Negli ultimi mesi, in seguito della
forte popolarità di ChatGPT e altri programmi di intelligenza
artificiale, sono notoriamente state sollevate diverse
preoccupazioni riguardo all’uso che di tali strumenti si può fare,
specialmente riguardo quei mestieri che si fondano sulla scrittura.
Da un lato, gli utenti sono sbalorditi dalle capacità sempre più
potenti di questi programmi. D’altra parte, tuttavia, la
prospettiva della scrittura generata dall’intelligenza artificiale
è infatti terrificante per scrittori e sceneggiatori, che temono
che il loro lavoro possa divenire obsoleto dinanzi a tali
nuovi tecnologie. Il WGA, ovvero il sindacto
degli sceneggiatori, ha ora comunicato di approvare i film
scritti dall’intelligenza artificiale.
Secondo Variety, la
Writer’s Guild of America ha infatti proposto di
consentire l’uso dell’intelligenza artificiale nella scrittura di
sceneggiature. In base a tale proposta, gli sceneggiatori
potrebbero dunque utilizzare l’intelligenza artificiale come
strumento, ma a delle condizioni. La prima di queste è il
mantenimento del pieno credito di scrittura del
film. La proposta afferma che il lavoro generato
dall’intelligenza artificiale non può essere considerato
“materiale letterario” o “materiale di partenza”.
Per questo motivo, ChatGPT o altri programmi di intelligenza
artificiale utilizzati non verrebbero considerati uno
scrittore del progetto e, e questa è la seconda
condizione, il loro utilizzo non può avere un impatto sul
compenso residuo degli scrittori.
La WGA probabilmente continuerà a
contrattare questa proposta per le prossime settimane. Al momento,
infatti, la decisione del sindacato degli sceneggiatori non sembra
suggerire che le IA possano superare i lavori di uno scrittore
umano. Ma questa decisione critica, secondo alcuni, dipenderà
probabilmente da un fattore chiave: ovvero se gli script generati
dall’intelligenza artificiale saranno più o meno buoni. Più
l’intelligenza artificiale viene utilizzata, migliore diventa
l’algoritmo. Dunque, se sempre più scrittori accettano l’invito del
WGA e usano l’intelligenza artificiale come aiuto, lo sceneggiatore
AI acquisirà capacità, rendendo sempre più difficile da definire il
ruolo di tali tecnologie.
The WGA’s proposal to regulate use of
material produced using artificial intelligence or similar
technologies ensures the Companies can’t use AI to undermine
writers’ working standards including compensation, residuals,
separated rights and credits.
#WGAStrong 🧵1/7
Alita – Angelo della
battaglia del 2019 ha ricevuto un’accoglienza
mista dalla critica, ma i fan del manga originale hanno accolto
positivamente l’adattamento fantascientifico e da allora hanno
svolto una fervida campagna per invocare un Alita 2. In
più occasioni James Cameron, il produttore
Jon Landau e il regista Robert
Rodriguez si sono detti aperti alla possibilità di
realizzare un sequel, anche se il primo film non ha ottenuti gli
incassi sperati. A distanza di qualche mese dalle ultime dichiarazioni a riguardo
rilasciate da Cameron, è ora Landau a fornire ulteriori
aggiornamenti su questo sequel tanto atteso.
“Ci sono state conversazioni
riguardo ‘Alita’? Diverse, anche nelle ultime due settimane, –
ha affermato Landau durante un intervista per Insider in occasione
della distribuzione home-video di Avatar – La via dell’acqua
–Abbiamo parlato con Robert, abbiamo parlato con
Rosa [Salazar, protagonista del film]. Io e James pensiamo
che ci siano ancora tante storie da poter raccontare. Pensiamo che
Alita sia un personaggio in cui oggi giorno è molto facile
immedesimarsi”. Le parole di Landau non possono che generare
un certo entusiasmo, confermando che del progetto si è parlato
anche in tempi molto recenti.
Dato anche il successo del sequel di
Avatar diventa dunque sempre più probabile che anche il
sequel di Alita possa prendere forma. Cameron, che negli
ultimi anni è stato impegnato nello sviluppo della sua saga,
potrebbe ora trovare il tempo di dedicarsi ad Alita 2,
affidandone poi nuovamente la regia a Rodriguez. Non resta dunque
che attendere e sperare che tale secondo film, da tutti molto
atteso, prenda davvero vita, riportando sul grande schermo l’amata
cyborg dagli occhi grandi.
Hot Toys ha annunciato una statuina
in scala uno a sei basata su Kang il
Conquistatore, il personaggio Marvel interpretato da
Jonathan Majors in Ant-Man and the Wasp:
Quantumania. Disponibile per il pre-ordine su
Sideshow,
questa action figure Marvel presenta “una testa di nuova
concezione scolpita con funzione separata di bulbi oculari rotanti,
occhi e viso illuminati a LED, un corpo che ripropone la
muscolatura del personaggio, un abito su misura in tono metallico
con armature scolpite e mantello di tessuto, ma anche accessori ad
effetto in blu traslucido per ricreare il suo look che sfoggia
quando usa i suoi poteri”.
La figura è alta circa 30,9
centimetri e presenta oltre 30 punti di articolazione nel corpo
insieme a sei mani guantate intercambiabili. È incluso anche un
supporto con il logo del trequel di Ant-Man e il nome del
personaggio. Si prevede che Sideshow darà il via alle spedizioni di
tale action figure tra aprile e settembre 2024. Come si può vedere
nelle foto pubblicate dal sito Sideshow, si tratta di un pezzo da
collezione particolarmente pregiato, che nessun fan della Marvel o
del personaggio dovrebbe farsi sfuggire. Ad oggi, è possibile
preordinarla su Sideshow al costo di 285 dollari.
Per quanto riguarda il Kang dei
film, invece, ricordiamo che dopo aver interpretato Colui che
Rimane nel finale della prima stagione di Loki, Majors è
tornato nei panni del villain Ant-Man and the Wasp:
Quantumania, dove Scott Lang/Ant-Man (Paul Rudd) e
Hope van Dyne/The Wasp (Evangeline
Lilly), vengono accidentalmente risucchiati nel Regno
Quantico con Hank Pym (Michael
Douglas), Janet van Dyne (Michelle
Pfeiffer) e Cassie Lang (Kathryn Newton).
Mentre cercano una via di casa, saranno costretti a fare i conti
proprio con Kang il Conquistatore, che spera di usare le loro
abilità per sfuggire a sua volta al Regno Quantico.
Uscito nel 2021 su Netflix, il film Army of the
Dead (qui la recensione) diretto da
Zack Snyder ha proposto un’esplosiva commistione
tra orde di zombie estremamente forti e pericolosi alla necessità
di un gruppo di personaggi di portare a termine una missione
impossibile. Poco dopo la sua distribuzione nel catalogo, è stato
realizzato uno spin-off intitolato Army of Thieves,
mentre è poi stato confermato anche un sequel diretto del primo
film, alla cui regia ci sarà sempre Snyder. Potrebbe passare
molto tempo prima che il regista torni nel mondo infestato da
zombi, poiché attualmente è estremamente impegnato a esplorare lo
spazio.
Durante una recente intervista,
Snyder ha spiegato che, sebbene abbia ancora intenzione di
continuare la storia di Army of the Dead, negli ultimi
tempi è stato semplicemente troppo impegnato per far andare avanti
il progetto. Al momento, infatti, egli è concentrato sulla
promozione del suo nuovo film, l’epopea di fantascienza Rebel Moon. Sebbene
entrambi i film siano stati sviluppati per Netflix, le dimensioni e
la portata dei due progetti richiedono molto tempo per essere
realizzati. Il regista ha infatti spiegato: Per quanto riguarda
il sequel di Army of the Dead, è ancora vivo e vegeto nella mia
mente”.
“So esattamente cosa voglio
fare. Ma dipende davvero da come andrà avanti con Rebel Moon e
l’universo narrativo. Non è un impegno di poco conto, un progetto
come Rebel Moon. Una cosa di fantascienza su questa scala richiede
molta attenzione per dare un senso al tutto”. Potenzialmente
intitolato Planet of the Dead, il sequel
del suo film zombie sembra dunque essere ancora nei piani per
Snyder, che ha lasciato intendere di non volerci rinunciare. Ma
prima ancora di arrivare a quel progetto, bisognerà attendere
l’uscita di Rebel Moon entro la fine di quest’anno.
Dopo una lunga attesa, sembra
proprio che il trailer del film Blue
Beetle, con protagonista l’omonimo eroe
cinematografico della DC, stia per essere rilasciato. L’attore
George Lopez ha infatti condiviso tramite il
proprio profilo Instagram una sua foto dietro le quinte con il cast
e la troupe di Blue Beetle. In tale immagine si ritrovano
l’attore Xolo Maridueña, interprete di Blue
Beetle, il regista Angel Manuel Soto e il
co-protagonista Harvey Guillén. Nella didascalia
della foto, Lopez conferma il rumor secondo cui il primo trailer di
Blue Beetle è in arrivo. Sebbene una data di uscita per
esso non sia ancora stata confermata, almeno ora sappiamo che è
prossimo alla sua pubblicazione.
Il film, stando a quello che sappiamo,
seguirà Jaime, che nei fumetti è un supereroe adolescente di El
Paso, in Texas, che si fonde con uno scarabeo alieno e ottiene dei
superpoteri. Il film, come già accennato, sarà diretto da Angel
Manuel Solo, e il cast includerà anche Susan Sarandon
come Victoria Kord, Bruna Marquezine come Penny,
Belissa Escobedo, George Lopez,
Adriana Barraza, Elpidia Carillo
e Damián Alcázar come membri della famiglia di
Jaime, e Harvey Guillen in un ruolo attualmente
sconosciuto.
Blue Beetle è inoltre un
film DC ancora senza una precisa collocazione nel DC
Universe. Non sappiamo se rimarrà un caso a sé o se verrà
integrato nei nuovi piani per il futuro di tale franchise. Magari
proprio il trailer potrebbe fornire maggiori dettagli a riguardo.
Non resta dunque che attendere l’arrivo di questo, che stando a
quanto riportato sembra essere imminente, sperando di poter avere
maggiori chiarimenti a riguardo, oltre naturalmente ad un assaggio
di quello che il film ha da offrire.
