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Marion Cotillard e Mona Achache presentano Little Girl Blue

Marion Cotillard e Mona Achache presentano Little Girl Blue

Mona Achache scopre il passato di sua madre in Little Girl Blue, presentato in una proiezione speciale. Dopo la sua morte ha lasciato lettere e registrazioni, materiale prezioso da cui il regista attinge per dare corpo alla defunta. A metà strada tra documentario e fiction, Little Girl Blue cerca di svelare i segreti rimasti dopo la scomparsa della madre di Mona Achache. Per questo esercizio di resurrezione, la regista va oltre la realtà e invita gli attori a interpretare i personaggi che hanno avuto importanza nella vita di sua madre. Quest’ultima è incarnato da Marion Cotillard che, subito dopo le riprese, si è deliziata a parlare di questo “progetto creativo e mozzafiato” sul quotidiano Le Figaro.

Attrice e regista franco-marocchina, si è fatta conoscere attraverso cortometraggi e documentari, prima di dirigere il suo primo lungometraggio nel 2009, Le Hérisson, con Josiane Balasko. In questa 76a edizione, il Festival di Cannes esplora i documentari in tutte le loro forme.  Ecco tutte le foto della regista e Marion Cotillard che accompagnano il film verso la proiezione ufficiale.

Jennifer Lawrence presenta “Bread And Roses” al Festival di Cannes in veste di produttrice

Nel 2018, il film incisivo di Sahra Mani, A Thousand Girls Like Me, ha documentato una giovane donna vittima di incesto nella ricerca di giustizia in Afghanistan. Con Bread and Roses, il regista afghano testimonia il degrado dei diritti delle donne a Kabul. Una sessione speciale nel cuore dell’inferno talebano. Arrivano al Festival di Cannes per presentare il film tutti gli interpreti e l’attrice premio Oscar Jennifer Lawrence in questo caso nelle vesti di produttrice. La pellicola fa parte della selezione proiezioni speciali.

Robert De Niro definisce “stupido” Donald Trump mentre insieme al cast presenta Killers of The Flower Moon

Robert De Niro ha criticato Donald Trump definendolo un uomo “stupido” durante la conferenza stampa del Festival di Cannes per Killers of the Flower Moon, paragonando l’ex presidente al contorto personaggio avido di potere che interpreta nell’epopea poliziesca di Martin Scorsese, presentato in anteprima Sabato sera. De Niro ammette di aver faticato a entrare in sintonia con William Hale, dicendo: “Non capisco molto del mio personaggio. Una parte di lui è sincera. L’altra parte, dove sta tradendo [la tribù degli Osage], c’è una sensazione di diritto. Siamo diventati molto più consapevoli [di quella dicotomia] dopo George Floyd con il razzismo sistemico”.

Robert De Niro, un critico dell’ex presidente, ha tracciato parallelismi tra il suo personaggio e Trump, il cui nome l’attore inizialmente si è rifiutato di pronunciare ad alta voce durante la conferenza stampa. “Quel ragazzo è stupido“, ha detto. Lily Gladstone, che interpreta il membro della tribù Osage Mollie Burkhart, ha sottolineato che i membri di Osage hanno ancora partecipato al funerale di William Hale, negando il suo coinvolgimento nei brutali omicidi dei membri della tribù. Robert De Niro, ancora una volta, ha evocato Trump in risposta a quel tipo di lealtà cieca verso gli uomini malvagi. “Ci sono persone che pensano ancora che possa fare un buon lavoro. Immagina quanto sia folle”.

Robert De Niro e Martin Scorsese
Robert De Niro e Martin Scorsese al Festival di Cannes – Foto di Luigi De Pompeis © Cinefilos.it

Killers of the Flower Moon, uno dei film più attesi proiettati al Festival di Cannes di quest’anno, racconta la storia degli omicidi avvenuti nei primi anni ’20 dopo la scoperta di importanti giacimenti petroliferi sulla terra della nazione Osage. Il film, basato sul romanzo del 2017 di David Grann, descrive anche come l’FBI appena formato abbia indagato sugli omicidi.  Nel caso di Killers of the Flower Moon, il collaboratore di lunga data di Scorsese, Leonardo DiCaprio, ha elogiato la capacità del regista di catturare quel tipo di banalità del male. “Ciò che Marty fa così incredibilmente bene è che è in grado di esporre l’umanità anche dei personaggi più contorti e sinistri che tu possa mai immaginare.”

Alla premiere costellata di stelle di sabato sera, Martin Scorsese è stato raggiunto sul famoso tappeto rosso da A-list Leonardo DiCaprio, Robert De Niro, Jesse Plemons e Gladstone, nonché membri della nazione Osage. Prima di entrare al Palais, DiCaprio e Scorsese hanno diligentemente firmato autografi e scattato selfie con i fan che erano in fila dentro e intorno alla Croisette. Nonostante le sue indulgenti tre ore e 26 minuti, l’epopea poliziesca è stata accolta da un enorme applauso al Palais, mentre Scorsese e il suo cast sono stati accolti con una standing ovation di 9 minuti.

È stato il culmine di anni di lavoro“, ha detto Scorsese commentando l’accoglienza ricevuta dal film. Gladstone, che interpreta la moglie del personaggio di Leonardo DiCaprio, Ernest Burkhart, ha ricevuto alcuni degli applausi più convinti mentre i titoli di coda scorrevano su Killers of the Flower Moon. Della reazione del pubblico al film, ha detto “Sembrava molto giusto“.

Robert De Niro, Lily Gladstone e Leonardo Dicaprio
Robert De Niro, Lily Gladstone e Leonardo Dicaprio al Festival di Cannes – Foto di Luigi De Pompeis © Cinefilos.it

Martin Scorsese ha parlato dell’importanza di trascorrere del tempo con le persone di Osage, oltre a girare sul posto. “Quando mi è stato presentato il libro, ho detto che se andiamo vicino alle nazioni indigene, dobbiamo essere molto rispettosi“, ha detto. Il capo della Osage Nation Geoffrey Standing Bear, che ha lavorato come consulente e si è unito al regista e al cast alla conferenza stampa, crede che Scorsese abbia mantenuto quella promessa. “La mia gente ha sofferto molto. E fino ad oggi, quegli effetti sono con noi. Ma posso dire a nome degli Osage che Marty e il suo team hanno ristabilito la fiducia e sappiamo che la fiducia non verrà tradita“.

 

Christopher Nolan conferma che Oppenheimer è il suo film più lungo

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Christopher Nolan ha finalmente valutato la durata di Oppenheimer, confermando alla rivista Total Film che è il suo film più lungo fino ad oggi. La conferma del regista significa che “Oppenheimerr” dura almeno più di 2 ore e 49 minuti. Quella era la durata di “Interstellar”, il film più lungo del regista fino a Oppenheimer. Rapporti precedenti fissavano il tempo di esecuzione di Oppenheimer a tre ore, cosa che secondo Nolan è quasi vera.

È leggermente più lungo del più lungo che abbiamo fatto“, ha detto Nolan. “Toccate le tre ore.” Oppenheimer vede uno degli attori più utilizzati da Christopher Nolan, Cillian Murphy, nei panni del fisico teorico e “padre della bomba atomica” J. Robert Oppenheimer. Il film segue Oppenheimer mentre lancia il Progetto Manhattan e sovrintende alla creazione della bomba atomica. “Penso di qualsiasi personaggio con cui ho avuto a che fare, Oppenheimer è di gran lunga il più ambiguo e paradossale”, ha detto Christopher Nolan alla rivista Total Film. “Il che, dato che ho realizzato tre film su Batman, la dice lunga.”

La sceneggiatura era così emozionante, e sembra un thriller”, ha aggiunto Emily Blunt, che interpreta la biologa e moglie di Oppenheimer, Katherine. “È quasi come se fosse un cavallo di Troia da un film biografico a un thrillerÈ davvero un battito cardiaco accelerato, l’intera faccenda. Sono stato completamente catturato dalla storia, dal ritratto di quest’uomo e, immagino, dal trauma di un cervello del genere.

Insieme a Cillian Murphy e Emily Blunt nel cast ci sono Matt Damon nei panni del direttore del progetto Manhattan, il generale Leslie Groves Jr. e Robert Downey Jr. nei panni di Lewis Strauss, un commissario fondatore della Commissione per l’energia atomica degli Stati Uniti. Nel cast anche Florence Pugh, Benny Safdie, Michael Angarano, Josh Hartnett, Rami Malek e altri.

Ti rendi conto che questa è una grande responsabilità. Era complicato, contraddittorio e così iconico“, ha detto in precedenza Cillian Murphy sull’interpretare il personaggio. “Ma sai che sei con uno dei più grandi registi di tutti i tempi. Mi sentivo fiducioso nell’affrontarlo con Chris. Ha avuto un profondo impatto sulla mia vita, creativamente e professionalmente. Mi ha offerto ruoli molto interessanti e li ho trovati tutti davvero impegnativi. E adoro stare sui suoi set”. Oppenheimer esce nelle sale il 21 luglio dalla Universal Pictures.

Black Knight: recensione della nuova serie Netflix

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Black Knight: recensione della nuova serie Netflix

In una Corea di solo deserto e cenere, Black Knight racconta una drammatica realtà post-apocalittica in cui si è dato vita ad una società fortemente ingiusta e discriminatoria. Diretta da Cho Ui-seok, la serie è ispirata all’omonimo webtoon, fumetto digitale tipico sudcoreano, scritto da Lee Yun-kyun. La serie è formata da una sola stagione da sei episodi, ognuno da circa 45 minuti l’uno. Il cast è formato prevalentemente da figure note ed affermate nel solo panorama cinematografico nazionale: l’attore Kim Woo-bin interpreta il leggendario corriere 5-8, mentre Song Seung-heon è nel ruolo di Ryu Seok. Nel cast si ritrovano anche l’attrice e modella Esom e Kang You-seok.

Black Knight: un futuro senza ossigeno

Dopo che una cometa colpisce la terra, la vita di tutto il genere umano è destinato a cambiare per sempre. Tutto il territorio della Corea del sud è divenuto un deserto con un aria così inquinata da essere praticamente irrespirabile. Il Cheonmyeong Group ha dato vita al nucleo d’aria, permettendo ad alcuni cittadini coreani di poter continuare a respirare ed a vivere senza pericoli. La società coreana viene spaccata in varie classi sociali: tra queste la più importante nella serie diviene quella dei rifugiati, la stragrande maggioranza di poveri emarginati dalla società e non classificati da un codice Qr. L’unica vera possibilità per avere una vita migliore per  i rifugiati è divenire corrieri: coloro che, contro ogni avversità e respingendo i cacciatori, effettuano le importanti consegne di ossigeno e viveri ai cittadini.

Yoon Sa-wol è un rifugiato che si nasconde a casa del militare Jeong Seol-ah da ormai più di dieci anni e sogna di divenire un corriere per non doversi più nascondere. Dopo la morte della sorellastra per mano di strane  figure sconosciute, Sa-wol farà di tutto per raggiungere questo suo obiettivo, grazie anche all’aiuto del leggendario corriere 5-8.

Contemporaneamente, la Cheonmyeong organizza insieme al governo l’apertura del nuovo distretto A, in cui verranno trasferiti nuovi cittadini, tra cui anche gli stessi rifugiati. Ryu Seok, figlio ed erede della Cheonmyeong, disprezza i rifugiati e fa di tutto per escluderli dal distretto A e per eliminarli.  In una società così fortemente ingiusta gli scontri divengono inevitabili.

Black Knight (L to R) Esom as Seol-ah, Kang You-seok as Sa-wol in Black Knight Cr. Kim Jin-young/Netflix © 2023

Una lotta per la vita e contro le discriminazioni

Black Knight, come abbiamo già sottolineato sopra, è una serie distopica, che rappresenta una società in cui gli esseri umani, le vite umane hanno un valore differente. Temi così forti, di marcata denuncia sociale, sono stati già in parte affrontati in altre serie distopiche sudcoreane: un esempio è Squid Game, serie prodotta da Netflix e subito divenuta un fenomeno mondiale.

