato da una parte lo
scioglimento del gruppo di eroi e dall’altra ha portato alla luce
il passato doloroso del futuro leader
Rocket. Nonostante questo, in Guardiani
della Galassia Vol. 3 non mancano momenti più stupidi e
leggeri, ed uno di questi è inserito nella scena dell’infiltrazione
dei Guardiani nella Orgocorp.
Ad un certo punto, al fine di
ottenere informazioni per salvare la vita di Rocket,
Quill,
Gamora e
Nebula prendono un ostaggio mentre sono circondati dalle
guardie. Prima di mostrarglielo, Gamora suggerisce di uccidere
una delle guardie lì presenti, che ha la forma di una
carota. Seppur non sia strano vedere un alieno dalla pelle
arancione, questo si avvicina molto più a un vegetale dei cartoni
animati, il che rende tutto abbastanza bizzarro.
She-Hulk e il twerk con Megan Thee
Stallion – She-Hulk: Attorney At Law
La serie She-Hulk: Attorney At Law, da quando ha fatto il suo
debutto su Disney+, non ha mai nascosto la sua natura
comica, e lo show sin da subito ne ha confermato gli intenti.
Nonostante Jenn Walters debba affrontare diverse sfide lungo il
cammino dovute al suo essere Hulk, questo non le impedisce di
prendere la sua vita, alcune volte, con estrema leggerezza.
A dimostrazione di quanto detto, la
serie mostra alcuni momenti molto sciocchi e divertenti al tempo
stesso, e quello più memorabile è quando la performer Megan Thee
Stallion visita l’ufficio di Jenn. Ad un certo punto, le due donne
iniziano a ballare e concludono la loro performance con un
twerking in una scena post-credits.
Quando Hulk ha trattato Loki come
un giocattolo – The Avengers
Nella squadra degli Avengers del
MCU ci sono alcuni
supereroi più seri di altri che invece, nonostante il loro essere
incredibilmente forti e maestosi, si prestano molto di più per gag
e momenti esilaranti. Fra questi c’è proprio
Hulk che, quando non combatte, regala delle sequenze
decisamente divertenti al suo pubblico.
Da menzionare è la scena presente in
The Avengers, quando il supereroe verde affronta
Loki nella Avengers Tower. Mentre lui è intento a parlare del
suo incredibile potere come dio, Hulk lo afferra per una
gamba e lo inizia a sballottolare come una bambola di
pezza. La battuta di Hulk “Dio insignificante” rende la scena
ancora più sciocca.
Bao, il dio dei ravioli – Thor:
Love and Thunder
Tutti i film stand-alone di
Thor hanno avuto come focus principale quello di approfondire
meglio la mitologia degli dei nel MCU, e Thor: Love and
Thunder ha alzato di parecchio l’asticella, inserendo una
scena molto particolare: quella della Città dell’Onnipotenza.
Questo luogo, dove ci sono ovviamente gli dei, ospita esseri
provenienti da altri pantheon dell’universo, tanto che l’incontro
con Zeus ha camei di divinità conosciute, come per esempio
Dioniso.
Non ci sono però solo divinità
mitologicamente famose, ma anche alcune del tutto originali: alcune
di esse sono rappresentate come entità maestose, altre invece come
assurde. Quella più sciocca è Bao, il Dio
dei ravioli, che non è altro che un cartoonesco bao bun su
un cucchiaio sovradimensionato.
Pizza Poppa è bloccato mentre si
colpisce da solo – Doctor Strange nel multiverso della follia
Doctor Strange nel Multiverso della Follia è il primo
horror movie del MCU. Seppur ci sia una
grande prevalenza di scene terrificanti, il film è anche ricco di
momenti in cui umorismo e orrore, tipici di Sam Raimi, si
miscelano, costruendo momenti memorabili. Fra le battute di questo
stampo presenti nella pellicola, quella più sciocca ha come
protagonista Bruce Campbell, collaboratore di lunga data del
regista. L’attore interpreta Pizza Poppa, un venditore ambulante
che affronta Strange e America Chavez per aver rubato la pizza dal
suo carrello.
Nonostante Pizza Poppa abbia ragione
sul fatto che Chavez abbia commesso un furto, Strange lo punisce
ugualmente, costringendo l’uomo a spruzzarsi la senape in
faccia e poi a prendersi ripetutamente a pugni. Seppur sia
triste essere spettatori di un atto così spregevole da parte dello
stregone verso un semplice ambulante, la scena è molto sciocca. Nel
post-credits del film il pubblico poi rivede rivede Pizza Poppa nel
momento in cui l’incantesimo si spezza e lui che urla “È
finita!“.
L’essere con la testa di broccolo –
Ant-Man & The Wasp: Quantumania
Torniamo di nuovo ad Ant-Man & The Wasp: Quantumania. Come dicevamo
all’inizio, il film ha più scene sciocche che strappano una risata.
Un’altra degna di essere menzionata è quella che vede come
protagonista Hank Pym, il padre di Hope van Dyne, nonché entomologo
e fisico.
Ad un certo punto della storia,
l’uomo si trova a riflettere sulle gravi conseguenze che un
universo microscopico ha su tutto ciò che pensava di conoscere,
quando ad un certo punto una creatura lo coglie alla sprovvista. Le
sue parole sono proprio:”Oh, m***a, quel tipo sembra un
broccolo!“. E non c’è niente di più vero, in quanto la
testa dell’essere assomiglia a un broccolo… solo
che ha una grande quantità di occhi!
Un agente dello SHIED gioca a
Galaga – The Avengers
Facciamo di nuovo un balzo indietro,
riavvolgiamo il nastro e riprendiamo di nuovo il film The Avengers. Quando i Vendicatori si incontrano per
la prima volta, come molti ricorderanno, nessuno di loro riesce a
creare una sintonia con il gruppo. Quella tensione creatasi
all’inizio va però placandosi quando il team sale bordo
dell’elivelivolo dello SHIELD.
In quel momento,
Tony Stark – fra i personaggi più irriverenti e spiritosi del
MCU – fa un commento
sciocco, inaspettato e anche fuori luogo. Dando brevemente ordini
all’equipaggio, Stark fa notare che uno degli agenti dello
SHIELD, invece di impegnarsi sul lavoro, sta
giocando a Galaga. In quel momento, la pellicola non
mostra l’immagine dell’atto, ma solo dopo le sue parole verranno
confermate.
Stark e la battuta su Hulk e Black
Widow – Avengers: Age Of Ultron
Avengers:
Age of Ultron, rispetto al suo predecessore, non ha avuto
l’accoglienza che sperava per una serie di stonature presenti al
suo interno. Il MCU, come spesso si è
detto, di errori ne ha fatti tanti e alcune sub-trame riguardanti
alcuni personaggi sono state etichettate come superficiali oppure
pesanti per la trama. Fra queste vi è la love story mai realmente
approfondita fra Bruce Banner (Hulk) e Natasha Romanoff (Black Widow), che ha fatto storcere il naso a
molti.
All’interno di qualche pellicola
sono state inserite alcune scene che sembravano preparare la coppia
per un futuro romantico, ma la battuta di
Tony Stark durante il combattimento dei Vendicatori a Sokovia
su di loro, in Avengers:
Age of Ultron, è particolarmente sciocca e immatura.
Chiedendosi perché i due supereroi non siano ancora al loro posto,
Stark dice a Natasha: “Romanoff, è meglio che tu e Banner non
giochiate a nascondere le zucchine”.
Il ballo del Barone Zemo – The
Falcon and the Winter Soldier
Un’ultima scena divertente da
menzionare è quella che vede come protagonista il Barone Zemo. Il
personaggio fa il suo debutto nel MCU in Captain America: Civil War come colui che cerca in
tutti i modi di mettere Tony Stark contro Steve Rogers e Bucky
Barnes. Seppur il suo piano all’inizio funzioni, Zemo viene poi
catturato vivo e messo in prigione da Black Panther.
Il Barone è in seguito ritornato in
The Falcon and the Winter Soldier, con il compito di
aiutare Sam Wilson e Bucky a rintracciare un nuovo lotto di siero
per super-soldati. Nonostante lo show si impianti su un tono molto
serio, c’è un momento abbastanza sciocco in cui si vede
Zemo ballare in un club di Madripoor. La Marvel, sfruttando la popolarità
del filmato, ha persino pubblicato una versione di un’ora per i fan
del Marvel Cinematic Universe.
Arriva oggi al cinema il nuovo film
del regista Ira Sachs, Passages,
presentato al Sundance Film Festival 2023, un
dramma romantico interpretato da Franz Rogowski,
Ben Wishaw e Adèle
Exarchopoulos. Lo stile europeo di Sachs
(statunitense d’origine) trova qui il suo massimo compimento dal
punto di vista registico e narrativo. Dopo il suo ultimo film,
Frankie, girato in Portogallo con un cast
proveniente da entrambe le sponde dell’oceano, il regista di
Love is strange ritorna alle sue location europee e ai
suoi attori di diverse nazionalità, ma addentrandosi in una
tematica più vicina al cuore del suo lavoro.