Ricordiamo che l’uscita di Blue Beetle è prevista per il
18 agosto 2023.
Ancora una volta il nuovo co-CEO dei
DC Studios, James
Gunn, si è trovato a dover smentire le voci che
vorrebbero già in corso il casting per il film Superman:
Legacy, da Gunn scritto e diretto e che riporterà il
celebre supereroe sul grande schermo. Un post in lingua spagnola su
Twitter, infatti, riportava che sarebbe stato inviato un avviso di
casting alle agenzie di talenti e che i ruoli da coprire includono
Clark Kent, Lois Lane e
Jimmy Olsen. Il post ha anche riportato che l’età
richiesta per gli attori è sui vent’anni anni e che il casting è
aperto a tutte le etnie. Alla domanda di un fan se tale notizia
fosse vera, Gunn ha risposto:
“Non vero. Non abbiamo iniziato
a fare casting se non fare elenchi, e non sono limitati ai persone
di vent’anni“. Prima di questo, Gunn aveva già smentito
rapporti simili dove si affermava che attori di età compresa tra 20
e 30 anni erano stati chiamati a provare per il ruolo del noto
supereroe, affermando che un direttore del casting non era ancora
stato assunto e pertanto non potevano essere in corso dei provini.
Benché smentisca ancora una volta l’inizio di questi, Gunn conferma
però che il processo di ricerca sta andando avanti e che
internamente alla DC sono già stati fatti dei nomi su chi potrebbe
interpretare i protagonisti.
Non resta dunque che attendere che
qualcuno di questi nomi venga rivelato, per sapere chi potrebbe
assumere l’importantissimo ruolo di Superman nel nuovo DC Universe. Ad oggi sappiamo
che, anche se il personaggio sarà raffigurato come più giovani
delle precedenti versioni, Superman: Legacy non sarà
un’origin story. “Il film si concentra su Superman che bilancia
la sua eredità kryptoniana con la sua educazione umana“, ha
semplicemente rivelato Gunn. Ricordiamo che il film è atteso in
sala per l’11 luglio 2025.
Untrue. We haven’t begun casting other than
making lists, and it’s not limited to people in their twenties.
Ulteriori informazioni sul film,
incluso un possibile titolo, dovrebbero essere annunciate durante
la celebrazione di Star Wars
a Londra ad aprile. Steven Knight è uno
sceneggiatore veterano che ha iniziato la sua carriera
specializzandosi in drammatici drammi polizieschi come “Dirty
Pretty Things” del 2002 e “La promessa
dell’assassino” del 2007, per poi ampliare i suoi orizzonti
con titolo come “The Hundred-Foot Journey” del 2014), thriller di
guerra Amore, cucina e curry e
Allied del 2016. Ha scritto anche film biografici
come Spencer del 2021. Ha anche creato e prodotto
esecutivamente il dramma poliziesco in costume della BBC Peaky
Blinders, che a livello internazionale è diffuso da Netflix.
Lindelof — meglio conosciuto come il
co-creatore delle serie TV “Lost“,
“The
Leftovers” e “Watchmen”
— aveva chiamato Britt-Gibson (“Counterpart”, “Into the Badlands”)
per scrivere un film di “Star Wars” insieme. Dopo
aver consegnato una bozza all’inizio di quest’anno, la coppia di
scrittori ha lasciato il progetto a febbraio, diventando gli ultimi
creativi a separarsi dalla Lucasfilm dopo aver firmato per
sviluppare uno o più nuovi progetti cinematografici di Star Wars
di grande clamore.
Nell’ottobre 2019, i
produttori esecutivi di “Game of
Thrones” David Benioff e DB Weiss hanno
abbandonato una serie di film di “Star Wars”
che avrebbero dovuto scrivere e produrre, annunciati
per la prima volta 20 mesi prima. Nel
settembre 2017, la presidente della Luscasfilm Kathleen Kennedy ha
licenziato Colin
Trevorrowda quello che è poi
diventato
The Rise of Skywalker; tre mesi prima aveva
licenziato Phil Lord e Christopher
Millerda “Solo:
A Star Wars Story” del 2018, anche se il film aveva completato
gran parte delle riprese principali.
I film di “Star Wars” noti per essere
ancora attivi alla Lucasfilm includono
un progetto del regista Taika Waititi in cui
probabilmente reciterebbe, così come
un potenziale film di Shawn Levy che dovrebbe entrare in
produzione dopo la fine della produzuone di “Deadpool
3” e completare il lavoro nella serie limitata di
Netflix “All the Light We Cannot See”, che Levy ha sviluppato
proprio con Steven Knight.
Il regista di Mission:
Impossible – Dead Reckoning – Parte Due,
Christopher McQuarrie, ha condiviso tramite il
proprio profilo Instagram una nuova immagine del prossimo sequel,
anticipando una mortale missione nell’Artico. Dopo
che il franchise è iniziato quasi 27 anni fa, la storia di
Ethan Hunt, interpretato da Tom Cruise è
ora destinata a concludersi con due film molto attesi. Se Mission: Impossible – Dead
Reckoning – Parte Uno è attualmente in post-produzione e
uscirà quest’estate, la seconda parte del capitolo conclusivo del
franchise è ancora nel bel mezzo della produzione e alcune
riprese sono attualmente in corso, come la nuova foto condivisa da
McQuarrie conferma.
McQuarrie non specifica dove si
trovi esattamente il luogo innevato mostrato nella foto, ma si dice
che alcune riprese di Mission: Impossible 8 si siano
svolte alle Svalbard, un arcipelago tra la
Norvegia e il Polo Nord. Per
quanto riguarda il guerriero vestito di pelliccia nella foto, la
didascalia di McQuarrie rivela che si tratta dell’attrice Inuit
Lucy Tulugarjuk. Un ambiente tanto ostile potrebbe
rivelarsi perfetto per una missione estremamente pericolosa, come
lasciano intendere alcune fonti interne.
Mentre i dettagli della storia di
Mission: Impossible 8 sono infatti ancora tenuti nascosti,
sono invece noti alcuni dei luoghi delle riprese del film, cosa che
permette di avere alcune indicazioni su cosa aspettarsi. Questa
location nell’Artico si aggiunge infatti a quelle in Gran Brategna,
in Italia e perfino in Sud Afric. Non è ancora chiaro quante
riprese di Mission: Impossible – Dead Reckoning – Parte
Due rimangano da realizzare, ma il film sembra certamente che
non mancherà di offrire luoghi pittoreschi ai propri spettatori.
Nell’attesa di maggiori informazioni, qui di seguito, si può
ritrovare la foto condivisa dal regista.
Ieri è
arrivata la notizia che Victoria Alonso,
Presidente di Physical, Post Production, VFX e
Animazione dei Marvel Studios si era separata
dalla società dopo 17 anni di onorato lavoro. Nel report erano
stati condivisi pochissimi dettagli, ma ora un nuovo rapporto ci ha
svelato qualcosa di più rispetto all’avvenimento e ha confermato
che si è trattato di un licenziamento.
Sebbene la causa non sia chiara,
tre fonti sicure hanno riferito a
Variety che la decisione è stata presa da un consorzio che
comprende risorse umane, l’ufficio legale della Disney e diversi
dirigenti tra cui il co-presidente della Disney Entertainment
Alan Bergman (a cui riferiscono tutti i Marvel
Studios). Il capo di lunga data di Alonso e chief creative
officer della Marvel, Kevin
Feige, si è sentito impantanato in una situazione
impossibile e, alla fine, non è intervenuto, ha aggiunto una fonte.
Alonso è stata colta di sorpresa, ha aggiunto un altro insider.
I Marvel Studios non hanno commentato.
Alonso è entrato a far parte dei Marvel Studios nel 2006, tre anni
prima che la Disney acquisisse l’etichetta per 4 miliardi di
dollari. Per oltre 17 anni, è stata una presenza fissa sotto
il direttore creativo Kevin Feige, accanto al braccio destro
di Feige e co-presidente Louis
D’Esposito. Allo stesso tempo, ha lavorato per
diventare un leaader a sé stante: una rara persona apertamente
LGBTQ e una donna di colore in un ruolo di
leadership nell’industria hollywoodiana, nota per la sua ardente
passione e franchezza sulla diversità e l’inclusione nella
narrazione della Marvel.
I media e la comunità degli
effetti visivi l’hanno sempre definita una “watchdogs” e sta
per pubblicare un libro di memorie sulla sua ascesa aziendale,
giustamente intitolato “Possibility Is Your Superpower”
(che è ancora in uscita presso l’etichetta di libri Disney Hyperion
Avenue). Dove, allora, in tutto il multiverso si è
verificata questa drammatica frattura? Numerose fonti che
hanno familiarità con gli ambienti Marvel hanno sottolineato
l’enorme pressione che l’unità ha subito negli ultimi anni per
fornire contenuti avvincenti, non solo per le sale, ma anche sotto
forma di nuovi spettacoli in streaming destinati a sostenere
Disney+. Nel 2021 e nel 2022,
la Marvel ha lanciato un fiume di contenuti senza precedenti basati
sui fumetti, rilasciando 17 titoli – sette film, otto serie in
streaming e due speciali TV – in 23 mesi.
Quel programma di
distribuzione che ha spezzato alcuni equilibri, è stata alimentata
dalle difficolta rispetto alla pandemia e della necessità di
alimentare costantemente Disney+, non era opera di
Alonso. La Marvel era tutt’altro che l’unico studio incaricato di
fornire contenuti a livello di funzionalità per un servizio di
streaming appena lanciato. Ma da quello che hanno riferito per
Victoria Alonso portare ciascuno di quei titoli
attraverso il gigantesco processo di post-produzione della Marvel
non è stato uno scherzo. Entro l’estate del 2022, le fratture nei
processi hanno iniziato a peggiorare rompendo quell’armatura
apparentemente impermeabile dell’azienda.
HBO Max ha finalmente
svelato il trailer degli ultimi episodi rimanenti di Titans
4, la quarta e ultima stagione del dramma sui supereroi DC
Titans.
La serie dovrebbe tornare il 13 aprile 23 negli USA.