Qui i rifugiati vengono trattati come se la loro stessa esistenza non avesse valore: vengono privati di tutto ciò che è necessario per sopravvivere, anche dell’ossigeno. Ogni tentativo di rivolta viene represso nelle maniere più brutali: ce lo mostrano i flashback di 5-8 e di Jeong Seol-ah. Le vite dei rifugiati vengono considerate così irrilevanti tanto da divenire sacrificabili in inquietanti esperimenti.

Altro tema focale in Black Knight è il potere economico, e come esso in alcune determinate condizioni, arriva a sovrastare il potere politico. La Cheonmyeong non è altro che una società che controlla la produzione e vendita di ossigeno, quindi fondamentalmente un’attività economica. Per la rilevanza che il bene che produce ha, e per tutto ciò che la società riesce a creare per i cittadini coreani, questa arriva a sovrastare in fatto di potere lo stesso governo statale. La Cheonmyeong arriva a controllare la vita dei cittadini sotto ogni aspetto: le abitazioni vengono fornite ai cittadini con un Qr code dalla Cheonmyeong e così anche tutti i viveri.

Un nuovo eroe all’azione

La serie Black Knight è caratterizzata da una forte presenza di scene di azione e combattimenti di vario tipo: pur non essendoci una forte e perenne vista di sangue per  gli spettatori, tutta questa azione rende le vicende molto più avvincenti.

Facendo riferimento ad aspetti più tecnici, possiamo notare l’utilizzo di una rappresentazione di alcune scene a fumetto: in particolare l’antefatto nel primo episodio ed ogni scena finale dei vari episodi è fatta in stile fumetto.

Un elemento che, riflettendoci, può risuonare in parte ironico è il fatto che in questa narrazione coloro che vengono dipinti come dei combattenti formidabili, quasi degli eroi, sono dei semplici corrieri. Nella vita di tutti i giorni i corrieri vengono visti come dei semplici soggetti che fanno un lavoro ordinario, quasi noioso. Di conseguenza è interessante notare come  in Black Knight si sia totalmente trasformata una figura così banale ergendola ad eroe della storia.

Retratos Fantasmas, la recensione del documentario di Kleber Mendonça Filho – Cannes 76

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Retratos Fantasmas, il documentario meta-cinematografico di Kleber Mendonça Filho presentato a Cannes 76, è un lavoro di amore verso il cinema. Raccontare il cinema attraverso il cinema è un’arte che il regista brasiliano porta in scena sulla Croisette con una tesi ben specifica: il cinema è morto? Così immagini in bianco e nero si sovrappongono alla realtà nella pellicola narrata in prima persona dove Mendonça Filho ripercorre la sua vita e la sua carriera, fino ad arrivare a un finale quasi fantascientifico.

Il racconto di Retratos Fantasmas è curato al minimo dettaglio e la voce del regista si intervalla a quella di scene, film e ulteriori racconti di un cinema che non c’è più. A questo si aggiunge anche una colonna sonora dalle tinte colorate che accoglie lo spettatore alla visione.

Retratos Fantasmas, la trama

Un ritratto della cultura cinematografica di Recife, una città sul mare del Brasile, cambiata e stravolta dalla modernità. Là dove prima c’erano solo terreni incolti adesso crescono grattacieli di cui non si vede la fine e in questi angoli Kleber Mendonça Filho inizia a muovere i primi passi come regista. Tre lungometraggi e moltissimi cortometraggi narrativi e sperimentali fino alla realizzazione di Retratos Fantasmas, documentario metacinematografico che cerca di inquadrare non solo l’urbanizzazione della città ma anche la denuncia alla classe politica brasiliana dagli anni ’60 in poi.

La voce di Mendonça Filho parla direttamente allo spettatore, come un confessionale. Quello che, infatti, rende Retrotos Fantasmas particolare è la natura personale del racconto anche se fondamentalmente il regista non entra mai in merito alla sua vita privata. Il racconto è diviso in atti. Nel primo viene descritta la genesi nel suo lavoro, tutto quello che ha ispirato – anche solo dei semplici suoni – circoscritto all’interno delle mura domestiche. Una specie di autobiografia cinematografica in cui fornisce pochi dettagli sulla sua vita e molti sui suoi lavori come Neighbouring Sounds e Aquarius, che analizza e racconta.

Un racconto in atti

Se nella prima parte esploriamo i retroscena del lavoro di Mendonça Filho è solo negli atti successivi che Retratos Fantasmas attira davvero l’attenzione dello spettatore. Il documentario offre una retrospettiva delle sale cinematografiche nel centro di Recife, una liberazione per chi guarda ma anche per il regista stesso. Ci stacchiamo agli angusti e chiusi spazi di una piccola casa di periferia e arriviamo alla sala cinematografica, sempre chiusa ma di vedute più ampie.

Retratos Fantasmas cerca di unire lo spettatore con quei richiami di convivialità e spensieratezza uguali a chi aspetta fuori dalla sala l’ultimo film in uscita. Così da Easy Rider a Victor/Victoria, il cinema di Recife accoglie pellicole importanti e si popola di giovani creando aggregazione, che è proprio la base del cinema dalla sua nascita. E in un parallelismo di scene l’uscita degli spettatori dalla sala ricorda L’uscita dalle officine Lumière e questo richiamo – forse voluto o forse no – conferisce al documentario ancora più valore storico.

La Settima Arte

Nuove e vecchie tecnologie si intersecano in un racconto così come anche alcuni dei luoghi più iconici di Retratos Fantasmas come l’Art Palácio e il Trianon. Una lettera d’amore alla Settima Arte e in particolare all’esperienza che il cinema regala allo spettatore. Ma è anche un racconto nostalgico che guarda indietro a un cinema che non c’è più e che vuole anche denunciare la censura nei confronti di un paese intero. Le sale cinematografiche che chiudono e che per oltre vent’anni hanno ospitato centinaia di migliaia di spettatori. Come se fosse una lettera a cuore aperto, trattando la sala cinematografica come un corpo fisico che ospita un’anima.

About Dry Grasses, recensione del film di Nuri Bilge Ceylan – Cannes 76

Tutto ciò che hai conosciuto qui è noia“. Arriva in concorso al Festival di Cannes About Dry Grasses il nuovo film del celebre regista turco Nuri Bilge Ceylan, già vincitore della Palma d’Oro per Il regno d’inverno – Winter Sleep nel 2014. Tra una malinconia arida come l’erba del suo titolo, scontri dialogici e lunghe camminate nella neve, il nuovo film di Ceylan si configura indubbiamente come una delle proposte più interessanti del Festival, Nel cast, Deniz Celiloğlu, Musab Ekici, Merve Dizdar.

About dry grasses, la trama: noia imperante

Samet (Deniz Celiloğlu), un giovane insegnante che ha prestato servizio obbligatorio nella scuola di un piccolo villaggio della Turchia dove esistono solo due stagioni, inverno ed estate, attende di poter procedere con il trasferimento a Istanbul, sperando di andare incontro a nuova vita nella cosmopolita capitale. Dopo una lunga attesa, perde ogni speranza di sfuggire dalla sua squallida vita quando viene accusato di comportamenti inopportuni nei confronti dei suoi studenti. Tuttavia, l’amicizia con la sua nuova collega Nuray lo aiuta a ritrovare una prospettiva vincente.

L’Anatolia sudorientale, agli occhi di Samet, è un posto in cui la noia regna sovrana e da cui vorrebbe fuggire; ecco allora che il regista Ceylan interviene in soccorso del suo personaggio imbastendo una serie di azioni che movimentino il tutto. Eppure, quando si tratta di giocare, Saman dimostra di essere caratterialmente molto più simile al territorio da cui tanto vuole evadere. Insegue una sua idea imprecisa di verità, che verrà contrastata e anche smorzata, a riprova della futilità di un pensiero che il personaggio ha abbozzato nella sua testa ma non è mai diventato atto compiuto.

Uomini interrotti

Trattato sugli effetti che la monotonia genera sulla psiche di uomini per nulla risolutivi ed eterni adolescenti, About Dry Grasses eleva esponenzialmente la capacità di Ceylan di inquadrare il dialogo, centellinarlo oppure renderlo verboso per caratterizzare i suoi personaggi, figli di un territorio in cui è la natura a imporsi sull’uomo, ad appiattirne ancora di più le velleità o a generare un impeto di ribellione nei loro cuori a seconda dei casi.

Kenan e Samet sono due uomini messe alle strette da due donne in diverse fasi della vita. Una lotta tacita tra fratelli non di sangue ma di terra, personalità distanti che nascono e crescono da un’unica radice e, in base ai rispettivi percorsi di vita, possono germogliare o seccarsi. Sono le donne che attivano la riflessione negli uomini, che insinuano il dubbio nelle loro menti e li mettono alla prova. Attraverso la conoscenza e anche lo studio di queste figure femminili, forse è possibile trovare qualcosa di inedito in un territorio già battuto: forse la giovane Saman nasconde un germoglio in se, forse ancora non lo sa, ma il solo fatto di riuscire a coglierlo dall’esterno è un regalo. Forse Ninay potrebbe scuotere le fondamenta di un’amicizia, o diventare il terzo uomo in questo rapporto tra uomini interrotti.

Ruralità dei sentimenti

Sono le inquadrature fisse di About Dry Grasses a definire i contatti, i dialoghi, le attese che intercorrono tra i personaggi. Il tempo è un concetto paradossale nella Turchia rurale: l’attesa del trasferimento a Istanbul potrebbe sembrare infinita, ma un dialogo concitato di una donna (Ninay) che interroga un uomo (Saman) sulle sue idee politiche, può mettere talmente a disagio da estendere il tempo del racconto fino a guidare con mano i personaggi a delle scelte.

L’erba secca può essere calpesata solo se prima si calpesta la neve. Anche se si è infortunati, infreddoliti, sprovvisti di un mezzo, l’inverno turco non fa sconti: l’aridità è già nella neve, in una distesa di bianco tutt’altro che angelica, anche se in mezzo vi sono i bambini che giocano. Puoi fermare l’attimo – e Ceylan lo ferma e immortala veramente con inserti fotografici – ma la verità è che l’attimo è già fermo e noi con lui. Allora, forse è meglio andare, percorre distanze fisiche piuttosto che cercare di riallineare quelle mentali. Incolpare la geografia per il nostro stato mentale, piuttosto che accettare di essere diventati come il paesaggio. Aridi, inconsistenti, persi.

Killers of the Flower Moon: 9 minuti di applausi al Festival di Cannes

Sabato sera, Killers of the Flower Moon di Martin Scorsese è stato presentato in anteprima al Festival di Cannes accolto con la più grande standing ovation fino ad oggi. Il dramma di 3 ore e 26 minuti interpretato da Leonardo DiCaprio, Robert De Niro e Lily Gladstone racconta un capitolo oscuro e in gran parte inesplorato della storia americana. Nonostante il lungo minutaggio del film la folla era così estasiata che si è alzata in piedi e ha applaudito i protagonisti per nove minuti.

Il Festival di Cannes  ama chiaramente Leonardo DiCaprio (visto l’ultima volta sulla croisette con “C’era una volta… a Hollywood”) e Scorsese, che è tornato al festival per la prima volta da Fuori Orario del 1985. E questa è una buona notizia per Apple Original Films, che ha sborsato oltre $ 200 milioni all’autore per realizzare la sua visione, nella speranza di regalare al pubblico una delle sue caratteristiche esplorazioni del mondo criminale. Mentre molti dei film classici di Martin Scorsese si svolgono nelle cattive strade di New York, “Killers of the Flower Moonn” è ambientato nel nord-est dell’Oklahoma, dove i membri della Osage Nation vengono assassinati in modo sistematico per fini sinistri.

