Grazie ai Social è emerso uno
sguardo più ravvicinato al costume di un personaggio degli
X-Men che esordisce nel Marvel Cinematic Universe
in Deadpool e
Wolverine, ma che faceva già parte della famiglia
di Deadpool alla Fox.
Febbraio 2024 ha finalmente fornito
ulteriori indizi sulla storia di Deadpool e
Wolverine, mentre Wade Wilson di Ryan Reynolds si prepara a entrare nel
MCU, diventando anche una ideale
conclusione del vecchio universo cinematografico degli
X-Men.
Dopo l’uscita del trailer di
Deadpool
e Wolverine, abbiamo visto che nel film torneranno
numerosi personaggi dei precedenti film di
Deadpool. Uno dei membri del cast di Deadpool e
Wolverine che tornerà è Lewis Tan nei panni di Shatterstar, che ha
utilizzato Instagram per condividere di più
sul suo ritorno.
Deadpool e
Wolverine uscirà nei cinema il 26 luglio e segna
l’introduzione del Mercenario Chiacchierone di Ryan Reynolds nell’universo cinematografico
Marvel (con un rating decisamente
diverso rispetto ai primi due capitoli). Soprannominandosi
“Marvel Jesus”,
Deadpool arriva nel MCU dopo essere stato rapito dalla
Time Variance Authority, i manager del multiverso
visti l’ultima volta in Loki, e si ritrova nello
stesso mondo dei Vendicatori.
Sebbene il suo volto non si veda nel
trailer, anche Wolverine di Hugh Jackman passa dall’universo di
X-Men al MCU. Diretto da Shawn
Levy, il film comprende anche Emma Corrin,
Morena Baccarin, Rob Delaney,
Leslie Uggams, Karan Soni e Matthew Macfadyen.
Giovanissima, l’attrice
Isabela Merced (precedentemente nota come Isabela
Moner) ha già preso parte a importanti progetti cinematografici e
televisivi. Con il tempo ha dimostrato di sapersi affermare tanto
in prodotti commerciali come imponenti blockbuster quanto in
prodotti d’autore o indipendenti ed oggi è una delle interpreti più
richieste della sua generazione, con un brillante futuro
all’orizzonte.
Ecco 10 cose che non sai di
Isabela Merced.
Isabela Merced: i suoi film e le
serie TV
1. Ha recitato in celebri
film. La carriera cinematografica dell’attrice ha inizio
nel 2016, quando partecipa al film Scuola media: gli anni
peggiori della mia vita. Successivamente prende parte al film
Transformers –
L’ultimo cavaliere (2017) e Soldado (2018),
diretto da Stefano Sollima. Sempre nel 2018 è tra
i protagonisti del film Instant Family, mentre nel 2019
interpreta Dora in Dora e la città perduta, adattamento in
live-action della famosa serie animata di Nickelodeon.
Successivamente ha recitato in Let it Snow – Innamorarsi sotto
la neve (2019), Sweet Girl (2021), Il padre della
sposa – Matrimonio a Miami (2022), Rosaline (2022) e
Madame
Web (2024,
qui la recensione). Prossimamente sarà in Alien:
Romulus e Superman:
Legacy.
2. È nota per alcuni ruoli
televisivi. L’attrice è celebre anche per le sue
partecipazioni televisive nelle serie Growing Up Fisher
(2014) e 100 cose da fare prima del liceo (2014-2016).
Prende poi parte ai film TV Adam & Adam (2015) e Le
leggende del tempio nascosto (2016). L’attrice è anche nota
per aver doppiato proprio il personaggio di Dora nella serie
animata Nickelodeon Dora and Friends in città (2014-2017).
Prossimamente reciterà nella seconda stagione di The Last
of Us accanto a Pedro Pascal e Bella Ramsey.
Isabela Merced in Madame
Web
3. Interpreta una nota
Spider-Woman. Nel film Madame Web
l’attrice ricopre il ruolo di Anya Corazon, tra le più note
Spider-Woman dei fumetti Marvel, già apparsa sul grande
schermo in
Spider-Man: Across the Spider-Verse. Si tratta di una
delle principali protagoniste del film accanto alla Cassandra Webb
di Dakota Johnson, alla Jessica Carpenter di
Sydney Sweeney e alla Mattie Franklin di
Celeste O’Connor.
Dakota Johnson, Sydney Sweeney, Celeste O’Connor e Isabela Merced
in Madame Web.
4. Ha apprezzato tantissimo
il costume del suo personaggio. Parlando del costume da
supereroina che indossa nel film, l’attrice ha dichiarato di averlo
trovato particolarmente comodo e aderente, cosa che ha reso facili
i movimenti. Merced ha però notato come nonostante l’allenamento
svolto, le scene di combattimento o che prevedevano acrobazie da
parte sua si siano rivelate difficili per via dell’imbracatura che
era costretta ad indossare sopra il costume.
Isabela Merced sarà Hawkgirl in Superman: Legacy
5. Sarà una nota
supereroina dei fumetti DC. Come noto, il regista James Gunn ha scelto Merced per il ruolo di
Hawkgirl, personaggio che sarà presente nel film del 2025 Superman:
Legacy. L’attrice,
che si sta già allenando in vista delle riprese, ha raccontato
di aver ottenuto il ruolo dopo un provino sostenuto insieme agli
altri membri del cast e strutturato come fosse un vero e proprio
giorno di riprese. Rimasta entusiasta dell’esperienza, Merced ha
poi risposto positivamente all’offerta fattale da Gunn di assumere
la parte.
Isabela Merced in The Last of Us
6. Avrà un ruolo nella
seconda stagione della serie HBO. L’attrice è stata
annunciata come nuovo membro del cast della seconda stagione di
The Last
of Us. Qui ricoprirà il ruolo di Dina, il nuovo interesse
romantico di Ellie e l’ex di Jessie. Il personaggio viene ad oggi
descritto come “uno spirito libero la cui devozione a Ellie
sarà messa alla prova dalla brutalità del mondo in cui
vivono“. Chi ha giocato a The Last of Us Part II ricorderà
che Dina è un personaggio di supporto importante nel sequel e
dunque avrà un ruolo significativo anche nella seconda stagione
della serie.
7. Ha pubblicato un album
musicale. L’attrice è nota anche come cantante, e la
musica è un’altra delle sue grandi passioni. Nel 2015 la Merced ha
infatti pubblicato il suo primo album, intitolato Stopping
Time, dal quale sono stati tratti i singoli Deam About
Me e Halo. Nel 2018 pubblica invece nel canzoni
I’ll Stay e Lista de Espera, mentre nel 2020 esce
l’EP The Better Half of Me. Tra i suoi singoli più recenti
si annoverano invece The Chase, Don’t Go e Caliente
Navidad.
Isabela Merced ha interpretato
Dora l’esploratrice
8. Conosce bene il
ruolo. Dopo aver doppiato la versione animata, l’attrice
ha interpretato il personaggio di Dora l’esploratrice nel film
live-action Dora e la città perduta. L’attrice ha
affermato che è per lei particolarmente entusiasmante poter
approfondire in questo modo il personaggio, affrontandolo sotto
punti di vista e contesti differenti.
Isabela Merced è su Instagram
9. È presente sul social
network. L’attrice è presente sul social network
Instagram, con un proprio profilo verificato seguito da ben 3,6
milioni di persone e dove attualmente si possono ritrovare circa
700 post. Questi sono principalmente immagini relative a suoi
lavori da attrice e da modella, inerenti il dietro le quinte di
tali progetti o promozionali nei loro confronti. Ma non mancano
anche curiosità, momenti di svago, eventi a cui ha preso parte e
altre situazioni ancora. Seguendola, si può dunque rimanere
aggiornati su tutte le sue novità.
Isabela Merced età e altezza
10. Isabela Merced è nata a
Cleveland, in Ohio, Stati Uniti, il 10 luglio del 2001.
L’altezza complessiva dell’attrice è di 1,55 metri.
Cillian Murphy spiega perché Red
Eye è uno dei suoi film preferito dai fan, anche se non
“pensa che sia un bel film“. Diretto da Wes
Craven, il thriller psicologico segue la direttrice di un
albergo che viene rapita da un affascinante terrorista a bordo di
un volo notturno e, minacciata del potenziale omicidio di suo
padre, viene intrappolata in un tentativo di omicidio politico.
Oltre a Murphy nei panni del terrorista, il cast è guidato anche da
Rachel McAdams e Brian Cox (Succession) nei panni del padre del suo
personaggio.
In un profilo di GQ, a Murphy è stato chiesto
quale fosse il suo film preferito dai fan, e lui ha spiegato che si
tratta di Red Eye probabilmente per la “dualità”
del suo personaggio, mentre McAdams ha anche spiegato cosa rende
Murphy un cattivo così grande. Anche se ha amato lavorare con
McAdams e “si è divertito a realizzarlo”, Murphy non pensa che
Red Eye sia “un buon film”.
Murphy:Oh, lo
so, è pazzesco! Penso che sia la sua dualità. È per questo che
volevo giocare su quei due toni. Il bravo ragazzo e il cattivo
ragazzo in uno. L’unica ragione per cui mi attirava è che potevi
fare quella svolta, sai?
McAdams:Dicono
che le persone più gentili a volte sono i cattivi migliori.
Ascoltavamo musica e chiacchieravamo mentre facevamo il cruciverba,
che lui portava ogni giorno e mi permetteva gentilmente di
intervenire… Penso che la domanda numero uno che ricevetti su
Cillian allora fosse se indossasse o meno lenti a
contatto.
Murphy:Adoro
Rachel McAdams e ci siamo divertiti a realizzarlo. Ma non penso che
sia un bel film. È un buon film di serie B.
Per quanto fosse inaspettato e
vagamente respingente, a quanto pare l’Imperatore Palpatine ha
fatto sesso, in un passato relativamente lontano. L’attore che lo
interpreta, Ian McDiarmid, ha infatti parlato
“dell’elefante nella stanza” che nessuno aveva mai trovato
il coraggio di commentare.
La risposta di
McDiarmid è stata esilarante. Come visto nel film
finale di L’Ascesa di Skywalker, è stato rivelato che
Rey era un discendente dello stesso Palpatine, la nipote
dell’Imperatore che era rimasta nascosta su Jakku per molti anni.
Tuttavia, questo ha anche aperto le porte a un concetto riguardante
il passato di Palaptine a cui moltitudini di fan preferirebbero non
pensare mai.
In un’intervista con Empire per celebrare i 25 anni
dei prequel di Star
Wars, l’attore che interpreta Palpatine Ian
Mcdiarmid ha espresso la sua opinione sull’Imperatore e su
come sia riuscito ad avere non solo una nipote ma anche
(ovviamente) un figlio, il padre di Rey. Ecco la dichiarazione
rilasciata a Empire: “Basta,
prendere l’esistenza di Rey di Daisy Ridley, che si rivela essere
la nipote di Palpatine in L’Ascesa di Skywalker, come prova che
all’Imperatore piaceva… beh… farlo. Ma sì, [fa sesso]. È un’idea
orribile pensare che Palpatine faccia sesso in qualsiasi
forma”.
Per quanto riguarda invece il
ritorno di Palpatine, Ian McDiarmid ha
commentato con entusiasmo la decisione della produzione di
riportare l’Imperatore in scena, valutando il fatto che
effettivamente una creatura così potente doveva avere un piano di
riserva:
“Avevo la sensazione che
Palpatine avesse da sempre un piano B – probabilmente anche un
piano C, D, E ed F… Ed era un esperto nella clonazione… La cosa che
mi fa più piacere, e sai, solo questa è giunto al culmine quando mi
hanno chiesto di tornare per L’Ascesa di Skywalker, è che ogni
singolo atto malvagio in tutto il franchise di Star Wars è
direttamente o indirettamente dovuto a quel personaggio… Lui è il
male totale, e questo è stranamente soddisfacente come arco
narrativo.”
La giovane attrice Ambika
Mod ha ad oggi giusto una manciata di titoli nella sua
filmografia, ma le sono stati sufficienti a raggiungere una buona
popolarità e a dimostrare di sapersi dividere tra dramma e
commedia. Ora che grazie a dei primi ruoli da protagonista ha
raggiunto una più consisente fama, è pronta per diventare una delle
attrici del momento.
Ambika Mod: i suoi film e le serie TV
1. Ha recitato in diverse
serie. Ad oggi l’attrice si è distinta grazie ad alcune
serie tv, in cui ha recitato in modo più o meno esteso. Ha infatti
iniziato prendendo parte ad alcuni episodi di The Mash
Report (2019), The B@it (2020) e Tryng
(2021), con Imelda Staunton, per poi recitare in This Is Going to Hurt (2022), accanto a Ben Whishaw, e in I Hate Suzie
(2022). Nel 2024 è invece protagonista della serie NetflixOne Day
(qui
la recensione),
tratto dall’omonimo romanzo, dove recita accanto a Leo
Woodall. Prossimamente, sarà nella miniserie
Playdate.
2. Non ha ancora debuttato
in un film. Ad oggi, l’attrice non ha ancora avuto modo di
recitare in un lungometraggio e al momento non è previsto un
progetto di questo tipo per lei. Con la popolarità ottenuta
nell’ultimo anno, però, è molto probabile che arrivi presto per lei
l’occasione di recitare in un film, compiendo così tale
debutto.
3. Ha vinto diversi
premi. Pur ancora con pochi titoli nella sua
filmografia, l’attrice ha già ottenuto alcuni importanti
riconoscimenti. Nel 2022 è infatti stata nominata presso l’Edinburg
Television Festival come Miglior talento emergente, mentre nel 2023
ha vinto il premio come Miglior attrice ai Broadcasting Press Guild
Awards e come Miglior attrice non protagonista ai Royal Television
Society Programme Awards per il suo ruolo in This Is Going to
Hurt.
Ambika Mod in One Day con Leo Woodall
4. Non si è sentita
spaventata dalla complessità della serie.One Day
racconta la storia di Emma e Dexter nell’arco di vent’anni ma cogliendoli sempre in
un preciso giorno. Si tratta dunque di una storia che attraversa
due decenni ed ha come terzo protagonista il Tempo e il suo
inesorabile scorrere. Mod ha però dichiarato di non essersi sentita
spaventata da questo, in quanto data la precisione della
sceneggiatura nel raccontare tutto ciò e grazie anche ai costumi e
al trucco, ha saputo come calarsi al meglio nella situazione
richiesta.