La trama: anime di passaggio
In Passages,
Sachs rivisita il concetto di triangolo amoroso e
lo fa presentandoci come personaggi un regista tedesco, suo marito
inglese e la sua nuova amante francese. Tomas
(l’inimitabile Franz Rogowski) è un regista un po’
prepotente che incontriamo mentre dirige l’apparente ultima scena
del suo film e maltratta pesantemente le comparse. Già alla festa
di fine riprese è un po’ scontroso con Martin
(Ben
Whishaw), il suo partner, perché il ragazzo non ha voglia di
ballare. Per caso finisce a ballare con Agathe
(Adèle Exarchopoulos), una ragazza estranea al
mondo del cinema ma che sa chi è lui.
Una cosa tira l’altra e
Tomas finisce per passare la notte con
Agathe, tornando a casa la mattina dopo e
raccontando l’accaduto a Martin. E mentre il
marito prende il fatto con una certa naturalezza (“ti succede
sempre alla fine delle riprese“, gli dice), lui preferisce
fare le valigie e andarsene. Bisognoso di compagnia ed egocentrico
al massimo, Tomas finisce per partire con
Agathe. Poco dopo, si separa da
Martin e va a vivere con la donna, in modo
permanente. Il suo ex, nel frattempo, sta già frequentando uno
scrittore francese che entrambi conoscono. Quando Tomas lo scopre,
entra in crisi e non riesce ad accettare di essere dimenticato così
rapidamente.
Passages: né vincitori né vinti
Le complicazioni si accumulano e
nascono da alcune rivelazioni e svolte narrative, ma
Sachs tende a tralasciare i momenti più
melodrammatici, preferendo mostrarci i dialoghi, gli incontri, i
momenti di intimità tra i personaggi. Come è consuetudine nei suoi
film, non ci sono eroi o cattivi in Passages.
Sebbene sia chiaro che Tomas è un grave
egocentrico e che rientrerebbe nella generica categoria delle
personalità tossiche, Sachs non lo presenta come
un mostro. Ancora più semplice è identificarsi con le sue due
“vittime”, che non hanno quasi alcun rapporto tra loro, tranne che
per una scena chiave, che deciderà in più di un modo il destino
della vicenda.
Il mondo del cinema da cui proviene
Tomas è più che altro accennato, fa
prevalentemente da sfondo a un paio di sequenze e discorsi, ma
serve a capire che tipo di persona è Tomas e il
modo in cui si aspetta che gli altri stiano ai suoi ordini o
tollerino i suoi capricci. Martin è un artista che
sembra avere successo nel suo lavoro, cosa che
Tomas sembra non sopportare. Diverso è il caso di
Agathe, una maestra che, tranne in alcuni momenti,
si lascia più che altro trasportare dalle circostanze.
Non è necessariamente il dialogo il
fulcro del dramma, ma i comportamenti dei personaggi: possono
parlare inglese, tedesco o francese, ma la lingua non andrà a
inficiare ciò che succede o dovrà accadere. La regia di
Sachs è discreta, generalmente in funzione degli
attori e dei loro movimenti. In questo, che è il suo film più
francese in assoluto (le ambientazioni, le strade e gran parte
della logica delle situazioni ricordano i film di Philippe
Garrel, François Truffaut o Jean
Eustache), Sachs non modifica questo
modus operandi, ma aggiunge alcune scene che attirano l’attenzione
– un ballo, una scena di sesso, una corsa veloce in bicicletta per
le strade di Parigi – e che alterano il tempo e il ritmo del
film.
Un destino a tre lame
Che cosa trasforma una relazione
funzionale in una disfunzionale? L’amore consiste nell’accettare
l’altro così com’è o nel pretendere che l’altro assecondi i nostri
capricci e desideri? È impossibile pensare a una relazione d’amore
senza dinamiche di potere? È necessario porre dei limiti perché una
relazione funzioni? Queste sono alcune delle domande esplorate in
Passages, il nuovo lavoro di Ira
Sachs: un’esperienza breve e dolorosa, su tre persone che
non sanno di amare e non possono amare. Sachs è un esperto nel
sottolineare con umanità gli aspetti e le differenze all’interno di
una relazione di coppia che portano alla formazione di crepe,
spesso irreparabili (come si può vedere anche nel suo film
Little Men). La sceneggiatura, co-scritta da
Sachs e dal suo costante collaboratore
Mauricio Zacharias, ci mostra tre persone che si
dirigono inevitabilmente verso un destino in cui i loro cuori
saranno irrimediabilmente spezzati e non possono (o non vogliono)
fare nulla per evitarlo.
Il regista potrebbe non scegliere di
specificare le correlazioni tra la sua vita personale e i suoi film
ma, anche in questo arazzo fittizio, siamo attratti dai personaggi
perché sono come noi, o perché noi siamo/eravamo loro. Sulla carta,
Tomas è molesto e incredibilmente tossico, ma
l’interpretazione di Rogowski ci invita a prestare
attenzione al desiderio che si cela dietro il suo volto arcigno e i
suoi commenti acidi. Whishaw rifiuta il ruolo di
partner a lungo sofferente, sapendo di avere il potere decisivo
fino alla fine – qualunque sia il destino che li attende.
Passione tossica
Con questa premessa quotidiana e
riconoscibile, Ira Sachs costruisce un dramma
romantico (o anti-romantico, a seconda di come lo si guardi) che si
concentra sugli alti e bassi emotivi dei membri di questo trio
impossibile, evidenziando l’esercizio di potere intrinseco che
esiste in ogni relazione che manca del necessario equilibrio. In
questo caso, Tomas, artista egoista ed egocentrico
abituato a dettare i movimenti degli attori dei suoi film, crede di
poter trasformare anche nella vita reale gli altri in burattini. In
realtà, questo comportamento vampirico è dovuto al suo bisogno di
attenzioni affettive e alla paura della solitudine che lo
attanaglia, motivo per cui usa le persone che lo circondano a
proprio vantaggio.
Una parte fondamentale del successo
del film di Ira Sachs è il modo in cui la
fotografia di Josée Deshaies (moglie di
Bertrand Bonello e collaboratrice abituale dei
suoi film) aggiunge texture cinematografiche ruvide a un’intimità
cruda che aveva bisogno di quel realismo sporco, senza rinunciare
alla bellezza dei corpi e delle anime nude. Perché l’amore fa male,
e il trio alterna momenti di passione ad amare discussioni che li
portano a lasciarsi.
Passages non cerca
di reinventare il dramma romantico – tutt’altro. È un film che
percorre strade già conosciute, ma lo fa con un’onestà fino
all’osso e, soprattutto, con un’empatia per i protagonisti che è
tanto sorprendente quanto gradita. Sarebbe fin troppo facile
trasformare questa storia in un racconto di vittime e carnefici, ma
Sachs evita abilmente le accuse. In circostanze
come queste, nessuno mostra necessariamente il suo lato
migliore.
Apple Original Films ha annunciato
che Fingernails – Una diagnosi d’amore, l’atteso
film interpretato da
Jessie Buckley,
Riz Ahmed,
Jeremy Allen White e Luke Wilson e
già selezionato al Toronto International Film Festival, uscirà il 3
novembre su Apple
TV+.
Anna e Ryan hanno trovato il vero
amore. È stato dimostrato da una nuova e controversa tecnologia.
C’è solo un problema: Anna non è ancora sicura. Poi accetta un
posto in un istituto di sperimentazione amorosa e incontra
Amir.
Fingernails – Una diagnosi
d’amore è il secondo lungometraggio e il primo film in
lingua inglese del visionario regista/scrittore/produttore Christos
Nikou, il cui debutto alla regia è stato l’acclamato “Apples”.
Il film è scritto da
Christos Nikou con Stavros Raptis
e Sam Steiner ed è prodott, oltre allo stesso
Nikou, da Cate Blanchett, Andrew
Upton e Coco Francini per Dirty Films e
Lucas Wiesendanger per FilmNation Entertainment. Il film è prodotto
esecutivamente da Glen Basner, Milan
Popelka, Alison Cohen e Ashley
Fox della FilmNation Entertainment insieme a Kevin
Lafferty e Jerome Duboz.
Dal 2019 a oggi molte
cose sono cambiate, e anche il Passages con cui
Ira Sachs (I toni dell’amore – Love is Strange,
Little Men) torna nelle nostre sale è molto diverso dal
Frankie con Isabelle Huppert che tanta impressione aveva fatto al
Festival
di Cannes di quell’anno. Presentato al Sundance Film Festival e
poi alla Berlinale – dopo le apprezzate anteprime speciali di
inizio mese –
dal 17 agosto Mubi e Lucky Red ci offrono uno sguardo moderno
non privo di ironia sulla battaglia dei sessi.
Prodotto da Saïd Ben Saïd
(Elle, Bacurau) e Michel Merkt (Vi presento Toni
Erdmann), in Passages si intrecciano desideri e nevrosi
di Ben Whishaw, ma soprattutto della coppia composta da
Franz Rogowski (visto di recente in Freaks Out di Gabriele Mainetti e il
Disco Boy di Giacomo Abbruzzese) e la splendida e
indimenticabile protagonista del La vita di Adele premiato con la Palma d’oro
nel 2013, Adèle Exarchopoulos. Loro la chiave di quello che
lo stesso regista definisce “un film di attori”, ai quali si è
affidato per ottenere qualcosa che non avrebbe mai potuto essere
nella sceneggiatura.
Anche per quel che
riguarda sensualità e istinto, due elementi che – insieme alle
scene di sesso che arricchiscono il film e i rapporti tra i
personaggi – non sono molto piaciuti alla censura. Intanto a
quella statunitense, che ha vietato il film ai minori di 17 anni.