Il trailer della seconda parte di
stagione di Titans
4 offre agli spettatori un’anteprima di cosa
aspettarsi dal capitolo finale, mentre la squadra protagonista
continua a combattere Mother Mayhem. Nel contributo vediamo anche
Sebastian che si è ufficialmente trasformato in Brother
Blood. Il trailer sottolinea anche il debutto di Tim
Drake nei panni del nuovo Robin, così come la
continua lotta di Conner Kent con il suo lato Lex
Luthor.
Titans segue
i giovani eroi di tutto l’universo DC mentre diventano maggiorenni
e scoprono il loro posto. La scorsa stagione, le circostanze
hanno portato i nostri eroi a Gotham City, dove si sono riuniti con
vecchi amici e hanno combattuto nuove minacce.
“Nella premiere di metà
stagione 4, i Titans
– con l’eccezione di Gar – vengono riportati nel luogo in cui erano
scomparsi, il Tempio di Trigon, solo per scoprire che Sebastian e
Mother Mayhem non sono più lì.I Titans
si affrettano a trovarli prima che Sebastian convochi Trigon, il
loro inseguimento li porta in una città misteriosa la cui
popolazione nasconde un profondo segreto.Lungo la strada,
i Titans si imbattono in una profezia che potrebbe
richiedere a Kory di compiere un enorme sacrificio per salvare il
mondo, ma i sentimenti di Dick per Kory vengono a galla e lui si
rifiuta di lasciarla morire”, si legge nella sinossi.
https://youtu.be/Qyv0jxOyUl0
“Negli episodi finali, i
Titans
entrano in un’epica battaglia per salvare sia Kory che il mondo.
Gar va alla scoperta di se stesso, tentando di trovare il suo vero
scopo e di salvare i suoi amici. Rachel abbraccia poteri più
oscuri mentre Conner, alle prese con il suo lato Lex Luthor, va per
la sua strada per sconfiggere Sebastian. I crescenti
sentimenti reciproci di Tim e Bernard diventano sempre più
difficili da contenere, e quando la vita di Bernard è minacciata,
Tim diventa finalmente l’eroe che ha sempre cercato di
essere“.
Titans
attualmente è interpretata da Brenton Thwaites nei panni di Dick
Grayson/Nightwing, Anna Diop nei panni di Kory
Anders/Starfire, Teagan Croft nei panni di Rachel
Roth/Raven, Ryan Potter nei panni di Gar
Logan/Beast Boy, Conor Leslie nei panni di Donna
Troy/Wonder Girl, Curran Walters nei panni di Red
Hood, Joshua Orpin nei panni di Conner
Kent/Superboy e Jay Lycurgo nei panni di Tim
Drake, con Joseph Morgan nei panni di Sebastian
Blood/Brother Blood e Franka Potente nei panni di
May Bennett/Mother Mayhem.
Basato sui personaggi della
DC, Titans è stato sviluppato da
Akiva Goldsman, Geoff Johns e Greg Berlanti, con
Johns, Berlanti, Greg Walker e Sarah Schechter
come produttori esecutivi. È una produzione di Weed Road
Pictures, Berlanti Productions e Warner Bros. Television.
L’autore principale di X-Men
’97, Beau DeMayo, ha confermato
l’identità del cattivo principale della serie animata sequel che
arriverà su Disney+. The Direct ha riferito
che all’evento virtuale X-Men: 60 Uncanny Years Live,
DeMayo ha confermato che il cattivo principale di X-Men
’97 sarebbe stato Nathaniel Essex/Mister
Sinister, che sarà ancora una volta doppiato dall’attore
della serie animata X-men Christopher Britton.
“Un mio personaggio molto,
molto, molto, molto preferito e molti altri, Mr. Sinister,
solleverà la sua brutta testa dal passato con un piano piuttosto
infallibile per distruggere gli X-Men una volta per tutte“, ha
scherzato DeMayo.
Sinister è un
cattivo ricorrente degli X-Men, spesso in contrasto con loro nei
fumetti e in vari programmi televisivi. Il personaggio è stato
persino suggerito alla del film del 2016 di X-Men: Apocalypse.
X-Men
’97 è stato scritto da DeMayo, che ha anche
scritto lo spin-off animato di The
Witcher Nightmare of the Wolf per
Netflix. La nuova serie manterrà la colonna sonora
originale dell’iconica serie animata degli
X-Men del passato. Oltre alle nuove
informazioni dalla serie, DeMayo ha confermato che una seconda
stagione è già in fase di sviluppo, anche se poche informazioni al
riguardo sono state rivelate o discusse.
Sono dodici i nuovi titoli che
entrano nel listino Lucky Red. Molti grandi autori
e registi affermati saranno nuovamente distribuiti dalla società di
Andrea Occhipinti: i nuovi film di Woody Allen (Coup de
chance), Kore’eda
(Monster, acquisito insieme a Bim),
Mike Leigh (titolo da definire, acquisito insieme
ad Academy Two) e, dopo l’acclamato esordio
“Les
Miserables”, Ladj Ly (Les
indésiderables).
Ai grandi ritorni, si aggiungono
nuovi talenti e interessanti scoperte: l’opera prima di Celine
Song, che firma Past
Lives, il film più conteso del mercato, prodotto da
A24 e presentato con grande successo di pubblico e
critica sia al Sundance che a Berlino;
Miller’s Girl di Jade Halley
Bartlett, thriller con Jenna Ortega, l’acclamata protagonista della
serie Mercoledì; Reality di
Tina Satter con protagonista, oltre che produttrice,
Sydney Sweeney (Euphoria), una delle
attrici più promettenti di Hollywood; Scrapper di
Charlotte Regan, presentato in concorso al
Sundance Film Festival dove ha vinto il World
Cinema Grand Jury Prize; Silver Haze di Sacha
Polak, presentato nella sezione Panorama del Festival di
Berlino, vincitore del Teddy Jury Award per la performance
dell’attrice protagonista Vicky Knight e
Deep Sea, secondo lavoro del regista cinese
Xiaopeng Tian, presentato nella sezione Generation
del Festival di Berlino, già uscito a gennaio
nelle sale cinematografiche cinesi dove ha raggiunto gli oltre 135
milioni di dollari di incasso al box office.
Per concludere, altri due film
presentati nella sezione Panorama del Festival di Berlino:
Opponent, opera seconda del regista Milad
Alami, svedese di origine iraniana, con protagonista
Payman Maadi (Una separazione) e
The Teacher’s Lounge di Ilker
Çatak, vincitore come Miglior film per la giuria
C.I.C.A.E. e del Premio EUROPA CINEMAS LABEL.
Arriva una nuova conferma che una
serie Disney+ basata sul personaggio
dei Marvel StudiosVision dal titolo Vision Quest è
in lavorazione da un paio di mesi e, secondo un nuovo elenco, lo
spettacolo ha trovato i suoi autori. Un nuovo post sul sito web
della Writers Guild
of America, ha rivelato che Megan McDonnell e
Peter Cameron fanno parte della stanza degli sceneggiatori
per la prossima serie, che è provvisoriamente intitolata
Vision Quest.
Megan McDonnell non è
estraneo al personaggio di Vision, avendo lavorato come
sceneggiatore in WandaVision
e avendo anche contribuito alla scrittura di The
Marvels e Agatha:
Coven of Chaos. Cameron è stato anche
sceneggiatore per WandaVision ed
è stato anche accreditato come sceneggiatore e produttore
di Moon Knight e Werewolf By
Night dei Marvel Studios .
I rapporti
iniziali su Vision Quest non erano
chiari se la serie avrebbe adattato l’attuale trama del fumetto
dalla serie di fumetti Vision Quest , o
semplicemente avrebbe continuato la storia in corso di Vision che
si è sviluppata in tutto il MCU. L’ultima volta che i fan
hanno visto Vision è stato negli episodi finali della serie
Disney+WandaVision, che ha visto la Visione smontata
e rimontata in un nuovo corpo bianco, che è scomparso poco prima
del finale della stagione.
Un rapporto di Deadline all’epoca
notava che la serie si concentrerà su Vision “che cerca di
riconquistare la sua memoria e umanità” e che nello show
potrebbe apparire Wanda Maximoff di Elizabeth Olsen. È probabile che Paul Bettany riprenderà il ruolo di
Vision.
Per i suoi sforzi nella serie tv
WandaVision,
Paul Bettany ha ottenuto una nomination ai
Primetime Emmy Award come miglior attore protagonista in una serie
limitata o antologica o in un film. WandaVision è
ora disponibile in streaming su Disney+.
Nuove foto del dietro le quinte dal
set dell’imminente serie Disney+ dei Marvel Studios, Daredevil:
Born Again, hanno trovato la loro
strada online attraverso Twitter, e ci confermano alcuni rumors
secondo cui l’atteso revival riguarderà la storia delle origini di
Wilson Fisk/Kingpin.
Le foto dal set ci svelano il primo
sguardo a una potenziale sequenza di flashback che coinvolge un
giovane Wilson Fisk alle prese con alcuni bulli del
quartiere. La tumultuosa infanzia del cattivo della Marvel è
stata affrontata anche nella serie originale di Netflix, che ha evidenziato la relazione di
Fisk con i suoi genitori.
Daredevil:
Born Again è descritto come un revival di 18 episodi
della serie Netflix originale, andata in onda per tre
stagioni. Vedrà il ritorno delle star principali Charlie Cox e
Vincent D’Onofrio mentre riprendono i rispettivi ruoli
di Matt Murdock/Daredevil e Wilson Fisk/Kingpin.
Entrambi i personaggi hanno fatto il loro debutto nel
Marvel Cinematic Universe nel 2021, con Kingpin
come guest star nella serie Disney+Hawkeye e
Matt Murdock che è apparso brevemente in Spider-Man:
No Way Home. Cox ha anche recentemente recitato
in due episodi di She-Hulk:
Attorney at Law, dove ha avuto modo di mostrare un
nuovo lato dell’eroe.
Jon Bernthal tornerà nei panni di Frank
Castle/The Punisher. E’ molto probabile che non vedremo nulla della
serie fino al Comic-Con del prossimo anno, anche se abbiamo la
sensazione vedremo molte foto dal set di New York che ci permetterò
di avere piccole anteprime della serie! Cox è chiaramente impegnato
a interpretare un nuovo Daredevil per
l’MCU e, se si devono credere alle voci recenti,
potrebbe andare direttamente da Born
Again a Spider-Man
4.Daredevil:
Born Again debutterà su Disney+ nel 2024.