5. Aveva rifiutato il ruolo
di Emma. Quando le è stato proposto di interpretare Emma
in One
Day, l’attrice ha affermato di aver inizialmente rifiutato
in quanto non si vedeva interpretare un personaggio del genere.
“Onestamente non mi vedevo interpretare un ruolo romantico. Non
si vedono molte donne di colore sullo schermo come protagoniste
romantiche. Non si vedono mai donne così in quella posizione. Ci è
voluto molto durante il processo e le riprese per farmi dire, ‘Oh
sì, sono io questo personaggio”. Alla fine, fortunatamente, ha
deciso di accettare il ruolo.
Ambika Mod in This Is Going to Hurt
6. È la protagonista
femminile della serie. Uno dei titoli per cui l’attrice è
maggiormente noti è la serie This Is Goingo to Hurt,
incentrata sulla vita di un gruppo di medici in formazione che
lavorano in un reparto di ostetricia e ginecologia di un ospedale
del Servizio Sanitario Nazionale, offrendo così un profilo della
loro vita professionale e personale ed esplorando gli effetti
emotivi del lavoro in un ambiente stressante. Nella serie Mod
interpreta Shruti Acharya, una dei medici in fase di formazione,
nonché protagonista femminile della serie.
7. La serie l’ha provata
emotivamente. Proprio come richiesto per il suo
personaggio, anche l’attrice si è sentita molto provata
emotivamente dopo aver completato le riprese di This Is Going
to Hurt. Quanto vissuto dalla sua Shruti si è inevitabilmente
riversato anche su di lei, che si è inoltre trovata a dover anche
gestire l’improvvisa popolarità conferitale dalla serie. Per
l’attrice si è dunque trattato di un momento molto delicato della
sua carriera.
Ambika Mod: le sue origini
8. Ha origini
indiane. L’attrice, molto riservata circa la propria vita
privata, ha di tanto in tanto fornito qualche dettaglio in più su
di sé e la propria storia. Ha ad esempio svelato di essere figlia
di immigrati indiani e di avere dunque origini di questo tipo. La
madre, come raccontato da Mod, è arrivata nel Regno Unito da
bambina, mentre il padre si è trasferito lì da ventenne.
Conosciutisi, i due sono diventati poi una coppia, dando poi vita
alla futura attrice.
Ambika Mod è su Instagram
9.È
presente sul social network. L’attrice è presente sul
social network Instagram, con un proprio profilo verificato seguito
da oltre 69 mila persone e dove attualmente si possono ritrovare
solo una ventina di post. Questi sono principalmente immagini
relative a suoi lavori da attrice e da modella, inerenti il dietro
le quinte di tali progetti o promozionali nei loro confronti. Ma
non mancano anche curiosità, momenti di svago, eventi a cui ha
preso parte e altre situazioni ancora. Seguendola, si può dunque
rimanere aggiornati su tutte le sue novità.
Ambika Mod: età e altezza dell’attrice
10. Ambika Mod è nata il 2
ottobre del 1995 a Hatfield, nel Regno Unito. L’attrice è
alta complessivamente 1.70 metri.
La star di Alien:
Romulus, Isabela Merced, anticipa una scena disgustosa
del prossimo capitolo della serie di fantascienza, al punto tale
che la troupe si è “allontanata” dal set. Dopo una serie di sequel
e prequel, l’ultimo dei quali è stato Alien: Covenant di Ridley
Scott nel 2017, il nuovo film del regista Fede
Álvarez servirà come una sorta di reset, raccontando una
storia ambientata tra gli eventi di Alien e
Aliens. Il film, che racconterà una vicenda a sé
stante, segue un gruppo di giovani provenienti da un pianeta
lontano mentre incontrano uno Xenomorfo per la prima volta.
Con l’avvicinarsi della data di
uscita di Alien: Romulus, Isabela Merced anticipa in un’intervista con
THR quello che il pubblico può aspettarsi dal nuovo film. Sebbene
l’attrice non condivida alcun dettaglio specifico della storia,
racconta che ha girato una scena che i suoi colleghi del cast hanno
fatto fatica a guardare.
“Finisce per essere un po’
complicato, ovviamente, come tutti i film di Alien, tuttavia, sì,
ci vedrete insieme a volte. Mentre stavamo effettuando le riprese,
Fede Álvarez mi ha dato l’iPad su cui guarda il girato e ha tirato
fuori il film. Allora gli ho detto che volevo vederne alcune parti
e lui me le ha mostrate. Ero io a tenere l’iPad e c’erano dieci
persone intorno a me che lo guardavano.
C’è una scena in cui ci sono io
e tutti si sono allontanati. Nessuno è rimasto a guardare
quell’iPad perché era così disgustoso. E lo stavo guardando così…
(Merced finge di tenere in mano un iPad con uno sguardo ipnotizzato
sul viso.) Ero così emozionato. (Ride.)
Adoro la fantascienza, davvero.
Fede mi ha lasciato guardare metà del film sull’iPad. Ho detto: “Se
l’iPad è pesante, te lo porto io”. Posso trattenerlo.’ (Ride.)
Quindi sono davvero, davvero emozionata per l’uscita. Ancora una
volta, ho la fortuna di far parte di questi progetti con il meglio
del meglio. Non posso crederci. Sono così sotto shock e non so
quando mi sveglierò.”
Alien: Romulus, tutto quello che sappiamo sul
film
Durante una chiacchierata con
Variety sul red carpet dei Gotham Awards dello scorso anno, la
Spaeny ha rivelato che Romulus si svolge tra gli eventi
dell’Alien
originale di Ridley Scott e il sequel di James Cameron, Aliens – Scontro finale. “Dovrebbe inserirsi tra
il primo e il secondo film“, ha detto Spaeny. “Hanno
portato lo stesso team di ‘Aliens’, il film di James Cameron. Le
stesse persone che hanno costruito quegli xenomorfi sono venute a
costruire i nostri. Quindi vedere il progetto originale con le
persone originali che hanno lavorato a questi film per più di 45
anni e che hanno fatto parte della loro vita è stato davvero
incredibile“.
A produrre il film c’è naturalmente
anche la Scott Free, la società del regista originale di Alien,
Ridley Scott,
che è produttore esecutivo. Con il titolo Alien:
Romulus, non è dunque ancora stato rivelato molto riguardo
all’ambientazione, alla collocazione temporale o alla trama del
film. Ad aprile, Álvarez aveva rilasciato un’immagine dietro le
quinte di un facehugger che stringe il ciak del film a bordo di una
stazione spaziale. La presenza del facehugger conferma che il film
si svolgerà dopo gli eventi di Prometheus
e Alien:
Covenant, che hanno rappresentato le origini degli
Xenomorfi così come li si conosce.
L’esperienza di Álvarez con i film
La casa e Man in
the Dark potrebbe però anche suggerire che lo
sceneggiatore-regista riporterà il franchise alle sue origini, con
un thriller dove il cast è braccato dagli alieni all’interno dei
confini della stazione spaziale. Con l’imminente film di
Alien che ha finalmente ricevuto una data di uscita,
il 16 agosto, il pubblico può ora aspettarsi
che vengano nei prossimi mesi rivelati ulteriori dettagli sulla
trama.
Il cinema dei supereroi
sembra aver raggiunto il suo punto di saturazione, tanto che, ogni
film di questo genere che si approssima alla sala, deve fare i
conti con una offerta vastissima e con delle aspettative miste a
scetticismo dello spettatore medio, ormai sazio. È lo scenario che
si presenta davanti a Madame Web, nuovo capitolo
di un universo in continua espansione, parte della famiglia dei
fratelli minori Marvel, di casa alla Sony e che
hanno come famoso e inarrivabile capostipite
Spider-Man. Il film, diretto da S. J.
Clarkson, prova a dare una lettura insolita alla classica
origin story di un personaggio dei fumetti. Il risultato è
modesto, ma non privo di elementi d’interesse.
Madame Web, la
trama
Il film racconta di
Cassandra Webb, interpretata con energia e un
certo grado di credibilità da
Dakota Johnson, che si ritrova a scoprire di avere
delle doti premonitorie che non sa controllare. Questo dono la
porta sulla strada di tre adolescenti, che lei vede morire per mano
di uno sconosciuto e che prontamente salva, non senza le proteste
delle ignare ragazze. Le quattro intraprenderanno un’avventura
insieme, diventando una piccola famiglia, non prima di scoprire che
lo sconosciuto omicida viene direttamente dal passato di
Cassandra.
Non proprio una
delusione
Sarebbe improprio
parlare di delusione, mentre ci si accinge a scrivere la
recensione di Madame Web, dal momento che le aspettative
degli spettatori, in generale, non erano altissime. C’era però
tanta curiosità, dal momento che il film si preannunciava insolito
anche per il genere cinefumettistico che ormai vanta una grande
varietà di declinazioni. E in effetti il film prende una strada mai
battuta prima, raccontando la storia di una giovane veggente che
intraprende un viaggio personale alla scoperta di sé, mentre trova
lungo il suo cammino una serie di figure che la completeranno,
formando con lei una sorellanza di reiette che trovano il loro
senso di esistere nella comunione reciproca.
Nel materiale originale,
Cassandra Webb è una figura anziana, cieca e
paraplegica, misteriosa, con poteri psichici impressionanti. Niente
di più diverso dalla atletica e giovane Johnson. È
chiaro che la scelta di un’attrice tanto amata e seguita sia stata
fatta per andare incontro al pubblico, tuttavia l’ex eroina della
saga di 50 Sfumature coglie l’occasione e riesce,
nonostante una scrittura traballante, a dare vita a un personaggio
ironico e a divertirsi genuinamente mentre fa da baby-sitter ai
personaggi di
Sydney Sweeney, Celeste O’Connor e
Isabela Merced, tutte estremamente sacrificate
nel film, con personaggi bidimensionali e vagamente stereotipati,
ma comunque capaci di dare una bella energia alla storia nel suo
complesso.
Il ritorno all’origine
del cinecomic
Nonostante delle
protagoniste accattivanti, Madame Web si arena
nelle scelte stilistiche e narrative che trasformano lo rendono
“vecchio”, il film abbraccia infatti un’estetica da cinecomic di
inizio anni 2000, che appare decisamente goffa e fuori tempo
massimo. Se la scelta di riprodurre un preciso stile narrativo e
estetico è volutamente stata fatta perché il film è ambientato
(senza una vera e propria ragione drammaturgica) nel 2003, allora
si potrebbe anche comprenderne una utilità o quantomeno un senso.
Tuttavia il fatto che il film parli una lingua cinematografica che
non esiste più sembra piuttosto dipendere da una mancanza di idee e
di un punto di vista brillante che possa effettivamente
ri-raccontare la storia di queste icone dei cinecomic in maniera
contemporanea a un pubblico di oggi.
Dakota Johnson, Sydney Sweeney, Celeste O’Connor e Isabela
Merced.
Un’eroina senza
azione
La Madame
Web di
Dakota Johnson è una giovane donna sarcastica che non
sembra molto a suo agio nelle scene d’azione, e questo non perché
l’attrice non sia capace di sostenerle ma perché queste scene
vengono costruite con poca precisione, come se non fossero
importanti. Certo, la ricerca del proprio posto nel mondo,
l’autodeterminazione e la consapevolezza di sé sono elementi molto
più centrali delle “botte”, per Cassandra, ma anche nella sua
battaglia contro il perfido Ezekiel (uno sprecassimo Tahar
Rahim), le sequenze di azione non sono di certo
ispirate.
Prendere in giro i fan
con convinzione
Madame
Web prende in giro i proprio fan, racconta una storia di
origini in definitiva molto classica, mescolando un po’ le carte in
tavola e traendo in inganno lo spettatore che si aspetta
decisamente un tipo di racconto diverso, un team-up al femminile,
come avevano già fatto Birds of Prey o The
Marvels. Questo però non impedisce alle attrici di
fare la loro parte, compatibilmente con la sceneggiatura troppo
spesso pretestuosa e confusa, e con uno stile di racconto che
sforzandosi di trovare un punto di vista originale e modalità nuove
per raccontare (soprattutto le scene delle premonizioni), finisce
per fare un gran pasticcio. Siamo dalle parti dello sfortunato
Morbius con Jared Leto,
per intenderci, ma almeno questa volta le protagoniste si prendono
meno sul serio. Il film sembra consapevole dei suoi limiti, ma con
sfrontatezza li espone tutti dal primo momento, cercando così di
farsi perdonare le sue mancanze. Se poi ci riesce, lo deciderà lo
spettatore.
Dopo la presentazione all’ultimo
Festival
di Cannes, nella sezione Un Certain Regard, anche nei cinema
italiani arriva la canadese Monia Chokri. Un gradito ritorno
quello dell’attrice di
Xavier Dolan (Les
amours imaginaires, Laurence Anyways), che si conferma regista da non
trascurare con il nuovo La natura
dell’amore, dal 14 febbraio in sala distribuito da
Wanted Cinema in collaborazione con Tinder, che lo
presenta come “la commedia sentimentale dell’anno“. Un
colpo di fulmine, un amore apparentemente impossibile tra due
persone diverse e lontanissime tra loro, sono l’innesco di una
sorta di celebrazione dell’amore, ma non solo, alla quale danno
vita Magalie Lépine-Blondeau e Pierre-Yves
Cardinal – con Francis-William Rhéaume e
la stessa Chokri – e che potrebbe regalarvi un retrogusto amaro,
oltre che stuzzicarvi e divertirvi, se cercate un San Valentino
diverso dal solito.
La trama di La natura
dell’amore
Sophia
(Lépine-Blondeau), 40 anni, è docente di filosofia all’Università
di Montreal, dove da dieci anni vive una consolidata e monotona
relazione con Xavier (Rhéaume), anche lui
professore. Una vita convenzionale basata su agio, stabilità e
intesa, soprattutto intellettuale, ormai, visto che la passione tra
i due sembra essersi assopita. A rompere una routine fatta di
vernissage e interminabili cene tra amici, però, interviene
Sylvain (Cardinal), il falegname tuttofare
incaricato di ristrutturare la casa di campagna della coppia… e la
vita di Sophia cambia all’improvviso. Di famiglia colta e
benestante lei, figlio di una rumorosa tribù proletaria e
“semplice” (come da titolo originale, Simple comme
Sylvain) lui, i due non potrebbero essere più
diversi, ma anche dimostrare a tutti che gli opposti si attraggono.
O no?