Una decisione che il regista – fondatore dell’organizzazione
Queer|Art – ha definito “pericolosa” per il suo combattere
“la possibilità che esista un immaginario LGBTQ+” e alla
quale Mubi –
considerandola “inaspettata” e “deludente” – ha risposto
distribuendo il film negli Stati Uniti senza rating.
Un film tanto attuale
da esser stato visto come un manifesto della tanto decantata
fluidità?
Secondo la mia
esperienza, l’importante è l’impatto che il film ha sul pubblico.
Poi, quanto a quel che ci veda il pubblico, c’è una frase famosa
che dice che se vuoi mandare un messaggio, devi usare la Western
Union. Io non volevo mandare messaggi, ma sicuramente un film, una
sceneggiatura, possono essere costruiti, strutturati, interpretati
e letti in diversi modi. Ed è altrettanto certo è che questo
aspetto ci sia, anche se la mia intenzione non era di fare un film
a tema. In generale parlerei di un cambiamento generazionale. C’è
stato questo passaggio che forse oggi ci permette di vedere le
relazioni e i rapporti umani, sentimentali e sessuali, in un nuovo
modo, diverso, nel quale le differenze sono consentite.
Tre attori ben
orchestrati grazie anche a tre personaggi ben costruiti, come sono
nati?
Ho costruito il film su
Rogowski, dopo averlo visto nell’Happy End di Haneke, e l’ho
iniziato a scrivere durante il primo lockdown. Un periodo nel quale
ho provato un grande senso di insicurezza. Non ero sicuro che il
cinema potesse sopravvivere e ho sentita la necessità di lavorare a
un film che avrei voluto vedere, e del genere che avrei voluto
vedere se il cinema fosse sopravvissuto. Un film di attori, che
anche si prendesse dei rischi. Proprio in quel periodo avevo visto
l’ultimo film di Visconti, L’innocente, e mi aveva ispirato, non
solo per la struttura del racconto. Da regista, da uomo di potere,
ho sofferto della mancanza di controllo sul mio mondo, il mio
ambiente, e in qualche modo mi sentito connesso con Giancarlo
Giannini, ma tutti noi abbiamo continuato a sentirci ispirati dal
film, anche durante l’intero processo creativo.
Ma non solo per
Giannini, giusto?
Il sentimento che mi ha
provocato Franz Rogowski è lo stesso che avevo provato per Laura
Antonelli. Pur essendomi sempre identificato come omosessuale, e
avendo una storia sentimentale in questo senso, sentire queste
sensazioni nei confronti del personaggio da lei interpretato è
stato molto interessante. Anche come regista, visto che
quell’eccitazione mi portava in una diversa direzione. Ho pensato a
cosa succederebbe se la mia ispirazione, la mia musa erotica
cambiasse. Durante la lavorazione io avevo 55 anni, ma i
protagonisti sono molto più giovani, non c’è il tema dell’identità
omosessuale, oggi forse c’è un approccio diverso, una differenza
generazionale che in qualche modo rende il film – ambientato al
giorno d’oggi – molto attuale.
La fascinazione per
Rogowski ha condizionato anche la natura del personaggio?
Sin dalla sequenza
iniziale del film c’è sicuramente qualcosa di me stesso nella sua
posizione, nel suo potere, c’è la mascolinità, il mio essere
bianco, ma nei personaggi c’è sempre anche molto di quel che
mettono loro. Anche perché io evito di fare prove per non
bloccarli, per dar loro un ambiente creativo, perché loro stessi si
scoprano, anche se questo significa correre dei rischi. Il suo
Tomas è un uomo di potere, che finisce a terra, ma il modo in cui
lo fa ha una sua coreografia. Ed è curioso perché Frank aveva
pensato di fare il ballerino all’inizio della sua carriera, e anche
se oggi dice di non saper ballare il suo corpo è come un’opera
d’arte, una scultura, con cui lui sa di poter trasmettere
qualcosa.
Un uomo di potere che
vediamo tanto attento ai dettagli, quanto talmente egoista da
ignorarli…
C’è una coerenza nel
personaggio, che è quella di esser costantemente mosso dal
desiderio. C’è un gap tra quello che ha e quello che vorrebbe
avere, dall’inizio alla fine. Una costante, in un soggetto guidato
sempre dal piacere. La mia stessa intenzione, come regista, era di
dare qualcosa al pubblico, in qualche modo di dargli piacere,
attraverso i diversi elementi del film, dai colori alla fisicità
degli attori, in ogni scena. Qualcosa che mostra la ricerca fatta e
la concentrazione sui dettagli.
Piacere e fisicità che
tornano anche nelle scene di sesso, anche quelle molto curate nei
dettagli, quasi delle coreografie, nonostante l’amore omosessuale
sembri ancora un tabù…
Per esperienza so che non
si può scrivere completamente una scena di sesso per gli attori,
sono loro che devono interpretarla, è nelle loro mani. Puoi creare
una situazione, nella quale loro si muoveranno, è il mio lavoro è
metterli a loro agio, che sentano fiducia e rispetto, e poi
lasciare alla loro improvvisazione, al movimento dei loro corpi che
esprima quello che avrei dovuto descrivere sulla pagina in maniera
dettagliata. Loro possono fare col corpo tutti i paragrafi di una
scena. Qualcosa che non avrei potuto fare, tanto che mentre li
dirigo sono anche un osservatore, divento pubblico e provo quel che
prova lo spettatore.
Quanto al tabù, noi
viviamo con la convinzione che tutto vada avanti, che il progresso
si muova in una precisa direzione, che con il tempo le cose
migliorino, anche grazie a una cultura che ci rende sempre più
aperti, ma in realtà, per fare il film, io sono dovuto tornare
indietro agli anni ’70 e ’80, a Chantal Akerman, ad Accattone, a
Visconti, indietro a un periodo nel quale eravamo meno repressi
anche per ricordarmi cosa era possibile raccontare con le immagini.
Tornare a quel periodo mi ha consentito di creare delle scene nelle
quali non ci fosse la vergogna.
Michael Cera si
riunisce con Sex Bob-Omb – questa volta in forma animata – per
l’imminente anime di NetflixScott Pilgrim Takes Off. La serie di otto episodi
è diretta dallo studio di animazione Science Saru
e segue la storia del personaggio del titolo che suona il basso
durante la sua battaglia tra le band e contro gli ex di Ramona.
La nuova serie Netflix segue la
commedia d’azione romantica di Edgar Wright del
2010
Scott Pilgrim Vs The World, basata sulla serie di
graphic novel di Bryan Lee O’Malley.
I personaggi animati di
Scott Pilgrim Takes Off sono doppiati quasi
interamente dagli attori del film del 2010. Questo include Mary Elizabeth
Winstead come Ramona, Kieran Culkin
come Wallace Wells, Chris Evans
come Lucas Lee, Jason Schwartzmen come Gideon
Graves, Satya Bhabha come Matthew Patel, Brie Larson
come Natalie V. “Envy” Adams, Aubrey Plaza come
Julie Powers, Ellen Wong nei panni di Knives Chau
e Anna Kendrick
nei panni di Stacey Pilgrim.
Il regista originale di Oldboy, Park Chan-wook,
rivela come si è sentito guardando il
remake di Spike Lee del 2013. Basato
liberamente su un manga giapponese, Oldboy di Park racconta la storia di un uomo
misteriosamente imprigionato per 15 anni, che dopo aver ottenuto la
libertà, parte per una sanguinosa ricerca di vendetta contro i suoi
sconosciuti carcerieri. Acclamato dalla critica al momento della
sua uscita nel 2003 (come si evince dal suo punteggio dell’82% su
Rotten Tomatoes), Oldboy è stato sostenuto da artisti del
calibro di Quentin Tarantino e in un primo tempo
il suo remake è stato affidato a Steven Spielberg che avrebbe
diretto Will Smith nel ruolo principale. Alla fine
il remake di Oldboy è stato diretto da Spike
Lee con Josh Brolin nei panni del
protagonista.
Ora, 20 anni dopo l’uscita
dell’originale Oldboy, il regista Park
Chan-wook ha rivelato come si è sentito guardando il
remake del suo film a
opera di Lee (tramite Inverse). Pur lodando Lee e
definendolo un regista di grande influenza, Park ammette anche che
è stato strano guardare una nuova versione del film a cui ha dato
vita.
“Prima di tutto sono stato molto
onorato che sia stato realizzato da un regista che rispetto e da
cui sono stato personalmente influenzato. Guardando il film, mi è
sembrato molto inquietante perché è la storia che ho creato io, ma
è diversa. È quasi come un volto familiare, ma anche molto nuovo
allo stesso tempo… Hai presente quando vai nei parchi di
divertimento e c’è la sala degli specchi e vedi i tuoi riflessi
contorti in questi strani specchi? È stata un’esperienza divertente
simile a qualcosa del genere.”
C’è da aggiungere che il commento di
Park è anche molto diplomatico, dal momento che se il suo Oldboy è considerato un capolavoro della
cinematografia mondiale, il remake di Spike Lee è
uno dei punti più bassi della prestigiosa e ricca filmografia del
regista americano.