Il male non sarebbe eterno senza un
piccolo aiuto. In Renfield,
mostruosa avventura moderna del fedele servitore di Dracula, il
candidato all’Emmy
Nicholas Hoult (Mad
Max: Fury Road, la saga di X-Men)
interpreta Renfield, il tormentato aiutante del boss più narcisista
della storia, Dracula (il premio Oscar®
Nicolas Cage). Renfield è costretto a procurare le
vittime del suo padrone ed a eseguire ogni suo ordine, per quanto
spregevole. Ma ora, dopo secoli di servitù, Renfield è pronto a
scoprire se c’è una vita al di fuori dell’ombra del Principe delle
Tenebre. Se solo riuscisse a capire come porre fine alla sua
codipendenza.
Renfield è diretto dal vincitore
dell’Emmy Chris McKay (La guerra di
domani, LEGO
Batman – Il film) da una sceneggiatura di Ryan
Ridley (la serie di Ghosted, la serie di
Rick & Morty), basata su un’idea originale di
Robert Kirkman, creatore di The Walking
Dead e di Invincible.
Il film è interpretato dalla
vincitrice del Golden Globe
Awkwafina (The Farewell – Una bugia
buona, Shang-Chi e la leggenda dei Dieci Anelli),
dalla vincitrice dell’Emmy e candidata al premio Oscar®
Shohreh Aghdashloo (Casa Saddam, La Casa
di Sabbia e Nebbia), Ben Schwartz
(Sonic, The
Afterparty) e Adrian Martinez (I
sogni segreti di Walter Mitty, Focus – Niente è come
sembra).
Renfield è una produzione
Skybound/Giant Wildcat, prodotto da Chris McKay, Samantha Nisenboim
(co-produttrice, La guerra di domani), Bryan Furst (Daybreakers –
L’ultimo vampiro), Sean Furst (Daybreakers – L’ultimo vampiro)
Robert Kirkman e David Alpert (The Walking Dead). Il produttore
esecutivo è Todd Lewis (manager dell’unità di produzione, Jason
Bourne).
Nel romanzo classico di Bram
Stoker, RM Renfield
è stato presentato come uno dei detenuti del dottor Seward prima
che la sua storia passata rivelasse che era in realtà l’avvocato di
Dracula e il predecessore di Jonathan Harker. Fatto impazzire dal
malvagio Conte, Renfield
divenne il suo accolito volontario, credendo che un giorno gli
sarebbe stato dato il dono della vita eterna.
Il personaggio è apparso nella
maggior parte degli adattamenti del racconto ed è stato
interpretato da artisti del calibro di Dwight Frye
nel Dracula del 1931 e
Tom Waits nella versione del
1992 di Francis Ford Coppola. In Dracula Morto e
Contento di Mel Brooks, Renfield p
interpretato da Peter MacNicol.
Al cinema da 6
aprile 2023 distribuito da Warner Bros. Pictures, AIR – La Storia
del Grande Salto sarà presentato venerdì 31 marzo in
anteprima nazionale al Bif&st.
Dal premiato
regista Ben Affleck e con Matt Damon protagonista nel ruolo
dell’anticonformista manager della Nike, Sonny Vaccaro,
“AIR – La
Storia del Grande Salto” racconta l’incredibile e
rivoluzionaria partnership tra un giovane Michael Jordan e la
nascente divisione dedicata al basket della Nike, capace di
rivoluzionare il mondo dello sport, quanto la cultura
contemporanea, con il lancio del marchio ‘Air Jordan’.
L’emozionante storia racconta l’impresa di una squadra non
convenzionale che, con in gioco il proprio futuro, compie una
scommessa decisiva, la visione senza compromessi di una madre che
conosce il valore dell’immenso talento di suo figlio e il
‘fenomeno’ del basket, diventato poi il più grande di tutti i
tempi.
Tra le star di
“AIR –
La Storia del Grande Salto” lo stesso Affleck,
nel ruolo del co-fondatore della Nike Phil Knight, Jason Bateman in quello di Rob Strasser,
Chris Messina è David Falk, Matthew
Maher è Peter Moore, Marlon Wayans è
George Raveling, Jay Mohr è John Fisher,
Julius Tennon è James Jordan, con Chris
Tucker nel ruolo di Howard White e Viola Davis in quello di Deloris Jordan. Lo
spettacolare cast include anche, Dan Bucatinsky e
Gustaf Skarsgård.
Affleck ha diretto
da una sceneggiatura di Alex Convery. “AIR – La Storia
del Grande Salto” è prodotto da Peter
Guber, Jason Michael Berman,
Ben Affleck,
Matt Damon, Madison Ainley, Jeff Robinov, David Ellison, Jesse
Sisgold e Jon Weinbach, con Peter
E. Strauss, Jordan Moldo, Kevin Halloran, Michael Joe, Drew Vinton,
John Graham, Dana Goldberg e Don Granger
come produttori esecutivi.
Il team dietro alla
cinepresa di Affleck include anche il direttore della fotografia
Robert Richardson, lo scenografo François Audouy, il montatore
William Goldenberg, la costumista Charlese Antoinette Jones e il
supervisore alle musiche Andrea Von Foerster.
Amazon Studios e
Skydance Sports presentano, una produzione Artists Equity e
Mandalay Pictures, “AIR – La Storia del Grande
Salto”. Il film sarà nei cinema
italiani dal 6 aprile distribuito da Warner Bros.
Pictures.
Torna su Sky e NOW
Christian– Seconda Stagione,
la serie
Sky Original, un supernatural crime drama prodotto da Sky
Studios e da Lucky Red in collaborazione con Newen Connect, scritto
da Valerio Cilio e diretto da Stefano
Lodovichi. Protagonista un superbo Edoardo
Pesce nei panni del santo riluttante che dà il titolo alla
serie.
Se per la prima stagione
si era fatto mistero della fonte originale della storia, forse per
evitare spoiler e anticipazioni che potessero rovinare il colpo di
scena, ora si può dire senza timore che la serie è liberamente
tratta da Stigmate, romanzo grafico di Lorenzo
Mattotti.
Christian – seconda stagione: dove eravamo rimasti,
cosa ci aspetta
Dopo una prima stagione
sorprendente, siamo di nuovo a Città-Palazzo, regno magico e
infimo, popolato da santi e dannati, un posto insolito e insidioso
dove è cresciuto Christian, picchiatore del boss locale che, da un
giorno all’altro, si ritrova con le stigmate e con la capacità di
compiere miracoli, un dono che il nostro fatica ad accettare. Sulle
tracce di questo “santo picchiatore” c’è Matteo, un diffidente
postulatore del Vaticano dai metodi indubbiamente poco ortodossi
che però scoprirà di potersi servire del dono di Christian per
guarire suo figlio.
Ma se da una parte, il
nostro eroe comincia a raccogliere il favore degli abitanti di
Città-Palazzo grazie alla sua dote miracolosa, dall’altra il boss
Lino vede minacciata la fedeltà al suo regno. Lo scontro con
Christian lo porterà alla morte. Ed è qui che comincia la storia
che verrà raccontata in Christian – seconda
stagione, dal 24 marzo sul Sky e NOW.
Christian – seconda stagione, facce conosciute e facce
nuove
A guidare il cast di
questa serie atipica, che si muove trai generi, i piani
dell’esistenza e lo stato di sonno e veglia c’è Edoardo
Pesce, affiancato da Claudio Santamaria e Silvia
D’Amico, tutti di ritorno dalla prima stagione, e con loro
sono stati confermati Antonio Bannò, Francesco
Colella, Gabriel Montesi, Giulio Beranek e
Ivan Franek. Mentre, da debuttanti nel cast di
Christian – Seconda Stagione, ci sono Laura Morante e Camilla Filippi.
La Nera contro il Biondo
Queste le pedine
schierate dalla serie, per un nuovo ciclo di episodi che promette
di esaltare tutto ciò che avevamo visto nella prima stagione. La
morte del boss lascia un vuoto di potere che Christian potrebbe
occupare, instaurando un suo regno, che sarebbe basato su regole
nuove. Insomma, il nostro eroe ha la possibilità di diventare re e
di scegliere le sue condizioni, realizzando così la profezia che il
misterioso personaggio noto come Il Biondo, gli
aveva predetto. È un angelo? È un diavolo? Non lo sappiamo, o
comunque la serie ci mette nel dubbio perché gli para contro
La Nera, una splendida Morante alle prese con un
personaggio estremamente pragmatico, che dice di venire dal regno
immortale ma che si comporta più come una divinità greca, volubile
e interessata alla vittoria piuttosto che a ciò che è giusto o
sbagliato. Lei diventerà la consigliera di Matteo, che viene tirato
dentro a una partita a scacchi, o meglio, a tressette, e che lo
vedrà schierarsi contro Christian, il salvatore di suo figlio.
Matteo e
Christian diventano quindi le pedine umane nelle mani di
questi giocatori ultraterreni, almeno da come viene importata la
storia nei primi due episodi della serie insistono molto. Ma
spuntarla sulla predeterminazione degli eventi c’è sempre il Libero
Arbitrio, l’arma più potente che esiste nelle mani degli essere
umani. Chi vincerà questa sfida?
Christian –
seconda stagione continua a concentrarsi sul valore della
scelta e di come siano queste che condizionano le nostre vite.
Questo discorso molto alto si contamina con parentesi oniriche,
momenti esilaranti e una componente importante di crime,
così che il lavoro di attori e filmmaker è un continuo gioco di
equilibrio tra l’infinitamente alto e l’infinitamente basso, tra
gli scambi sanguinosi tra gli aspiranti al trono di Città-Palazzo,
ai discorsi sull’esistenza dell’anima e del Libero Arbitrio, in un
gioco di contrasti pasoliniano.