Robert Di Niro, Lily Gladstone, Leonardo DiCaprio e Martin Scorsese al Festival di Cannes – Foto di Luigi De Pompeis © Cinefios.it

Leonardo DiCaprio, Robert De Niro e Jesse Plemons hanno sfilato sul tappeto rosso insieme a Scorsese prima della premiere, sfidando la pioggia. Presente alla serata anche Cate Blanchett, che ha vinto un Oscar per aver interpretato Katharine Hepburn in “The Aviator“, che ha salutato Scorsese in sala prima dell’inizio della proiezione. Ma quando il film è finito, le urla più forti sono state dirette alla scoperta del film: l’attrice Lily Gladstone, che interpreta una donna Osage tradita dal marito avido. La sua interpretazione ha ottenuto recensioni entusiastiche e ha trattenuto le lacrime mentre la folla all’interno del Palais applaudiva rumorosamente. Sui social media, i blogger degli Oscar stanno già sfruttando la sua performance per una possibile attenzione ai premi.

Mentre gli applausi continuavano dopo la fine del film, Martin Scorsese ha preso il microfono per rivolgersi alla folla. “Grazie agli Osage”, ha commentato “Tutti collegati con l’immagine. I miei vecchi amici Bob e Leo, e Jesse e Lily. L’abbiamo girato un paio di anni fa in Oklahoma. C’è voluto del tempo per cambiare idea, ma Apple è stata bravissima con noi. C’era molta erba. Sono un newyorkese. Ero molto sorpreso. Questa è stata un’esperienza fantastica. Abbiamo vissuto in quel mondo”.

L’ovazione sarebbe potuta durare ancora di più se il regista non fosse stato chiamato a rivolgersi al teatro gremito. Martin Scorsese ha continuato a ringraziare mentre la folla continuava ad esultare. E’ sembrato davvero entusiasta dalla risposta del pubblico, anche se ha anche chiarito che non gli piaceva che la telecamera si soffermasse su di lui (un rischio dell’esperienza di Cannes in cui ogni movimento degli A-listers presenti viene catturato per i posteri). In piedi intorno a Martin Scorsese, gli attori che interpretavano i membri di Osage visibilmente commossi e sopraffatti dall’emozione.

Robert Di Niro, Leonardo DiCaprio, Director Martin Scorsese
Robert Di Niro, Leonardo DiCaprio, Director Martin Scorsese al Festival di Cannes – Foto di Luigi De Pompeis © Cinefios.it

Basato sul libro di David Grann del 2017 “Killers of the Flower Moon: The Osage Murders and the Birth of the FBI”, l’ultimo film di Scorsese è ambientato nell’Oklahoma degli anni ’20 e si concentra su una serie di omicidi nella comunità di Osage Nation. La neonata FBI arriva sulla scena per indagare e scopre una sinistra operazione. Il cast di supporto include Brendan Fraser e John Lithgow (Scorsese ha anche un cameo che ha guadagnato un grande applauso).

In particolare, “Flower Moon” segna la prima volta che i vincitori dell’Oscar DiCaprio e De Niro hanno lavorato insieme in un lungometraggio dal dramma di Michael Caton-Jones del 1993 “This Boy’s Life”. Entrambi gli attori hanno interpretato versioni fittizie di se stessi nel cortometraggio di Scorsese “The Audition”. De Niro ha ottenuto le nomination all’Oscar come miglior attore recitando in “Taxi Driver”, “Cape Fear” e “Raging Bull” di Scorsese, vincendo per quest’ultimo. DiCaprio è stato candidato all’Oscar per “The Aviator” e “The Wolf of Wall Street” di Scorsese.

Natalie Portman ha detto che le donne a Cannes dovrebbero comportarsi diversamente dagli uomini

Una scandalosa relazione legata alla differenza di età è il cuore del film “May December“, che ha debuttato sabato sera al Festival di Cannes. Nel dramma romantico diretto da Todd Haynes, Julianne Moore interpreta il “Dicembre” del molto più giovane “May” di Charles Melton, il cui personaggio aveva appena 13 anni quando i due si innamorarono. È una dinamica complicata, ammette Julianne Moore, a causa del periodo nelle loro vite in cui si sono incontrati per la prima volta. “Una differenza di età è una cosa, ma una relazione tra un adulto e un bambino è una cosa completamente diversa”, ha detto Julianne Moore e alla conferenza stampa di questa mattina di “May December”, che è stata accolto al Grand Palais il giorno prima con un entusiasta standing ovation di applausi lunga sei minuti.

Quando l’età è inappropriataÈ quando le persone si trovano in luoghi diversi in termini di sviluppo, quando qualcuno non è un adulto. Questo è il motivo per cui abbiamo dei limiti attorno a questo ì”, aggiunge. “Il motivo per cui questo film sembra così pericoloso guardandolo è perché le persone non sanno dove siano i confini di nessuno. È spaventoso”. In “May December”, Natalie Portman interpreta un’attrice che si reca nel Maine per studiare la vita del personaggio di Julianne Moore, che interpreterà in un film. Moore e Melton interpretano una coppia sposata la cui differenza di età di 20 anni ha ispirato uno scandalo nazionale. Mentre pianificano di mandare le loro gemelle al college, la dinamica familiare inizia a cedere mentre Natalie Portman scava nel loro passato.

Natalie Portman, Julianne Moore e Charles Melton
Natalie Portman, Julianne Moore e Charles Melton al Festival di Cannes – Foto di Luigi De Pompeis © Cinefilos.it

Data l’ossessione americana per lo scandalo, Portman afferma che non c’era carenza di materiale da cui trarre ispirazione. “Avevamo tutti i materiali tabloid di ispirazione che esistevano. C’era un libro con un titolo folle, come “Punished for Love”, o qualcosa del genere“, ha ricordato. “Avevamo queste risorse a portata di mano, il che è stato utile per ottenere informazioni di base“. Natalie Portman descrive il film come uno studio dei “diversi ruoli che recitiamo in ambienti diversi“. Osserva che la discrepanza è particolarmente evidente al Festival di Cannes, dove le donne sono obbligate a indossare i tacchi sul tappeto rosso. “Anche qui, i diversi modi in cui noi, come donne, dovremmo comportarci a questo festival anche rispetto agli uomini… come dovremmo apparire, come dovremmo comportarci“, ha detto. “Le aspettative su di te sono sempre diverse. Influisce sul modo in cui ti comporti, se lo stai accettando o rifiutando. Sei definito dalle strutture sociali su di te. A questo proposito, Natalie Portman e Julianne Moore hanno espresso il loro apprezzamento per aver interpretato donne “semplicemente umane”.

E’ incredibile far parte di un film come questo, che ha due personaggi femminili complessi pieni di deliziosi conflitti”, dice la Portman. Moore aggiunge: “Le donne non sono un gruppo di minoranza. Siamo il 50% della popolazione. Quindi è importante che siamo trattati come tali”.

May December: le foto di Julianne Moore, Todd Haynes e Natalie Portman

Ieri sera oltre alla grande premiere fuori concorso di Killers of The Flower Moon, è stato presentato in concorso al Festival di Cannes May December, del regista americano Todd Haynes che riunisce Natalie Portman e Julianne Moore in un dramma romantico introspettivo sul passato sulfureo di una coppia famosa. Per prepararsi al suo nuovo ruolo, Elisabeth (Natalie Portman), una famosa attrice, incontra Gracie (Julianne Moore), che interpreterà sullo schermo. Quest’ultimo aveva infiammato la stampa scandalistica e affascinato il paese due decenni prima mantenendo una relazione con Joe (Charles Melton), 23 anni più giovane di lei.

Sotto l’impulso della sceneggiatura di Samy Burch, Todd Haynes mette in discussione le scelte di due donne in due momenti della loro vita. Un doloroso ritorno al passato per un ex idolo sessantenne che vuole voltare pagina, di fronte a una sincera e pericolosa ricerca della verità per una star di Hollywood all’apice della sua carriera. Tra i due, il personaggio maschile di Charles Melton intreccia sottilmente legami tra attrici ed epoche. Sulla croisette di Cannes ad accompagnare il film c’erano il regista Todd Haynes e i protagonisti del film Natalie Portman, Julianne Moore,  Cory Michael Smith e Charles Melton. Di seguito tutte le foto: 

Questa dualità permette al regista americano di ingaggiare Julianne Moore, per una quarta collaborazione, con Natalie Portman, che ha presentato A Tale of Love and Darkness Fuori Concorso a Cannes nel 2015, come regista.

Ci sono voluti solo 23 giorni per completare le riprese di maggio dicembre , come ha rivelato Todd Haynes in un’intervista a The Hollywood Reporter. Una produzione molto veloce per l’undicesimo lungometraggio del regista, vincitore del Premio per il miglior contributo artistico a Cannes con Velvet Goldmine nel 1998. Sul versante musicale, le composizioni di Marcelo Zarvos si alternano alle melodie di Michel Legrand composte per la prima volta per Le Messenger di Giuseppe Losey. Di seguito le foto del photocall:

 

Il Cinema e le sue voci: realtà, tecnica, poesia

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Il Cinema e le sue voci: realtà, tecnica, poesia

Da molti anni la Rete degli Spettatori presieduta da Valerio Jalongo, regista e docente, si adopera per valorizzare il cinema di qualità e favorire la sua diffusione a tutti i livelli, soprattutto con il pubblico più giovane e nell’ottica della fruizione in sala.  “Quest’anno – dice Jalongo – ha inteso stringere ancora di più il suo legame con il mondo della scuola, nel convincimento che il valore culturale del cinema e del linguaggio audiovisivo, in particolare dopo gli anni della pandemia, debba essere difeso e promosso già dall’età scolare.

Il nostro progetto – dichiara Valerio Jalongo, – aveva tra i suoi principali obiettivi quello di rafforzare i contatti con le scuole dei centri minori, offrendo strumenti di didattica trasversale e di interdisciplinarietà. I riscontri positivi che abbiamo raccolto ci invitano a ripetere questo sforzo nel futuro. Oltre ai nostri tradizionali collaboratori, vogliamo intensificare i rapporti con il gruppo degli Operatori di Educazione Visiva selezionati dal Ministero, presenti in molte realtà periferiche. Per questo alla nostra giornata finale abbiamo invitato rappresentanti dei due Ministeri, dell’Indire e degli Operatori di Educazione Visiva con i quali intendiamo ragionare  sui risultati ottenuti e lavorare sulle aspettative del prossimo anno. Sottolineo che molte scuole hanno manifestato interesse a proseguire l’esperienza che si sta concludendo, e saremo lieti di essere ancora al loro fianco nel nuovo anno scolastico”.

Dal mese di novembre 2022 ad oggi gli esperti della Rete hanno affiancato i docenti e gli studenti delle scuole partner in un percorso articolato su tre moduli.

Attraverso  i moduli in presenza svolti nelle aule ed un modulo on line di formazione docenti, sono stati proposti percorsi teorici e pratici che hanno avvicinato le scuole al mondo dei media e del cinema, fornendo conoscenze e competenze sul Linguaggio Cinematografico e Audiovisivo e suggerendo soluzioni applicabili alla didattica di molteplici discipline. Le proiezioni programmate in sala cinematografica, accompagnate dalla presenza di registi, critici, esperti Operatori di Educazione Visiva, hanno riavvicinato i ragazzi e le ragazze alla più corretta fruizione dell’opera cinematografica e per certi versi dato respiro ad una socialità perduta nel corso della pandemia.

Iniziativa realizzata nell’ambito del Piano Nazionale Cinema e Immagini per la Scuola promosso da MiC e MIM.

Questo mondo non mi renderà cattivo: il Trailer Ufficiale

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Questo mondo non mi renderà cattivo: il Trailer Ufficiale

Ecco il trailer ufficiale di Questo mondo non mi renderà cattivo, la nuova serie di Zerocalcare per Netflix, che arriva dopo il grande successo di Strappare lungo i bordi.

Questo mondo non mi renderà cattivo, la seconda serie di animazione per Netflix scritta e diretta da Zerocalcare,  debutterà il 9 giugno in tutti i Paesi in cui il servizio è attivo. Nel teaser trailer che Netflix rilascia oggi, le prime immagini dell’attesissima serie animata.

Prodotta da Movimenti Production, società del gruppo Banijay, in collaborazione con BAO Publishing, sarà composta da 6 episodi, da circa mezz’ora ciascuno, che entreranno ancora più a fondo nelle tematiche care all’autore.