Tuttavia, tramite X, @DiscussingFilm ha diffuso le prime quattro foto
ufficiali dal film, dopo un leak di altre immagini dei giorni
passati.
Le quattro immagini mostrano il protagonista del film, uno stormo
di uccelli, un misterioso oggetto fluttuante e un airone
decisamente bizzarro, in pieno stile Miyazaki,
fornendo un allettante primo assaggio di quello che il film
sarà.
Il
ragazzo e l’airone (The Boy and the Heron) ha
debuttato in Giappone il 14 luglio 2023, dove è stato distribuito
con una minuscola campagna di marketing, lasciando i fan
completamente all’oscuro di cosa sarebbe stato il film che stavano
per vedere. Da allora il film ha raccolto enormi elogi e debutterà
al Toronto International Film Festival a settembre.
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Le immagini condivise non danno
grandi suggerimenti su quello che sarà la storia del film, ma per
adesso sappiamo che The Boy and the Heron racconterà la storia
di Mahito Maki, un ragazzino che scopre una misteriosa torre
abbandonata che lo mette in contatto con un fantastico nuovo mondo
insieme a un airone parlante. Maki è chiaramente presente nella
prima immagine, mentre abbraccia un personaggio femminile il cui
volto è oscurato, mentre l’airone è presumibilmente lo stesso
raffigurato nell’immagine finale.
Il film è ispirato al libro
How Do You Live?, titolo originale del film, ma
piuttosto che essere un adattamento del libro stesso, è il libro
che appare effettivamente nel film in possesso di Maki. Il film
sembra condividere molti temi importanti cari a Miyazaki, come il
sentimento contro la guerra, l’idea di un mondo fantastico che
esiste accanto al nostro e le difficoltà di essere un bambino,
rendendolo una degna conclusione (?) della sua carriera
cinematografica.
Il protagonista di
Kraven – Il
Cacciatore, Aaron Taylor-Johnson, rivela l’intenso
allenamento e l’aumento di peso a cui si è sottoposto per incarnare
il cattivo di Spider-Man. Taylor-Johnson non è estraneo ai film di
supereroi, visto che nel corso della sua carriera è stato
protagonista di Kick Ass, e ha avuto un breve ruolo nel MCU nei panni di Quicksilver, al
fianco di Elizabeth Olsen. Tuttavia, affinché
Aaron Taylor-Johnson tornasse nel circolo
dei supereroi Kraven – Il
Cacciatore di Sony, l’attore ha dovuto
seguire un regime di allenamento come mai prima d’ora.
Parlando con Esquire, Aaron
Taylor-Johnson ha rivelato l’intenso addestramento che ha
seguito per Kraven il Cacciatore. Secondo la
rivista, l’attore conosceva l’importanza della forma del suo torace
per il personaggio, il che lo ha fatto allenare pesantemente per
mesi. Taylor-Johnson ha anche imparato a correre come un quadrupede
per essere credibile nei panni di Kraven, che ha poteri animali nel
film. La sua formazione includeva anche altri elementi, come
inseguire cervi con un cacciatore, studiare la vita e il lavoro del
defunto fotografo naturalista Peter Beard e
trascorrere del tempo con l’ambientalista Damian
Aspinall, descritto da Taylor-Johnson come “un
punk-anarchico”.
Il primo trailer di Kraven
il Cacciatore ha anticipato che il film dipinge il
personaggio in una luce più positiva del previsto. Mentre il
filmato ha rivelato che la versione di Kraven di Taylor-Johnson
sarà letale come il personaggio del fumetti, grazie al rating R del
film, non sarà lui il cattivo del film.
Kraven – Il Cacciatore: tutto quello che sappiamo sul
film!
Kraven – Il
Cacciatore sarà interpretato da Aaron Taylor-Johnson (Avengers: Age of Ultron)
mentre assume il mantello del cattivo di
Spider-Man, che è un immigrato russo di nome
Sergei Kravinoff. Nel film, che viene annunciato come il
prossimo capitolo dello Spider-Man Universe (SSU) di Sony,
va in missione per dimostrare di essere il più grande cacciatore
del mondo. Ad affiancare Taylor-Johnson nel film Marvel di Sony con classificazione
R c’è Fred Hechinger (Fear Street Trilogy, The White Lotus) nei panni di Chameleon,
il fratellastro di Kraven; la candidata all’Oscar
Ariana DeBose (West Side Story) nel
ruolo di Calypso, la compagna dell’occasione e amante di
Kraven; Russell Crowe e Levi Miller in ruoli
sconosciuti. Anche Christopher Abbott e Alessandro
Nivola sono stati scelti come cattivi principali.
Kraven – Il
Cacciatore
è diretto dal candidato all’Oscar J. C. Chandor
(A
Most Violent Year)
da una sceneggiatura co-scritta da Richard Wenk (The
Equalizer),
Matt Holloway e Art Marcum. Avi Arad e Matt Tolmach stanno
producendo il progetto.
Kraven – Il
Cacciatore racconta la violenta storia della
nascita e del destino di uno dei villain più iconici della Marvel. Ambientato prima della sua
famigerata vendetta contro Spider-Man, Aaron Taylor-Johnson
interpreta il protagonista di questo film vietato ai minori di 14
anni.
Come parte delle modifiche alla data
di uscita del film Marvel di Sony, è stato rivelato
che
Spider-Man: Beyond the Spider-Verse non sarebbe stato
distribuito nella sua data originale del 29 marzo 2024. Il terzo
film della trilogia animata di Spider-Man è stato rimosso dal
pianificazione di Sony, senza alcun accenno a quando potrebbe
essere fatto uscire.
Durante un’intervista con Digital Spy, gli
sceneggiatori/produttori del franchise di
Spider-VersePhil Lord e Chris
Miller hanno condiviso un nuovo aggiornamento riguardante
la data di uscita di
Spider-Man: Beyond the Spider-Verse. Secondo il duo,
il film uscirà “quando sarà pronto“. Lord ha giustificato
la mancanza di una data di uscita concreta per il film nella sua
risposta, dicendo: “Quelle decisioni sono per fortuna al di
sopra del nostro stipendio, ma posso dirti che ci stiamo già
lavorando sodo e ci prenderemo il tempo necessario per renderlo
grande”.
Hollywood sta attualmente
attraversando due grandi scioperi che hanno influenzato
profondamente una vasta gamma di film e programmi TV, e
Beyond the Spider-Verse è un’altra vittima della
situazione. Gli scioperi della Writers Guild of America e
SAG-AFTRA hanno interrotto il lavoro di sceneggiatori e
attori, il che ha causato il ritardo o la sospensione della
produzione di diversi progetti a tempo indeterminato.
È stata diffusa da Bloody
Disgusting la prima immagine del remake di The Toxic Avenger, che mostra Peter Dinklage pronto all’azione nei panni di
Winston Gooze. Diretto da Macon
Blair, il film rivisita l’omonimo classico cult del 1984.
Il film originale segue un custode che viene trasformato in un
supereroe sfigurato che combatte il crimine dopo essere caduto in
una vasca di rifiuti tossici, e il riavvio firmato da Blair sembra
seguire la stessa vena.
Nella prima immagine svelata da
Bloody
Disgusting possiamo dare un’occhiata all’aspetto di
Dinklage come l’eroe titolare. Sebbene la nuova immagine non riveli
il volto di Dinkage, fornisce uno sguardo al suo costume da
supereroe e all’arma verde dall’aspetto tossico.
Realizzato con soli $ 500.000, il
primo film di The Toxic Avenger, distribuito da
Troma Entertainment, è diventato un cult. Il film presenta un
personaggio principale stravagante e un mondo ancora più
stravagante in cui lui stesso abita. Nella classica moda di Troma,
il tono del film è molto esagerato, e il film è a tutti gli effetti
una parodia dei film di supereroi con abbondanti dosi di sangue e
violenza.
Mentre il rating R
del reebot di The Toxic Avenger per violenza
esplicita, sangue, nudità e linguaggio suggerisce che il film
tenterà di catturare questa stessa energia, Blair ha
precedentemente spiegato che il film sarà la sua interpretazione
del materiale originale. Il regista ha espresso il desiderio di
realizzare un film che attiri i fan di lunga data oltre al pubblico
che non ha alcuna familiarità con i prodotti originali o in
generale con i film di Troma.
Mentre molti aspetti della storia
del film rimangono nascosti, il cast di The Toxic
Avenger presenta una serie di attori straordinari guidati
da Peter Dinklage, tra cui Elijah
Wood, Julia Davis,
Jacob Tremblay, Taylour Paige e Kevin
Bacon. Secondo quanto riferito, Bacon interpreta un
cattivo nel film, ma i dettagli sul suo personaggio non sono ancora
stati diffusi. Con The Toxic Avenger che sarà
presentato in anteprima al Fantastic Fest il mese prossimo, è molto
probabile che presto verrà annunciata una data di uscita ufficiale
negli USA.
‘The Toxic Avenger’ Remake – First Image
Previews the Next Evolution of Troma’s Hero https://t.co/jyPdp2nZXi
È ormai diventata una leggenda
metropolitana la reazione di Cillian Murphy
quando Christopher Nolan gli ha chiesto di essere
il protagonista nel suo film, Oppenheimer. L’attore
irlandese collabora da anni con Nolan, anche se non ha mai
ricevuto, prima di adesso, un ruolo da protagonista. E adesso, la
star di Oppenheimer rivela che gli sarebbe piaciuto
recitare in Interstellar.