Basando il suo punto di
forza sulle solide e ispirate interpretazioni degli attori,
Christian – Seconda Stagione si conferma un
prodotto ottimo, che trova proprio nel contrasto e nel dialogo tra
gli opposti il suo cuore vivo. La battaglia tra Bene e
Male è appena cominciata a Città-Palazzo, e l’aspetto
interessante di questo scontro è che non si sa ancora con certezza
quale sia la parte del Bene e quale quella del Male. Christian e in
suoi amici dovranno imparare a riconoscerli e dovranno comprendere
fino in fondo il potere della Scelta.
Sony Pictures ha
confermato che la produzione del prossimo sequel di Ghostbusters:
Firehouse del 2021 è ufficialmente
iniziata. L’annuncio arriva con l’uscita della prima foto
dietro le quinte, con lo sceneggiatore e regista Gil
Kenan e il produttore esecutivo Jason
Reitman. La foto dal set ha anche confermato l’attuale
titolo provvisorio del sequel della commedia horror, Ghostbusters:
Firehouse.
Ghostbusters:
Firehouse dovrebbe ancora arrivare nelle sale entro la fine
dell’anno, il 20 dicembre 2023, contrapponendolo direttamente
all’adattamento cinematografico del musical The Color
Purple . Inoltre, il sequel farà il suo debutto nello
stesso mese di altri progetti di alto profilo come Wonka e Aquaman
e il mondo perduto.
Ghostbusters:
Firehouse è diretto da Gil Kenan da una sceneggiatura che ha
scritto insieme a Jason Reitman. Il prossimo capitolo della storia
della famiglia Spengler vedrà anche il ritorno del cast principale,
tra cui Carrie Coon,
Paul Rudd e Mckenna Grace, che in
realtà è stato il primo membro del cast a confermare il suo
ritorno. In precedenza era stato confermato che il
sequel di Ghostbusters: Afterlife tornerà
ufficialmente a New York City, l’ambientazione originale del
franchise. Dovrebbe anche svolgersi nel quartier generale
della caserma dei pompieri che è stato protagonista dei primi due
film di Ghostbusters e del riavvio di
Paul Feig.
Il film del 2021 ha incassato in
tutto il mondo oltre 200 milioni di dollari al botteghino. Ha
interpretato Carrie Coon, Mckenna Grace, Finn Wolfhard e
Paul Rudd. Ha anche visto il ritorno delle star
del franchise Bill Murray, Dan Aykroyd, Ernie Hudson,
Sigourney Weaver e Annie Potts.
Il peso del paragone continuo
impedisce la libertà. Lo sa VeraGemma, che per tutta la vita
si è sentita giudicata, incompresa, oscurata. Al margine. Una donna
forte ma al tempo stesso fragile, il cui riflesso del padre
(Giuliano Gemma) non le ha mai permesso di
spiccare realmente il volo. È sul desiderio di voler imporre la
propria identità che i documentaristi Tizza Covi e Rainer
Frimmel (Non è ancora domani, La pivellina)
fondano Vera, con una narrazione che
assume le fattezze di un documentario, ma che oscilla sempre fra
realtà e fantasia.
Perché, come dirà la stessa
VeraGemma, è stato preso “in
prestito” un episodio della sua vita per costruirci attorno un
film che potesse apporre la propria attenzione sul riscatto. Sul
dolore. E sulla cattiveria insita nella società. Presentato al
Festival di Venezia,
Vera è valso alla sua protagonista il
premio come Miglior Attrice nella sezione
Orizzonti, e arriva ora nelle sale
cinematografiche dal 23 marzo distribuito da
Wanted.
Vera, la trama
Vera si muove
silenziosa in una Roma piena di vita. Frequenta posti esclusivi,
boutique di lusso e persone dello spettacolo. Ma dentro di sé ha
molte cicatrici e tanta sofferenza. Il suo autista,
Walter, la accompagna ovunque, fino a quando un
giorno non fanno un incidente con uno scooter. Rimane coinvolto un
bambino, al quale Vera subito si lega, iniziandolo a frequentare
nel tentativo di riparare al danno. Lo va a prendere a scuola, lo
porta a casa, e spende del tempo anche il padre,
Daniel, un uomo che non riesce a guadagnare molto
per mandare avanti la famiglia. In parallelo, la donna continua a
condurre la vita di sempre, fra provini falliti, rapporti nocivi e
la figura dell’oramai defunto padre, Giuliano Gemma, che continua a
seguirla come un’ombra.
Qual è il prezzo da pagare per
poter essere sé stessi?
“Ai suonatori un po’ sballati,
ai balordi come me, a chi non sono mai piaciuta, a chi non ho
incontrato, chissà mai perché”. Il film si apre con
Dedicato di Loredana Berté, un brano che
in qualche modo fornisce subito le linee guida della
storia. Avvisa lo spettatore che questa è una storia
difficile, malinconica, ma non per questo meno bella. Un racconto
che pone la sua lente d’ingrandimento su una protagonista dai
lineamenti del volto marcati, prova di una netta e dura ribellione
nei confronti di chi la vorrebbe diversa. O peggio ancora la
vorrebbe come il padre, il bell’attore del filone spaghetti western
amato da tutti. Ma lei è un individuo autonomo e cerca di imporre
la sua identità in una società che, invece, vorrebbe plasmarla in
base ai propri gusti. Alle proprie esigenze. Al proprio modo,
distorto, di vedere “i figli di”.
Perché la protagonista deve
combattere quotidianamente con il giudizio che si formula sulla
bocca di persone ignoranti e superficiali. Le quali, seppur non lo
ammette, l’hanno portata sulla strada della chirurgia per potersi
distaccare esteticamente, ancor di più, dall’immagine del padre.
Come a voler loro fare uno sfregio. Una presa di posizione che però
non è bastata per fermare gli occhi indiscreti, i complimenti
indirizzati solo al padre o i provini falliti poiché non
rispecchiante un certo canone di bellezza. Così la macchina da
presa, che fin dalle prime battute aderisce completamente a
Vera, ci porta nell’oscurità delle sue giornate,
in cui incontriamo i rifiuti, i dolori ma anche le speranze di una
donna che le prova tutte per non annegare.
Emanciparsi dall’etichetta
In una costante atmosfera da cinema
neorealista, Vera ci conduce però non solo nei
rapporti intimi che instaura, come quello con il bambino investito,
ma anche nei suoi più profondi pensieri. Nel suo desiderio
di volersi emancipare da quell’etichetta che, come le
ricorda l’amica Asia Argento, necessita
proprio di essere distrutta. Ma anche nel suo voler
credere fortemente che, nonostante le esperienze avute, gli altri
prima o poi vedranno lei prima ancora di vedere la gloria del
padre. E che non la usino per un loro tornaconto personale, ma le
stiano accanto solo perché spinti da un vero sentimento. È questa
continua speranza nel genere umano che fa di Vera
una donna tenace e delicata, ma soprattutto autentica.
Un’autenticità sottolineata attraverso primi piani che fotografano
il suo sguardo buono, pulito. Dentro al quale si manifesta una
sincera voglia di credere nell’altro e nella sua buona fede.
Una speranza a cui troppo spesso si
sostituisce la delusione. Perché in fondo, purtroppo, le persone si
muovono solo per i propri interessi e mai per vero senso di
altruismo. Seppur in alcuni frangenti pecchi di staticità e in
pochi altri ci sia un’eccessiva finzione,
Vera riesce dunque ad andare comunque a
segno. Non vuole ingannare, né tantomeno essere una pellicola
melodrammatica. Non ha guizzi narrativi o particolari intuizioni
registiche e artistiche. Vuole solo esporre la condizione
umana di una donna che cerca di combattere contro
l’ipocrisia, l’empietà e i preconcetti. Che nonostante tutto rimane
gentile, donandosi al prossimo senza porsi troppe domande. E ci
riesce benissimo. Potremmo chiederci quanto ci sia di reale in
quello che abbiamo visto. Potrebbe non piacerci lei. Ma il pensiero
che dovremmo iniziare a essere meno giudicanti e più generosi
d’animo nei confronti degli altri è imprescindibile dalla storia
che vediamo sullo schermo.
In un’intervista
con BroBible, Chad
Stahelski, che ha anche diretto tutte e quattro i capitoli
del franchise di successo di John Wick, ha fornito alcune informazioni
sull’imminente adattamento del noto videogioco.
Stahelski ha elogiato la storia del film in
preparazione, definendolo “un film anti-samurai” e notando anche
che programmi televisivi come The
Last of Us hanno dimostrato che gli adattamenti
dei videogiochi possono funzionare fintanto che ricevono amore e
attenzione.
“Rainbow Six,
Ghost of
Tsushima – ci sto lavorando. Entrambi
sono progetti fantastici che spero davvero si realizzino“, ha
affermato
Stahelski. “Ma Ghost …
ha una storia incredibile. È il film sui samurai
anti-samurai. Ha grandi temi. Abbiamo molta spinta su
questo e molto interesse perché il successo di Last of Us ci supporta, sì, la maledizione
sugli adattamenti di videogioco a film è in qualche modo superata.
Si può fare. Devi solo dargli amore e
attenzione. E Ghost,
probabilmente di tutti gli altri videogiochi [film] in fase di
sviluppo, penso che sia quello che arriverà prima“.
Non è chiaro esattamente cosa
intenda Stahelski per “film anti-samurai”, soprattutto considerando
che Ghost of
Tsushima è in gran parte incentrato sulla
politica e la morale dei samurai in Giappone durante il
1200. Stahelski aveva precedentemente suggerito che
spera di avere “un cast giapponese completo” e anche di realizzare
il film in giapponese, anche se non si sa esattamente se queste
speranze si realizzeranno o meno.
Ecco la nostra intervista ai
protagonisti di Christian– Seconda Stagione, la serie Sky Original,
disponibile dal 24 marzo su Sky e Now. Con Stefano
Lodovichi e Valerio Cilio,
rispettivamente regista e sceneggiatore dello show, sono
intervenuti Claudio Santamaria, Francesco Colella,
Antonio Bannò e Gabriel Montesi che
tornano per questa seconda stagione, e insieme a loro le new entry
Laura Morante e Camilla
Filippi.
