David
Harbour, star dell’attesissimo Black Widow, ha lasciato
intendere che il film potrebbe introdurre la Guardia d’Inverno, la
versione russa degli Avengers. In maniera alquanto graduale, il
MCU sta rivelando che i superumani
hanno sempre fatto parte del mondo, come spiegato anche in The Falcon and the Winter Soldier attraverso
l’introduzione di Isaiah Bradley, un Captain America che ha
prestato servizio durante la guerra di Corea.
Ora, i dettagli emersi fino ad ora
in merito a Black Widow sembrano
confermare che anche il cinecomic con Scarlett
Johansson giocherà un ruolo chiave nella
revisione di particolari eventi legati alla storia del mondo. La
descrizione ufficiale del personaggio interpretato da Harbour,
ossia Guardiano Rosso, ha confermato che si tratta di un
supersoldato creato durante la Guerra Fredda, una sorta di risposta
russa a Captain America. Ciò suggerisce che, nel MCU, la Guerra Fredda è stata una
corsa agli armamenti supereroistica, in cui l’Unione Sovietica e
gli Stati Uniti hanno gareggiato per sviluppare campioni
sovrumani.
Ciò ha naturalmente portato alla
speculazione che Black Widow potrebbe
ulteriormente arricchire la storia della Guerra Fredda nel MCU, e persino introdurre altri
superumani che ne hanno fatto parte. Di recente David
Harbour ha gettato benzina sul fuoco attraverso
un nuovo post su Instagram,
dove ha condiviso il character poster ufficiale di Guardiano Rosso.
Nei fumetti, la Guardia d’Inverno è la risposta della Russia agli
Avengers, e la maggior parte dei personaggi che l’attore ha
nominato nella didascalia che ha accompagnato l’immagine sono stati
tutti associati a diverse incarnazioni della squadra nel corso
degli anni: Ursa Major, Yelena, Natasha, Dinamo Cremisi e
Sputnik.
Tra i nomi citati da Harbour, quello
più interessante è sicuramente Ursa Major, che nei fumetti è un
mutante che possiede la capacità di trasformarsi in un orso
gigante. Se Ursa Major apparirà davvero in Black Widow, allora si
tratterebbe del primo mutante identificabile del MCU.
La regia di Black Widow è stata
affidata a Cate Shortland, seconda donna
(dopo Anna Boden di Captain
Marvel) a dirigere un titolo dell’universo
cinematografico Marvel, mentre la sceneggiatura è
stata riscritta nei mesi scorsi da Ned
Benson(The Disappearance of Eleanor Rigby).
Insieme a Scarlett
Johansson ci saranno anche David
Harbour, Florence
Pugh e Rachel
Weisz. Il film arriverà nelle sale il 7 luglio e su
Disney+ con Accesso Vip il 9
luglio.
In Black Widow, quando sorgerà
una pericolosa cospirazione collegata al suo passato, Natasha
Romanoff dovrà fare i conti con il lato più oscuro delle sue
origini. Inseguita da una forza che non si fermerà davanti a nulla
pur di sconfiggerla, Natasha dovrà affrontare la sua storia in
qualità di spia e le relazioni interrotte lasciate in sospeso anni
prima che diventasse un membro degli Avengers.
Zack Snyder ha parlato dello stato del
movimento #RestoreTheSnyderVerse a circa due mesi di
distanza dall’uscita della
Snyder Cut di Justice
League. Subito dopo la release del taglio del
cinecomic ad opera del controverso regista, è iniziata una nuova
campagna social da parte dei fan, che hanno chiesto questa volta la
continuazione della visione di Snyder per il DCEU.
Durante un’intervista con
Jake’s Takes in occasione della promozione di
Army of the Dead, al regista è stato proprio chiesto
quante speranze ci siano che lo SnyderVerse venga effettivamente
ripristinato. Dal canto suo il diretto interessato, che ha definito
la Warner Bros. “aggressivamente anti-Snyder”, spera che
lo studio si renda conto di quanto enorme sia il clamore nei
confronti della sua versione dell’universo condiviso.
“La Warner Bros. è stata
aggressivamente anti-Snyder, se proprio vogliamo dirlo”, ha
dichiarato Zack Snyder. “Cosa posso dire?
Chiaramente, non sono interessati alla mia visione. Ma all’inizio
non erano interessati neanche alla mia versione di Justice League.
Sicuramente hanno preso decisioni al riguardo.”
Poi ha aggiunto: “Amo quei
personaggi e amo quei mondi. Penso che si tratti di un posto
fantastico in cui ambientare un film. Si tratta di una proprietà
gloriosa. Non so cosa si potrebbe fare andando avanti… il movimento
dei fan è stato pazzesco, e le intenzioni dell’intera comunity sono
assolutamente pure. Ho un grandissimo rispetto per loro. Spero che
lo studio si renda conto che c’è questo enorme fandom che ne vuole
di più. Chissà cosa faranno…”
Zack
Snyder’s Justice Leagueè uscito in streaming il
18 marzo 2021 su HBO Max in America e, in contemporanea, su Sky
e TV in Italia. Il film ha una durata 242 minuti (quattro ore
circa) ed è diviso in sei capitoli e un epilogo.