Murphy sta ricevendo elogi per la
sua interpretazione nei panni del fisico J. Robert
Oppenheimer nel nuovo film di Nolan. Conosciuto
principalmente per il ruolo di Tommy Shelby in Peaky
Blinders, Murphy è noto per la sua grande intensità e
Oppenheimer gli è valso alcune delle migliori
recensioni della sua carriera.
In una recente conversazione con
The Independent, Murphy ha detto
che gli sarebbe piaciuto recitare in Interstellar. Mentre
l’attore afferma che alla fine per il film siano state scelte le
“persone giuste”, Murphy ha detto che “adora” Interstellar.
“Adoro Interstellar perché lo
trovo così emozionante. Ricordo di averlo visto al cinema quando
avevo dei bambini piccoli. Ha avuto un grande impatto su di me. Mi
ha spezzato il cuore. Adoro guardare i suoi film quando non ci sono
perché non devo spaventarmi per le dimensioni delle mie orecchie o
altro.”
Tutto quello che sappiamo sul
film Oppenheimer
Scritto e diretto
daChristopher Nolan,
Oppenheimer è un
thriller storico girato in IMAX che porta il pubblico
nell’avvincente storia paradossale di un uomo enigmatico che deve
rischiare di distruggere il mondo per poterlo salvare. Il film è
interpretato da Cillian
Murphy nel ruolo di J. Robert Oppenheimer e
da Emily
Blunt nel ruolo della moglie, la biologa e
botanica Katherine “Kitty” Oppenheimer. Il premio
Oscar Matt
Damon interpreta il generale Leslie Groves Jr.,
direttore del Progetto Manhattan, e Robert Downey Jr.
interpreta Lewis Strauss, commissario fondatore della Commissione
statunitense per l’energia atomica.
La candidata all’Oscar Florence
Pugh interpreta la psichiatra Jean Tatlock,
Benny Safdie interpreta il fisico teorico Edward
Teller, Michael Angarano interpreta Robert Serber
e Josh Hartnett
interpreta il pionieristico scienziato nucleare americano Ernest
Lawrence. Il film è anche interpretato dal vincitore
dell’Oscar Rami
Malek e questo film vede Nolan riunirsi con
l’attore, scrittore e regista otto volte candidato
all’Oscar Kenneth
Branagh. Il cast comprende anche Dane DeHaan
(Valerian e la città dei mille pianeti), Dylan
Arnold (serie Halloween), David Krumholtz
(La ballata di Buster Scruggs), Alden Ehrenreich
(Solo: A Star Wars Story) e
Matthew Modine (Il Cavaliere Oscuro – Il
ritorno). Il film è tratto dal libro vincitore del premio
Pulitzer American Prometheus: The Triumph and Tragedy of J. Robert
Oppenheimer di Kai Bird e del compianto
Martin J. Sherwin. Il film è prodotto da
Emma Thomas, Charles Roven di
Atlas Entertainment e Christopher Nolan.
Oppenheimer è girato sia
in IMAX 65mm che in pellicola di grande formato 65mm che include,
per la prima volta in assoluto, sezioni in fotografia analogica
IMAX in bianco e nero. I film di Nolan, tra cui Tenet, Dunkirk, Interstellar, Inception e la
trilogia del Cavaliere Oscuro, hanno incassato più di 5 miliardi di
dollari al botteghino mondiale e sono stati premiati con 11 Oscar e
36 nomination, tra cui due nomination come miglior film.
Netflix
ha annunciato la data di uscita e un primo teaser per il suo nuovo
film, Maestro,
che segna la seconda regia cinematografica di
Bradley Cooper, dopo A Star Is Born.
Il film, che ha co-scritto, diretto e interpretato nei panni del
compositore Leonard Bernstein, uscirà nelle sale selezionate il 22
novembre, dopo l’anteprima mondiale nella
Selezione Ufficiale del Concorso della 80° Mostra
d’Arte Cinematografica della Biennale di Venezia, per poi
arrivare sulla piattaforma il 20 dicembre.
Maestro
racconta la complessa storia d’amore di Leonard Bernstein e Felicia
Montealegre Cohn Bernstein (Carey
Mulligan), una storia che dura da oltre 30 anni. Forse
meglio conosciuto per la colonna sonora di West Side
Story di Broadway e del classico film di Marlon
BrandoFronte del Porto, Bernstein ha
sposato l’attrice nel 1951 e ha avuto tre figli con lei, con la
coppia che si è divisa tra New York e il Connecticut. A complicare
la dinamica tra i due sono state le relazioni che ha avuto nel
corso degli anni, sia con uomini che con donne, anche se condotte
con la consenziente consapevolezza di Felicia. I due sono stati
separati a un certo punto per un periodo di un anno, anche se alla
fine sono rimasti insieme fino alla morte di Felicia nel 1978.
Bradley Cooper ha scritto la sceneggiatura di Maestro
con il premio Oscar per Il caso SpotlightJosh Singer, ed è anche affiancato nell’ensemble
da Matt Bomer, Maya Hawke, Sarah Silverman, Josh Hamilton,
Scott Ellis, Gideon Glick, Sam Nivola, Alexa Swinton e
Miriam Shor. Di seguito, il poster del film:
Mentre Maestro
è stato annunciato come parte del programma di Venezia
80 alla fine del mese scorso, Cooper ha annunciato che non
prenderà parte alla promozione del film, a meno che lo sciopero
SAG-AFTRA non si concluda in qualche modo entro la fine di questo
mese.
Barbie
è stato bandito in Algeria nella sua terza settimana di
programmazione nel paese, stando a quanto leggiamo su Reuters. In una
dichiarazione al sito, una fonte ufficiale anonima ha affermato che
il film “promuove l’omosessualità e altre devianze
occidentali” e “non è conforme alle credenze religiose e
culturali dell’Algeria”.
La notizia è stata riportata per la
prima volta lunedì dal sito locale 24H Algerie, che ha scritto che
il Ministero della Cultura e delle Arti del paese nordafricano
aveva chiesto alle sale che proiettano il film di rimuoverlo
immediatamente dai loro programmi. Secondo 24H Algerie, Barbie
è stato bandito per “danno morale“.
Anche il Libano e il Kuwait si sono
recentemente mossi per vietare la distribuzione della commedia con
Margot Robbie e
Ryan Gosling. La scorsa settimana, il ministro della
cultura libanese Mohammad Mortada ha affermato che
il film della Warner Bros. è stato ritenuto “promotore
dell’omosessualità e della trasformazione sessuale” e
“contraddice i valori della fede e della moralità”. “Il film va
contro i valori morali e religiosi in Libano, in quanto incoraggia
la perversità e la trasformazione di genere mentre chiede il
rifiuto del patriarcato e ridicolizza il ruolo delle madri”,
ha detto Mortada. Ha quindi chiesto al comitato di censura del
paese di rivedere il film e fornire una raccomandazione. A partire
dal 9 agosto, il Kuwait aveva già bandito il film.
Nel frattempo, anche se in
precedenza era stato riferito che sia l’Arabia Saudita che gli
Emirati Arabi Uniti stavano prendendo in considerazione il divieto
di Barbie,
il film è uscito giovedì in entrambi i paesi e ha incassato 1,9
milioni di dollari in ciascun paese nel suo primo fine settimana di
uscita.
Barbie
ha superato la soglia del
miliardo di dollari in tutto il mondo, rendendo la regista
Greta Gerwig la prima regista donna solista a
raggiungere il traguardo al botteghino.
A più di tre settimane dalla sua
prima uscita nelle sale
Barbie, scritto e diretto da Greta
Gerwig con
Margot Robbie e
Ryan Gosling nei panni dei due protagonisti continua a
mantenere il primo posto per incassi. Nel solo fine settimana
Barbie ha incassato €320.976 a fronte di un totale che
supera ampiamente i 27 milioni di euro. La commedia sulla nota
bambola di Mattel continua ad attirare un pubblico di tutte le età
al cinema anche con il caldo estivo!
Al secondo posto si stabilisce
Shark 2:
l’abisso che incassa €205.463 nel week end appena
concluso e supera i 3 milioni di euro di incassi dalla sua prima
uscita nelle sale il 3 agosto. Mantiene ancora salda la terza
posizione
Mission impossible: dead reckoning parte uno; a più di
un mese dalla sua prima uscita nei cinema il settimo capitolo della
saga action con
Tom Cruise incassa €57.263 a fronte di un totale che
sfiora i 5 milioni di euro.
Box office: il resto della
classifica
Al quarto e quinto posto ritroviamo
nuovamente
Elemental, film di animazione targato Disney Pixar, e
Indiana Jones e il quadrante del destino, quinto ed
ultimo capitolo della serie cinematografica di avventura con
Harrison Ford. Elemental incassa €43.845 su un totale
di più di 6 milioni di euro, mentre Indiana Jones raggiunge un
incasso di €34.930.
Il sesto ed il settimo posto sono
occupati da
Demeter- il risveglio di Dracula, che al suo primo
fine settimana al cinema incassa €32.181, e da
Il mio vicino Totoro, cartone animato prodotto dallo
studio Ghibli, che guadagna €28.061 nel week end. All’ottavo posto
ritroviamo
Ruby Gillman la ragazza con i tentacoli che a più di
un mese dalla sua prima uscita incassa €9.044, su un totale di poco
più di un milione di euro.