Prodotta da Sky Studios e Lucky Red
in collaborazione con Newen Connect, “la serie dei miracoli” torna
con sei nuovi episodi di cui viene rilasciato oggi il teaser, per
una nuova stagione interamente diretta da Stefano
Lodovichi (anche produttore creativo, nonché fra gli
sceneggiatori dei nuovi episodi) e che vede ovviamente riconfermati
i protagonisti della prima, i vincitori del David di Donatello
Edoardo Pesce (Dogman,
Cuori puri, …altrimenti ci arrabbiamo!) e Claudio Santamaria (Freaks
Out, Gli anni più belli, Lo chiamavano Jeeg
Robot).
Con loro in Christian
tornano Silvia D’Amico (Non
essere cattivo,
The place, Hotel Gagarin, A Casa tutti bene – La
serie) nei panni di Rachele, ex tossica dal passato doloroso,
miracolata da Christian e rinata a nuova vita, Antonio
Bannò (Romulus, Suburra – La serie, Vita da
Carlo) in quelli di Davide, erede dell’impero di Lino, il boss
locale della prima stagione interpretato da Giordano De Plano,
Francesco Colella(Padrenostro, Piuma,
ZeroZeroZero, Vostro Onore) nel ruolo di Tomei, il losco
veterinario di Città-palazzo, Gabriel Montesi
(Favolacce, Romulus, Speravo de morì
prima) è l’amico della compagnia di Christian, Penna,
Giulio Beranek (L’Arminuta, Una
questione privata, Il Cacciatore) e Ivan
Franek (Il Re, Noi 4, La buca)
ancora nei panni – rispettivamente – del carismatico Biondo e di
Padre Klaus, esorcista che ha un conto in sospeso con Christian.
Nei nuovi episodi anche Romana Maggiora Vergano
(La promessa, Immaturi – La serie) che sarà di
nuovo Michela, nella prima stagione morta e risorta per mano di
Christian.
Due debutti assoluti nel cast della
seconda stagione di Christian: quello di Laura
Morante (Assolo, Ciliegine,
Ricordati di me, A Casa Tutti Bene – La serie),
che interpreterà la Nera, un misterioso personaggio pieno di
sorprese, e quello di Camilla Filippi (La
Stanza, In fondo al bosco, Viva l’Italia),
che sarà Esther, una donna che non sembra vivere bene la presenza
di Christian.
Uscito nel 2019, The Lighthouse di Robert
Eggers ha stupito e sconcertato gli spettatori di
tutto il mondo. Il film sperimentale interpretato da
Willem Dafoe e Robert Pattinson indaga il deterioramento
degli stati mentali di due guardiani del faro costretti a vivere
per quattro settimane su un’isola deserta. Il film, diretto dal
regista di The Witch, altro successo horror con Anya Taylor-Joy protagonista, ha seguito la
strada dell’horror indie, ma si è fatto notare per la sua ambiziosa
direzione creativa.
Oltre che per il suo stile unico,
The Lighthouse si è distinto per la sua trama
oscura e per la ricchezza dei temi trattati, elementi che si sono
uniti per dare vita a un film avvincente, inaspettato e
sconcertante. Con queste premesse, c’è molto da scoprire sulla
trama di The Lighthouse e sul suo significato più
profondo.
Di cosa parla The Lighthouse?
The
Lighthouse inizia con i personaggi di
Willem Dafoe e
Robert Pattinson, ThomasWake e Ephraim Winslow, che si
danno il cambio per quattro settimane su un’isola deserta per
occuparsi della supervisione di un faro isolato. Ephraim deve
sottostare agli ordini del veterano Thomas e occuparsi della
maggior parte dei lavori manuali, mentre Thomas finisce per
occuparsi solo del faro, senza mai permettere a Ephraim di salirci
per nessun motivo. Quando il loro turno di quattro settimane sta
per terminare, una tempesta devastante gli impedisce di ripartire.
Ormai senza più provviste, i due finiscono per ubriacarsi di
continuo: l’isolamento diventa la loro più grande rovina. Il tempo
sembra perdere ogni tipo di significato e i due precipitano nella
follia.
Il mattino successivo,
Howard trova il diario di bordo di
Wake, in cui quest’ultimo lo critica come
dipendente ubriacone e incompetente e raccomanda che venga
licenziato senza stipendio. Howard insiste di
essere un gran lavoratore e chiede di poter entrare nel faro, ma
Wake si rifiuta e lo sminuisce, così il giovane attacca il suo
padrone: nel mentre, ha delle allucinazioni di una sirena, del vero
Winslow e di un Wake simile a Proteo. Alla fine,
Howard riesce a sottometterlo e lo porta nella buca alla base del
faro per seppellirlo vivo. Wake descrive i pericoli di guardare la
luce del faro prima di perdere conoscenza, ma Howard si impossessa
delle chiavi per la torre. Una volta raggiunta la luce del faro,
Howard ne rimane abbagliato: sentiamo urla
inquietanti e squilibrate da parte del giovane, prima che precipiti
giù dalle scale. Tempo dopo, vediamo un Howard a malapena vivo, che
giace nudo sugli scogli con un occhio danneggiato, mentre uno
stormo di gabbiani si ciba delle sue viscere.
I temi e il simbolismo di The
Lighthouse
The
Lighthouse è molto più di un semplice film
horror/thriller e lo dimostra il fatto che sia ricco di simbolismi
e temi complessi. Partiamo analizzando come l’elemento tematico più
evidente sia in realtà lo stile del film: Eggers
ha deciso di girare in bianco e nero con un formato 1.19:1, che ha
certamente aggiunto al film un’atmosfera claustrofobica e al
contempo grintosa.
Vi è anche un forte sottotesto
psicologico in The Lighthouse, con Eggers che ha ammesso di
essere stato pesantemente influenzato dall’operato Carl
Jung. Eggers
ha giocato con il complesso edipico nella relazione tra i suoi
protagonisti, in quanto Winslow è stato spinto a
uccidere Thomas, che vedeva come una sorta di
figura paterna. Il film incorpora anche un evidente simbolismo
fallico, rappresentato dal faro stesso. Considerando che il film
tratta di due uomini soli su un’isola deserta, i temi della
sessualità e della mascolinità sono indubbiamenti fondamentali.
Tutto ciò si lega a doppio filo con
l’influenza che la mitologia e il folklore esercitano sulla trama
di The Lighthouse, in particolare i racconti dei
marinai e la mitologia classica, soprattutto la figura delle
sirene. Oltre a questo, ci sono alcuni riferimenti importanti ad
altri miti greci. Durante quella che sembra essere un’allucinazione
di Winslow, egli vede Thomas adornato di tentacoli
e creature marine: trasformazione estetica che fa riferimento a
Proteo, il dio delle profezie che serviva
Poseidone. Inoltre, quando
Winslow riesce veramente a scorgere cosa si cela
nel faro, precipita giù per le scale e muore: le sue interiora
finiscono per essere mangiate dai gabbiani, un chiaro riferimento
al mito di Prometeo, che rubò il fuoco degli dei e
subì la conseguenza di vedere un’aquila mangiare il suo fegato ogni
giorno.
Cosa vede Thomas nella luce?
La risposta a questa
domanda è plurivoca e viene lasciata in sospeso da The Lighthouse. Poiché il film è fortemente
basato sulla mitologia classica, la luce rappresenta sicuramente
più un’idea astratta che un vero e proprio oggetto tangibile.
Sebbene si possa ipotizzare che il faro racchiuda segretamente la
presenza di una sirena, visti i continui accenni del film a queste
creature, Eggers
ha in reltà suggerito che la chiave di lettura va ricercata più che
altro nella figura di Prometeo.
Se il personaggio di Thomas
Winslow è basato su Prometeo, allora ha
certamente sfidato un dio (analizzando Thomas Wake
come Proteo), una volta avuto l’accesso al faro
sacro. Per questo, è stato rapidamente e severamente punito
precipitando verso la morte. Per tutta la durata del film,
Winslow era alla ricerca di risposte su ciò che
era realmente accaduto con l’ex partner di Wake e
su ciò che Wake nascondeva nel faro. Ogni volta che si ritrovava a
fissare la luce, almeno figurativamente, vedeva tutto: la verità,
che gli era stata nascosta per tutto il tempo. Come ogni essere
umano, Winslow non è riuscito a gestire questa conoscenza eterna ed
è stato consegnato alla morte proprio perchè la verità rimanesse
ignota.
Sebbene si tratti puramente di
speculazioni, Eggers
stesso è intervenuto sul finale di The Lighthouse, pur con una risposta sempre
ambigua. In un’intervista a Vox, ha rivelato: “Ieri sera,
durante una proiezione, qualcuno mi ha chiesto: “Perché non hai
fatto vedere quello che Rob [Pattinson] vede alla fine del film?” E
io ho risposto: “Perché se lo avessi visto, ti sarebbe toccato lo
stesso destino””. Alla fine ha lasciato il finale
all’interpretazione dello spettatore, come ogni buon mito
precedente“.
Qual è il vero significato di The
Lighthouse?
Trovare una vera
risoluzione al finale di The Lighthouse è praticamente impossibile,
anche se è proprio questo aspetto a fortificare l’unicità del film.
Sebbene siano ravvisabili i temi principali della sua narrazione,
tra cui l’isolamento, la follia e un’indagine sulla natura umana,
il finale ambiguo del film delega allo spettatore la possibilità di
trarre le proprie conclusioni. Forse Thomas Wake è
veramente un dio, dato che riesce a fissare la luce ripetutamente e
a sopravvivere, o forse è stato lentamente condotto alla pazzia da
quella vista, portando anche i suoi compagni a uno stato mentale
disturbato. Nel complesso, si tratta di un film che incorpora anche
il genere fantastico, sollevando dunque più livelli di riflessione
e aprendosi al dibattito post-visione.
Paramount+ ha
annunciato oggi che Drag Race Italia
arriverà sul servizio di streaming in Italia e successivamente sarà
disponibile, oltre che in Italia, anche negli Stati Uniti e in
America Latina nel corso dell’anno. La notizia segue il recente
annuncio di tre nuove edizioni di Drag Race in Brasile, Germania e
Messico e di una Global Drag Race All Stars, che saranno
disponibili su Paramount+
quest’anno nei rispettivi paesi.