In Questo mondo non mi renderà cattivo torneranno il mondo narrativo, il linguaggio unico e i personaggi storici e inconfondibili dell’universo di Zerocalcare. A Zero, Sarah, Secco, l’Armadillo, l’immancabile coscienza di Zero, doppiato anche questa volta dalla voce inconfondibile di Valerio Mastandrea, si aggiunge un nuovo, centralissimo personaggio: Cesare.

Questo mondo non mi renderà cattivo, la trama

Un vecchio amico torna nel quartiere dopo diversi anni di assenza e fatica a riconoscere il mondo in cui è cresciuto. Zerocalcare vorrebbe fare qualcosa per lui ma si rende conto di non essere in grado di aiutarlo a sentirsi di nuovo a casa e a fare la scelta giusta per trovare il suo posto nel mondo. 

Questo mondo non mi renderà cattivo racconta la difficoltà di rimanere se stessi in mezzo alle contraddizioni della vita. Il titolo stesso della serie, che trae ispirazione da un brano di un cantautore romano, rappresenta una sorta di mantra, una frase che lo stesso Zerocalcare si ripete, quasi per auto-convincersi, nei momenti più difficili, quelli in cui diventa più forte il rischio di fare scelte sbagliate e rinnegare i propri ideali pur di togliersi dai guai.

Eureka, la recensione del film con Viggo Mortensen – Cannes 76

Eureka, la recensione del film con Viggo Mortensen – Cannes 76

Non è facile trovare nei nostri cinema un film come l’Eureka di Lisandro Alonso. Un film diverso da quelli ai quali la gran parte del nostro pubblico è abituata che trova il suo luogo naturale in una rassegna come quella dell’Un Certain Regard del Festival di Cannes 2023. E che vanta la presenza di due star come Viggo Mortensen e Chiara Mastroianni nel cast di sconosciuti assemblato dal regista e sceneggiatore argentino già noto per La libertad (2001) e l’ultimo Jauja (2014).

Dal Far West di Viggo Mortensen alla riserva di Lisandro Alonso

Sono loro i protagonisti del western iniziale in bianco e nero, nel quale vediamo il solitario Murphy arrivare nel più classico dei villaggi di frontiera proprio in un momento di grandi festeggiamenti. Tra cowboy ubriachi, gettati all’angolo della strada, e donne di piacere seminude che se la ridono con gli indiani locali, sono in pochi a prestargli attenzione, fino a che non si trova al cospetto della risoluta proprietaria del saloon interpretata dall’attrice francese di origine italiana.

La stessa che ritroviamo in panne in tutt’altra situazione, ben più reale di quella nella quale interpretava un ruolo, quella della riserva indiana di Pine Ridge – tra South Dakota e Nebraska – nella quale sono costretti a vivere Alaina e sua nipote Sadie. La prima, stanca del suo lavoro di agente di polizia, poco considerata e ancor meno gratificata, una sera decide di smettere di rispondere alla sua radio di servizio, l’altra, triste, stanca di guardare inutili western in bianco e nero in attesa del ritorno della zia e incapace di vedere sbocchi alla sua vita, decide di iniziare il viaggio a lungo promessole da suo nonno. Come jabiru, vola via, per portarci in un Sud America amazzonico, dove gli indigeni locali condividono i loro sogni, ma non tutti sembrano più felici.

Eureka: molte suggestioni, un difficile equilibrio

Dal western alla denuncia sociale, tra realismo e fascinazione onirica e surreale, il racconto di Alonso sfida in continuazione la pigrizia dello spettatore, costringendolo a cambiare le proprie coordinate e a creare una connessione tra i diversi personaggi in scena e le situazioni che vivono. Inizialmente più consuete, per quanto fittizie, poi via via sempre più surreali, o fantastiche.

L’incipit affidato a Viggo Mortensen vale da specchietto per (noi) allodole, per catturare e insieme spiazzare lo spettatore. Che non più distratto dallo schermo televisivo che proietta il film con l’attore e Chiara Mastroianni è costretto a condividere il senso di sradicamento e disperazione delle due donne, attraverso le quali percepiamo le condizioni di vita dei nativi nordamericani e dei loro discendenti in una riserva indiana.

Si parla di tutto e di niente, per far passare giornate tutte uguali, e per evitare di farsi domande più scomode, o più fondamentali. Ma esauriti i possibili palliativi, è inevitabile tornare alle origini per realizzare un cambio radicale. Quello nel quale il nonno accompagna la giovane Sadie, decisa a riscuotere la promessa fattale e volare via, dagli Stati Uniti alla foresta brasiliana solo per scoprire che l’Eden non esiste più.

Nella supposta civiltà e fuori di essa ci si rifugia nei sogni e si ricorre alla violenza per risolvere le minime controversie. La natura ci osserva, ci parla, inascoltata. E quanto dobbiamo apparire incomprensibili al jabiru che segue attentamente le nostre pene, i tentativi di fuga da noi stessi nella ricerca di un avvenire migliore che sembra accomunare tutti su questa Terra.

Le streghe di Eastwick: tutte le curiosità sul film con Jack Nicholson

Il regista australiano George Miller è noto a tutti per aver ideato e diretto la serie cinematografica di Mad Max, unanimemente considerata un caposaldo della fantascienza post apocalittica. Nel corso della sua carriera, tuttavia, Miller si è cimentato anche con racconti e generi molto diversi, passando dal drammatico L’olio di Lorenzo al film per famiglie Babe va in città, fino all’animazione di Happy Feet. Un altro suo titolo particolarmente apprezzato, nonché il primo lungometraggio da lui diretto non appartenente a Mad Max, è Le streghe di Eastwick, con cui Miller ha avuto modo di cimentarsi tanto con il fantasy quanto con la commedia.

Scritto da Michael Cristofer, il film è basato sull’omonimo romanzo del 1984 di John Updike. Uscito in sala nel 1987, il film si affermò come un buon successo, in particolare grazie alle interpretazioni dei quattro attori protagonisti. Le streghe di Eastwick fu però il primo film per cui Miller si trovò a scontrarsi con le volontà di uno studios di produzione, dovendo dunque combattere per poter dar vita alla propria idea sul progetto. Candidato poi agli Oscar per la miglior colonna sonora (di John Williams) e il miglior suono, il film è oggi ricordato come un cult del suo genere, anche grazie ad alcune stravaganze comiche e ad effetti speciali ancora oggi particolarmente sorprendenti.

Per tutti gli appassionati del genere, si tratta dunque di un titolo da non perdere, anche solo per poter vedere gli attori protagonisti alle prese con ruoli per loro inediti e godersi gli imprevedibili colpi di scena offerti dal racconto. Prima di intraprendere una visione del film, però, sarà certamente utile approfondire alcune delle principali curiosità relative a questo. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla trama, al cast di attori e alle differenze con il libro. Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme streaming contenenti il film nel proprio catalogo.

Le streghe di Eastwick: la trama del film

La vicenda qui narrata si svolge nella cittadina di Eastwick, dove vivono Alexandra Medford, Jane Spofford e Sukie Ridgemont. Tre donne che, nonostante conducano vite molto diverse, sono legate da una profonda amicizia. Come di consueto, le tre donne si incontrano per trascorrere una piacevole serata insieme e fantasticano a voce alta sull’uomo dei loro sogni. Inconsapevoli di essere dotate di innati poteri magici, le tre donne invocano involontariamente il Diavolo nella cittadina. Sotto le mentite spoglie dell’affascinante Daryl Van Horne, il maligno vorrebbe ammaliarle e sedurle, poiché desidera concepire un figlio con ognuna di loro.

Grazie al suo carisma, il Diavolo seduce le tre streghe e decide di insegnare loro a controllare i nuovi poteri. Dopo essere state conquistate dal corteggiamento di Daryl, le tre amiche ne comprendono però la natura malvagia e mostruosa e mal sopportano di essere state emarginate dal resto dei cittadini per via di quella loro frequentazione. Alexandra, Jane e Sukie dovranno allora unire le forze e architettare un astuto piano grazie alle loro incredibili doti magiche. Solo così potranno avere una speranza di sconfiggere il Diavolo, ricacciandolo da dove è venuto. Portare a compimento il piano, però, sarà più complesso del previsto.

Le streghe di Eastwick: il cast del film

Il tre volte premio Oscar Jack Nicholson ha espresso interesse a interpretare il ruolo di Daryl essendone venuto a conoscenza attraverso la sua allora fidanzata Anjelica Huston e dopo aver saputo che l’attore originale per il ruolo, Bill Murray, si era ritirato. Nicholson, inoltre, sviluppò un così buon rapporto con Miller da porsi in sua difesa contro i soprusi dei produttori, minaccio di lasciare il film se fosse stato scelto un altro regista. La Huston era invece in corsa per il ruolo di Alexandra Medford. Il suo provino andò però male e la parte fu affidata a Susan Sarandon. L’attrice e cantante Cher, però, interessatasi al progetto, pretese di avere per sé la parte di Alexandra.

I produttori decisero infine di accontentarla, senza mai dare alla Sarandon il dovuto preavviso su tale cambio. L’attrice ha infatti scoperto che il suo ruolo era stato assegnato a Cher e che lei era invece stata scelta per interpretare Jane Spofford solo il giorno in cui si è presentata sul posto per iniziare le riprese. Suki Ridgemont, la terza delle tre protagoniste femminili, è invece interpretata da Michelle Pfeiffer. Nel cast figurano anche le attrici Veronica Cartwright nei panni di Felicia Alden e Carel Struycken in quelli di Fidel. L’attore candidato all’Oscar Richard Jenkins, invece, ricopre il ruolo del marito di Felicia, Clyde.

Le streghe di Eastwick libro

Le streghe di Eastwick: le differenze tra il libro e il film

Sebbene il film segua la struttura di base del romanzo, molti importanti sviluppi vengono abbandonati o modificati. Ciò ha portato il film ad avere un tono molto meno cupo rispetto a quello del libro. Innanzitutto, benché l’ambientazione di entrambi sia Rhode Island, il racconto del romanzo si svolge durante i primi anni ’70, mentre il film è ambientato nel presente. Per quanto riguarda i personaggi, il Daryl del libro è più simile al diavolo: meno abilitatore e più egoista, predatore perverso e architetto del caos. Inoltre, il film omette un episodio chiave del libro, in cui Daryl sposa inaspettatamente una giovane ragazza innocente di nome Jenny, e le tre streghe gelose la fanno morire magicamente di cancro. Un risvolto giudicato troppo crudele.

Per quanto riguarda le tre streghe, nessuna di loro rimane incinta nel libro e alla fine Daryl fugge dalla città con il fratello minore di Jenny, Chris, apparentemente il suo amante. Anche questo si trattava di un colpo di scena un po’ troppo ardito secondo i produttori. A cambiare sono anche alcuni dei cognomi presenti nel libro. Il cognome di Alexandra inizialmente era Spofford, non Medford e Jane era Jane Smart, non Jane Spofford. Sukie, invece, era Rougemont non Ridgemont. Infine, ci sono differenze anche nei loro capelli e nella corporatura: nel libro Alexandra è grassoccia mentre Sukie è la rossa.

Le streghe di Eastwick: il trailer e dove vedere il film in streaming e in TV

È possibile fruire di Le streghe di Eastwick grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Questo è infatti disponibile nei cataloghi di Rakuten TV, Chili Cinema, Google Play, Apple iTunes e Amazon Prime Video. Per vederlo, una volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di sabato 20 maggio alle ore 21:10 sul canale TwentySeven.

Fonte: IMDb

Festival di Cannes: Leonardo DiCaprio e Scorsese presentano “Killers of the Flower Moon”

Ottavo film in selezione per Martin Scorsese, vincitore della Palma d’Oro con Taxi Driver nel 1976, e miglior regista nel 1986 con Fuori orarioDa allora il regista, che non ha bisogno di presentazioni, non è più tornato nella Selezione Ufficiale, ed è un vero e proprio evento quello accaduto questa sera dove il regista e il cast è arrivato alla croisette per presentare Fuori Concorso al Festival di Cannes Killers of the Flower Moon. Questo dramma poliziesco in stile western ambientato nell’Oklahoma degli anni ’20 è basato su una storia vera, che indica l’accesso ai diritti per i nativi americani. 