Ultimi due in classifica per
incassi sono Scordato, commedia italiana nei
cinema dal 13 aprile, la quale incassa €7.318, e
Rapito, pellicola di
Marco Bellocchio nelle sale dal 25 maggio, che incassa
€6.732.
Uno squalo che si aggira nelle acque
indisturbato, pronto ad attaccare chiunque arrivi nel suo
territorio. Un coccodrillo famelico che dà insistentemente la
caccia alle sue prede per poi nasconderle nella sua tana. Sono
questi i principali protagonisti del B-movie horror, un filone
tanto spaventoso quanto avvincente, che da sempre appassiona e
terrorizza milioni di spettatori. Se Lo squalo di
Steven Spilberg è diventato un cult ci sarà un motivo, in
fondo. Rogue, film del 2007 scritto e
diretto da Greg McLean, rientra in quella cerchia
di film di genere degni di una visione, in quanto riesce a
conciliare spirito d’avventura, horror spietato e personaggi
sfruttati a dovere. La sua trama prende ispirazione dalla
vera storia diSweetheart, un
coccodrillo enorme maschio di acqua salata che negli anni ’70
dicono fosse stato responsabile di ricorrenti attacchi alle barche.
Rogue è disponibile su Netflix
e fa parte della Top 10 dei film più visti sulla piattaforma.
Rogue, la trama
Pete (Michael
Vartan) è un giornalista di viaggio inviato in Australia
per un reportage sul Kakadu National Park. Arrivato sul luogo,
incontra la guida turistca Kate (Radha Mitchell),
che sta radunando tutto il gruppo sulla sua barca per poter
cominciare il percorso lungo il fiume, alla ricerca dei
coccodrilli. Gli altri componenti del gruppo sono Simon
(Stephen Curry), Russell (John
Jarratt), Everett (Robert Taylor), Sherry
(Mia Wasikowska) ed Elizabeth (Heather
Mitchell), e per un po’ anche lo spavaldo Neil (Sam
Worthington). Mentre stanno navigando il fiume, uno di
loro si accorge di un bagliore in cielo, una richiesta di soccorso
da parte di qualcuno che si trova in pericolo. A quel punto Kate
decide di risalire il fiume e raggiungere il punto dove è stato
lanciato il segnale, ma nel tragitto qualcosa colpisce la barca,
facendola arenare vicino un piccolo isolotto in mezzo all’acqua. I
problemi insorgono quando un gigantesco coccodrillo d’acqua salata,
che nuota in quella palude, sta dando loro la caccia e non vuole
fermarsi per nessuna ragione, poiché oramai per lui sono prede da
braccare. Compito del gruppo è fare in modo che l’animale si
distragga per poter raggiungere la terraferma, prima che la marea
inghiottisca l’isolotto e li faccia disperdere nel fiume, dandoli
in pasto al coccodrillo.
Un B-horror movie da non
sottovalutare
Come dicevamo in apertura,
Rogue è un B-horror movie degno del suo
nome. Uno di quelli che non si rovesciano nel dimenticatoio, ma che
anzi meriterebbero d’essere guardati ogni qual volta si ha bisogno
di una scossa potente di adrenalina, accompagnata da
un’ansia crescente, che è proprio una delle
chiavi dominanti di tutto l’impianto narrativo di
Rogue. Se di solito sono gli squali a occupare il
piccolo o grande schermo per incutere timore, oltre che alle sue
vittime, anche agli spettatori (i quali il più delle volte in acqua
si fanno poi suggestionare), in questo caso a creare scompiglio e
un magone alla bocca dello stomaco è un gigantesco coccodrillo, che
rispetto al re degli oceani può spostarsi sia in acqua che sulla
terraferma, rendendo la sua minaccia molto più forte e sentita.
Impedendo di conseguenza alle sue vittime di stare tranquille
ovunque, aumentando la pressione su di loro.
Ed è proprio qui che McLean si
diverte con il suo film, potendo spostare le sue pedine a
piacimento in un’Australia paludosa ma in ogni caso incantevole e
magnetica, dando modo alla sua fantasia di volare e soddisfarsi
nelle dinamiche più terribili con l’animale. I suoi personaggi non
sono mai al sicuro, pur incorniciati da paesaggi naturalistici
mozzafiato, perché sono costante preda del coccodrillo e ogni mossa
può decretare la loro morte. Il film prepara lentamente il
suo pubblico a questa serie di eventi, ed è il
giocare sull’attesa – spostando l’incidente
scatenante verso la ventina di minuti – ad accendere subito il
motore della tensione, pur non essendo accaduto ancora niente di
cruciale. Mantenendo come punto fisso lo stato tensivo generale, il
regista riesce così anche a costruire una storia fra i personaggi,
ponendo l’accento sui diversi modi di reagire delle persone davanti
alle difficoltà, e di come sia spesso difficile trovare una
sintonia anche di fronte ad un imminente pericolo.
Un cast corale
E in realtà sono proprio i
personaggi ad essere pilastro importante e strumento vincente di
Rogue, che oltre a mostrarci
sequenze d’attacco ben riuscite, con una messa in
scena curata per rendere l’atmosfera cupa, tetra e angosciante al
punto giusto, propone dei characters tutto sommato sviluppati bene
per il ruolo, riuscendo a gestire una narrazione corale ed
equilibrata almeno nei primi due atti. Merito del cast scelto, che
in linea generale è in grado di restituire tutto il panico, la
preoccupazione e la paura dei momenti cruciali con il coccodrillo,
non lasciandosi andare ad un’interpretazione posticcia e stonata.
Una performance degna di nota è quella Radha Mitchell, capace di
gestire le emozioni della propria Kate e dosare le espressioni,
puntando molto sullo sguardo vitreo e scioccato, sottolineando il
suo timore ma anche i sensi di colpa che ha verso il suo gruppo di
turisti.
Non male anche il protagonista
principale, Pete, interpretato da Michael Vartan, che se nella
prima parte è lasciato un po’ “all’ombra”, mescolato agli altri e
quindi meno visibile, nella scena action finale dà il meglio di sé
e mostra le proprie discrete doti recitative.
Rogue perciò si conferma un film di
genere ben costruito, che cerca di lavorare più sull’ansia dello
spettatore che sullo sbigottimento usuale delle scene tipiche di
lotta con l’animale, dando a volte l’impressione di essere più un
thriller che un vero e proprio horror. Greg McLean non si può dire
non abbia fatto un buon lavoro, forse avrebbe dovuto allungare di
più alcune vicende adrenaliniche per rendere il film più armonioso,
ma guardando ad altri prodotti ben peggiori, di questo non ci si
può lamentare.
I peggiori
giorni arriva in sala il 14 agosto. Suddiviso in
quattro episodi, come il suo predecessore I
migliori giorni uscito il primo gennaio di
quest’anno, è di nuovo scritto e diretto da
Edoardo Leo e Massimiliano Bruno con
il supporto, alla sceneggiatura, di Beatrice Campagna,
Salvatore Fazio, Andrea Bassi, Marco Bonini, Gianni Corsi
e Herbert Simone Pagani.
I peggiori
giorni, la trama
Questa volta a scandire
il dramma della magra esistenza umana, è ancora un quartetto di
festività cruciali e durante le quali si sfodera inevitabilmente il
meglio di sé. Il Natale è l’unica a dare seguito al precedente
capitolo, riprendendo il cast con i tre fratelli interpretati
proprio dai due registi e
Anna Foglietta, con Renato
Carpentieri nel ruolo del papà. Gli altri tre Peggiori
giorni del titolo sono invece il Primo Maggio, Ferragosto e
Halloween, mentre ne I migliori si trattava di Capodanno,
San Valentino e l’8 marzo. Ma poco importa, in effetti, perché il
risultato scoppiettante e (all’occorrenza) delirante non
cambia.
Le prime due storie sono
curate da Leo e le altre da Bruno. Di nuovo il gruppo di attori
coinvolto è stellare e nutritissimo da performance eseguite in
maniera completa e a tutto tondo (Fabrizio Bentivoglio,
Giuseppe Battiston, Claudia Pandolfi, Neri Marcorè, Ricky Memphis,
Anna Ferzetti, Rocco Papaleo, Giovanni Storti), a partire
dalle giovani leve che si vedono a Ferragosto e Halloween
(Sara Baccarini in particolar modo).
Il tempo che scorre
scandito dai giorni “peggiori”
Il concetto alla base di
queste tanto temute ricorrenze è sempre lo stesso: ci sono delle
specifiche date nell’arco dell’anno che ritmano lo scandire del
tempo, conducono a delle inevitabili riflessioni e arrestano la
frenetica corsa della routine quotidiana lasciando che l’ondata di
tutti gli irrisolti piombi alle spalle come una valanga. E quello
che accade è tendenzialmente spinto dalla paura di perdere
qualcosa: certezze, comodità, reputazione, dignità. Così viene a
galla l’egoismo in ogni sua forma più bieca oppure, in qualche
occasione, l’amore.
L’intenzione dei registi
e sceneggiatori è molto chiara, e l’idea di strutturare il film in
quattro distinte situazioni agevola la parte estetica prendendo
l’eco di una certa magnifica filmografia italiana degli anni ’60 e,
alla fine, l’effetto è interessante. Anche perché è indubbio il
gusto per la messa in scena accompagnato dalla bravura della
recitazione di tutti.