Johnson tornerà alla regia di
entrambi i sequel insieme a Daniel Craig, che vestirà ancora una volta i
panni del detective Benoît Blanc. Al momento non sappiamo quali
altri membri del cast del primo film torneranno per Knives Out
2 e Knives Out 3. Le riprese del primo sequel
partiranno il prossimo 28 giugno e si svolgeranno in Grecia. La
fonte specifica anche che il cast di entrambi i sequel sarà
composto da un ensemble di attori completamente nuovo.
Al momento i sequel di
Cena con delitto – Knives Out non hanno ancora una data di
uscita, ma stando ai piani della produzione, entrambi dovrebbe
debuttare sulla piattaforma di streaming già nel 2022. Il primo
film è stato un grande successo al botteghino: a fronte di un
budget di “soli” 40 milioni di dollari, ne ha incassati 294 milioni
a livello mondiale.
In Cena
con delitto – Knives OutHarlan
Thrombey (Christopher
Plummer) è un agiato romanziere che viene trovato
morto, in circostanze misteriose, nella sua proprietà la mattina
dopo la festa per il suo 85esimo compleanno. Il celebre detective
Benoit Blanc (Daniel
Craig), uomo di straordinario intuito e carisma, è
incaricato del caso, e sospetta si tratti di un omicidio.
In perfetto stile “crime”
la famiglia del defunto è numerosa, e tutti, nessuno escluso, sono
potenziali sospettati: ognuno di loro, infatti, avrebbe un motivo
più che valido per eliminare Harlan Thrombey, uomo che l’esperienza
e l’età hanno reso tanto lungimirante quanto sagace. Quando il
fatidico giorno della lettura del testamento si avvicina, l’avida e
disfunzionale famiglia di Harlan, si rivela essere molto più
complicata e conflittuale di quanto sembrasse all’inizio.
Un contesto familiare
costituito da personaggi variopinti, appartenenti a generazioni
contrapposte tra loro per età, obiettivi e stili di
vita. Quando Marta (Ana de
Armas), la giovane e bella infermiera sudamericana di
Thrombrey si ritrova implicata nel misterioso caso, appare chiaro
che nessun segreto è più al sicuro nella casa, neppure i suoi. Il
film non segue una struttura tradizionale e incanta con i suoi
continui colpi di scena lasciando lo spettatore con il fiato
sospeso dall’inizio alla fine.
Per protestare contro la
controversia in corso che circonda la mancanza di diversità
all’interno dei membri dell’HFPA, la Hollywood Foreign Press
Association, Tom Cruise ha restituito i tre Golden
Globe che ha vinto per Nato il quattro luglio
(miglior attore, dramma), Jerry Maguire (miglior
attore , commedia o musical) e Magnolia (miglior
attore non protagonista), come apprendiamo da
Variety.
È la presa di posizione di maggior
profilo ai danni della HFPA dopo che molte stelle di Hollywood si
sono fatte avanti e hanno chiesto all’industria di “fare un passo
indietro” rispetto ai Globes, almeno fino a quando non saranno
messe in atto riforme più sostanziali all’interno
dell’organizzazione. Netflix, Amazon e WarnerMedia hanno tutti
annunciato il boicottaggio dell’HFPA e NBCUniversal ha annunciato
lunedì che la NBC non manderà in onda i Globes nel 2022.
Il 3 maggio, l’HFPA ha annunciato
che mira ad aggiungere 20 nuovi membri nel 2021, con un focus sul
reclutamento di gruppi sottorappresentati. Quel piano è stato
approvato dai membri a pieno titolo – che sono meno di 90 persone –
tre giorni dopo, ma non è servito a sedare il crescente coro di
condanna della HFPA, che è stato esaminato per la prima volta dopo
che il Los Angeles Times ha riferito all’inizio di quest’anno che
l’associazione non presentava membri neri. L’ex presidente della
HFPA, Meher Tatna, ha anche detto a Variety che il gruppo non ha
mai avuto un membro nero almeno dal 2002.
AppleTV+ ha
diffuso la prima foto di
Killers of the Flower Moon, l’attesissimo film Apple
original di
Martin Scorsese con protagonista
Leonardo Di Caprio. Originaria del Montana, Lily
Gladstone discende dalla tribù dei Piedi Neri e Nasi Forati. Ha
fatto il suo debutto cinematografico in “Winter in the Blood” di
Alex e Andrew Smith ed è apparsa di recente in “Billions” della
Showtime, così come nei film di Kelly Reichardt “Certain Women” e
“First Cow”.
Ideato da Apple Studios, diretto e
prodotto dal vincitore del premio Oscar
Martin Scorsese,
Killers of the Flower Moon è basato sul best-seller di
David Grann. Ambientato nell’Oklahoma degli anni ’20, il film
racconta la storia dell’assassinio di numerosi membri della Osage
Nation, una zona ricca di insediamenti petroliferi; una misteriosa
serie di crimini brutali che divennero noti come “il regno del
terrore di Osage”. Nel cast di anche Robert De Niro, Jesse
Plemons, Tantoo Cardinal, Cara Jade Myers, JaNae Collins, Jillian
Dion, William Belleau, Jason Isbell, Louis Cancelmi, Scott
Shepherd, Sturgill Simpson e molti altri.