Il regista è arrivato sul red carpet accompagnato dal suo cast e una miriade di altre stelle che lo hanno celebrato. Ecco tutte le foto della serata:

Leonardo DiCaprio, interpreta Ernest Burkhart, allevatore e nipote del boss criminale William Hale, ritrova Martin Scorsese undici anni dopo il suo leggendario ruolo di cinico agente di cambio in The Wolf of Wall Street (2012). Robert De Niro (William Hale) intanto, mandante degli omicidi nel film, firma, con Killers of the Flower Moon, la sua decima collaborazione dai tempi di Mean Streets (1973) con il regista newyorkese.

L’attrice americana Lily Gladstone interpreta Molly, moglie di Ernest di origine Osage, e la prima ad essere colpita dalle conseguenze della scoperta di giacimenti petroliferi sotto le terre dei suoi antenati. A completare questo cast a quattro stelle c’è Jesse Plemons ( The Power of the Dog) nei panni di un poliziotto dell’FBI incaricato di indagare sugli omicidi nella comunità dei nativi americani.

L’adattamento del libro per il cinema è firmato Martin Scorsese ed Eric Roth, sceneggiatore, tra tanti altri film di successo, di The Nickel Ride di Robert Mulligan in Concorso nel 1974, Forrest Gump (1994), Munich (2006) o più recentemente da Duna (2020).

Prisoners: trama, cast e curiosità sul film con Hugh Jackman

Prisoners: trama, cast e curiosità sul film con Hugh Jackman

Prima di arrivare a dar vita a grandi kolossal hollywoodiani come Arrival, Blade Runner 2049 e Dune, il regista canadese Denis Villeneuve ha debuttato con un film in lingua inglese grazie a Prisoners, thriller incentrato sul disperato tentativo di un padre di ritrovare la figlia scomparsa, arrivando anche ad utilizzare metodi brutali. All’apparenza potrebbe sembrare una storia vista e rivista, ma il regista dimostra da subito la sua grande capacità di conferire più livelli di lettura, utilizzando questa storia per parlare dell’uomo e dell’umanità, da sempre al centro del suo cinema.

La sceneggiatura di questo film è stata scritta da Aaron Guzikowski, attualmente noto per essere l’ideatore della serie sci-fi Raised by Wolves. Questi si basò su un suo cortometraggio scritto anni prima, e ispirato a sua volta al racconto Il cuore rivelatore, di Edgar Allan Poe. A lungo rimasto in un limbo produttivo, il film riuscì infine a prendere vita grazie all’interessamento di Villeneuve, il quale si era dichiarato attratto dalla possibilità di misurarsi con tale genere. L’approccio da lui scelto è estremamente affascinante, poiché il regista decise sin da subito di dar vita ad una messa in scena che evidenziasse come ogni personaggio è prigioniero di qualcosa a suo modo.

Rivelatosi un successo economico, con un incasso globale di 122 milioni di dollari, Prisoners è stato indicato come uno dei migliori titoli del suo anno. Il celebre direttore della fotografia Roger Deakins ottenne inoltre una nomination all’Oscar per il suo lavoro sulle cupe atmosfere del film. Prima di intraprendere una visione del film, però, sarà certamente utile approfondire alcune delle principali curiosità relative a questo. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla trama e al cast di attori. Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme streaming contenenti il film nel proprio catalogo.

Prisoners: la trama del film

Protagonista del film è Keller Dover, marito e padre amorevole con una tranquilla vita in una cittadina della Pennsylvania. Durante i festeggiamenti per il Giorno del ringraziamento, l’uomo si trova però ad affrontare il peggiore incubo per un genitore. Sua figlia di sei anni, Anna, scompare insieme alla sua amica Joy Birches e mentre i minuti diventano ore, il panico prende il sopravvento. Per i Dover e i Birch ha infatti inizio un trauma senza fine, con le indagini che faticano a rintracciare prove concrete che possano portare al ritrovamento delle due bambine. L’unico indizio a disposizione è un camper fatiscente parcheggiato nella loro strada, e a partire da questo partiranno le indagini del detective che si occupa del caso.

Questi è il Detective Loki, estremamente convinto che il colpevole sia il proprietario del furgoncino, Alex Jones, affetto da ritrardo mentale e sotto la custodia di sua zia Holly. Inizialmente arrestato, la mancanza di prove costringe al suo rilascio. Mentre la polizia segue diverse piste, tra cui anche quella del rapimento a fini di pedofilia, la pressione cresce e sapendo che è in gioco la vita di sua figlia, un Dover ormai fuori di sé decide di non avere altra scelta che quella di prendere in mano la situazione. Il percorso da lui intrapreso lo porterà a scontarsi con i suoi demoni interiori, lasciando venire alla luce aspetti oscuri di sé che neanche lui sapeva di possedere.

Prisoners cast

Prisoners: il cast del film

A dar vita a Keller Dover vi è l’attore Hugh Jackman, noto per aver interpretato Wolverine nella saga degli X-Men. L’attore era da tempo legato al progetto, salvo poi allontanarsene per divergenze creative. In seguito, dopo alcuni cambiamenti nella storia, egli accettò di ricoprire il ruolo. Le uniche indicazioni da lui ricevute da Villeneuve furono di lasciar trasparire una sempre maggiore follia, cosa perfettamente riscontrabile in alcune scene. Ad interpretare sua moglie, Grace Dover, è invece l’attrice Maria Bello, vista anche in A History of Violence. Dylan Minnette, noto prevalentemente per la serie Tredici, interpreta il figlio maggiore dei Dover, Ralph. I coniugi Franklin Birch e Nancy Birch sono qui interpretati dai noti attori Terrence Howard Viola Davis.

Jake Gyllenhaal interpreta invece il detective Loki. L’attore aveva già collaborato con il regista per il film Enemy, e dato il buon rapporto sviluppato, Villeneuve decise di affidargli il ruolo senza bisogno di visionare alcun provino. L’idea di aggiungere al personaggio una serie di tatuaggi e tic facciali fu proprio di Gyllenhaal, al fine di conferire ulteriore particolarità al personaggio. La premi Oscar Melissa Leo è invece Holly Jones, la zia del problematico Alex. Per questo ruolo, l’attrice ha richiesto una particolare trasformazione tramite trucco prostetico. Ha infatti indossato protesi per apparire più in carne come anche una parrucca grigia. A dar volto ad Alex, infine, è l’attore Paul Dano, già celebre per il film Il petroliere, e anche in questo caso particolarmente apprezzato per la sua interpretazione.

Prisoners: il trailer e dove vedere il film in streaming e in TV

È possibile fruire di Prisoners grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Questo è infatti disponibile nei cataloghi di Rakuten TV, Chili Cinema, Google Play, Infinity, Apple iTunes e Tim Vision. Per vederlo, una volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di sabato 20 maggio alle ore 21:00 sul canale Iris.

Fonte: IMDb

Anna Nicole Smith la vera storia: recensione del docufilm di Netflix

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Dopo aver raccontato la storia di Britney Spears e di Pamela Anderson, per Netflix è la volta di un’altra bionda prosperosa con Anna Nicole Smith la vera storia. Il docufilm di Ursula MacFarlane (The Lost Sons) cerca di fare un recap della vita della celebre Playmate di Playboy ripercorrendo il crollo e i dolori che hanno portato la modella alla morte prematura per overdose, colpa di un mix di metadone, valium e altri sedativi, sola in una camera dell’Hard Rock Hotel di Hollywood all’età di 39 anni. Anna Nicole Smith tra gli anni Novanta e i primi Duemila è stata la rappresentazione del sogno americano ma anche quello che fotografava la cultura mediatica di quel periodo fatta di scandali ed eccessi.

La trama di Anna Nicole Smith la vera storia

La regista di Anna Nicole Smith la vera storia, dopo una brevissima introduzione del docufilm, parte con gli anni difficili dell’adolescenza della protagonista, nata come Vickie Lynn Hogan e cresciuta nella piccola cittadina di Mexia in Texas. Dopo aver lasciato la scuola all’età di 15 anni, poi a 17 anni si sposa con il cuoco del fast food Jim’s Krispy Fried Chicken dove lavorava per mantenersi. Ovviamente, come succede sempre in queste storie di provincia americana, il marito si rivela un tipo abusivo e possessivo, la giovane donna dopo sei mesi dalla nascita del suo primo figlio Daniel, tanto desiderato, scappa. Vickie cambia nome in Nickie, si rifà il seno e si esibisce come stripper in uno dei tanti locali notturni di Houston. Qui conoscerà una delle persone, forse l’unico uomo che ha cercato di proteggerla, anche da se stessa, cioè il richissimo, ma molto anziano,  imprenditore petrolifero James Howard Marshall II che sposerà nel 1994, solo dopo essere diventata famosa nello star-sistem hollywoodiano.

Durante il periodo della frequentazione e il trasferimento a casa di Marshall con Daniel, Anna Nicole dopo aver posato per un fotografo della sua zona, nel 1992 viene chiamata per apparire sulla copertina della rivista Playboy. Tutta questa vicenda nel documentario viene raccontato da Mo Grabowski, l’editor fotografica per la West Coast del giornale di Hugh Hefner. Da qui la carriera nella moda di Anne Nicole vola e posa per la campagna pubblicitaria per la marca Guess Jeans di Paul Marciano. Nel 1993 la modella, rinominata da tutti “la nuova Claudia Schiffer” anche se la stessa top model si rivedeva più come figlia o reincarnazione di Marilyn Monroe, viene eletta Playmate dell’anno. Nel 1994 il suo esordio al cinema prendendo parte ai film Mister Hula Hoop e soprattutto Una pallottola spuntata 33⅓ – L’insulto finale, ma la sua carriera d’attrice cinematografica non decollò mai.

Anna Nicole: You Don’t Know Me. Anna Nicole Smith in Anna Nicole: You Don’t Know Me. Cr. Courtesy of Netflix © 2023

La seconda parte di questo docufilm, della durata di quasi due ore, da qui diventa una sequenza dei numerosi drammi che hanno travolto, dopo il periodo di massimo splendore, la celebre coniglietta Anna Nicole Smith. Prima vengono mostrate, utilizzando i video registrati durante le udienze in tribunale, le lunghe cause legali che mettevano in dubbio la legittimità sull’eredità del marito Marshall, morto all’età di novantanni nel 1995. Proseguendo poi, con i suoi ultimi anni, sono stati stati segnati dalle lotte contro le dipendenza, da i diuretici per dimagrire, da un reality show girato nella sua residenza, dalla tragica morte di suo figlio Daniel e per finire pure la contestata paternità di sua figlia Dannielynn Hope fino ad arrivare alla sua triste morte. Anna Nicole Smith la vera storia si conclude con delle rivelazioni sull’infanzia della protagonista, dove si scopre che non era povera e che la madre Virgie non era violenta con lei.

Da Vickie alla diva Anna Nicole

Questo docufilm poteva essere una buona occasione per finalmente dare in qualche modo giustizia al personaggio Anna Nicole Smith. Ursula MacFarlane riesce bene nella prima parte quella più biografica dove si parla di Vickie, una ragazza già nata bellissima, che capisce il potere e il suo fascino che provoca sui ragazzi e poi gli uomini, che riesce a svoltare, passando da uno strip club alle pagine patinate dei giornali americani. Le numerose interviste che compogono la parte dedicata alla caduta, dopo gli anni del successo da top model, sono prive di profondità. Vengono mostrati paparazzi, giornalisti o fotografi che non fanno altro che ripetere quanto era stupenda e dove passava lei, loro erano sicuri di guadagnare con scatti, foto e notizie da vendere alle riviste di gossip. La regista alla fine rimane sempre fedele alla sua visione sulla protagonista che non viene mai mostrata come una vittima ma una donna consapevole del sistema.

Anna Nicole Smith la vera storia è la tumultosa vita tra anni di splendore e periodi neri della defunta modella, attrice e superstar dei tabloid. Per tutto il docufilm si sente solo che la donna “desiderava l’attenzione”, in parte è vero ma c’era molto di più e in parte il documentario di Netflix riesce a mostrare chi era la ragazza Vickie Lynn Hogan in arte Anna Nicole Smith.