La stagione dell’amore viene e va
Non manca un pizzico di cinismo nel
racconto della regista canadese, che partendo dal presupposto
secondo il quale “due individui possano amarsi a prescindere dalle
loro differenze” mette in scena una sciarada ricca di implicazioni
sociali e culturali. Una sfida che vogliamo immaginare divertita,
nel suo ammiccare tra l’omaggio e la parodia a tanto cinema
francese di genere, romantico, erotico, intellettuale. Soprattutto
intellettuale. Cerebrale persino. Elementi che il film tiene a
sottolineare sin dalle diverse scene nelle quali Sophia e Xavier
discettano di filosofia e massimi sistemi con amici colti come
loro, convivi che danno la misura dell’ambiente d’origine della
donna, e non fanno che scavare ancor più profondamente il solco che
la divide dal suo inatteso amante.
E se di sfida si deve parlare – ché
così la definisce la Chokri – quella dei due amanti e del loro
amore ‘in salita’ è forse meno ardua di quella vissuta dalla
regista, attenta a tenere in equilibrio ironia e sensibilità, il
racconto dell’incontro-scontro e il rischio di scadere nel
classismo. O nel cliché della moglie annoiata e insoddisfatta,
sensibile al fascino passionale e trasgressivo, divertita dalla
possibilità di essere dominata, posseduta, oggettivata, salvo poi
spaventarsi della prospettiva di perdere il controllo del gioco o
di esser costretta a viverlo ogni giorno.
Tra esperimento sociale e di
stile
Ma senza voler bruciare le tappe e
suggerire troppo, sarà bene affidarsi alla scansione temporale
pensata dalla regista, interessata a osservare i suoi personaggi a
distanza, come in “un documentario sugli animali“.
Definizione nella quale è facile vedere la conferma della poca
empatia nei confronti dei due esemplari “sul punto di
accoppiarsi” e della sostanziale scelta del punto di vista
femminile – comprensibile e non una novità nel suo cinema – nel
racconto di qualcosa di più di un amore, di un colpo di fulmine, di
una passione. Anche la scelta di una fotografia ispirata a
Robert Altman e ai film romantici degli anni ’70,
alla Love Story, o a certa patinatura alla David
Hamilton, come anche a una estetica e certe scelte
registiche quasi da B-movie o da horror, denunciano un grande
lavoro preparatorio e impreziosiscono il gioco, davanti e dietro la
macchina da presa, che rischia di incatenare tanto i burattini
quanto la burattinaia
Come nasce un amore? Cosa ci attrae
nell’altro? Quanto contano differenze e somiglianze? E quanto è
giusto cercare di migliorare l’altro, di cambiarlo? Interrogativi
che rendono universale la storia, nella sua classicità. E che per
questo ha bisogno di una serie di personaggi di contorno ben
scritti come l’amica di Sophie – interpretata dalla stessa Chokri –
che la sostiene e conforta, a differenza della madre, che forse
conosce la figlia meglio di quanto lei stessa sappia, o il padre di
Xavier, malato di Alzheimer e tifoso della vita, per il quale tutto
va vissuto prima che sia troppo tardi. L’affresco va componendosi
in maniera attraente, ed è facile farsi trascinare dal turbine
iniziale, ma sono diversi gli agguati che la regista ha in serbo
per il pubblico, e sono quelli la forza di La natura
dell’amore. Nel quale sarà forse fin troppo facile empatizzare
ora con questa ora con quello o reagire come ci si aspetta davanti
a scene anche disturbanti, imbarazzanti, persino terrificanti a
modo loro, ma che difficilmente lascerà impassibili. E magari potrà
far riflettere sui propri bisogni e sulle scelte future.
Spider-Man è sempre stato solo nella sua lotta
al crimine, a eccezione di qualche partner e collaboratore
occasionale, tra cui spiccano le Spider-Woman.
Sebbene ogni Donna Ragno abbia le sue personalissime qualità,
alcune si distinguono come più significative e distintive
all’interno della grande storia della Marvel. Con due di loro
che faranno il loro debutto in live action in Madame
Web, è allora giunto il momento di districare la
complicata storia di Spider-Woman e scoprire chi effettivamente
sono questi personaggi.
Il personaggio di Jessica Drew è
la Donna Ragno originale
Creata da Archie
Goodwin e Marie Severin, la Donna Ragno
originale, a cui è stato poi dato il nome civile di Jessica
Drew, è apparsa per la prima volta in
Marvel Spotlight #32 nel 1977, prima di essere
protagonista di una serie tutta sua. Goodwin ritrasse Jessica come
un ragno evolutosi in un essere umano, ma Marv Wolfman, che fu lo
scrittore iniziale del fumetto solista di Spider-Woman, ritrattò
questa origin story. La versione di Wolfman dell’origine
di Jessica la presenta come una ragazza umana che si ammala a causa
dell’esposizione all’uranio. Suo padre, uno scienziato associato
all’Alto
Evoluzionario, la curò con un siero derivato dal
sangue di un ragno radioattivo, che le diede anche capacità
sovrumane.
In seguito, Jessica è stata rapita
e sottoposta a un lavaggio del cervello da parte
dell’HYDRA per diventare un’assassina dotata di
superpoteri. Le manipolazioni mentali dell’HYDRA le hanno permesso
di ricordare di essere un ragno evoluto per spiegare l’origine di
Goodwin. La sua storia è stata riscritta quando il personaggio è
tornato in auge grazie all’uso che Brian Michael
Bendis ne ha fatto nel franchise dei Vendicatori. Bendis
ha collaborato alla stesura della miniserie Spider-Woman:
Origin, che stabilisce che i poteri di Jessica derivano dal
fatto che sua madre è stata colpita da un laser specializzato a cui
lei e il padre di Jessica stavano lavorando mentre era incinta.
Origin ha anche semplificato il legame di Jessica con
l’HYDRA, facendo lavorare i suoi genitori direttamente per
l’organizzazione.
Spider-Woman ha portato a Jessica
Jones
Dopo essersi liberata
dall’influenza dell’HYDRA, Jessica mantiene l’identità di Donna
Ragno, ma la usa per combattere il crimine. Ha spesso lavorato come
investigatrice privata. Per questo motivo, Bendis aveva
inizialmente pensato di utilizzare Jessica come protagonista della
sua serie a fumetti Alias, che raccontava storie
poliziesche noir nell’Universo Marvel, prima di creare il
personaggio di Jessica Jones. Tuttavia, Jessica Drew è stata
una guest star in Alias, incontrando Jones. Sebbene abbia
combattuto al suo fianco in varie occasioni, Jessica non era
strettamente legata a Peter Parker/Spider-Man fino a quando non
sono stati entrambi reclutati nel roster iniziale dei Nuovi
Vendicatori.
L’evento Secret Invasion rivelò che, a partire da
qualche tempo prima della formazione della squadra, Jessica era
stata sostituita da un’impostora, Veranke, regina degli alieni
mutaforma Skrull. Dopo che gli eroi della Terra hanno respinto
l’invasione Skrull, la vera Jessica, che era stata tenuta
prigioniera, è stata ritrovata insieme ad altri rapiti. In seguito
ha mantenuto il posto di Veranke nei Nuovi Vendicatori, ma ha
dovuto affrontare i sospetti di vari membri della comunità dei
supereroi.
Julia Carpenter è stata la prima
donna ragno a unirsi agli Avengers
La seconda grande Donna Ragno,
Julia Carpenter (interpretata da Sydney Sweeney in Madame Web), è stata creata da
Jim Shooter e Mike Zeck ed è
apparsa per la prima volta in Marvel Superheroes Secret Wars
#6 nel 1984. Era coinvolta nel conflitto tra eserciti di
supereroi e supercattivi organizzato dal Beyonder su
Battleworld. Le apparizioni successive hanno
rivelato la storia delle origini del personaggio. Julia fu
ingannata dalla sua compagna di università Valerie “Val”
Cooper, che lavorava come agente governativo, affinché
partecipasse a un esperimento volto a creare un super-soldato. Dopo
essere stata iniettata di veleno di ragno e di estratti di diverse
piante esotiche, Julia acquisì poteri sovrumani simili a quelli
dell’Uomo Ragno.
All’inizio della sua carriera di
supereroe, si unisce alla Freedom Force, una squadra sponsorizzata
dal governo e supervisionata da Val, che spesso agisce come rivale
degli X-Men.
Lavorare al fianco dei suoi compagni di squadra, la maggior parte
dei quali erano membri riformati della squadra di supercriminali
nota come Confraternita dei Mutanti Malvagi, porta Julia a mettere
in discussione la sua decisione e, dopo che la Freedom Force entra
in conflitto con i Vendicatori, aiuta quest’ultima squadra, anche
se ciò la rende una fuggitiva dal governo. Il personaggio ha
occasionalmente assunto altre identità in costume, in particolare
sostituendo Cassandra Webb (interpretata da
Dakota Johnson in Madame Web) come Madame
Web per un certo periodo.
Mattie Franklin ottiene i poteri
di Madame Web
Creata da John Byrne e Rafael
Kayanan, la terza eroica Donna Ragno, Mattie
Franklin (interpretata da Celeste
O’Connor in Madame
Web), ha avuto una storia piuttosto oscura. Quando è
adolescente, Mattie sente che suo padre Jerry sta progettando di
partecipare al Raduno dei Cinque, un rituale di culto i cui
partecipanti, tra cui Norman Osborn, sperano di
ottenere misteriosi poteri. Mattie si sostituisce al padre nel
rituale e ottiene capacità fisiche sovrumane e il potere del volo.
Durante un periodo in cui Peter Parker si era ritirato dalla carica
di Uomo Ragno, Mattie, grande fan dell’eroe, indossa un costume
simile al suo e lo sostituisce.
Quando Peter torna
a essere l’Uomo Ragno, Mattie assume l’identità di Donna Ragno.
Durante un conflitto con Charlotte Witter, una supercriminale che
usa anch’essa il nome di Spider-Woman, Mattie perde temporaneamente
i suoi poteri. Quando li riacquista, riceve anche le abilità
combinate di Witter, delle due precedenti Donne Ragno e di
Madame Web. Frustrata dal rapporto con il padre,
Mattie si trasferisce dalla zia Marla, sposata con l’editore del
Daily Bugle J. Jonah Jameson.
Spider-Gwen è un’attuale beniamina
dei fan della Marvel
Una delle più recenti aggiunte alle
Donne Ragno è arrivata a rivaleggiare, se non addirittura a
superare Jessica come versione più riconoscibile e popolare del
personaggio. Creata da Jason Latour e Robbi Rodriguez,
Spider-Gwen è stata introdotta nel 2014 durante
l’evento fumettistico Spider-Verse. È una variante
di Gwen Stacy, il famoso interesse amoroso di
Peter Parker, proveniente da Terra-65, che è stata morsa da un
ragno radioattivo come il Peter dell’universo principale. Sebbene i
fan la chiamino più spesso “Spider-Gwen”, nel mondo della storia
Gwen è conosciuta come la Donna Ragno del suo universo, anche se ha
usato il nome in codice “Ghost-Spider”. Sentendosi impotente dopo
una vita di bullismo, il Peter di Terra-65 ha usato le sue
conoscenze scientifiche per fare esperimenti su se stesso,
trasformandosi in una versione del supercriminale Lizard.
Nella loro battaglia finale, Gwen,
che non sapeva ancora che il suo amico Peter fosse Lizard, è
costretta a ucciderlo per proteggere i civili. Alla sua morte,
Peter ritorna alla sua forma umana e il padre di Gwen, il capitano
di polizia George Stacy, inizia a dare la caccia a
Spider-Woman, sperando di arrestarla per omicidio. Ma dopo che Gwen
gli rivela la sua identità, i due iniziano a ricucire il loro
rapporto. Il successo commerciale e di critica dei film dello
Spider-Verse ha portato a una popolarità ancora maggiore per
Spider-Gwen, e molti fan sperano che Hailee
Steinfeld, che le dà voce nei film Un
nuovo universo e
Across the Spider-Verse, o Emma Stone, che ha interpretato una Gwen senza
poteri nei film di The Amazing Spider-Man, possano portare il personaggio
in live action.
Spider-Woman ha un’eredità
impressionante
Oltre a Witter e alle quattro
eroiche donne ragno elencate, nella storia della Marvel sono state realizzate
numerose versioni più oscure del personaggio. L’universo Ultimate
Marvel ha infatti la sua
Jessica Drew, un clone femminile di Peter Parker,
e alcune varianti di Mary Jane Watson hanno poi indossato il
costume di Spider-Woman in diversi universi alternativi, solo per
citare alcuni esempi.
Tuttavia, con i film dello
Spider-Verse e Madame Web che hanno fatto crescere i
profili di Jessica, Gwen, Julia e
Mattie, è probabile che queste quattro iterazioni
rimarranno le più importanti per un po’ di tempo.
Ormai ne parla da tempo
come della sua musa, del suo alter-ego, dopo Leonardo
Pieraccioni e quel Francesco Nuti cui
dedica questo suo
nuovo film (oltre ai ringraziamenti all’amica Asia
Argento, presente in un cameo), ma effettivamente senza
Pilar Fogliati non ci sarebbe il Romeo è
Giulietta di Giovanni Veronesi. Uno che
rifiuta la definizione di romantico – e che già promette un film
per il 2 novembre per compensare questo, in sala proprio dal 14
febbraio, San Valentino, distribuito da Vision
Distribution – ma che dopo la doppietta Moschettieri del re – La penultima
missione (2018) e Tutti per 1 – 1 per tutti (2020) sembra
aver trovato nuova linfa proprio nel tema della ricerca
dell’identità intorno al quale ruota tutta la vicenda. Che vede
coinvolti, a vario titolo, insieme alla protagonista,
Sergio Castellitto, Geppi Cucciari, Maurizio
Lombardi, Serena De Ferrari, Domenico Diele,
Margherita Buy e Alessandro
Haber.