Il problema, forse,
riguarda proprio la scelta dello sviluppo degli eventi e il modo in
cui la tensione cresce progressivamente, che in ciascuno episodio
tende ovviamente all’amaro in modo diverso. Ma le parti dirette da
Leo, pur nella loro chiarezza d’intenti, scadono lentamente nella
banalità palesando quasi da subito la direzione che prenderà
l’intreccio, rischiando di annoiare tremendamente lo spettatore e
offuscare la bella resa dei protagonisti e con essa anche lo stesso
messaggio che vuole trasmettere.
Le ultime due storie
hanno un maggiore piglio dal punto di vista del ritmo narrativo,
Massimiliano Bruno alterna lo stile di racconto
sfruttando le musiche e usando il grottesco non solo nel contenuto
ma anche giocando con le angolazioni di ripresa e il montaggio.
Una sola intenzione per due
film
Lo scopo del progetto
delle due pellicole non è superficiale, anzi. Parte dal bisogno di
riflettere profondamente sull’insensatezza di abitudini, gesti,
ritualità, convenzioni svuotate dai significati relazionali che
avevano in origine e che subiscono oggi tutta la stanchezza di
doverismi accumulati senza sosta. Ma la difficoltà sta nel dover
prestare molta attenzione alle sfumature scelte per portare in
scena un argomento. Qui i due registi restano intrappolati nella
sbrigatività di descrivere delle storie, allegandone battute e dei
tentativi di sarcasmo, ma senza utilizzare ciò che più di ogni
altro mezzo il cinema possiede: la potenza delle immagini, anche e
soprattutto quando silenziose. Ne avrebbe guadagnato tutto,
specialmente i temi trattati.
In occasione del Lucania Film Festival, Rocco
Papaleo, tra gli ospiti della 24° edizione, ha raccontato
del suo ultimo film da regista, Scordato, in cui
recita al fianco di Giorgia.
Ci sono diversi problemi che
Avengers: La dinastia Kang dovrà
superare quando uscirà nell’ambito della Fase 6 del
MCU. Il capo dei Marvel StudiosKevin Feige ha confermato lo sviluppo di
Avengers: La dinastia Kang al SDCC 2022 insieme ad Avengers: Secret Wars, con i due epici
film crossover destinati a concludere la Saga del Multiverso del
MCU. Si tratta del primo progetto
che coinvolge gli eroi di New York dopo Avengers: Endgame. La dinastia Kang
dovrebbe unire le trame separate che si sono svolte nelle Fasi 4 e
5, riunendo una nuova squadra di Eroi più potenti della Terra per
combattere Kang il Conquistatore.
La trama collegata a Secret
Invasion
Sulla scia di Avengers: Endgame, i Marvel Studios hanno deciso di
spostare l’attenzione dalla prima squadra di supereroi del
MCU, lasciando invece
sconosciuto lo status dei nuovi Avengers. Nella
nuova serie Marvel, Secret Invasion, si è parlato più
volte degli Avengers soprattutto riguardo alla collezione di DNA di
vari personaggi del MCU, tra cui alcuni membri
di alto profilo della squadra. Dopo aver appreso dell’esistenza di
questo database di DNA, è probabile che diversi Vendicatori perdano
la fiducia e lascino la squadra, creando potenzialmente un enorme
problema di eroi per Avengers:
La dinastia Kang.
Infinity War e
Endgame alzano l’asticella
La Saga dell’Infinito del MCU si è conclusa con Avengers: Infinity War e Avengers: Endgame, segnando uno dei
momenti più importanti non solo della storia del MCU, ma della storia del cinema nel
suo complesso. Questa doppietta ha fissato un’asticella molto alta
per i futuri film e, dal momento che La dinastia
Kang è il prossimo a uscire, questo mette molta
pressione sul progetto in arrivo. Quando il film uscirà, saranno
passati sette anni tra il film e Endgame,
il che potrebbe lasciare abbastanza tempo per evitare paragoni
troppo evidenti. Tuttavia, i film dei Vendicatori della Fase 6
devono essere all’altezza del successo dei loro predecessori, il
che è un compito arduo.
Il ruolo di Kang il Conquistatore
nel MCU
Presentato come il nuovo Thanos, Kang il Conquistatore ha debuttato come il
principale cattivo della Saga del Multiverso del MCU. Kang rappresenta una
minaccia così grande grazie alle sue infinite e malvagie varianti.
Le varianti di Kang potrebbero apparire in diversi progetti del
MCU prima di Avengers: La dinastia Kang, visto che sono già
apparse nella prima stagione di Loki e in Ant-Man and the Wasp: Quantumania, e
una nuova variante, Victor Timely, sarà introdotta nella seconda
stagione di Loki. Se diverse versioni di Kang
continueranno ad apparire prima de La dinastia Kang, rischierà di
sembrare un villain abusato, sminuendo il mistero e la magia del
personaggio nella Fase 6.
Il MCU ha introdotto troppi nuovi
eroi
Avengers: Infinity War e Endgame hanno visto diversi eroi di
alto profilo perdere la vita o ritirarsi dal MCU, lasciando enormi
vuoti che sono stati poi colmati da un’ondata di nuovi eroi nella
Fase 4. Sebbene sia stato bello vedere nuovi personaggi introdotti
nel live-action, Avengers: La dinastia Kang rischia di
essere troppo pieno di eroi e di perdere parte dell’azione e della
personalità che hanno reso così divertenti i precedenti film sui
Vendicatori. Forse ci sono troppi eroi nel MCU, ma è possibile che si
formino diverse squadre più piccole invece di un’unica grande
squadra, il che potrebbe risolvere il problema.
I nuovi eroi sono molto scollegati
tra loro
L’introduzione di nuovi eroi nella
Saga del Multiverso comporta una serie di problemi, poiché molti di
questi sono stati autoconclusivi e non hanno connessioni chiare con
il MCU più ampio e tra loro.
Moon Knight, gli Eterni e Shang-Chi sono solo alcuni esempi,
mentre le Fasi 5 e 6 dovrebbero introdurre altri personaggi che
potrebbero non avere un percorso prestabilito per unirsi agli
Avengers nella Dinastia Kang. Non è chiaro come
questi progetti si incastreranno tra loro, anche se, grazie alle
anticipazioni su altre squadre satelliti.
Non c’è un leader chiaro per i
nuovi Avengers del MCU
Lo sviluppo di La dinastia Kang e Secret Wars conferma che nel futuro
del MCU si formerà una nuova
squadra di Vendicatori, e anche se è possibile immaginare chi ne
farà parte, è meno certo chi la guiderà. Il Capitan America di Steve
Rogers guidava la squadra originale, mentre Tony Stark ne finanziava le
operazioni, ma entrambi questi eroi hanno lasciato il
MCU. Molti si aspettavano
che il nuovo Capitan America di Sam Wilson
seguisse le orme del suo predecessore, ma senza poteri sovrumani,
questo sembra improbabile. La mancanza di un leader chiaro potrebbe
essere un punto importante della trama de La dinastia Kang, ma qualcuno dovrà farsi
avanti.
Avengers 5 non includerà
alcuni degli eroi più interessanti del MCU
Lo sceneggiatore di Ant-Man and the Wasp: QuantumaniaJeff Loveness è stato assunto per scrivere la
sceneggiatura di Avengers: The Kang Dynasty, e si è
lasciato sfuggire che diversi eroi non appariranno nel prossimo
progetto. Se da un lato si tratta di eroi che non hanno ancora
debuttato nel MCU, tra cui i Fantastici Quattro, gli X-Men e Blade, dall’altro la perdita di
questi eroi in La dinastia Kang potrebbe creare un
po’ di confusione, soprattutto perché Blade e Fantastic Four
usciranno entrambi prima di La dinastia Kang. D’altra parte,
l’esclusione di questi eroi da La dinastia Kang permetterà al film
di concentrarsi esclusivamente sulla nuova squadra dei Vendicatori,
evitando di appesantire la storia.
Il piano di Kang il Conquistatore
deve essere ancora spiegato
Jonathan Majors ha attualmente fatto
due apparizioni principali nel MCU: Colui che rimane
nella prima stagione di Loki e Kang il Conquistatore in Ant-Man and the Wasp: Quantumania.
Majors è apparso anche come membro del Consiglio di Kang e apparirà
come Victor Timely in Loki 2, ma nonostante le sue numerose
apparizioni, il vero piano di Kang non è ancora stato spiegato. Il
piano di Thanos nella Saga dell’Infinito non è stato
completamente rivelato fino ad Avengers: Infinity War, quindi questo
potrebbe non sembrare un problema, ma il piano di Kang è
sicuramente molto più complicato, il che significa che avrà bisogno
di più tempo per essere spiegato, tempo che la dinastia Kang
potrebbe non concedere.