È morto Rick Dalton, aveva 90 anni: l’annuncio sui social di Quentin Tarantino

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L’account Twitter del podcast The Video Archives curato da Quentin Tarantino assieme a Roger Avary (co-sceneggiatore di Pulp Fiction) ha reso nota la scomparsa il 19 maggio dell’attore Rick Dalton, all’età di 90 anni. “Siamo dispiaciuti nell’annunciare la scomparsa dell’attore Rick Dalton, meglio noto per il suo ruolo nella serie tv Bounty Law e nella trilogia The Fireman. Rick è spirato pacificamente nella sua casa delle Hawaii e lascia la moglie Francesca”, riporta il tweet in questione.

I fan di Tarantino e del suo cinema noteranno però subito la stranezza della notizia, perché Rick Dalton non è mai esistito. Questi è il protagonista del film C’era una volta a… Hollywood, dove era interpretato da Leonardo DiCaprio. Un personaggio fittizio, dunque, però vagamente ispirato ad alcuni attori del cinema che sul finire degli anni Sessanta videro tramontare la propria carriera. A quattro anni dal film in cui tale personaggio dell’universo cinematografico di Tarantino ha fatto la sua comparsa, il regista ha dunque fornito questo triste e ironico aggiornamento.

Per di più, il New Beverly Cinema di Los Angeles, la sala di proprietà di Tarantino, sfoggia ora la scritta “In memoria di Rick Dalton, 1933 – 2023. Un attore straordinario”, come si può vedere qui. Il motivo di tale annuncio è però presto detto: si tratta di una trovata pubblicitaria di Tarantino per il suo nuovo libro, The Films of Rick Dalton, un romanzo nel quale racconta nel dettaglio tutti i film e le serie in cui l’attore ha recitato, proprio come se fosse realmente esistito. Non è la prima volta che il regista torna su quel suo film per ampliarne la narrazione, avendovi già dedicato un vero e proprio romanzo dal titolo omonimo pubblicato nel 2021.

Cosa sappiamo di The Movie Critic, il nuovo film di Quentin Tarantino

Nell’attesa di poter leggere questo nuovo scritto dell’irriverente regista, sappiamo intanto che il  suo prossimo lungometraggio si intitola The Movie Critic e le riprese sono previste per questo autunno a Los Angeles. Il film, come confermato da Tarantino, sarà ambientato nel 1977, un periodo che ha fatto una grande differenza nella storia del cinema. Dato il titolo, il premio Oscar si è trovato a dover smentire le voci secondo cui The Movie Critic sarebbe incentrato sulla famosa critica cinematografica Pauline Kael.

Il titolo del nuovo film di Tarantino ci suggerisce anche che la trasformazione in atto in quella Hollywood sarà vista attraverso gli occhi di un esterno, colpito da ciò che vede arrivare sul grande schermo. Se ciò fosse confermato, The Movie Critic potrebbe dunque sfoggiare un tono malinconico e romantico sulla falsariga del titolo precedente di Tarantino, C’era una volta a… Hollywood. Al momento, tuttavia, non si hanno maggiori informazioni, né sulla trama né sul cast.

The Flash: un backstage sul ritorno di Batman di Michael Keaton

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The Flash: un backstage sul ritorno di Batman di Michael Keaton

Il canale ufficiale Twitter di The Flash ha diffuso un video dal backstage del film in cui si fa luce sul personaggio di Batman di Michael Keaton, che torna all’iconico ruolo dopo trent’anni. Ecco di seguito il contenuto video:

The Flash: la trama e il cast del film

In The Flash i mondi si incontreranno quando Barry userà i suoi superpoteri per viaggiare indietro nel tempo e cambiare gli eventi del passato. Ma quando il tentativo di salvare la sua famiglia altera inavvertitamente il futuro, Barry rimane intrappolato in una realtà in cui il generale Zod è tornato, minacciando distruzione, e senza alcun Supereroe a cui rivolgersi. L’unica speranza per Barry è riuscire a far uscire dalla pensione un Batman decisamente diverso per salvare un kryptoniano imprigionato…. malgrado non sia più colui che sta cercando. In definitiva, per salvare il mondo in cui si trova e tornare al futuro che conosce, l’unica speranza per Barry è ‘correre per la sua vita’. Ma questo estremo sacrificio sarà sufficiente per resettare l’universo?

Fanno parte del cast di The Flash l’attore Ezra Miller nei panni del protagonista, riprendendo dunque il ruolo di Barry Allen da Justice League, ma anche l’astro nascente Sasha Calle nel ruolo di Supergirl, Michael Shannon (“Bullet Train”, “Batman v Superman: Dawn of Justice”), in quelli del Generale Zod, Ron Livingston (“Loudermilk”, “L’evocazione – The Conjuring”), Maribel Verdú (“Elite”, “Y tu mamá también – Anche tua madre”), Kiersey Clemons (“Zack Snyder’s Justice League”, “Sweetheart”), Antje Traue (“King of Ravens”, “L’uomo d’acciaio”) e Michael Keaton (“Spider-Man: Homecoming”, “Batman”), che torna nel costume di Batman dopo oltre 30 anni.

Festival di Cannes: le foto dal red carpet, Natalie Portman, Cate Blanchett e …

La serata di ieri al Festival di Cannes è stata tutta per Cate Blanchett, l’attrice ha accompagnato il suo film The New Boy, insieme al regista australiano Warwick Thornton. Presenti molte star sulla croisette che hanno sfilato per l’occasione, tra cui una sfavillante Cara Bruni e Natalie Portman. Ecco tutte le foto di seguito.

The New Boy segue i passi di un bambino aborigeno toccato dalla grazia, nell’austerità di un monastero gestito da una suora rinnegata. Sceneggiatore e autore, vincitore della Camera d’or nel 2009 con Sansone e Dalila presentato ad Au Certain Regard, aveva già affrontato il tema degli aborigeni, mettendo in scena due adolescenti del deserto australiano.

The Movie Critic: Paul Schrader rivela alcuni dettagli del nuovo film di Quentin Tarantino

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Il decimo e ultimo film di Quentin Tarantino, come noto, è stato annunciato e si intitolerà The Movie Critic. Nel corso della sua carriera, l’autore due volte premio Oscar ha scritto e diretto nove lungometraggi: Le iene, Pulp Fiction, Jackie Brown, Kill Bill, A prova di morte, Bastardi senza gloria, Django Unchained, The Hateful Eight e, più recentemente, C’era una volta a Hollywood. Il nuovo film, il suo decimo, è inoltre stato indicato come il suo ultimo in assoluto da regista. Nell’attesa di scoprire se ciò sarà o meno vero, il regista e sceneggiatore Paul Schrader ha fornito qualche dettaglio in più sul progetto.

Nel corso di un’intervista rilasciata ad IndieWire, dove parla principalmente del suo nuovo film Master Gardener, Schrader ha trovato anche il tempo di parlare del nuovo progetto di Tarantino. “Non so se le cose siano cambiate, ma circa un mese fa stava preparando il film, che ha qualcosa a che fare con il cinema negli anni ’70. E per parte di questo userà spezzoni di film di quegli anni, ma rigirerà anche alcune scene di quegli stessi film, e lui mi ha chiesto: “Posso rifare il finale di Rollling Thunder?” e io ho detto: “sì, provaci. Mi piacerebbe vederti rifare il finale di “Rolling Thunder”. Chissà se lo farà davvero o no. Ma era qualcosa che solleticava la sua immaginazione in un modo molto tarantiniano”.

Come noto, il film del 1977 Rolling Thunder è uno dei film a cui Tarantino dedica un capitolo specifico nel suo libro Cinema speculation, inoltre si tratta dei suoi film preferiti, secondo quanto da lui stesso dichiarato. La sua pratica di manipolare scene di film del passato si fa notare già in C’era una volta a… Hollywood, ma chissà che con The Movie Critic non vada oltre, cambiando qualche elemento rispetto all’originale. Come si evince, però, Schrader non è al corrente se tale aspetto del nuovo lungometraggio di Tarantino troverà effettivamente concretezza nel montaggio finale. Non resta dunque che attendere maggiori informazioni a riguardo.

Cosa sappiamo di The Movie Critic

Il prossimo lungometraggio di Tarantino si intitola dunque The Movie Critic e le riprese sono previste per questo autunno a Los Angeles. Tuttavia, il regista e sceneggiatore ha messo a tacere le voci secondo cui il film sarebbe incentrato sulla famosa critica cinematografica Pauline Kael. Le informazioni sono state fornite dallo stesso Tarantino durante un evento di domande e risposte. Il film, come confermato da Tarantino, sarà però ambientato nel 1977, un periodo che ha fatto una grande differenza nella storia del cinema.

Il titolo del nuovo film di Tarantino suggerisce anche che la trasformazione in atto in quella Hollywood sarà vista attraverso gli occhi di un esterno, colpito da ciò che vede arrivare sul grande schermo. Se ciò fosse confermato, The Movie Critic potrebbe dunque sfoggiare un tono malinconico e romantico sulla falsariga del titolo precedente di Tarantino, C’era una volta a… Hollywood. Al momento, tuttavia, non si hanno maggiori informazioni, né sulla trama né sul cast.

Gamora di GOTG 3: per Chris Pratt è “uno dei personaggi meglio scritti che abbia mai visto”

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La star di Guardiani della Galassia Vol. 3 Chris Pratt ha recentemente commentato l’iterazione di Gamora (Zoe Saldana) apparsa nel terzo film della saga e lo ha definito come “uno dei migliori personaggi scritti” che abbia mai visto. In un’intervista sul sito Web della Marvel, Pratt ha descritto la storia di Chris Pratt come “uno degli archi più interessanti dell’intero Marvel Cinematic Universe“. Il protagonista ha notato che l’arco del personaggio “capovolgerà davvero le persone”.

È uno dei personaggi meglio scritti che abbia mai visto, e amo l’arco narrativo che attraversa in questo terzo capitolo“, ha dichiarato Chris Pratt. “Farà davvero capovolgere le persone e sfiderà le loro aspettative su come dovresti concludere una trilogia con due persone che sono state innamorate prima.”

Gli spettatori ricorderanno che la Gamora vista in Guardiani della Galassia Vol. 3 è diverso dal personaggio presente nei precedenti film dei Guardiani della Galassia. In Avengers: Infinity War, l’originale Gamora è stata uccisa da Thanos; una Gamora di una linea temporale diversa è poi entrata nella mischia di Avengers: Endgame. Questa nuova Gamora – che non ha mai fatto parte dei Guardiani della Galassia – è quella che appare ora nei nel nuovo film Guardiani della Galassia Vol. 3 dei Marvel Studios.

Quello che sappiamo su Guardiani della Galassia Vol. 3

Guardiani della Galassia Vol. 3 è scritto e diretto da James Gunn ed è interpretato da Chris PrattZoe SaldanaDave Bautista, Karen Gillan, Pom Klementieff, con Vin Diesel  nei panni di Groot e Bradley Cooper in quelli di Rocket nella versione originale, oltre a Sean Gunn, Chukwudi Iwuji, Will Poulter e Maria Bakalova. Il film è prodotto da Kevin Feige, mentre Louis D’Esposito, Victoria Alonso, Nikolas Korda, Simon Hatt e Sara Smith sono i produttori esecutivi. Il film è al cinema dal 5 maggio.

Guardiani della Galassia Vol. 3 si conclude con una scena molto emozionante, allegra ma allo stesso tempo malinconica, con in sottofondo una canzone dei Florence & The Machine, “Dog Days Are Over”, e la cantante della band, Florence Welch, ha reagito a quel momento in maniera molto emozionata. Guardiani della Galassia Vol. 3 segna la fine della trilogia del team nell’MCU. Mentre il regista James Gunn e alcuni attori lasceranno il Marvel Cinematic Universe con il film, Guardiani della Galassia Vol. 3 non è stata una faccenda triste ma una celebrazione. Il film si conclude in bellezza con una canzone di Florence & The Machine perfettamente selezionata.