Romeo è Giulietta, la trama
Il grande regista
teatrale Federico Landi Porrini (Castellitto) è
alla ricerca dei suoi Romeo e Giulietta per l’opera che dovrebbe
consacrare definitivamente il suo prestigio e concludere la sua
carriera sul palco del Festival dei Due Mondi di Spoleto. Tra le
tante deludenti candidate – provinate insieme al compagno Lori
(Lombardi) e al produttore Festa
(Haber) – spicca Vittoria, che viene però esclusa
a causa di un’ombra sul suo passato. Perso il ruolo di Giulietta,
andato alla tiktoker Gemma (De Ferrari), e
determinata a ottenere comunque un ruolo nello spettacolo e con la
complicità della sua amica truccatrice (Cucciari),
la giovane attrice decide di ritentare sotto falsa identità, per
dimostrare tutto il suo talento e prendersi una rivincita. È così
che si trasforma, e con il nome di Otto Novembre si propone per il
ruolo di Romeo, ottenendo la parte. Interpretare qualcun altro non
sembra poi così complicato, sia sul palco sia dietro le quinte,
neanche quando il suo fidanzato (Diele) viene scelto per
interpretare il ruolo di Mercuzio. Vestire però i panni di un uomo
le consentirà di scoprire molte cose su sé stessa, ma soprattutto
sulle persone che la circondano.
Una
nuova sfida per la Fregoli Fogliati
È innegabile la cura,
soprattutto formale, messa nell’operazione nata dalla nuova
collaborazione della coppia di Romantiche, che qui comprensibilmente
punta a mettere ulteriormente alla prova le ormai note capacità di
trasformismo di
Pilar Fogliati. Dopo l’aristocratica, la pariolina, la
borgatara e l’aspirante sceneggiatrice lasciano il campo, in
Romeo è Giulietta, a una promettente attrice pronta a
tutto per non rinunciare al suo sogno, anche a diventare uomo.
Ovviamente sul palco di un teatro, in questo caso, dove si svolge
gran parte del film e dove le trame e i piani dei vari protagonisti
vengono messi alla prova.
Serena De Ferrari e Pilar Fogliati@Enrico De Luigi
Uno spazio ristretto,
spesso cupo, che pur con le sue suggestioni e l’attenzione
dichiarata da Veronesi stesso alle riprese in interni, non risulta
l’arma in più che il regista si augurava fosse né offre occasioni
in più ad attori e personaggi per esprimersi o aggiungere
drammaturgia e tensione alla commedia. Che pure non delude e regala
buoni momenti, scambi convincenti e riesce a rendere credibile
l’intreccio, anche nei suoi passaggi più obbligati. E che, a
prescindere dalla lunga premessa dedicata ai provini e alla voluta
fissità (soprattutto degli esterni, per quanto in molti casi
inusuali, con Ponte Tazio, Villa Torlonia e la via Elpide di
Trionfale sfruttate più del fin troppo turistico laghetto di Villa
Borghese), per troppo tempo non sembra procedere, involuto tra
dubbi e tormenti poco originali e sentiti.
Una
commedia pronta per il remake
Ma non tutti i film
possono essere Tootsie o
Shakespeare in Love, o devono esserlo per
funzionare, visto e considerato che proprio l’appartenenza a quel
rango potrebbe accreditare le speranze della produzione di vendere
i diritti per un remake di questo Romeo è
Giulietta su scala internazionale (come accaduto già
per Perfetti sconosciuti e altri). Versioni
alternative che – oltre a soddisfare la curiosità di quale sarebbe
all’estero il fidanzato della influencer invece del romanista
Lukaku (caparbiamente difeso a scapito della possibilità di
scegliere il contendente interista) – permetterebbero di assistere
a altre interessanti declinazioni del tema della ricerca
dell’identità, non solo di genere, e del conflitto con sé stessi, i
propri principi e obiettivi, che restano lo spunto più interessante
di questa commedia.
Più dell’apprezzabile per
quanto autocelebrativo monologo iniziale di Castellitto, di una
delle definizioni più sintetiche ed esilaranti del personaggio di
Giulietta, della ormai stereotipata rappresentazione dell’attore
costretto a fare il rider (per lo meno stavolta non era il
cameriere) e dell’insistenza della Fogliati personaggio sul fatto
di essere più di una attrice comica (convinzione che immaginiamo
abbia la stessa Pilar, che attendiamo volentieri alla prova). Pro e
contro, come si diceva, tra i quali vanno sicuramente ascritti il
purtroppo debole finale e il surreale ballo al ristorante Alfredo –
tra i secondi – e gli incredibili titoli di testa e di coda
cantati, affidati alle incredibili doti di Alessandra Tumolillo,
che apre i giochi con la sua versione della “Si t’o sapesse
dicere” di Eduardo De Filippo, e di
Simona Molinari, un lusso che Veronesi si è
concesso e un regalo del quale lo ringraziamo.
Il primo trailer di Deadpool e
Wolverine, che ha debuttato domenica durante il Super
Bowl, ha battuto il record di trailer cinematografico più visto in
24 ore con l’incredibile cifra di 365 milioni di visualizzazioni
totali. Il precedente detentore del record era il trailer del film
Marvel
Spider-Man: No Way Home, che aveva 355,5 milioni di
visualizzazioni nelle prime 24 ore nel 2021.
Il trailer di Deadpool e
Wolverine ha avuto anche un aiuto dal Super Bowl di
quest’anno, che si è rivelato la trasmissione televisiva più vista
di tutti i tempi negli USA e ha raggiunto 123,7 milioni di
spettatori.
Deadpool e
Wolverine uscirà nei cinema il 26 luglio e segna
l’introduzione del Mercenario Chiacchierone di Ryan Reynolds nell’universo cinematografico
Marvel (con un rating decisamente
diverso rispetto ai primi due capitoli). Soprannominandosi
“Marvel Jesus”,
Deadpool arriva nel MCU dopo essere stato rapito dalla
Time Variance Authority, i manager del multiverso
visti l’ultima volta in Loki, e si ritrova nello
stesso mondo dei Vendicatori.
Sebbene il suo volto non si veda nel
trailer, anche Wolverine di Hugh Jackman passa dall’universo di
X-Men al MCU. Diretto da Shawn
Levy, il film comprende anche Emma Corrin,
Morena Baccarin, Rob Delaney,
Leslie Uggams, Karan Soni e Matthew Macfadyen.
Ewan McGregor ha firmato per recitare al
fianco di Anne Hathaway nel nuovo film della Warner Bros
Motion Picture Group, attualmente senza titolo, di David
Robert Mitchell, il regista dietro titoli come It
Follows e Under the Silver Lake.
Il logline del film è ancora tenuto
nascosto, anche se in precedenza è stato descritto come un “viaggio
da brivido” da girare in Imax. Mitchell dirigerà il film basandosi
su una sua sceneggiatura originale e produrrà insieme a
J.J. Abrams e Hannah Minghella
per Bad Robot e Matt Jackson di
Jackson Pictures. Jake Weiner e
Chris Bender di Good FearContent fungeranno da produttori esecutivi.
Sheila Walcott e Zach Hamby
stanno supervisionando il progetto per WBMPG.
Recentemente, dopo aver ripreso il
suo ruolo di Obi-Wan Kenobi nell’omonima serie di
Disney+ nominata agli Emmy,
Ewan McGregor ha vinto un Emmy per il suo
ruolo da protagonista in Halston di
Netflix, apparendo anche in film come
Birds of Prey, Doctor Sleep e Ritorno al bosco dei 100
acri. Lo vedremo presto nella miniserie della
Showtime e della Paramount Global A Gentleman in
Mosca, di cui è anche produttore esecutivo. Gli altri suoi
film in uscita includono la commedia drammatica TIFF di Niclas
Larsson Mother Couch, in cui recita al fianco di
Rhys Ifans, Taylor Russell ed Ellen
Burstyn; e Bleeding Love, il film
drammatico presentato in anteprima al SXSW da lui prodotto e nel
quale recita accanto alla figlia Clara
McGregor.
Stephen Amell sarà il protagonista della serie
spin-off di Suits della NBC, Suits:
LA, nel ruolo di Ted Black, “una carismatica forza
della natura che mette i propri bisogni al di sopra degli
altri”.
Prodotto da UCP,
Suits è andato in onda su USA Network dal 2011 al
2019, per nove stagioni. La serie, interpretata da Patrick
J. Adams, Gabriel Macht, Rick Hoffman, Meghan Markle, Gina
Torres e Sarah Rafferty, è ritornata alla
ribalta nel 2023 quando è arrivata in streaming su Netflix, finendo in cima alle classifiche per diverse
settimane. Ha superato i 45 miliardi di minuti trasmessi in
streaming su Netflix e Peacock messi insieme.
All’inizio di questo mese, lo
spin-off ha ottenuto un ordine pilota alla NBC, con l’inizio della
produzione a marzo a Vancouver. La nuova serie, creata dal creatore
originale Aaron Korsch, seguirà un nuovo gruppo guidato da Ted
Black, un ex procuratore di New York che ha creato uno studio
legale a Los Angeles specializzato in diritto penale e
dell’intrattenimento.
Secondo il logline ufficiale,
“La sua azienda è a un punto di crisi e per sopravvivere deve
abbracciare un ruolo che ha ricoperto con disprezzo per tutta la
sua carriera. Ted è circondato da un gruppo stellare di personaggi
che mettono alla prova la loro lealtà sia verso Ted che verso gli
altri mentre non possono fare a meno di mescolare le loro vite
personali e professionali. Tutto questo sta accadendo mentre si
svelano lentamente eventi accaduti anni fa che hanno portato Ted a
lasciarsi alle spalle tutto e tutti quelli che amava.”
David Bartis, Doug Liman,
Gene Klein e Victoria Mahoney sono i
produttori esecutivi. Mahoney dirigerà il pilot. Beatrice
Springborn, presidente degli Universal International
Studios e dell’UCP, aveva precedentemente rivelato che lo
spettacolo è ambientato nello stesso universo dell’originale, con
“la stessa energia e le stesse belle persone
dell’originale”.
Questa mattina
vi abbiamo riportato una carrellata di recensioni di
Madame
Web e, nel caso in cui qualcuno di noi abbi
il dubbio che abbia letto male, ci sarà molto più chiaro scoprire
che ahimé la reazione al film della Sony non è affatto
positiva.
Anche se sembra che ci siano
elementi del film che funzionano, la maggioranza sembra concordare
sul fatto che questo è un altro film Marvel della Sony
Pictures che sembra “superato” e un passo indietro
rispetto ad un genere che sta già combattendo alcune accuse da
“stanchezza da supereroi”.
Iniziare il 2024 con un adattamento
dei fumetti che probabilmente sarà un altro disastro di critica e
incassi non farà bene né alla Marvel né alla DC, e anche se è
ancora troppo presto per parlare di incassi, ma su Rotten Tomatoes
è stato generato un punteggio davvero molto basso.
Con un totale di 31 recensioni
contate, Madame
Web ha attualmente un punteggio Rotten del 23%.
Nei prossimi giorni ne verranno contate altre decine, ma a questo
punto ci vorrà un miracolo per ribaltare la situazione.
Venom ha ricevuto il 30% nel 2018, mentre il
sequel –
Venom: La furia di Carnage – ha migliorato la
situazione con un 57% scarso. Quanto a
Morbius, è molto indietro con il 15%.
Madame
Web vorrà evitare un numero così negativo, ma
qualsiasi cifra intorno ai 20 anni non è buona e pone questo ultimo
film della Sony/Marvel nello stesso campo di
battaglia di alcuni dei peggiori sforzi che abbiamo visto nelle
sale. Per qualche motivo, lo studio non riesce a catturare con
questi progetti live-action la stessa magia che abbiamo visto nei
film animati dello Spider-Verse.
Madame
Web è la storia delle origini di una delle eroine
più enigmatiche dei fumetti Marvel. Dakota Johnson interpreta la
protagonista, Cassandra Webb, un paramedico di Manhattan con poteri
di chiaroveggenza. Costretta a confrontarsi con alcune rivelazioni
del suo passato, stringe un legame con tre giovani donne destinate
a un futuro straordinario ma che dovranno sopravvivere a un
presente pieno di minacce.
Madame
Web è basato su un personaggio del mondo dei
fumetti Marvel creato da
Dennis O’Neil e John Romita Jr.
Il film è diretto da S. J. Clarkson
(Orange Is the New Black, Jessica
Jones, Anatomy of a Scandal) da una
sceneggiatura di Claire Parker e S. J.
Clarkson e interpretato da Dakota Johnson, nel ruolo di protagonista,
insieme a
Sydney Sweeney, Celeste O’Connor, Isabela
Merced, Tahar Rahim, Mike Epps,
Emma Roberts e Adam Scott. Madame
Web sarà nelle sale italiane dal 14 febbraio 2024
prodotto da Sony Pictures e distribuito da Eagle Pictures.
Considerato uno dei più grandi
maestri dei generi thriller ed horror, John Carpenter ha nel
corso della sua carriera realizzato alcuni grandi capolavori del
cinema. Tra questi si annoverano Halloween, La cosa, 1997: Fuga da New York, Essi
vivono e Il seme della follia. Uno dei suoi
lungometraggi meno citati e più insoliti è però
Starman (qui
la recensione), realizzato nel 1984. Questo si discosta
fortemente dal genere di opere per cui Carpenter è conosciuto,
offrendo piuttosto una leggera storia di fantascienza con elementi
da film sentimentale. Carpenter, però, dopo tanto orrore, si era
detto intenzionato a mostrare il lato migliore degli Stati
Uniti.
Oltre a tale motivazione, il suo
aver accettato la regia di questo progetto si spiegava anche con la
volontà di realizzare un film che fosse tonalmente l’opposto a La
cosa, nel tentativo di dimostrare di potersi occupare anche di film
più graditi agli occhi di Hollywood. Certo, Starman era
all’epoca ritenuto un progetto molto rischioso in quanto molto
simile in quanto a racconto a E.T. – L’extraterrestre,
uscito solo due anni prima, ma Carprenter volle privilegiare non
gli effetti speciali bensì il rapporto che si sviluppa tra i due
protagonisti, come avviene nei titoli da lui citati come fonte di
ispirazione: Accadde una notte (1934),Il
club dei 39 (1935) e La parete di fango
(1958).
Per i fan del regista,
Starman rimane dunque un’opera insolita ma meritevole di
essere riscoperta, che dimostra la capacità di Carpenter di saper
adattare la propria idea di cinema a racconti e temi sempre
diversi. Prima di intraprendere una visione del film, però, sarà
certamente utile approfondire alcune delle principali curiosità
relative ad esso. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti
possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla
trama, al cast di attori e
ad altro ancora. Infine, si elencheranno anche le principali
piattaforme streaming contenenti il film nel
proprio catalogo.