Avengers 5 rischia di
perdere l’umanità dei personaggi
Al centro di tutti i precedenti film
dei Vendicatori nel MCU, gli eroi non solo
hanno combattuto minacce ultraterrene, ma hanno anche affrontato
intense poste in gioco personali che hanno mantenuto l’azione
ancorata alla realtà. L’enorme quantità di nuovi eroi che si
prevede di includere ne La dinastia Kang e la quantità di tempo
che dovrà essere impiegata per spiegare il piano di Kang il
Conquistatore rischiano di far perdere a La dinastia Kang questi
aspetti personali. Sarebbe un vero peccato, perché l’umanità dei
supereroi è il fulcro di ogni precedente avventura dei Marvel Studios, quindi La dinastia Kang non
deve essere relegata semplicemente a una battaglia ricca di azione
tra gli Avengers e Kang.
I Marvel Studios potrebbero dover
sostituire Jonathan Majors in Avengers 5
Forse il problema più grande che
affligge la Dinastia Kang è qualcosa su cui i Marvel Studios hanno ancora rifiutato di
commentare. Nel marzo 2023, Jonathan Majors è stato arrestato con l’accusa
di aggressione e da allora l’attore è stato licenziato da alcuni
progetti, abbandonato dal suo team di gestione e coinvolto in un
caso penale di alto profilo. I Marvel Studios non hanno rilasciato alcun
commento sul futuro di Majors nel MCU, forse in attesa del
verdetto del processo. Se Majors verrà condannato, però, i Marvel Studios saranno costretti a cambiare i
loro piani per il futuro del MCU – forse cancellando Avengers:
La dinastia Kang – o a ridimensionare il ruolo di cui Majors è già
diventato sinonimo.
I docufilm permettono al pubblico di
conoscere realtà nuove, di scoprire cose affascinanti sul mondo in
cui viviamo; i veri documentari riescono a catturare l’attenzione
dello spettatore, ed è ciò che riesce a fare al meglio Il
re delle indie, disponibile su Prime Video. Il film, diretto dal giovane regista
emergente Gaetano Maria Mastrocinque, presenta una
delle più antiche tradizioni di Arezzo: la Giostra del Saracino.
Protagonisti del documentario sono i grandi cavalieri delle passate
edizioni, come Gianni Martino, e del presente, come Gabriele
Innocenti.
Il re delle indie: la tradizione di
un popolo
La
Giostra del Saracino è un torneo cavalleresco molto antico, che
affonda le sue radici nel lontano medioevo. La prima testimonianza
riguardante la Giostra risalgono al 1260, mentre nei secoli a
venire si ritrovano tante tracce riguardo al torneo in tante epoche
differenti, fino al 7 agosto del 1931, prima ufficiale edizione
della Giostra in età moderna.
Nel torneo si sfidano i quattro
principali quartieri di Arezzo: Porta Crucifera, Porta Sant’Andrea,
Porta del Foro e Porta Santo Spirito. Ogni quartiere è
rappresentato da due cavalieri; il duellante per vincere deve
riuscire a centrare un tabellone attaccato allo scudo del Buratto
(o re delle indie), un automa girevole.
In Il re delle
indie vengono presentate nella prima parte dei video e
testimonianze delle edizioni passate, mentre la seconda parte si
focalizza sul torneo del 2019. Partendo da dieci giorni prima delle
carriere, si presenta al pubblico il percorso di preparazione della
città a tale evento e di ansia e trepidazione dei cavalieri in
vista del torneo.
Il fascino della cultura
popolare
Il re delle indie
si presenta da subito come un documentario interessante, che
mantiene l’attenzione del pubblico, grazie alle tecniche utilizzate
ed alla particolare dedizione con cui è stato realizzato.
Si notano da subito l’utilizzo di
varie tecniche che attirano l’occhio dello spettatore, tra queste
lo split screen, di cui a tratti ne è stato quasi abusato. Nella
prima parte del documentario vengono mostrati filmati delle passate
edizioni, insieme alla testimonianza di Gianni Martino, cavaliere
che detiene il record di lance d’oro.
A questi si aggiunge anche una certa
attenzione ai particolari, primo fra tutti la scelta di un
sottofondo musicale spesso teso, incalzante, il quale crea un
sentimento di suspense nel pubblico. Inoltre, non mancano le
riprese della stessa città di Arezzo, delle preparazioni della
piazza al torneo, come anche dello stesso trepidante pubblico. Dei
focus sono stati fatti anche su piccoli elementi che caratterizzano
la Giostra del Saracino, come i vari costumi e la creazione, da un
artigiano locale, della Lancia d’oro.
Una manifestazione tradizionale e
sociale
Lo spettatore può legittimamente
restare affascinato da come una tale tradizione sia giunta fino ai
giorni nostri dal lontano Medioevo, e soprattutto perché viene data
ad essa una tale importanza. La risposta è molto chiara: un torneo
come la Giostra del Saracino, che affonda le proprie radici in un
passato lontano, è parte stessa della cultura locale. Questo
elemento viene reso chiaro in Il re delle Indie da
come tutti i cittadini si riuniscano in occasione del torneo,
tifando per il proprio quartiere, sentendosi realmente parte della
propria città e della realtà sociale.
Ciò porta il pubblico ad una
riflessione sull’importanza di manifestazioni del genere per
sentirsi realmente parte del contesto cittadino. La Giostra del
Saracino non è più un semplice torneo di origine medievale, bensì è
un qualcosa di unico che caratterizza la città di Arezzo e che
porta tutti gli aretini ad avere un senso di appartenenza verso le
proprie origini e tradizioni.
Ciononostante, non sempre la Giostra
è stata solamente un momento di convivialità cittadina. Come tutte
le gare molto partecipate dal pubblico, anche qui si possono creare
delle situazioni di conflitto, che possono sfociare in degli
scontri di massa. Sia nei video delle passate edizioni, sia nel
torneo del 2019, si sono creati dei momenti di caos; nel caso della
Giostra del 2019 il motivo della tensione dipende dall’invasione
della carreggiata da parte di un tifoso, che distrae il cavallo,
rendendo la carriera inevitabilmente nulla e da ripetere.
Il re delle indie
presenta la Giostra del Saracino per quello che è, un’antica
tradizione del popolo di Arezzo, che però ha le sue luci e le
sue ombre.
Secondo quanto riferito, il
regista Terrence
Malickè molto soddisfatto dello
stato del suo nuovo film The Way of the
Wind. Questo epico dramma biblico del regista di
La sottile linea rossa,
The New World e
The Tree of Life “racconta diversi episodi della
storia della vita di Gesù Cristo“. Le riprese del film sono
terminate nel 2019 e da allora è in post-produzione.
Il produttore Alex Boden ha
condiviso un aggiornamento sul film con Variety . “Al
momento è nel pieno della fase di montaggio e le riprese sono
terminate”, dice Boden. “Abbiamo un cast
straordinario. È un altro progetto di Terrence Malick, che
questa volta è stato girato in diversi paesi. Dal punto di
vista della produzione, è un risultato davvero
fantastico. Terry è molto contento di ciò su cui sta lavorando
finora, si dice, ma non ci sono ancora annunci“.
Chi c’è nel cast de The Way of the
Wind?
Il film è interpretato da
Géza Röhrig nei panni di Gesù Cristo, Mark
Rylance nei panni di Satana, Matthias
Schoenaerts nei panni di San Pietro, Philip Arditti nei
panni di Osea, Nabil Elouahabi nei panni di Santo
Stefano, Aidan Turner nei panni di Sant’Andrea,
Con O’Neill nei panni di Enoch, Joseph Mawle nei
panni di Saul, Karel Roden come Mamon,
Martin McCann come Marcellus, Sarah-Sofie
Boussnina come Claudia, Laëtitia Eïdo come Anna, Ali
Suliman come Cleopas e Shadi Mar’i come Asher.
Il cast include anche Selim
Bayraktar come Jonathan, Ori Pfeffer come Ahaziah, Selva Rasalingam
come Jeroboam, Tawfeek Barhom come John, Sebastiano Filocamo come
Prodigal Elder Brother, Makram Khoury come Jonas,
Ben Kingsley, Joseph Fiennes, Douglas Booth, Sarah Greene,
Mathieu Kassovitz, Numan Acar, Björn Thors, Franz Rogowski
e Leila Hatami nel ruolo di Maria Maddalena.
E’ stata diffusa la prima foto
ufficiale del crime thriller Finestkind che vedrà
protagonista tra gli altri Jenna Ortega. Oltre all’interprete di
Mercoledì, questo film presenterà anche Tommy
Lee Jones e Ben Foster. “Due
fratelli separati stringono un accordo con un sindacato criminale
di Boston, che mette in pericolo i fratelli e il loro padre, nonché
una misteriosa giovane donna“, recita la sinossi. Guarda la
prima foto di seguito, che presenta il cast del film con
espressioni solenni:
Il cast include
Tommy Lee Jones, Ben Foster, Toby Wallace,
Jenna Ortega, Tim Daly, Clayne Crawford, Aaron Stanford, Scotty
Tovar, Lolita Davidovich, Meghan Leather, Ismael Cruz Córdova,
Fernanda Andrade, Charlie Thurston, Jackie Sandler, Rebecca Gibel,
e Kevin Craig West.Finestkind è scritto
e diretto da Brian Helgeland, che in precedenza ha scritto le
sceneggiature di LA Confidential e
Mystic River e ha diretto film come 42 e
Legend. È prodotto da Gary Foster, Russ
Krasnoff, Taylor Sheridan e David C. Glasser. Inizialmente
il film doveva essere interpretato da
Jake Gyllenhaal,
Ansel Elgort e
Zendaya, ma tutti hanno abbandonato il progetto.