Il divertente photocall di Indiana Jones e il quadrante del destino

Si è tenuto questa mattina il photocall e la conferenza stampa di Indiana Jones e il Quadrante del Destino e mentre i più veterani di Cinefilos.it stanno già leggendo la nostra recensione, vi segnaliamo tutte le foto del divertente photocall con i protagonisti del film al Festival di Cannes. Al Palais des Festivals erano presenti le star Harrison Ford, Phoebe Waller-Bridge, Mads Mikkelsen, Shaunette Renée Wilson, Boyd Holbrook, Ethann Isidore, il regista/sceneggiatore James Mangold e i produttori Kathleen Kennedy, Frank Marshall e Simon Emanuel. Indiana Jones e il Quadrante del Destino arriverà il 28 giugno nelle sale italiane.

Harrison Ford torna nel ruolo del leggendario eroe archeologo per l’attesissimo ultimo capitolo dell’iconico franchise, un’epica e travolgente avventura in giro per il mondo. Insieme a Harrison Ford, il cast del film include Phoebe Waller-Bridge (Fleabag), Antonio Banderas (Dolor y gloria), John Rhys-Davies (I predatori dell’arca perduta), Shaunette Renée Wilson (Black Panther), Thomas Kretschmann (Das Boot), Toby Jones (La Talpa), Boyd Holbrook (Logan – The Wolverine), Olivier Richters (Black Widow), Ethann Isidore (Mortale) e Mads Mikkelsen (Un altro giro).

Diretto da James Mangold (Le Mans ‘66 – La grande sfidaLogan – The Wolverine) e con una sceneggiatura scritta da Jez Butterworth & John-Henry Butterworth e David Koepp e James Mangold, basata sui personaggi creati da George Lucas e Philip Kaufman, il film è prodotto da Kathleen Kennedy, Frank Marshall e Simon Emanuel, mentre Steven Spielberg e George Lucas sono i produttori esecutivi. La colonna sonora è composta ancora una volta da John Williams, che ha firmato le musiche di ogni avventura di Indiana Jones a partire dall’originale I predatori dell’arca perduta nel 1981.

Ester Expósito al Festival di Cannes con Lost In the Night

Ester Expósito al Festival di Cannes con Lost In the Night

Tra le tante star presenti al Festival di Cannes c’è anche l’attrice e modella spagnola Ester Expósito, nota per aver interpretato il ruolo di Carla Rosón nella serie televisiva Élite, che accompagna il film “Perdidos En La Noche (Lost In the Night)” presentato nella sezione Premiere della 76 edizione del Festival di Cannes. Di seguito tutte le foto del photocall del film:

Nel film Emiliano vive in una piccola città mineraria in Messico. Abitato da un profondo senso di giustizia, cerca i responsabili della scomparsa di sua madre, un’attivista che difendeva i posti di lavoro locali minacciati da una compagnia mineraria internazionale. Non ricevendo alcun aiuto dalla polizia o dal sistema giudiziario, la sua ricerca lo porta alla ricca famiglia Aldama. Poi incontra il padre, un famoso artista, la sua famosa moglie e la loro attraente giovane figlia. Non gli ci vuole molto per lavorare a casa loro ed è determinato a scoprire alcuni segreti ben custoditi.

Jeanne du Barry, recensione del film con Johnny Depp – Cannes 76

Jeanne du Barry, recensione del film con Johnny Depp – Cannes 76

Jeanne du Barry, girato e interpretato da Maïwenn e che segna l’attesissimo ritorno al cinema di Johnny Depp dopo il controverso processo Heard-Depp, ha aperto l’edizione 2023 del Festival di Cannes. Promettendo un ritratto inedito della cortigiana diventata la favorita del re, il film della regista francese inciampa tuttavia nelle sue stezze intenzioni, aderendo fin troppo alle convezioni del dramma storico e confezionando una storia di ascesa sociale sospesa nell’incertezza di una regia poco ispirata e di una scrittura sbiadita.

Jeanne du Barry: la trama

Jeanne Vaubernier, figlia di un popolano e desiderosa di elevarsi socialmente, usa il suo fascino per emergere al di sopra delle sue circostanze. Il suo amante, il conte Du Barry, che si sta arricchendo grazie alla lucrosa galanteria di Jeanne, vuole presentarla al re; organizza dunque l’incontro tramite l’influente Duca di Richelieu e questo evento supera di gran lunga le sue aspettative: tra Luigi XV e Jeanne è amore a prima vista. Con la cortigiana, il Re ritrova il gusto della vita, tanto da non poterne più fare a meno e decidere di farne la sua favorita ufficiale. Tuttavia, lo scandalo è dietro l’angolo: nessuno vuole una ragazza di strada a Corte.

Jeanne du Barry si presenta come una storia di emancipazione femminile nel cuore di un sistema fortemente patriarcale, in cui la protagonista stessa verrà introdotta. Sempre in bilico tra il ricordarsi delle sue origini e l’abbandonarsi agli agi di questa nuova condizione di vita, Jean trova nella compagnia del re Luigi XV una chiave di svolta per capire come vivere a Versailles. Malvoluta e al contempo spiata e invidiata dai membri della corte – tra cui le esilaranti figlie del Re, praticamente Anastasia e Genoveffa di Cenerentola traslate a Versailles – Jean riuscirà a scavalcare chiunque grazie al suo piglio ardito, uno stile inconfondibile e le maniere non proprio reali, ma esilaranti.

Jeanne du Barry

Non vi è un disegno registico nè narrativo

Ciò che emerge da questo racconto pseudo biografico, di cui Maïwenn ha ridefinito i contorni, è soprattutto una forte discordanza tra il significato di Jeanne come icona femminista e quella veracità tanto promessa ma che effettivamente manca al personaggio. Siamo di fronte a un ritratto che, più che sovversivo, ricalca in toto i cliché del film in costume, prediligendo la cornice romantica a quella più audace e non riuscendo nemmeno a individuare un quadro registico preciso: la regia del film è, infatti, completamente priva di uno schema che giustifichi le azioni narrative. Non è la storia della popolana che ci viene introdotta all’inizio: è la storia della corte più famosa della storia, raccontata in un modo che già conosciamo.

Molto distante dagli sguardi più eccentrici al passato delle corti, come quello del film La Favorita di Yorgos Lanthimos o Il corsetto dell’imperatrice di Marie Kreutzer Jean Du Barry evita di andare sopra le righe, infrangendo le sue stesse promesse. È Maiwenn come attrice a imporsi su Jeanne, mai il contrario: forse la visione femminista della regista stessa scavalca quello che avrebbe da dire la sua donna del passato.

Il grande ritorno di Johnny Depp?

Per quanto sia impossibile restare indifferenti di fronte al fatto che il cinema europeo stia concedendo a Depp uno spazio per esprimersi, bisogna ammettere che l’ex Jack Sparrow risulta confinato nel ruolo tanto oneroso del sovrano Luigi XV. Ben più di rilievo é stata infatti sicuramente la sua performance nel film Il caso Minamata (2020) di Andrew Levitas, presentato nel 2020 al Festival Internazionale del Cinema di Berlino, in cui Depp interpreta il fotografo documentarista statunitense William Eugene Smith. Nei panni del sovrano francese, infatti, Depp deve lottare con le insidie di una lingua che non padroneggia quanto l’inglese e con un ruolo storicizzato: non bastano i suoi riconoscibili manierismi e la sua verve comica – il film lascia grande spazio all’ironia – per salvare il film.

In conclusione, Jeanne du Barry è un film che punta molto sulla ricostruzione d’epoca, sui costumi e sul trucco, ma non riesce ad allontanarsi dalla convenzionalità. L’intervento anche attoriale di Maïwenn sulla scena fagocita ogni possibilità che il film avrebbe di brillare, inglobando perfino l’istrionico Johnny Depp in un racconto confuso sulla stregua dei tanto popolari young adult sulle famiglie reali.

Black Flies, la recensione del film con Sean Penn e Tye Sheridan – Cannes 76

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Caotico, disturbante, complesso: Black Flies di Jean-Stéphane Sauvaire con Sean Penn e Tye Sheridan arriva a Cannes 76. Nei primi minuti con le sirene che stridono e i volti in primo piano, la trama incentrata sui paramedici di New York segue questo filone concentrandosi sulle complicazioni della vita. Tra sparatorie tra bande, aggressioni domestiche e morti di senzatetto, gestire tutto questo per Ollie (interpretato da Tye Sheridan) e Gene Rutkovsky (interpretato da Sean Penn) è psicologicamente difficile.

Ollie sta studiando medicina e fa questo lavoro per pagare le bollette, mentre Rut è ormai navigato e anziano fa da mentore, o per lo meno di prova. La prima notte di guardia come paramedico Ollie deve avere a che fare con una brutta sparatoria, preso dal panico Rut cercherà di guidarlo scegliendolo poi come partner. Gli orrori a cui assiste durante le notti come paramedico mettono a dura prova la sua anima: “Ho iniziato a fare questo lavoro per aiutare le persone, senza considerare che sono le persone che aiutano noi”.

Black Flies, la trama

Presentato in concorso al Festival di Cannes, Black Flies vuole cercare di raccontare le paure e le debolezze degli uomini unendo il tutto con dei momenti di forte denunci nei confronti della società americana e in particolare sulla sanità. Membri delle gang, le mogli maltrattate e picchiate, i senzatetto accampati nelle lavanderie a gettoni, i tossicodipendenti, gli immigrati ignorati e molto altro è quello che popola le loro notti di turno come paramedici. Sono demoni che a volte riescono a combattere altre volte invece ne vengono inglobati rischiando di cadere in un vorticoso buco nero dal quale è difficile riemergere. Anche imbattersi in cadaveri in putrefazione avvolti da mosche nere è uno dei simboli del lavoro dei paramedici: “Le mosche nere sono le prime a sentire l’odore della morte”. Loro non sono altro che le mosche nere.

Un altro aspetto che emerge in Black Flies è la totale assenza di personaggi femminili a eccezione di tre significative presenze: la fidanzata di Ollie (interpretata da Raquel Nave), l’ex moglie di Rut (interpretata da Katherine Waterston) e la paziente incinta. Tre personalità forti che ognuna a modo suo cerca portare alla controparte maschile qualcosa. Per esempio, la fidanzata di Ollie con suo figlio, potrebbe rappresentare quella vita semplice e lontana dalle complicazioni.

(Dis)umanità

Black Flies nella sua complessità porta a fondo delle tematiche complesse in maniera ragionata. Oltre a far vedere in lavoro dall’interno lo vediamo anche dall’esterno, dal mondo in cui i paramedici sono percepiti dai pazienti. Il caso che scatena una concatenazione di eventi tragica è quello della donna tossicodipendente incita. In quell’occasione Ollie si rende conto di un potere quasi divino di cui dispongono i paramedici quello di decidere della vita o della morte. “So cosa stai pensando? Ne vale la pena?”, in un mondo segreto in cui i casi considerati senza speranza vengono lasciati morire nel retro dell’ambulanza.

Ollie, futuro medico, non riesce a convivere con questo peso sulle spalle e al suo personaggio è affidata la positività, verso una consapevolezza diversa rispetto a quella di Rust. Se, infatti, il personaggio di Sean Penn era ormai irrecuperabile nelle sue azioni e nel suo modo di pensare, Ollie rappresenta il cambiamento, una nuova generazione di personale sanitario che magari non si farà corrompere dalla malvagità.

Cate Blanchett al Festival di Cannes con The New Boy

Cate Blanchett al Festival di Cannes con The New Boy

Arriva al Festival di Cannes l’attrice Cate Blanchett che è protagonista di The New Boy, il film del regista australiano Warwick Thornton che segue i passi di un bambino aborigeno toccato dalla grazia, nell’austerità di un monastero gestito da una suora rinnegata. Sceneggiatore e autore, vincitore della Camera d’or nel 2009 con Sansone e Dalila presentato ad Au Certain Regard, aveva già affrontato il tema degli aborigeni, mettendo in scena due adolescenti del deserto australiano.