La trama di Starman
Protagonista del film è
Jenny Hayden, rimasta vedova e senza figli, che
una notte viene svegliata da uno strano splendore nel soggiorno
della sua casetta. Un fenomeno assurdo e terrorizzante si produce
sotto i suoi occhi: in pochi minuti, il corpo di un neonato si
trasforma e Jenny lo vede diventare bambino, adolescente ed uomo
fatto. Ma la cosa più incredibile è che l’uomo in questione è
identico al defunto marito, Scott Hayden. Lo
sconosciuto, che sembra conoscere solo alcune parole, fa salire la
donna sulla di lei macchina e la prega di condurlo subito in una
località dell’Arizona. È lontano, ma “loro” lo aspettano là e, se
non arriverà sul posto entro tre giorni, sarà destinato a
morire.
Il cast di Starman
Ad interpretare lo Starman del
titolo vi è l’attore Jeff Bridges. Per prepararsi a questo ruolo da
alieno con sembianze umane, Bridges ha studiato l’ornitologia e il
comportamento degli uccelli. Per il suo personaggio di Starman,
Bridges ha infatti utilizzato in particolare i movimenti improvvisi
e a scatti della testa, oltre ad altre sfumature e manierismi,
degli uccelli. Bridges pensava che l’alieno non avrebbe avuto
caratteristiche umane e, essendo racchiuso in un corpo umano,
avrebbe agito con istinti animali primitivi di base. Per la sua
interpretazione, Bridges fu poi nominato come Miglior attore agli
Oscar e questa è l’unica candidatura a tale premio mai ricevuta da
un film di Carpenter.
Per il ruolo del protagonista, in
realtà, erano stati considerati anche gli attori Kevin Bacon e Tom Cruise. Carpenter rimase colpito da
quest’ultimo, ma per via di altri impegni non poté prendere parte
al film. Nel ruolo di Jenny Hayden, ruolo per il quale ha dovuto
fare affidamento a tutta la propria immaginazione, vi è invece
l’attrice Karen Allen, meglio nota per aver
interpretato Marion Ravenwood nella
saga di Indiana Jones. Nel cast figurano poi anche
Charles Martin Smith nel ruolo di Mark
Shermin, Richard Jaeckel in quello di George Fox e
Robert Phalen in quello del Maggiore Bell.
Tony Edwards è il Sergente Lemon, mentre
Ted White è il cacciatore di cervi.
Starman, ci sarà un sequel?
Il successo del film portò alla
realizzazione di una serie sequel, che presenta però personaggi
completamente diversi. Realizzata nel 1986 e composta da 22
episodi, questa propone un racconto che si svolge circa 15 anni
dopo gli eventi del film. L’alieno torna sulla Terra nel corpo di
un fotoreporter di nome Paul Forrester che ha un figlio
adolescente, Scott Hayden Jr. e che si ritrova alle prese con un
agente del governo degli Stati Uniti. Ogni episodio è dunque il
racconto della fuga dei due da un posto all’altro degli Stati
Uniti. Lo scarso successo portò però alla cancellazione della serie
dopo la prima stagione.
Nell’aprile 2016, invece, era stato
riferito che il regista Shawn Levy (Una notte
al museo, Deadpool &
Wolverine) avrebbe diretto e prodotto un remake di
Starman. Nel 2021, però, Levy aveva dichiarato che il
remake era improbabile, poiché non era riuscito a trovare una buona
bozza della sceneggiatura che fosse degna di essere adattata. Nel
2018 è stato lo stesso Bridges a dirsi perplesso del remake,
dichiarando di essere invece disposto a tornare per un sequel, ma a
quella sua dichiarazione non è stato fatto seguito in alcun modo.
Ad oggi, dunque, il film di Carpenter sembra destinato a rimanere
un’opera a sé.
Il trailer di Starman e
dove vedere il film in streaming e in TV
È possibile fruire di
Starman grazie alla sua presenza su
alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in
rete. Questo è infatti disponibile nei cataloghi di Rakuten
TV, Google Play, Apple TV e Prime Video. Per vederlo, una volta
scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo
film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di
guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. Il
film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di
martedì 13 febbraio alle ore
21:10 sul canale Rai Movie.
Il film Gemini
Man (qui la recensione) è uno di quei
progetti per cui si è dovuta attendere la giusta tecnologia prima
di poterli realizzare. Ideato nel 1997 da Darren
Lemke, esso si basa infatti su un concept tanto semplice
quanto ambizioso, ovvero lo scontro tra un letale assassino e una
sua versione più giovane, con l’intenzione però di far
concretamente interpretare ad un unico interprete entrambi i ruoli.
Dopo anni di tentativi, il progetto ha finalmente preso vita grazie
all’interesse del produttore Jerry Bruckheimer, re
Mida del cinema di azione e fantascienza, che affida la regia al
premio Oscar Ang Lee.
Il regista taiwanese, distintosi per
film come La tigre e il dragone, I segreti di Brokeback
Mountain e Vita di Pi, si è
infatti dimostrato negli ultimi anni molto interessato al confronto
con le novità tecnologiche, sperimentando anche diversi formati.
Per Gemini
Man, infatti, ha deciso di ricorrere al 4K 3D a
120 fotogrammi al secondo (cinque volte più veloce dello
standard di 24 fotogrammi), cosa che fornisce non solo una maggiore
risoluzione delle immagini ma anche una loro maggiore fluidità
sullo schermo. Una scelta, quella del regista, che ha presentato
non pochi problemi, considerando che al momento dell’uscita del
film negli Stati Uniti non vi erano sale capaci di proiettarlo in
tale formato.
A prescindere dal suo formato,
Gemini
Man si è però dimostrato essere un solido film d’azione,
capace di stupire con diverse sequenze di grande impatto ma anche
solo per la doppia presenza di Will Smith, attore
protagonista qui impegnato nei due ruoli poc’anzi citati. Prima di
intraprendere una visione del film, però, sarà certamente utile
approfondire alcune delle principali curiosità relative ad esso.
Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare
ulteriori dettagli relativi alla trama, al
cast di attori e agli effetti
speciali utilizzati. Infine, si elencheranno anche le
principali piattaforme streaming contenenti il
film nel proprio catalogo.
La trama di Gemini Man
Protagonista del film è
Henry Brogan, un assassino professionista ormai in
là con gli anni che ha trascorso la sua vita a uccidere bersagli
per conto di un’organizzazione criminale. Dopo essersi guadagnato
la fiducia e il rispetto dei suoi superiori e aver portato a
termine una innumerevole quantità di compiti mortali, Henry decide
che è giunto il momento di ritirarsi dalla malavita e porre fine
alla sua carriera. Il suo capo, tuttavia, non ha alcuna intenzione
di lasciar andare un elemento così prezioso per i suoi affari. Ma
dopo che Henry si rifiuta di lavorare ancora per lui, allo spietato
leader non rimane altra scelta che attuare un piano al limite del
possibile.
Si serve infatti del DNA di Henry
per creare un suo clone più giovane di 25 anni a cui viene affidato
come primo compito quello di distruggere Brogan. Divenuto ormai
bersaglio di un sé stesso con le sue medesime abilità, che anticipa
ogni sua mossa e che ha dalla sua il vantaggio della giovinezza,
l’ex assassino, aiutato dall’agente governativo Danny
Zakarweski, si vede dunque costretto ad intraprendere
un’ultima lotta senza esclusione di colpi contro il suo duplicato,
nel tentativo di salvare la propria pelle ma anche quella del
proprio clone, prima che si distruggano a vicenda.
Il cast di Gemini Man e gli effetti speciali
Nel corso degli anni, vari attori
sono stati associati al ruolo da protagonista, tra i quali Harrison Ford,
Chris O’Donnell, Mel Gibson,
Jon Voight, Nicolas
Cage, Johnny Depp,
Clint Eastwood
(inizialmente considerato anche per la regia) e Sean Connery.
Il ruolo di Henry Brogan e del suo clone, infine, è stato assegnato
a Will Smith. Per
realizzare la versione più giovane dell’attore, Paramount ha
collaborato con WETA, la compagnia di effetti speciali co-fondata
da Peter Jackson e vincitrice di cinque Premi
Oscar. Per realizzare l’avatar di Junior sono dunque state
analizzati i tratti facciali ed espressivi di Smith da giovane; a
tale scopo sono stati utilissimi i molteplici episodi di Willy,
il principe di Bel-Air.
Si tratta di un processo molto
simile a quello utiliizzato da Martin Scorsese
per il film The Irishman, uscito
nelle sale lo stesso anno di Gemini
Man. Inoltre, per rendere più credibile il clone più
giovane interpretato da Will Smith, il regista Lee ha chiesto
all’attore di recitare in modo meno accurato, così da mettere in
scena una versione più acerba del personaggio e differenziarlo da
quello adulto. Accanto a Smith, nel ruolo dell’agente Zakarweski vi
è l’attrice Mary Elizabeth
Winstead, mentre Benedict Wong è Il
Barone. Clive Owen,
infine, interpreta Clayton “Clay” Verris, ovvero lo spietato
direttore della compagnia militare privata GEMINI.
Le location di Gemini Man: ecco dove è stato girato il
film
Le prime scene del film si svolgono
in Belgio, e più precisamente all’interno della
stazione di Liège-Guillemins, della cittadina di
Liegi. Successivamente ci si sposta a
Cartagena, antica città colombiana, dove avvengono
la maggior parte delle scene, in particolare quelle che vedono Will
Smith impegnato negli inseguimenti con il suo clone. Un’altra
affascinante location è Budapest, città
dell’Ungheria, di cui nel film si possono ammirare
i Bagni termaliSzéchenyi, che
sorgono all’interno del parco Városliget, e il
castello di Vajdahunyad. Infine, alcune sequenze
del film sono state girate a Glennville, in
Georgia, Stati Uniti.
Il trailer di Gemini Man e
dove vedere il film in streaming
È possibile fruire di
Gemini
Man grazie alla sua presenza su alcune delle più
popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Questo è
infatti disponibile nei cataloghi di Rakuten TV, Chili
Cinema, Google Play, Apple TV, Prime Video e Netflix. Per vederlo, una volta
scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo
film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di
guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. Il
film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di
martedì 13 febbraio alle ore
21:00 sul canale 20 Mediaset.
Sono innumerevoli le vicende
svoltesi nel contesto della Seconda guerra mondiale che si possono
raccontare. C’è il punto di vista di chi ha vissuto direttamente
sul campo di battaglia e le ogni scontro armato ha avuto le proprie
caratteristiche e specificità; c’è quello di chi ha portato avanti
la guerra dalle stanze del potere; e c’è quello dei civili che
hanno patito gli orrori in cui si sono ritrovati involontariamente
coinvolti. C’è però anche il punto di vista di chi ha cercato di
proteggere dalla brutalità della guerra la bellezza che c’è nel
mondo. Se si parla di bellezza artistica, quel compito è stato
ricoperto dai valorosi Monuments Men, a cui è
stato dedicato nel 2014 un film intitolato proprio
Monuments Men (qui
la recensione).
A dirigere il film vi è
George Clooney, che torna così alla regia dopo gli
apprezzati Good Night and Good Luck e Le idi di
marzo. Interessatosi all’argomento dopo aver letto il libro
omonimo del 2009 scritto da Robert Edse, di cui
Monuments Men è però solo un libero adattamento. Pur se
semplificata e riadattata, a Clooney interessava però portare al
cinema questa storia in quanto perfetto esempio di una serie di
valori da conservare e tramandare. Si offre così un vero e proprio
elogio di chi sacrificò la vita per proteggere un patrimonio
collettivo, la cui fruizione permette di arricchirsi spiritualmente
ed elevarsi al di là del male.
Le intenzioni del film sono dunque
quantomai nobili e per raggiungerle Clooney chiama a raccolta un
gruppo di attori amici con i quali dar vita ad un film
appassionante che offre un nuovo avvincente racconto di guerra.
Prima di intraprendere una visione del film, però, sarà certamente
utile approfondire alcune delle principali curiosità relative ad
esso. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile
ritrovare ulteriori dettagli relativi alla trama,
al cast di attori e alla storia
vera. Infine, si elencheranno anche le principali
piattaforme streaming contenenti il film nel
proprio catalogo.
La trama e il cast di Monuments Men
Durante la Seconda Guerra Mondiale,
lo studioso d’arte Frank Stokes viene a sapere che
Hitler sta rubando tutte le grandi opere d’arte per il suo museo
personale. Con il permesso del presidente Roosevelt, Stokes recluta
allora sei uomini esperti d’arte che si recano con lui in Europa
con il pretesto di essere soldati per scoprire dove si trovano le
opere d’arte rubate e salvarle da un destino incerto. Le cose
iniziano però a mettersi male quando ai tedeschi viene ordinato di
bruciare le opere d’arte e i russi iniziano invece a prenderle per
sé. A quel punto, salvare quel patrimonio diventerà questione di
vita o di morte.
Per dar vita a questa storia,
Clooney, anche interprete di Frank Stokes, ha chiamato accanto a sé
numerosi celebri attori, a partire dall’amico Matt Damon nel ruolo di James Granger.
Recitano poi nel film anche
Cate Blanchett nei panni di Claire Simòne, Bill Murray in quelli di Rich Campbell e
John Goodman in quelli di Walter Garfield. Il
premio Oscar
Jean Dujardininterpreta Jean-Claude Clermont,
mentre Hugh Bonneville è Donald Jeffries e
Bob Balaban è Preston Savitz. Infine,
l’anziano Frank Stokes che si può vedere alla fine del film non è
George Clooney con del trucco, bensì Nick Clooney,
padre dell’attore.
La vera storia dietro Monuments
Men
Come anticipato, quella narrata in
Monuments Men è una storia ispirata ad una vicenda vera,
ossia quella della task force militare organizzata dagli Alleati
facente parte del programma Monuments, Fine Arts, and Archives.
Si trattava di un gruppo composto da 345 civili, professionisti
dell’arte, provenienti da 13 nazioni diverse: professori
universitari, curatori, storici dell’arte, direttori di musei, che
lavorarono sul campo sotto il ramo operativo dello Supreme
Headquarters Allied Expeditionary Force, comandato dal futuro
presidente degli Stati Uniti Dwight Eisenhower. Il
loro scopo, durante la seconda guerra mondiale, era quello di
proteggere i beni culturali e le opere d’arte nelle zone di
guerra.