“Drag Race è diventato un
fenomeno globale e siamo stati onorati di essere presenti fin
dall’inizio con il team incredibilmente talentuoso di RuPaul e
World of Wonder”, ha dichiarato Chris
McCarthy, Presidente/CEO, SHOWTIME/MTV Entertainment
Studios & Paramount Media Networks. “Nell’espandere l’impronta
globale di Paramount+, era importante riconquistare Drag Race
nei mercati internazionali chiave costruendo anche una serie di
competizioni interconnesse. Global Drag Race All Stars è come un
Super Bowl mondiale per le Drag!”
“Con la terza stagione di Drag
Race Italia siamo entusiasti di espandere la partnership con
Paramount+ e Wow Presents Plus, e di continuare la nostra missione
nel diffondere la gioia delle drag in tutto il mondo”, hanno
dichiarato Fenton Bailey e Randy Barbato, CEO di World of
Wonder.
RuPaul’s Drag
Race, il reality più famoso della storia con 27 Emmy®
Awards, è prodotto da MTV Entertainment Studios e dalla media
company World of Wonder, pluripremiata agli Emmy Awards. La nuova
stagione della versione italiana sarà prodotta da Ballandi.
The Big Door
Prize, la nuova serie dramedy prodotta da
Apple TV+ e tratta dal romanzo omonimo di
M.O. Walsh racconta di una piccola cittadina di
nome Deerfield che sta tentando di riprendersi dalla tragedia di un
incidente automobilistico in cui un uno dei giovani più amati del
luogo, Kolton, ha perso la vita. A un certo punto nell’emporio
della cittadina compare MORPHO, una misteriosa macchina in grado di
predirre il futuro delle persone scrivendo una sola parola in un
biglietto azzurro. Da quel momento il comportamento degli abitanti
sembra cambiare radicalmente, e questo influisce in maniera
determinante anche su Dusty (Chris O’Dowd), sua
moglie Cass (GabrielleDennis) e
sulla loro figlia adolscente Trina (Djouliet
Amara), che era impegnata con Kolton al momento della
sua morte.
The Big Door Prize, un’occasione persa
Alla fine della visione
completa di The Big Door Prize (guarda
il trailer) si può piuttosto chiaramente parlare di occasione
persa. Non tanto per la qualità complessiva dello show quanto per
la notevole differenza di spessore che possiamo riscontrare tra le
prime puntate e la seconda parte della stagione. La serie infatti
nei primi episodi sfrutta l’idea fantastica per raccontare in
realtà quanto i personaggi in scena si trovino a dover fare i conti
con i propri rimpianti, con le piccole frustrazioni di tutti i
giorni, con la malinconia soffusa di una vita che, pur agiata e in
superficie tranquilla, non è comunque quella che molti di loro
avevano sognato da giovani.
Sotto questo punto di
vista in particolar modo le prime tre puntate si sviluppano
attraverso un mix di commedia gentile e tono dolceamaro che fanno
davvero sperare per il meglio. In particolar modo il protagonista
interpretato da un efficace Chris O’Dowd, il
parroco Reuben e il giovane Jacob (fratello gemello di Kolton) si
rivelano personaggi in chiaroscuro di spesso drammatico preciso ed
emozionante. Intorno a loro The Big Door Prize si
dipana come una serie che indaga e riflette su quanto possa essere
complessa anche la vita delle persone più comuni, le quali devono
affrontare sfide di tutti i giorni caricando sulle proprie spalle
le responsabilità nei confronti del prossimo e della comunità.
Una premessa non
mantenuta
Superate però le prime,
efficaci puntate The Big Door Prize si assesta su
dei toni che spingono maggiormente verso la commedia di situazione
non riuscendo più a raccontare il lato malinconico dei protagonisti
delle varie puntate. L’effetto creato all’inizio si perde dunque
dentro un tono medio che, pur contenendo alcuni momenti di
divertimento scoppiettante, non ritrova la profondità dell’inizio.
Non avendo letto il testo letterario di partenza – cosa che la
serie ci ha comunque incuriosito a fare – non sappiamo se l’idea di
dedicare potenzialmente ogni episodio a un personaggio diverso sia
un’idea dei creatori.
A nostro avviso mantenere
maggiormente al centro del racconto le dinamiche familiari che
portano Dusty, Cass e Trina a confrontarsi avrebbe regalato una
compattezza diversa al prodotto. In questo modo invece The
Big Door Prize perde un vero e proprio centro narrativo
tentando di seguire figure anche figure di contorno che tutto
sommato avrebbero potuto (e dovuto) rimanere tali. Probabilmente
una maggiore compattezza a livello di storytelling avrebbe
aumentato la forza emotiva del racconto. Rimangono comunque le
buone prove di attori consumati quali Chris O’Dowd
(il quale sta sviluppando un modo di recitare dolceamaro di
discreta efficacia) e soprattutto Gabrielle
Dennis. Da tenere d’occhio anche il giovane Sammy Fourias,
il quale interpreta Jacob regalandogli il giusto mix tra commedia e
dramma introspettivo.
Non ci si annoia vedendo
The Big Door Prize, tutt’altro. Si tratta di un
altro feel-good show prodotto da Apple TV+ che non arriva di certo ai livelli
di Ted Lasso
(qui
la recensione), ma che comunque sa allietare il
pubblico nella mezz’ora di durata di ogni puntata. La discrepanza
tra l’idea di partenza, il modo in cui viene sfrutta all’inizio e
quello in cui viene “dimenticata” nel corso degli episodi
successivi lascia il dubbio che avrebbe potuto essere qualcosa di
memorabile, ma il risultato complessivo è tutt’altro che
deludente.
Dopo l’exploit del 2014,
come noto, l’ex killer di
Keanu Reeves è diventato a furor di popolo il
protagonista di una saga a lui dedicata. Che negli anni ci ha fatto
viaggiare attraverso diversi mondi, attraversare diverse fasi e non
pochi alti e bassi, fino ad arrivare al John Wick 4
che vedremo nei nostri
cinema dal 23 marzo grazie a 01 Distribution.
Si aspettava un gran finale, e in parte le attese non saranno
deluse, comprese quelle dei fan che vorrebbero il viaggio non
finisse mai (in attesa dello spin-off Ballerina
a marzo 2024), ma in questo – per ora – ultimo capitolo si torna
alle origini dell’anti-eroe in nero. Con qualche sorpresa.
John
Wick, l’immortale, senza tregua
Lasciato per morto in un
vicolo di New York, sapevamo che John Wick sarebbe tornato con
l’aiuto del Re della Bowery di
Laurence Fishburne, come lui assetato di vendetta e
intenzionato a opporsi alla Gran Tavola. Per farlo, però, stavolta
si dovrà lasciare la “città Dolente” dell’incipit dantesco, per la
più classica delle quest. Che ci porterà in Giordania a
conoscere il nuovo Reggente, a New York per scoprire il destino del
Continental – e della coppia che lo gestiva, composta
dall’immancabile Winston (Ian McShane) e il suo
fidato Charon (l’appena
scomparsoLance Reddick) – fino in Giappone e
in Francia, dove vedremo svilupparsi le trame del crudele Marchese
di
Bill Skarsgård.
Lui il vero villain di
questo quarto episodio della saga, soprattutto per il suo opporsi
alla volontà di pace, di liberazione, di Wick, ormai provato dalla
lunga lotta. Uno spietato e potentissimo deus ex machina, in grado
di controllare la Gran Tavola e i suoi affiliati, compresi alcuni
vecchi amici del solitario John, rassegnato a non potersi fidare di
nessuno, o quasi.
John
Wick 4: “l‘ultimo”
combattimento
Come in una sorta di
Game of Death, tutto è costruito per arrivare
all’incredibile – e forse risolutivo – ultimo combattimento di
Chen, ma nemmeno Bruce Lee avrebbe pensato di affrontare un
percorso tanto articolato per raggiungere l’obiettivo. E non è un
caso che, se in altre occasioni il nostro protagonista arrivava
alla fine della sua Odissea mortalmente ferito e a rischio
sopravvivenza, in questa lo si veda (semplicemente) stanco, come
non mai, letteralmente esausto, dalle lungaggini alla quale hanno
scelto di sottoporlo/ci Shay Hatten e
Michael Finch.
Loro i due sceneggiatori
chiamati a non far sentire la mancanza del creatore Derek
Kolstad, la perdita del quale in parte fa sì che la storia
vada dritta a un solo punto, per quanto tra molti innesti e
digressioni, per essere in qualche maniera compensata da una
estetica brutale, che alterna il minimalismo degli inizi con la
ricerca di scenografie da videogioco a tratti vista nei sequel.
Di
duello in duello, il viaggio continua
Una generale
indeterminatezza è la miglior novità di questo John Wick
4, nel quale si ha sempre il dubbio sulle reali
intenzioni o convenienze dei vari personaggi. A partire da quelli –
molto importanti, forse anche per il futuro – del Caine di
Donnie Yen e lo Shimazu di Hiroyuki
Sanada (e sua figlia) che incontriamo al Continental di
Osaka in una spettacolare sequenza. Una delle tante che
infarciscono il film, che tra la mattanza nella discoteca berlinese
e la sparatoria ‘contro mano’ dell’Étoile di Parigi, si concede
momenti carichi di una autoironia palpabile, o dominante, come per
la salita al Sacro Cuore con la quale dovrebbe mettersi la parola
fine a una lunga corsa.
Che avrebbe potuto finire
prima, vista la trovata da ‘Writers room‘ del duello, poco
presentabile quanto a coerenza interna, ma definitiva quanto a
funzionalità. In attesa di un possibile prossimo capitolo,
prepariamoci a un ulteriore regolamento di conti con figure del suo
passato o a una lotta definitiva per il trono di Re di New York,
dove speriamo di veder tornare John, finalmente libero, per godersi
la sua agognata e meritata pensione, magari con un nuovo cane.
I BAFTA hanno celebrato il maggior
numero di donne bianche anziane nominate come miglior attrice ai
Television Awards, a fronte di un forte calo della
diversità etnica nelle shortlist delle performance.
Tutte e sei le candidate nella
categoria Attrice protagonista sono bianche, con alcuni che hanno
osservato che Ambika Mod è stata trascurata per la
sua interpretazione nella serie della BBC/AMC This Is Going
To Hurt, serie che invece è stata nominata in altre sei
categorie.