“The new boy”, un bambino solitario (Aswan Reid) dotato di poteri eccezionali crea fascino dopo il suo incontro spirituale con Gesù. Ma l’interiorità di questo bambino aborigeno non si adatta ai valori cristiani lodati al monastero. Il suo potere misterioso è minaccioso. La storia diretta da Warwick Thornton si svolge negli anni ’40 con, in uno dei ruoli principali, l’attrice australiana Cate Blanchett che interpreta la sorella Eileen. Un personaggio in bilico tra le sue convinzioni e l’evidenza del dono di questo bambino, i cui valori profondi si scontrano.

Questa storia mistica non è senza rievocare l’esperienza del regista che fu convittore, fino all’età di 13 anni e su iniziativa della madre, di una delle poche città monastiche dell’Australia, a ovest del paese. In questa istituzione gestita da monaci spagnoli, il giovane adolescente che era e che non aveva mai messo piede in una chiesa, rimase profondamente colpito dall’immagine di Cristo in croce, un’immagine così diversa da quella che aveva conosciuto da bambino, e così lontano dalla spiritualità aborigena di cui era imbevuto. La trama del suo film è legata a questa profonda domanda: possono armonizzarsi due spiritualità così opposte? Scritta dall’autore 18 anni fa, la sceneggiatura di The New Boy lo ha perseguitato da allora.

Barbie: la partecipazione di John Cena al film è avvenuta per puro caso

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John Cena non si aspettava minimamente di essere coinvolto nel film Barbie come Ken versione Tritone e i suoi fan sono rimasti altrettanto stupiti dalla notizia. Per Entertainment Weekly, l’ex superstar della WWE diventata attore e attualmente in sala con Fast X ha spiegato come un incontro con la sua co-protagonista di Suicide Squad Margot Robbie ha portato a quest’imprevidibile partecipazione. “È stato un felice caso”, ha detto Cena, “Le riprese di Fast X si svolgevano letteralmente dall’altra parte della strada rispetto a dove si stava girando Barbie”.

Ho dunque incontrato Margot e lei mi ha chiesto se avevo voglia di partecipare e le ho risposto che avrei fatto tutto ciò che avrebbe desiderato”. Cena ha dunque colto al volo l’opportunità di essere in Barbie dopo aver, secondo quanto riferito, provato ad interpretare il Ken principale, per il quale è poi stato scelto Ryan Gosling. “Ho provato e sono stato rifiutato“, ha ricordato Cena. “Stavano organizzando un casting aperto per il film. Ho capito, non ero un pezzo del puzzle.

Ci si può dunque aspettare un divertente cameo di Cena nel film, il quale vanta un cast a dir poco stellare. Oltre a Margot Robbie e Ryan Gosling nei panni di Barbie e Ken ci saranno infatti anche America Ferrera, Kate McKinnon, Michael Cera, Ariana Greenblatt, Issa Rae, Rhea Perlman e Will FerrellFanno poi parte del cast del film anche Ana Cruz Kayne, Emma Mackey, Hari Nef, Alexandra Shipp, Kingsley Ben-Adi, Simu Liu, Ncuti Gatwa, Scott Evans, Jamie Demetriou, Connor Swindells, Sharon Rooney, Nicola Coughlan, Ritu Arya e il premio Oscar Helen Mirren. Il film, diretto da Greta Gerwig e da lei scritto insieme a Noah Baumbach arriverà in sala dal 21 luglio.

Fonte: CBR

Indiana Jones e il Quadrante del Destino: recensione del film con Harrison Ford – Cannes 76

Dopo mesi passati a inseguire le ipotesi nate dalle foto rubate sui set, anche italiani, e a penare per le condizioni fisiche di Harrison Ford (per l’infortunio subìto durante le riprese) è finalmente arrivato il momento di Indiana Jones e il Quadrante del Destino. Il quinto capitolo del franchise creato da George Lucas riporta l’avventuroso archeologo sul grande schermo per quella che potrebbe – dovrebbe – essere la sua ultima volta, e la regia di James Mangold (Logan- The Wolverine) regala al pubblico un gran finale in linea con i film precedenti, sempre diretti da Steven Spielberg. Uno spettacolo che gli spettatori italiani scopriranno al cinema a partire dal 28 giugno, data di uscita in sala del film distribuito da The Walt Disney Company Italia.

Indiana Jones e il Quadrante del Destino, l‘ultima avventura di Indiana Jones

Durante la guerra, catturato dai nazisti insieme all’amico Basil Shaw (Toby Jones) mentre è alla ricerca della Lancia di Longino, il Professor Jones si imbatte in un manufatto ancora più antico, secondo alcuni in grado di assicurare un potere immenso a chi lo possiede. Un oggetto sulle cui tracce è anche lo spietato Jürgen Voller (Mads Mikkelsen), con il quale il nostro eroe si scontra in una sequenza iniziale emozionante che ci riporta agli anni ’40, e ci mostra Harrison Ford ringiovanito in digitale grazie alle centinaia di ore di sue immagini in possesso della Lucasfilm.

New York, 1969, a distanza di oltre venti anni, la vita dell’archeologo e studioso è cambiata completamente, sia quella professionale sia quella personale, entrambe ormai non nel loro momento migliore. A scuotere la monotonia del settantenne Indy arriva però la figlia del suo amico, Helena Shaw (la Phoebe Waller-Bridge di Fleabag), che lo trascina in un’ultima avventura ai confini del fantasy in giro per il mondo. Difficile dire se per passione, per interesse o per riabilitare la memoria del padre, reso folle dall’ossessione per l’Antikythera di Archimede.

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©2022 Lucasfilm Ltd. & TM. All Rights Reserved.

Harrison Ford è sempre lui, il mito di Indy sopravvive

Come ha detto Mangold al Festival di Cannes, probabilmente “non si può accontentare tutti” e non sarebbe mai stato possibile considerati i tanti fan di un’icona come Indiana Jones, ma se questo quinto capitolo del franchise doveva essere un addio – e lo vedremo – probabilmente i più non saranno delusi dall’operazione che continua a essere guidata da Steven Spielberg e George Lucas, stavolta insieme tra i produttori esecutivi.

A più di 40 anni da I predatori dell’arca perduta del 1981 e a 15 dall’ultima avventura nel Regno del teschio di cristallo, del 2008, nella storia scritta dal regista con David Koepp, Jez & John-Henry Butterworth c’è molto dello spirito e della tradizione portata sullo schermo in tutti questi anni. C’è molto, in generale. Al punto che ogni riferimento rischierebbe di superare i confini dello spoiler, per quanto qualche sequenza – soprattutto quelle più movimentate – avrebbe potuto essere asciugata un po’ (e il costante utilizzo del tema di John Williams ridotto).

Non tanto, non troppo, ché dopo una sequenza d’apertura alla 007 e nonostante un pizzico di autocompiacimento alla Tom Cruise il tono generale si avvicina a quello del Tintin del 2011, detto senza alcuna intenzione di sminuire questo o quello, ma con il sospetto – o la voglia – di vederci un omaggio allo storico filmmaker di Cincinnati. D’altronde, dal colosso cattivo ai nazisti poco reattivi, dalle ragazze urlanti agli ambulanti travolti nell’azione tutto è fumetto in questo film, per non parlare della svolta apertamente fantastica (non una novità nella saga) della quale molto si è parlato nei mesi scorsi.

Indiana Jones (Harrison Ford) in Lucasfilm’s IJ5. ©2022 Lucasfilm Ltd. & TM. All Rights Reserved.

Al centro di tutto una figura della quale il suo stesso interprete ha disegnato limiti e priorità, dimostrando di essersi saputo reinventare senza smettere di essere fedele a un personaggio ormai immortale. In passato dipendente “dalla sua giovinezza e il suo vigore“, oggi meno disposto a mettersi in gioco in qualcosa non al suo livello. Coordinate che anche la macchina da presa mostra di rispettare nelle scene più adrenaliniche – a cavallo e in apetta, per cielo e per mare – che Mangold costruisce alla perfezione per evitare sforzi inutili e innaturali a Ford.

Comunque a suo agio con inseguimenti e salvataggi, o tra insetti e mostri marini, e nelle solite polverose camere segrete che da sempre nascondono importanti svolte narrative. Semmai, stavolta l’accento torna spesso su un aspetto fondamentale fin troppo tenuto in secondo piano e qui ben evidenziato: quello dello studio, del valore della conoscenza e – in questo caso – della matematica. Ultima e più forte tentazione per l’anziano professore, ormai pronto ad appendere il cappello ‘al chiodo’.

Risolta la questione LaBeouf, citato il legame col padre scomparso, assistiamo a qualcosa di molto simile a un passaggio di consegne a Phoebe Waller-Bridge, che in più di una occasione sembra interpretare scene in passato riservate a Indy. Ormai disilluso e agguerrito, un po’ cinico e amareggiato (e acciaccato), ma ancora in grado di riservare sorprese. Come quella che chiude il cerchio nel finale, toccante e conciliatorio, che potrebbe – definitivamente – accompagnarci all’uscita.

Superman: Legacy, Mr. Terrific e Jennifer Blitz potrebbero apparire nel film

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Mentre continuano le speculazioni riguardo quali attori faranno parte del cast di Superman: Legacy, l’atteso primo film del DC Universe di James Gunn, il quale sarà inoltre lo sceneggiatore e il regista di tale film, emergono anche sempre nuovi rumor su quali personaggi saranno presenti nel film. Oltre a Superman, Lois Lane ed un probabile Lex Luthor, alcune voci sostengono ora la presenza di due nuove personalità, solitamente non facenti parte di quelle principali nelle storie legate a Superman.

Secondo l’insider Jeff Sneider nell’episodio di questa settimana del suo podcast The Hot Mic, i DC Studios starebbero attualmente facendo il casting per Mr. Terrific, personaggio dodato di grandi doti fisiche ed umane, e un personaggio femminile chiamato “Blitz“. Si può supporre che si tratti di Jennifer Blitz, una potente metaumana della DC Comics. Vi sono però anche ulteriori indiscrezioni che sostengono la presenza nel film di Lobo, principalmente a causa del fatto che Gunn ha recentemente pubblicato un Tweet riguardo un solo attore ufficialmente scelto pel film, allegando l’emoji di un tritone.

La cosa ha subito spinto i fan a pensare che la star di Aquaman, Jason Moma possa essere stata scelta per interpretare l’iconico cacciatore di taglie Lobo. Naturalmente non ci sono ancora conferme di alcun tipo circa l’effettiva presenza di tali personaggin nel film. Gunn, dal canto suo, non sembra minimamente intenzionato a lasciarsi sfuggire dettagli a riguardo. Poiché Superman: Legacy introdurrà gli spettatori al nuovo universo cinematografico, è possibile immaginare che da qui partiranno più storie e che dunque più personaggi potrebbero essere presentati in tale lungometraggio al fianco dell’Uomo d’acciaio.

Tutto quello che sappiamo su Superman: Legacy

Superman: Legacy non sarà un’altra storia sulle origini, ma il Clark Kent che incontriamo per la prima volta qui sarà un “giovane reporter” a Metropolis. Si prevede che abbia già incontrato Lois Lane e, potenzialmente, i suoi compagni eroi (Gunn ha detto che esistono già in questo mondo e che l’Uomo di domani non è il primo metaumano del DCU). Il casting è attualmente in corso, con la speranza che venga fatto un annuncio ufficiale al Comic-Con di San Diego di quest’anno. Superman: Legacy uscirà nelle sale l’11 luglio 2025.

Secondo quanto riferito, Gunn ha consegnato la prima bozza della sua sceneggiatura prima dello sciopero degli sceneggiatori, ma ciò non significa che la produzione non subirà alcun impatto in futuro. “Superman: Legacy è il vero fondamento della nostra visione creativa per l’Universo DC. Non solo Superman è una parte iconica della tradizione DC, ma è anche uno dei personaggi preferiti dai lettori di fumetti, dagli spettatori dei film precedenti e dai fan di tutto il mondo”, ha detto Gunn durante l’annuncio della lista DCU. “Non vedo l’ora di presentarti la nostra versione di Superman che il pubblico potrà seguire e conoscere attraverso film, film d’animazione e giochi”.

Fonte: ComicBookMovie