Già prima dell’entrata degli Stati
Uniti nella Seconda Guerra Mondiale, professionisti dell’arte e
organizzazioni artistiche lavoravano per identificare e proteggere
il patrimonio culturale in pericolo. Questi gruppi cercavano però
un’organizzazione nazionale affiliata alle forze armate che avesse
lo stesso obiettivo. Francis Henry Taylor,
direttore del Metropolitan Museum of Art, portò le loro
preoccupazioni a Washington, D.C, permettendo così all’istituzione,
il 23 giugno 1943 da parte del Presidente degli Stati Uniti
Franklin D. Roosevelt, della “Commissione
americana per la protezione e il salvataggio dei monumenti
artistici e storici nelle aree di guerra”.
Il generale Dwight D.
Eisenhower facilitò il lavoro del MFAA vietando ai
militari il saccheggio, la distruzione e l’alloggiamento in
strutture di importanza culturale. Inoltre, ordinò ripetutamente
alle sue forze di assistere il più possibile il MFAA. Era la prima
volta nella storia che un esercito cercava di combattere una guerra
e allo stesso tempo di ridurre i danni ai monumenti e alle
proprietà culturali. Nella primavera del 1944, dunque, i componenti
della missione si ritrovarono prima in Gran Bretagna per
addestrarsi, e successivamente si sparsero nel continente europeo
alla ricerca di luoghi dove rintracciare quadri, sculture e intere
collezioni scomparse da chiese e musei dopo il passaggio delle
truppe tedesche.
Quando si verificavano danni ai
monumenti, il personale del MFAA ha lavorato per valutarli e
guadagnare tempo per gli eventuali lavori di restauro che sarebbero
seguiti. L’addetto ai monumenti Deane Keller ha ad
esempio avuto un ruolo di primo piano nel salvare il Campo
Santo di Pisa dopo che un colpo di mortaio aveva innescato
un incendio che aveva fuso il tetto in piombo, facendo poi colare a
picco le iconiche pareti affrescate del XIV secolo. A partire dalla
fine di marzo del 1945, le forze alleate iniziarono a scoprire
ulteriori depositi di opere d’arte in quella che divenne la
“più grande caccia al tesoro della storia“.
Solo in Germania, le forze americane
trovarono circa 1.500 depositi di oggetti d’arte e culturali
saccheggiati da istituzioni e privati in tutta Europa, oltre a
collezioni museali tedesche e austriache che erano state evacuate
per essere custodite. Anche le forze sovietiche fecero delle
scoperte, come i tesori dello straordinario Museo dei Trasporti di
Dresda. Centinaia di manufatti furono consegnati dal generale delle
SS Karl Wolff, o la loro ubicazione fu comunicata
da quest’ultimo, nell’ambito dell’Operazione Sunrise, la sua
trattativa segreta con l’Office of Strategic Services.
Innumerevoli sono dunque stati i
monumenti, le chiese e le opere d’arte salvati o protetti dal
personale della sezione MFAA, la cui dedizione al lavoro li portava
spesso davanti alle linee di battaglia. Il film apporta però
notevoli cambiamenti e semplificazioni alla storia vera, oltre a
cambiare tutti i nomi dei Monuments Men coinvolti, riducendo il
gruppo a soli sette uomini e stabilendo la sua istituzione per mano
del personaggio di Clooney dopo il bombardamento dell’abbazia di
Cassino, nel febbraio 1944. Le prime operazioni dei Monuments
Men, in realtà, risalgono all’intervento britannico in Libia nel
1942 e allo sbarco degli Alleati in Sicilia nel luglio del
1943.
Il trailer di Monuments
Men e dove vedere il film in streaming e in TV
È possibile fruire di
Monuments Men grazie alla sua presenza su
alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in
rete. Questo è infatti disponibile nei cataloghi di Rakuten
TV, Google Play, Apple TV, Prime Video e Disney+. Per vederlo, una
volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il
singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così
modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità
video. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di
martedì 13 febbraio alle ore
21:15 sul canale Cielo.
Apple TV+
ha annunciato oggi il rinnovo per la terza stagione di Invasion, la serie di fantascienza ideata dal
produttore Simon Kinberg, candidato all’Oscar e due volte nominato
agli Emmy (“X-Men“,
“Deadpool”, “Sopravvissuto
– The Martian“) e da David Weil (“Hunters”). La terza stagione
di Invasion entrerà in produzione alla fine del
mese.
Dopo il debutto della seconda stagione, Invasion è stata lodata per aver “alzato la
posta in gioco” in ogni stagione, offrendo un “mélange di intrighi,
sviluppo dei personaggi e un ritmo che brucia a fuoco lento”, oltre
a una fotografia esperta che “cattura la bellezza e l’inquietudine”
di un’invasione aliena. La prima e la seconda stagione di
“Invasion” sono ora disponibili su Apple
TV+.
«Sono molto orgoglioso di quello che siamo riusciti a fare
con le prime due stagioni dello show grazie ai nostri partner di
Apple
TV+, al nostro cast e alla nostra troupe», ha
dichiarato il creatore e produttore esecutivo Simon Kinberg.
«Questa nuova stagione continuerà ad alzare la posta in
gioco e la propulsione di “Invasion”, mantenendo i nostri
personaggi in primo piano e mettendoli insieme in modi che, si
spera, sorprenderanno e soprattutto emozioneranno il nostro
pubblico, che è stato così incredibilmente solidale e stimolante
fin dal primo giorno».
Invasion segue un’invasione aliena attraverso
diverse prospettive da più parti del mondo. La serie, ricca di
azione, è interpretata da Golshifteh Farahani, Shioli
Kutsuna, Shamier Anderson, India Brown, Billy Barratt, Azhy
Robertson, Paddy Holland e Tara Moayedi. La seconda
stagione ha visto anche la partecipazione dei nuovi regular Enver
Gjokaj, Nedra Marie Taylor e Naian González Norvind.
Prodotta per Apple
TV+ da Boat Rocker, Invasion è creata da Kinberg e Weil, che sono
anche produttori esecutivi insieme a Audrey Chon, David Witz, Alik
Sakharov, Andrew Baldwin, Dan Dietz e Katie O’Connell Marsh. Nick
Nantell è il produttore esecutivo di Boat Rocker.
Christopher Nolan è uno dei registi più
leggendari del momento e il suo amore per il cinema si estende
anche all’universo di
Fast and Furious, una passione di cui dice di non
vergognarsi.
Durante una recente apparizione al
The Late Show con Stephen Colbert, Christopher Nolan è stato interrogato sul suo
famigerato amore per il franchise, e non ha avuto problemi ad
ammettere la sua passione senza sensi di colpa.
“Non ho alcun senso di colpa
per essere un fan della serie Fast and Furious“, ha detto
Nolan, prima di definirla “una serie d’azione
straordinaria“. Il regista è rimasto scioccato dal fatto che
Colbert non ne abbia mai visto uno, e ha detto di guardarli “in
continuazione“.
“Non ne hai mai visto
uno?“, ha detto Nolan. “Guardo sempre quei film. Li adoro.
Mi stupisce che tu non ne abbia mai visto uno“.
Christopher Nolan
suggerisce da dove iniziare per uno spettatore che vuole iniziare a
guardare Fast and Furious
In totale, sono usciti 11 film di
Fast and Furious, compreso lo spin-off
Hobbs & Shaw del 2019. Il film più recente, Fast
X, è uscito nel maggio 2023, mentre Fast
and Furious 11 è attualmente previsto per il 2025.
Sono previsti anche altri tre film spin-off, tra cui uno con
protagonista
Dwayne Johnson. Di seguito l’intervista:
Netflix
dopo il
teaser ha diffuso il trailer del film action Damsel
che vede protagonista l’attrice Millie Bobby Brown. Millie Bobby Brown è una damigella che
non ha bisogno di essere salvata in Damsel,
il film diretto da Juan Carlos Fresnadillo, in arrivo solo su
Netflix dall’8 marzo 2024.
In Damsel
Una devota damigella accetta di sposare un affascinante principe,
per poi scoprire che la famiglia reale vuole offrirla in sacrificio
per ripagare un vecchio debito. Intrappolata in una caverna con un
drago sputafuoco, dovrà utilizzare astuzia e caparbietà per
sopravvivere.
DIRETTO DA: Juan Carlos Fresnadillo
SCRITTO DA: Dan Mazeau
PRODOTTO DA: Joe Roth, p.g.a., Jeff Kirschenbaum,
p.g.a., Chris Castaldi, p.g.a.
CO-PRODUTTORE: Emily Wolfe
PRODUTTORI ESECUTIVI: Sue Baden-Powell, Zack Roth,
Millie Bobby Brown, Robert Brown, Dan Mazeau, Mark Bomback
CAST: Millie Bobby Brown, Ray Winstone, Nick
Robinson, Shohreh Aghdashloo, con Angela Bassett e Robin
Wright
Quando uscì Barbie al
cinema, il film risollevò alcune riflessioni riguardo il duplice
significato della bambola. Se da una parte aveva dato l’occasione
alle bambine per sognarsi in ruoli diversi, in un’emancipazione
cavalcante, dall’altra aveva servito alla società uno stereotipo
femminile su cui basarsi. Per essere belle i fattori dovevano
essere due in primis: essere alte ed essere magre. Un chilo di
troppo, un outfit più sportivo, un’acconciatura meno ordinata,
equivaleva invece a sciatteria, creando l’immagine-stereotipo (ci
risiamo!) della sfigata di turno, rigettata da tutti.
E allora Michela Andreozzi decide di cucire sul corpo e
la simpatia di Diana Del
Bufalo una tipica ragazza comune dominata dalla
semplicità, ma insicura, che con il supporto di una delle “dive”
del panorama pornocinematografico, Valentina
Nappi, si prende la sua rivincita. Ne esce fuori Pensati
Sexy, una commedia tutta italiana che abbellisce
gli elementi classici del genere con uno spirito di modernità e
freschezza che piace, nonostante qualche scontatezza di troppo e
alcune frasi e situazioni preconfezionate che alle volte fanno
storcere il naso. Pensati Sexy è disponibile su Prime
Video, e nel cast ben assoritito compaiono Raoul Bova, Alessandro Tiberi
e Jenny De Nucci.
La trama di Pensati Sexy:
“Devi amare te stessa”
A Maddalena (Diana Del
Bufalo) la sua vita fa schifo. Lavora come ghostwriter in
una casa editrice che non la tiene per niente in considerazione, se
non il suo capo, con il quale intrattiene un rapporto ambiguo. Non
riesce ad andarci a letto, è goffa, impacciata, non crede in sé
stessa. Non si ama come dovrebbe. A contribuire allo suo sconforto
c’è anche il resto del mondo che sembra quasi non aspettare altro
che deriderla, prenderla in giro per il suo peso, i suoi vestiti
larghi e la poca femminilità. La madre, poi, non fa che ricordarle
di bere tisane e mangiare frutta per potersi drenare.
Nessuno la accetta, ma il problema
principale è che è lei stessa che non si accetta per quella che è.
In suo soccorso arriva allora una quanto più provocante e ironica
Valentina Nappi, frutto dell’immaginazione della
stessa Maddalena, che dagli Inferi in cui si trova la porterà in un
vero e proprio Paradiso, dovela ragazza imparera a volersi bene e
farsi scivolare di dosso il giudizio altrui. Che nella vita,
capirà, non serve a niente.
Fra scatole rosa e stanze
dell’autostima
Nel guardare Pensati
Sexy non possiamo che apprezzare la fantasia e
l’ingegno della regista nel rappresentare visivamente la
costruzione della propria autostima. Essere sicure di sé,
nonostante l’era contemporanea, non è scontato. C’è chi ancora
crede che per essere affascinante, sensuale o piacente, una donna
debba rispettare un preciso canone estetico, oppure è fuori dal
campo visivo maschile o, ancora più largamente, sociale. Perché in
fondo si è cresciuti in un mondo in cui nello specifico il corpo
femminile è principalmente oggetto di piacere, mezzo di godimento,
e l’accettazione di se stesse passa prima dallo sguardo scrutatore
e giudicante di un uomo.
E allora, come nel caso di
Maddalena, la stanza dell’autostima, primo colpo andato a segno
della regista, è un luogo incolore, desertico. Ma come insegna
Valentina Nappi, suo spirito guida, un Virgilio con
corsetti, reggicalze e ciglia finte, per stare bene con se
stesse non c’è bisogno né di essere delle modelle da Fashion Week,
né avere il consenso di altri. Basta, semplicemente, amarsi per
quelle che si è. Quella stanza, così, avrà verdi alberi e colori
sgargianti. Per farlo, però, è necessario annaffiare i propri
germogli quotidianamente, affinché essi fioriscano. Altrimenti si
finisce in una grossa scatola, come Barbie, in cui si è imprigionate ed in esposizione, e
si aspetta che il “macho” di turno scelga la prediletta con cui
passare il suo tempo come si sceglie la carne al bancone dal
macellaio, per intenderci.
Ed è proprio qui che Pensati
Sexy riesce in quanto a originalità, e va a
soppiantare alcune parti di sceneggiatura un po’ troppo ingolfate
di frasi fatte, alcuni personaggi al limite del caricaturale e
alcune situazioni eccessivamente tirate per stimolare la battuta.
Perdoniamo anche a Valentina Nappi la poca elasticità recitativa,
perché nonostante tutto riesce a incastrarsi bene con una
Diana Del Bufalo mai così divertita e divertente
nel suo primo vero ruolo da protagonista.
Dopo una lunga ricerca, è stato
scelto il nuovo protagonista di Karate
Kid,
remake in cui sono già coinvolti Ralph Macchio e Jackie Chan.
Distribuito originariamente nel 1984, The Karate Kid racconta la
storia di un maestro di arti marziali che insegna a un adolescente
l’arte del karate. Il film ha tre sequel, un riavvio e una
continuazione televisiva con Cobra Kai, e sarà presto adattato in
un altro film.
Secondo The Hollywood Reporter,
l’imminente film di Karate Kid ha trovato la sua nuova stella. Si
tratta dell’attore di American Born ChineseBen Wang. Dopo un processo di audizione, gli
addetti ai lavori hanno affermato che il casting di Wang è stato
determinato dal suo profondo legame emotivo con il personaggio e
alla sua fluidità in mandarino.
Il casting di Wang in The
Karate Kid è un’impresa titanica considerando il processo
di casting della produzione. Nel novembre del 2023, Sony
Entertainment ha lanciato un casting per il protagonista di Karate
Kid, oltre a confermare lo sviluppo del film. Dopo l’annuncio, la
società ha ricevuto oltre 10.000 audizioni. Wang aveva già recitato
nella serie American Born Chinese.