Alla domanda se i BAFTA avessero
sperato in un risultato diverso, l’amministratore delegato Jane
Millichip ha dichiarato: “C’è rappresentazione in quella
categoria nel fatto che se si guarda all’età delle attrici e ai
ruoli scritti per loro, otteniamo un dato straordinario. È qualcosa
di cui abbiamo discusso a lungo nel mondo televisivo e
cinematografico: i ruoli sono scritti per donne di età superiore ai
40 anni? Questo è un risultato davvero impressionante”.
Imelda Staunton (67
anni) è stata nominata per la sua interpretazione della Regina
Elisabetta II in The Crown. Altri nominati includono Kate Winslet (47) per I Am
Ruth, Billie Piper (40) per I
Hate Suzie Too, Maxine Peake (48) per
Anne, Sarah Lancashire (58) per
Julia e Vicky McClure (39) per
Without Sin.
Tutte e sei le attrici sono molto
amate dai BAFTA. Staunton ha vinto un BAFTA nel 2005 ed è stata
nominata altre tre volte; Winslet ha tre vittorie e cinque
nomination precedenti; Lancashire ha due vittorie e altre tre
nomination; McClure ha una vittoria e due nomination precedenti;
Peake ha due nomination precedenti; Piper ha due nomination per le
prestazioni precedenti.
Sara Putt,
vicepresidente dei BAFTA e presidente del comitato televisivo,
ha affermato che tutte le
candidate donne “meritano” il loro posto nella rosa dei candidati.
Mod non è invece riuscita ad arrivare alla nomination pur essendo
stata riconosciuta come una delle migliori interpreti della
stagione. È stata nominata come attore non protagonista ai Royal
Television Society Awards, mentre la Broadcasting Press Guild l’ha
nominata come migliore attrice.
Putt ha dichiarato: “I nostri
premi sono un barometro di ciò che sta accadendo nel settore…
Prenderemo i dati e le statistiche dai premi di quest’anno –
nomination e vincitori – e questo farà parte delle nostre
conversazioni su ciò che faremo l’anno prossimo. È una
conversazione in corso.”
Il calo della diversità etnica segue
la preoccupazione per i BAFTA Film Awards 2023, durante i quali 47
dei 49 vincitori sono stati bianchi. L’unica star nera sul palco
era la co-conduttrice Alison Hammond.
Sono partite questa settimana in
Costiera amalfitana le riprese di INGANNO, la
serie Netflix
prodotta da Cattleya – parte di ITV Studios, diretta da
Pappi Corsicato e con protagonisti Monica
Guerritore e Giacomo Gianniotti, in arrivo solo su Netflix nel 2024.
Scritta da Teresa
Ciabatti, Eleonora Cimpanelli,
Flaminia Gressi, Michela
Straniero, INGANNO è un thriller
sentimentale che gioca tra la suspense, la rottura dei tabù e le
verità scomode sull’amore. È la storia di un’appassionante
relazione, in cui non mancano ombre e segreti, che mette in crisi
le convenzioni sociali e gli equilibri familiari, sovvertendo il
ruolo della maternità nella cultura mediterranea.
Gabriella (Monica
Guerritore) è la proprietaria di un prestigioso hotel in
Costiera Amalfitana, una donna elegante, fiera dei suoi
sessant’anni e consapevole del suo ruolo. I suoi tre figli ormai
sono grandi e la vita non sembra riservarle più molte sorprese,
finché non incontra Elia (Giacomo
Gianniotti): un ragazzo affascinante, vitale, libero,
coetaneo del suo figlio maggiore, che esercita su di lei un fascino
irresistibile, ma anche ambiguo e spaventoso. Nonostante la
differenza di età, Gabriella si riscopre donna, amante…e per Elia
sarà pronta a mettere in gioco tutto, anche il rapporto con i figli
e la loro eredità.
INGANNO è basata
sulla serie britannica Gold Digger, creata e scritta da Marnie
Dickens e prodotta da Mainstreet Pictures, format distribuito da
ITV Studios.
Sono in arrivo, al cinema e su
Disney+, due nuovi remake in
live action degli originali animati della Disney. Si tratta di
La
sirenetta e Peter Pan & Wendy. Il primo dei due,
che uscirà al cinema il 24 maggio, ha fatto molto
discutere per via della scelta di assegnare il ruolo della
protagonista all’attrice di coloreHalle Bailey,
mentre il secondo, disponibile su Disney+ dal 28
aprile, ha a sua volta generato diverse polemiche per via
della presenza di una Trilli di
colore, interpretata da YaraShahidi. Sembra però che i due film faranno
molto di più che proporre tali personaggi con un’etnia differente
rispetto alle rispettive versioni animate, andando ad abbattare gli
stereotipi sessisti esistenti in quei Classici Disney.
Parlando della sua sirenetta, la
Bailey ha detto di sentirsi “davvero entusiasta, perché abbiamo
decisamente cambiato la prospettiva del suo desiderio di lasciare
l’oceano per un ragazzo. Ora è molto più complessa di così.
Riguarda se stessa, il suo scopo, la sua libertà, la sua vita e
ciò che vuole. Come donne siamo fantastiche, siamo indipendenti,
siamo moderne, siamo tutto e ancora di più. E sono contenta che La
Disney stia aggiornando alcuni di questi temi”. La Shahidi, a
sua volta, ha spiegato come l’imminente remake di Peter
Pan corregga aspetti del film Disney originale.
“Penso che i remake debbano
dimostrare perché vale la pena di essere rifatti in primo luogo, e
avendo avuto la possibilità di guardare il film, credo che il
regista David Lowery lo abbia aggiornato in un modo che
corregge anche il tipo di stereotipi che sfortunatamente vengono
trasmessi attraverso quelle fiabe, come la rappresentazione
indigena, che era errata nella versione animata”. Nel Classico
Disney, infatti Peter Pan e i bimbi perduti entrano in contatto con
una tribù indigena, raffigurata attraverso numerosi stereotipi. I
due nuovi film in arrivo, dunque, offriranno una visione rinnovata
di tali aspetti, ponendo maggior rispetto e attenzione ad essi.
In vista dell’uscita dell’atteso
Air, il 6 aprile, Ben Affleck e
Matt Damon,
hanno spiegato com’è stato per Affleck dirigere finalmente Damon in
un progetto cinematografico. Come noto, i due sono amici sin da
quando erano ragazzi e insieme hannno anche vinto l’Oscar per la
miglior sceneggiatura originale nel 1998 per il film Will
Hunting – Genioribelle. Il loro nuovo progetto
collaborativo, Air, è un film biografico sul venditore di scarpe
Nike SonnyVaccario (Damon), che
mira ad ottenere un accordo promozionale con il debuttante Michael
Jordan prima che diventi una leggenda. Affleck, oltre
a dirigere il film, recita anche nei panni dell’uomo d’affari
Phil Knight.
Durante una recente intervista, i
due amici hanno commentato l’esperienza di aver finalmente trovato
l’occasione in cui Affleck dirigere Damon per la prima volta.
Scherzando tra loro, gli attori hanno discusso di come il loro
lavoro su Air sia stato lo stesso di ogni altra volta in
cui la coppia aveva collaborato precedentemente. “Abbiamo fatto
diverse recite al liceo in cui lui diceva: “Amico, penso che
dovresti farlo così”. – afferma Damon – “Mi ha diretto per
qualcosa come quarant’anni. Onestamente, è stata una specie di
progressione naturale. Abbiamo scritto un sacco di film, prodotto e
recitato insieme per così tanti anni e decenni, quindi non è stato
diverso lavorare in questo modo“.
“Abbiamo ricevuto spesso questa
domanda, continuo a pensare: “Avrebbe dovuto essere diverso?”
Perché sembrava esattamente lo stesso di sempre. – spiega poi
Affleck – E ciò che è stato davvero meraviglioso è che è stato
così bello lavorare insieme, è stata una specie di sensazione del
tipo “Dai, va tutto bene, amo gli attori, ti voglio bene, andrà
tutto bene, tutti, prendetevi tutto il tempo che volete, fate
quello che dovete fare e fatevi rispettare”, e in un certo senso
diffondere quell’energia“. Alla luce di ciò, non resta che
attendere dunque l’arrivo in sala di Air, per ritrovare i
due amici insieme sul grande schermo.
Come noto, Shazam! Furia degli
Dei (qui la recensione) ha debuttato
ben al di sotto delle aspettative al box office durante il fine
settimana appena passato, affermandosi come il titolo con il peggior risultato
di sempre per un film DCEU. L’attore protagonista, Zachary Levi,
interrogato a riguardo, sembra avere le idee molto chiare su chi ha
la colpa di tale flop: i fan tossici della DC e lo scarso
marketing. Un commento su Twitter ha infatti chiesto all’attore se
secondo lui i fan di Zack Snyder fossero contenti
del deludente esordio al botteghino di Shazam 2, in
quanto non vogliono supportare altri progetti della DC in seguito
alla decisione di non portare avanti lo Snyderverse.
L’attore di Shazam!
sembrava essere d’accordo con l’idea che il fandom tossico sia un
fattore, ma ha anche indicato come grande colpevole il marketing
del film. “Anche questo è vero. – ha scritto Levi –
Triste, ma vero. Quanto ciò influenzi effettivamente
il botteghino è difficile prevederlo. Ma penso che il problema più
grande che stiamo riscontrando sia il marketing. Questo è un
perfetto film per famiglie, eppure molte famiglie non ne sono a
conoscenza. Il che è un grande peccato”. Levi non però è
l’unico associato al sequel che ha detto la sua in seguito
all’esordio poco brillante del film.
Il regista David F.
Sandberg si è rivolto a Reddit per rispondere a un
commento sulla performance del film dicendo: “Non è che sia una
sorpresa. Ho visto dove stava andando a parare molto tempo
fa“. Ad oggi il film ha incassato in patria appena 31,8
milioni di dollari, arrivando a 66,4 milioni a livello globale. Un
risultato di molto al di sotto delle aspettative, considerando il
budget di circa 125 milioni. Dopo l’insuccesso di Black
Adam, dunque, continua la scia negativa della DC, la quale
dovrà sicuramente rivedere la propria strategia distributiva.