Al momento la trama di The Karate
Kid è ancora nascosta. Voci precedenti indicavano che la storia si
concentrerà su un adolescente cinese-americano che cresce
attraverso l’arte del karate, con l’aiuto di un maestro.
Analogamente al riavvio di The Karate Kid del 2010, il film Karate
Kid del 2024 non sarà un remake esatto del film originale del 1984,
ma piuttosto prenderà in prestito la struttura generale della trama
e i temi.
Macchio riprenderà il ruolo di
Daniel LaRusso, che ha interpretato nella trilogia
cinematografica originale di Karate Kid iniziata
nel 1984 e ripreso nella serie Cobra Kai di
Netflix,
che ha da poco annunciato la sua sesta e ultima stagione. Chan
tornerà nel ruolo di Mr. Han, un maestro di kung fu ispirato al
personaggio del Maestro Miyagi, che ha allenato Dre Parker di
Jaden Smith nel film remake del 2010.
I Marvel Studios hanno tagliato una scena che
avrebbe potuto uccidere la Captain Marvel di Brie
Larson nel finale di The
Marvels. L’ultimo film del Marvel Cinematic Universe, ha visto
Carol Danvers collaborare con Monica Rambeau e Kamala Khan, alias
Ms. Marvel. Mentre il trio è riuscito a
sconfiggere la cattiva Dar-Benn, il finale di The
Marvels è stato incredibilmente emozionante a causa del fatto
che Monica è rimasta intrappolata in un altro universo e Carol non
è stata in grado di salvarla, ma ora si scopre che il film sarebbe
potuto finire anche peggio per Carol.
Parlando al podcast Phase Zero di
Comicbook.com, l’attrice Zawe Ashton che
interpreta Dar-Benn di The Marvels ha rivelato che
il film ha filmato un finale alternativo che apparentemente
includeva la morte di Captain Marvel. Secondo l’attrice, è stata
girata una scena in cui Capitan Marvel e il suo personaggio
“bruciavano insieme” mentre combattevano nello spazio.
“C’è stato un altro finale che
abbiamo filmato, in cui Brie e io siamo nello spazio e stiamo
ancora combattendo, e bruciano insieme, il che è stato davvero
fantastico. Quella è stata solo una giornata trascorsa appesa ai
cavi con Brie, il che è stato surreale e divertente. Ma sì, c’erano
alcuni piani diversi, credo.”
The
Marvels, il sequel con protagonista il premio
Oscar Brie
Larson, è sceneggiato da Megan
McDonnell, sceneggiatrice dell’acclamata serie
WandaVision.
Sfortunatamente, Anna
Boden e Ryan Fleck, registi del
primo film, non sono tornati dietro la macchina da presa: il
sequel, infatti, è diretto da Nia DaCosta, regista
di Candyman.
Nel cast ci sono anche Iman Vellani(Ms.
Marvel)
e Teyonah Parris (Monica Rambeau, già
apparsa in WandaVision). L’attrice Zawe
Ashton, invece, interpreta il villain principale. Il film
è uscito in sala dall’ 8novembre
2023.
One
Day ha debuttato su Netflix
settimana scorsa e sta facendo ridere e piangere migliaia di
spettatori della piattaforma
streaming. La serie romantica nuovo adattamento
dell’omonimo romanzo vede protagonista Ambika Mod nei panni
della protagonista, ma forse non sapevi che Ambika
Mod inizialmente aveva detto di no all’interpretazione di
Emma Morley?
La serie segue gli
amici Dexter ed Emma da quando si incontrano per la prima
volta all’università nei successivi 20 anni e vediamo gioie, dolori
e altro ancora nel corso dei 14 episodi. Ora che l’abbiamo
vista non potremmo immaginare nessun altro oltre a Leo
Woodall e Ambika Mod nel ruolo di Dex ed
Em, ma ora Ambika Mod ha rivelato perché non si
vedeva nel ruolo.
In un’intervista con
BBC Women’s Hour , ha detto che era stanca dopo
aver recitato nel dramma medico This Is Going To Hurt
, dove interpretava Shruti. “È stata un’esperienza davvero
travolgente per me”, ha detto Ambika. “Nessuno ti prepara mai
veramente per quel momento, specialmente quando le persone sono
davvero interessate a uno spettacolo. La mia tazza
[traboccava].”
Poi, quando è arrivata
l’audizione per Emma, ha condiviso che non si vedeva interpretare
un personaggio del genere. “Onestamente non mi vedevo
interpretare un ruolo romantico“, ha continuato.
“Non si vedono
molte donne di colore sullo schermo come protagoniste romantiche.
Non si vedono mai donne così in quella posizione. Ci è voluto molto
durante il processo e le riprese per farmi dire, ‘Oh sì, sono io
questo personaggio‘. Beh, pensiamo che Ambika sia
assolutamente brillante nel ruolo di Emma in One
Day. One
Day è ora in streaming su Netflix.
One
Day narra la storia di Emma Morley e Dexter
Mayhew, che si parlano per la prima volta il 15 luglio 1988, la
sera della loro laurea. La mattina seguente prendono strade
diverse, ma dove saranno in questo giorno ordinario il prossimo
anno, l’anno dopo e ogni anno successivo?
In ogni episodio ritroviamo Dex ed
Em in questo giorno particolare, un anno più vecchi, mentre
crescono e cambiano, si ritrovano e si separano, vivono gioie e
delusioni. One Day è una storia d’amore che
copre un periodo di decenni tratta dal bestseller internazionale di
David Nicholls.
La nuova serie
NetflixOne
Day (qui
la recensione) segue Dex (Leo Woodall) ed Emma
(Ambika Mod) nel loro rapporto in continua
evoluzione nell’arco di 20 anni. I fan del libro di David Nicholls non rimarranno
delusi da quanto adattamento, particolarmente fedele al testo
originario. Naturalmente, non mancano alcune cose riproposte in
modo diverso, ma questi cambiamenti non distraggono dal godimento
generale della serie e spesso si tratta di cambiamenti che
migliorano il racconto. Scopriamo allora le maggiori differenze tra
la serie e il libro.
Le differenze tra One Day di Netflix e il
libro di David Nicholls
La scena iniziale
Nella serie: La serie si apre prima che Emma e Dex
si incontrino ufficialmente, con entrambi che festeggiano la laurea
e vediamo che il loro incontro avviene nel momento in cui Dex si
avvicina a Em sulle scale della festa per parlarle.
Nel libro: Il libro, invece, si apre con Emma e
Dex che già si conoscono e hanno una relazione, mostrandoceli a
letto mentre parlano del futuro.
Il viaggio ad Arthur’s Seat
Nella
serie: Durante il primo episodio della serie vediamo
Dex ed Em recarsi ad Arthur’s Seat e trascorrere lì la giornata
prima di tornare al suo appartamento, dove vengono accolti dai suoi
genitori.
Nel libro: Questa scena accade
più in là nel libro, tuttavia scopriamo cosa hanno fatto la coppia
nel loro primo giorno insieme solo alla fine del romanzo, dopo la
morte di Emma.
1990
Nella
serie: Il terzo episodio ci porta nel 1990, dove Dex è già
un presentatore televisivo ed Emma si è trasferita da Tilly e
lavora in un ristorante messicano.
Nel
libro: Nel libro, invece, nel 1990 Dex è ancora in
viaggio, questa volta in India dove incontra un produttore
televisivo che gli dice che sarebbe bravo in TV, mentre Emma è al
suo primo anno di lavoro al ristorante. Da questo momento in poi lo
show televisivo è sempre circa un anno avanti rispetto alla
cronologia del libro, poiché ciò che accade nell’episodio tre in
realtà dovrebbe essere nel 1991 e non nel 1990.
Viaggio in Grecia
Nella
serie: Nella serie, il viaggio in Grecia si svolge nel
1991 e presenta differenze riguardo gli eventi che accadono durante
questo viaggio, come i vestiti che vengono rubati a Dexter.
Nel
libro: Nel libro il viaggio è ambientato nel 1992 e dopo
il tuffo in mare di Emma e Dexter, i suoi vestiti vengono rubati da
una persona del posto e deve tornare in hotel a piedi in un sacco
pesante avvolto intorno la sua vita.
Tilly e Dexter
Nella
serie: Per tutta la serie Tilly è un’amica molto più
affidabile per Emma e sembra essere qualcuno da cui dipende
veramente. È anche molto favorevole a Dexter e i due sembrano
essere semplicemente amici.
Nel libro: Tuttavia, nel libro, Tilly
non è descritta come la più affidabile delle amiche e, cosa più
importante, lei e Dexter dormono insieme una volta nel 1992, cosa
che non compare nella serie.
L’incontro con la pubblicazione del libro di
Emma
Nella serie: l’incontro tra Emma
e la casa editrice non viene mai mostrato nella serie e l’abbandono
di Dex dal suo programma televisivo è combinato con l’episodio
dell’incontro con la famiglia di Sylvie.
Nel
libro: Nel capitolo del 1997 Emma va a una riunione
editoriale molto imbarazzante che si rivela essere un colloquio per
il lavoro della tata dell’editore e quel capitolo vede anche Dex
escluso dal suo programma televisivo.
Il matrimonio di Tilly
Nella
serie: Nella serie TV il marito di Tilly si chiama Graham
e diventa un personaggio comico negli episodi successivi.
Nel
libro: Nel libro, invece, il personaggio ha semplicemente
un nome diverso: Malcolm. Al matrimonio di lui e Tilly, Emma fa
anche un discorso, a differenza della serie.
Il nome dei libri di Emma
Nella
serie: I libri per bambini di successo di Emma
parlano di un personaggio chiamato Nisha Halliday.
Nel
libro: Nel romanzo parlano invce di un personaggio
chiamato Julie Criscoll.
L’episodio 13 di One Day
Nella
serie: L’episodio 13 comprende il tempo trascorso da Dex
ed Em a vivere insieme. Il primo anno vede Dexter acquistare il
negozio con Emma, Jasmine venire in visita e la coppia decide di
volere un bambino nel secondo anno, fino al terzo e ultimo anno, il
2002, in cui Emma muore tristemente.
Nel
libro: La sequenza temporale è leggermente diversa. Nel
2002 Dexter ha già acquistato il negozio e proprio quel giorno
avviene la visita di Jasmine. Nel 2003 la coppia si reca in una
casa per le vacanze nel North Yorkshire, dove parlano del loro
matrimonio e giocano a Scrabble. E poi alla fine Emma muore nel
2004.
La chiacchierata di Ian con Dexter
Nella
serie: Nel secondo anniversario della morte di Emma, Ian e
il resto dei cari e vicini di Dexter e vengono a tenere compagnia a
quest’ultimo. Prima di partire per tornare nel Devon, Ian parla con
Dexter in giardino di Emma e di quanto Dexter abbia reso Emma
felice.
Nel
libro: Ian dice ancora queste gentili parole nel libro,
tuttavia le scrive in una lettera nel primo anniversario della
morte di Emma nel 2005.
Il finale di One Day
Nella
serie: L’episodio finale della serie si apre con Emma
e Dex a casa di Dex a Natale, prima di mostrare Dexter che si
ubriaca ad una festa di compleanno per bambini, per poi ubriacarsi
ancora di più man mano che la notte prosegue da solo. Finisce a
casa di Sylvie e lei chiama suo padre, che viene a prenderlo e
riportarlo a casa.
Poi si salta avanti
di un anno, fino al secondo anniversario della morte di Emma,
dove tutti si riuniscono per celebrare l’anniversario della morte
di Emma. E nel terzo anniversario Dexter, suo padre e Jasmine si
recano a Edimburgo per riflettere sulla vita di Emma.
Nel
libro: gli ultimi tre anni del romanzo cambiano in modo
molto diverso rispetto alla serie televisiva. Nel primo
anniversario Dexter porta i dipendenti del suo bar a bere qualcosa
prima di proseguire da solo e per fortuna non è coinvolta alcuna
festa per bambini. La storia segue la stessa della serie con Sylvie
e suo padre che lo aiutano.
Il secondo anno vede
Dexter nel suo nuovo appartamento e che ora esce con Maddy, la
direttrice del suo bar. E invece di avere tutti intorno a parlare
di Emma, chiama semplicemente ogni persona per parlare di lei. E
il terzo anniversario della sua morte vede Dexter, Maddy e Jasmine
recarsi a Edimburgo.
La breve
esperienza di Dakota Johnson nella
versione americana di The
Office è stata apparentemente il
“periodo peggiore” della sua
vita. La 34enne è
apparsa in un recente episodio di Late Night
with Seth Myers,dove ha fatto un viaggio nel suo
passato con il conduttore.
Durante la
chiacchierata, Dakota ha ammesso che il suo piccolo ruolo nel
finale del 2013 quasi non valeva la pena e che la sua esperienza
non era quella che si aspettava. Per disfare le valigie, la
star di Madame
Web ha rivelato per la prima volta che
amava lo spettacolo “così tanto” e quando le è stato chiesto di
partecipare, è stato un ovvio “sì”.
Tuttavia,
secondo Dakota Johnson, è stato “il
periodo peggiore della mia vita” per una serie di ragioni.
Uno, nonostante il suo ruolo fosse solo minore, è stata richiesta
sul set molto più a lungo del necessario.
Anche se
inizialmente pensava che avrebbe dovuto “presentarsi, per circa
mezza giornata“, The Officesi è rivelato un impegno molto più grande di quanto si
aspettasse. “Sono stata lì per due settimane,
e sono a malapena presente nel fottuto spettacolo“, ha
ricordato.
Nel
frattempo, Dakotaha anche fatto luce sull’ambiente scomodo sul set, a causa
del fatto che alcuni dei membri del cast di lunga data non andavano
d’accordo in quel momento. “Erano
tristi“, ha confessato, prima di aggiungere: “E inoltre,
c’erano strane dinamiche che erano andate avanti negli ultimi 10
anni.”
Dakota ha poi spiegato che “alcune
persone non si parlavano“, il che la rendeva imbarazzante come
nuova arrivata. Ha detto: “Sono arrivata come, ‘Hahaha, sono
così entusiasta di essere qui‘, e nessuno voleva parlare
con me, a nessuno fregava un ca**o.“Ed ero
come sullo sfondo di tutte queste scene, faxando cose“, ha
concluso.
“Certi amori non finiscono,
fanno dei giri immensi e poi ritornano”, cantava Antonello
Venditti in Amici mai, uno dei suoi brani più famosi. Una
frase che rispecchia a pieno il rapporto di Emma e Dexter, protagonisti già conosciuti nel
2011 con il filmOneDay diretto da Lone Scherfig, che
Netflix
ripropone in formato seriale con l’omonimo titolo. Sempre loro al
centro di una storia in cui amore e dolore si intrecciano, e il
tempo e la lontananza invece di separare avvicinano sempre più,
perché ci sono alcuni legami destinati a esistere (e resistere)
nonostante la vita prenda pieghe diverse. One
Day, la serie, doveva
essere il momento, o meglio l’occasione, per focalizzarsi su
concetti e incastri su cui, per questioni di lunghezza, il
lungometraggio precedente non si era potuto soffermare, scavando
nelle profondità d’animo dei personaggi e cogliendone le sfumature
più nascoste.
Un’operazione però non del tutto
riuscita, e lo diciamo a malincuore, considerato che le carte in
regola per essere un prodotto di assoluto valore narrativo le
aveva, ma non ha saputo sfruttare al meglio le sue potenzialità e
distaccarsi da quelle narrazioni romantiche in cui si è detto già
tutto e allo stesso identico modo. Neanche i protagonisti, astri
nascenti del panorama cinematografico britannico, sono riusciti a
sollevare le sorti di One Day, che come spiegheremo in questa
recensione fatica a brillare, soffocato in primis da uno script che
non esalta né gli attori – Leo Woodal (Dexter) e
Amika Mod (Emma) – né il contenuto
trasposto dal romanzo di David Nicholls.
One Day, la trama
15 luglio 1988, Edimburgo. Emma e
Dexter hanno raggiunto una delle prime tappe più importanti della
vita: la laurea. Ballano, bevono, si divertono nel cortile
dell’università dopo aver tagliato il traguardo, prima di pensare a
ciò che sarà il domani, fatto di responsabilità e lavoro.
Soprattutto perché il domani, almeno per Emma, segna l’ingresso
nell’età adulta, un passaggio che la porterà a raggiungere, magari,
uno dei suoi sogni più grandi: vivere di scrittura. Sono giovani,
Emma e Dexter, sono pieni di speranze, idee, desideri e proprio in
quella calda notte di divertimento puro si incontrano e hanno un
momento di intimità insieme, che però non sfocia nell’atto
sessuale.
Si baciano sì, ma parlano anche del
futuro, su ciò che diventeranno. Dopo quella sera, i due si
ripromettono di vedersi, ma per una strana coincidenza del destino
si incontreranno nuovamente solo ogni 15 luglio successivo, che
andrà a scandire non solo il tempo che passa e la loro crescita
personale, ma anche il loro rapporto, diventato un’amicizia
indissolubile nonostante le loro differenti personalità, ambizioni
e ceti sociali. Fino a quando, ad un certo punto, l’amore non bussa
alla porta…
Sin dal primo episodio di
One Day ci si rende conto che nei
confronti del materiale cartaceo di partenza non ci si è voluti
quasi per nulla discostare, preferendo al contrario – e purtroppo –
seguirne pedissequamente gli eventi in maniera fin troppo
didascalica e noiosa. Nessuna licenza poetica, e quanto pare
nemmeno la voglia di esprimere una propria visione
artistica riguardo l’opera da cui la serie saccheggia ogni
minimo particolare senza però da una parte elaborarlo per il medium
televisivo, e dall’altra lasciare spazio a una fresca o quanto meno
studiata messa in scena, trasformandosi invece nel solito racconto
dall’estetica patinata – e facilmente scartabile – già visto in
piattaforma.
Non aggiunge niente di nuovo,
One Day, neppure rispetto al “fratello
gemello” del 2011, seppur il formato seriale dia modo – per tempi e
linguaggi – di poter approfondire certi aspetti tematici, come
poteva essere in questo specifico caso la storia di crescita di due
giovani che maturano insieme nonostante la distanza, i rapporti di
amicizia, l’amore che va oltre l’estrazione sociale, l’alcolismo di
Dexter o la determinazione di Emma nel trovare il proprio posto nel
mondo e far avverare i suoi sogni, andandoli tuttavia a sacrificare
tutti.
Argomenti, in realtà veri e propri
pilastri della narrazione, che avrebbero meritato un’attenzione in
più e soprattutto un impegno maggiore da parte dei vari comparti
tecnico-artistici, presentando invece dialoghi dalla bassa
qualità, scarni di contenuto e per nulla incisivi, una
regia poco ispirata ed episodi dal minutaggio breve – pur essendo
14 – che parlano di tutto non soffermandosi mai davvero su niente
che possa innalzare la portata drammatica e amorosa della serie, o
dare tridimensionalità ai protagonisti con i quali non si crea un
ponte empatico a tal punto da restare coinvolti emotivamente a
pieno nel finale.
Il risultato è un’occasione mancata
su ogni fronte: da un lato la possibilità di raccontare una
generazione che si evolve, le difficoltà che si incontrano lungo il
cammino, la caducità dell’esistenza, dall’altro regalare un
prodotto che pur parlando d’amore non si fermasse allo stereotipo –
lui bello, ricco e biondo, lei umile e sfortunata, che pensa siano
troppo diversi – ma guardasse oltre, superando un confine che
ancora forse per questo genere di opere non si è pronti a
scavalcare.
Jimmy Kimmel si
avvia verso Hollywood e verso il Dolby Theatre nello spot degli
Oscar 2024, ma lo fa in compagnia di Weird Barbie (Kate McKinnon). Lo
show man che torna sul palco per presentare la serata dei
96ª Oscar si lascia trascinare in uno spot che
omaggia chiaramente Barbie
di Greta Gerwig, con tanto di cenno alla polemica
per la mancata nomination a Gerwig alla regia
e con la collaborazione non solo di McKinnon, ma anche di
America Ferrera e
Ryan Gosling, entrambi nominati per il film.
Disney Branded Television ha
annunciato di aver dato il via libera alla seconda stagione della
serie di successo Piccoli
Brividi per Disney+. Prodotta da Sony Pictures Television,
la nuova stagione sarà composta da otto episodi e presenterà un
nuovo capitolo della saga di “Piccoli Brividi“ con un tocco
antologico: una storia, un’ambientazione e un cast nuovi di zecca
basati sulla serie di libri di R.L. Stine, bestseller mondiali di
Scholastic. La notizia è stata annunciata durante il Television
Critics Association Winter Press Tour 2024 che si è tenuto a
Pasadena, in California.
Nella prossima stagione, due
fratelli adolescenti scoprono una minaccia nella loro casa. Da quel
momento si innescano una serie di eventi che li porterà a svelare
un mistero oscuro. Esplorando l’ignoto, i due si ritroveranno
invischiati nella storia di cinque adolescenti che scomparvero
misteriosamente nel 1994.
“Il pubblico di tutto il mondo
si è innamorato dei brividi, delle emozioni, del cuore e
dell’umorismo della serie, che l’ha resa uno degli show più visti
di Disney Branded Television dello scorso anno“, ha dichiarato
Ayo Davis, president, Disney Branded Television. “Non vediamo
l’ora di immergerci ancora di più nella brillante mente di R.L.
Stine e di collaborare ancora una volta con Sony Pictures
Television, Scholastic Entertainment e il nostro fantastico team
creativo per portare un mistero completamente inedito su Disney+ per la seconda
stagione“.
“Siamo incredibilmente
orgogliosi del lavoro dei nostri sceneggiatori, dei produttori, del
cast e della troupe e della visione che hanno portato nella prima
stagione, apprezzata da una nuova generazione di fan assieme a
quelli che sono cresciuti nell’iconico mondo di R.L. Stine“,
ha dichiarato Katherine Pope, president of Sony Pictures Television
Studios. “Come quando si apre un nuovo libro della serie
“Piccoli Brividi”, non vediamo l’ora di vedere come gli
sceneggiatori ribalteranno le aspettative esplorando la serie con
un taglio antologico. Grazie a Disney Branded Television, che
rimane un partner costante in questo viaggio meravigliosamente
spaventoso“.
Pubblicata da Scholastic negli Stati
Uniti, “Piccoli Brividi” è una delle serie di libri più vendute di
tutti i tempi, con oltre 400 milioni di libri stampati in 32
lingue. Nicholas Stoller (I Muppet) e Rob Letterman
(Pokémon: Detective Pikachu) hanno sviluppato la serie e
sono produttori esecutivi, insieme a Hilary Winston
(Community), Neal H. Moritz (il franchise di Fast &
Furious), Iole Lucchese (Clifford – Il grande cane
rosso) di Scholastic Entertainment, Pavun Shetty (The
Boys), Conor Welch (Platonic), Caitlin Friedman
(Acquasilente) di Scholastic Entertainment ed Erin
O’Malley (New Girl). La prima stagione di Piccoli
Brividi è ora disponibile in streaming su Disney+.
Dopo il successo avuto a dicembre
con My
Demon e La Creatura di Gyeongseong, Netflix Corea è pronta a far parlare di nuovo di sé
con un nuovo intenso thriller psicologico che,
ispirandosi allo stile registico dei grandi maestri Bong Joon-ho
(Parasite,
Snowpiercer) e Park Chan-wook (Decision
to Leave, Old Boy), esplora il sottile e
controverso confine tra giusto e sbagliato, buono e
cattivo, portando sul piccolo schermo una storia intrisa di
drammi sociali e dilemmi morali.
Scritta da Kim Da-min e diretta da
Lee Chang-hee, A Killer Paradox (titolo originale 살인자ㅇ난감)
è composta da 8 episodi (di circa 50 minuti) ed è
basata sull’omonimo Naver webtoon di Kkomabi. La
serie è disponibile dal 9 febbraio su Netflix.
A Killer Paradox Trama
Lee Tang,
interpretato da Choi Woo-shik (Parasite,
Our Beloved Summer), è un giovane universitario che – dopo
esser stato congedato dalla leva militare – si ritrova immerso in
una profonda apatia e insoddisfazione a causa
della mancanza di ambizioni e prospettive sul futuro.
Mentre sogna di partire per il
Canada o l’Australia con la speranza di riscattarsi socialmente e
non gravare più sulla sua famiglia, trascorre le giornate tra il
suo squallido e minuscolo appartamento e il lavoro part-time in un
(non sempre tranquillo) minimarket locale.
A Killer Paradox | In foto l’attore Choi Woo-shik (Lee
Tang).
Il noioso mondo di Tang viene
improvvisamente sconvolto una sera, quando si trova invischiato con
due uomini ubriachi e molesti. Dopo una violenta lite, Tang,
sopraffatto da uno scatto d’ira, uccide
accidentalmente uno di loro colpendolo in testa.
Spaventato e confuso, si rifugia in casa cercando di costruirsi un
solido alibi per ingannare la polizia ed evitare la prigione.
Tuttavia, poche ore dopo, accade l’impensabile: Tang scopre che
l’uomo ucciso era in realtà un pericoloso serial killer e che,
sorprendentemente, la polizia non trova prove che possano
collegare lui.
Pur non essendoci sue tracce, però,
il determinato detective Jang Nan-gam,
interpretato dal magnetico attore Son Suk-ku
(Sense8,
The Roundup, My Liberation Notes), inizia ad
avvicinarsi al giovane sempre più finché, a causa di un pericoloso
e minaccioso testimone, Tang si macchia di un nuovo inaspettato
omicidio da cui parte così un tragico e inquietante
“effetto domino della morte”.
Un mondo senza giustizia né eroi
Bullismo, corruzione, abusi di
potere, violenze sessuali, suicidi e tradimenti. A Killer
Paradox raccoglie i temi più dolorosi, critici e
problematici della società contemporanea – e soprattutto
di quella sudcoreana – per mescolarli a una storia in cui
la linea sottile che divide bene e male è così labile e
confusa da non lasciar spazio né a santi né eroi.
Quando Tang incontra il
solitario nerd Roh-Bin (Kim Yo-han), si convince di aver
finalmente compreso il suo destino nel mondo: quello di
giustiziere, un vigilante in grado di estirpare tutti quegli
individui che seminano odio, sofferenza e terrore. Seguendo
solamente i suoi impulsi, Tang elimina senza alcuna esitazione e
con altrettanta crudeltà assassini e criminali, guadagnandosi agli
occhi di Roh-Bin il titolo di un moderno Batman, un eroe con cui,
idealmente, forma un’alleanza sotto il nome “Only for
Heroes”, col fine di portare giustizia dove la
polizia non è riuscita a farlo.
A Killer Paradox | In foto l’attore Son Seok-koo nei panni del
detective Jang.
Ma per quanto Roh-bin si sforzi a
voler credere negli eroi, nessuno dei protagonisti agisce spinto da
un puro e sincero desiderio di giustizia. Tang, il detective
Nan-gam, il ricercato Song Chon (altro
protagonista chiave, interpretato da Lee Hee-Jun,
già visto recentemente in Badland Hunters) e lo stesso Roh-bin non sono alla
ricerca di giustizia, ma vendetta. Ognuno di loro,
infatti, porta con sé i profondi e tormentati segni di un
mondo che li ha calpestati, abbandonati, traditi e
rinnegati.
Una orrorifica e grottesca festa visiva
Al di là del cast di talenti e della
trama accattivante, che sotto alcuni aspetti ricorda il k-thriller
poliziesco Vigilante di Disney Plus con
Nam Joohyuk, la bellezza della serie di Lee Chang-hee risiede in
particolar modo nella maestria della regia e del
montaggio, elementi che giocano un ruolo fondamentale nel
creare un’esperienza visiva unica e avvincente per
il pubblico.
Attraverso l’uso sapiente delle
tecniche cinematografiche, infatti, A Killer Paradox
coinvolge lo spettatore in un “viaggio
noir” che – tra realtà, intimismo e
onirismo – riesce a trasmettere emozioni profonde e
contrastanti. Inoltre, la narrazione incalzante e frenetica
produce un climax di tensione e suspense che
ammalia e rapisce lo spettatore, mantenendo viva l’attenzione e
l’interesse fino all’ultima scena.
A Killer Paradox – In foto (da sinistra a destra) Choi Woo-shik e
Son Seok-koo.
Nonostante la mancanza di un
esaustivo approfondimento psicologico dei protagonisti, A
Killer Paradox si rivela un cocktail allucinante di
adrenalina e critica sociale che, insieme alla particolare
tecnica cinematografica e alla narrazione frenetica, riesce a
consacrarsi come la prima grande uscita Netflix sudcoreana del
2024.