Scorsese produce e dirige
Killers of the Flower Moon per Apple Studios, la
sceneggiatura è scritta da Eric Roth e dallo stesso Scorsese. I
produttori, insieme a Scorsese, sono Dan Friedkin e Bradley Thomas
di Imperative Entertainment, Leonardo DiCaprio e Appian Way
Productions.
Florence + The
Machine, artista multiplatino e pluripremiata a livello
mondiale, interpreta il brano originale “Call me Cruella” nel nuovo
film Disney live action Crudelia.
“Call me Cruella” sarà presente all’interno del film, nella colonna
sonora originale e nell’album con le musiche originali. Entrambi
gli album, di Walt Disney Records / Virgin Records – Universal
Music Italia, saranno disponibili dal 21 maggio. Crudelia
arriverà il 26 maggio nelle sale italiane (salvo disponibilità dei
cinema) e dal 28 maggio in streaming su Disney+ con Accesso VIP*.
In merito alla collaborazione per
“Call me Cruella”, Florence ha affermato: “Alcune delle prime
canzoni che ho imparato a cantare erano Disney. E i cattivi spesso
avevano i pezzi migliori. Quindi contribuire a creare e
interpretare un brano per Crudelia è la realizzazione di
un sogno d’infanzia. Sono davvero grata a Nicholas Britell e a
Disney per avermi concesso così tanta libertà creativa e per avermi
dato fiducia con la meravigliosa follia di Cruella”.
Welch è l’autrice e leader del
gruppo Florence + The Machine, nominata ai Grammy. I suoi quattro
album in studio acclamati dalla critica hanno venduto milioni di
copie in tutto il mondo, con 3 album nella top 10 negli Stati
Uniti. Oltre ad aver vinto il Brit Album of Year Award per il suo
album d’esordio Lungs nel 2009, How Big, How Blue, How
Beautiful del 2015 ha raggiunto la vetta delle classifiche nel
Regno Unito e negli Stati Uniti. Florence ha poi vinto l’Ivor
Novello International Achievement Award. Più recentemente, Florence
ha debuttato come attrice in una trasmissione teatrale-televisiva
in diretta per la serie HBO e Sky Atlantic The Third
Day.
Commentando il brano e la colonna
sonora strumentale, Britell ha dichiarato: “Sono un grande fan
di Florence, quindi è stata una vera gioia collaborare con lei per
‘Call me Cruella’. Con questa canzone e con le musiche di
Crudelia, l’obiettivo era quello di abbracciare davvero
l’estetica grezza del rock nella Londra degli anni Sessanta e
Settanta.Abbiamo registrato tutto usando l’intera
attrezzatura vintage e il nastro analogico agli Abbey Road e agli
AIR Studios di Londra, fondendo elementi orchestrali con chitarre e
bassi elettrici, organi, tastiere e batterie”.
Due volte candidato all’Academy
Award e vincitore dell’EMMY, il compositore e pianista Nicholas
Britell ha firmato la colonna sonora per alcuni dei progetti
cinematografici più acclamati della storia recente, tra cui Se
la strada potesse parlare, Vice – L’uomo nell’ombra,
Moonlight, La grande scommessa e, più
recentemente, Il re. Per la televisione, Britell ha
scritto la colonna sonora de La ferrovia sotterranea di
Jenkins e anche della serie HBO Succession, vincendo un
Emmy® come Outstanding Original Main Title Theme. Attualmente sta
componendo la colonna sonora della terza stagione di
Succession e di Don’t Look Up di Adam McKay.
La vincitrice dell’Academy Award
Emma Stone (La La Land) è la protagonista del
nuovo film Disney live action Crudelia, che racconta gli
esordi ribelli di una delle antagoniste più celebri, e alla moda,
del mondo del cinema: la leggendaria Cruella de Vil (Crudelia De
Mon). Ambientato durante la rivoluzione punk rock nella Londra
degli anni Settanta, Crudelia segue le vicende di una
giovane truffatrice di nome Estella, una ragazza intelligente e
creativa determinata a farsi un nome con le sue creazioni. Fa
amicizia con una coppia di giovani ladri che apprezzano la sua
inclinazione alla cattiveria e insieme riescono a costruirsi una
vita per le strade di Londra. Un giorno, il talento di Estella per
la moda cattura l’attenzione della Baronessa von Hellman, una
leggenda della moda incredibilmente chic e terribilmente raffinata,
interpretata dall’attrice due volte premio Oscar Emma Thompson
(Casa Howard, Ragione e sentimento). Ma la loro
relazione mette in moto una serie di eventi e rivelazioni che
portano Estella ad abbracciare il suo lato malvagio e a diventare
la prorompente, alla moda e vendicativa Cruella.
Crudelia è interpretato da
Emma Stone, Emma Thompson, Joel Fry, Paul Walter Hauser, Emily
Beecham, Kirby Howell-Baptiste and Mark Strong. Il film è diretto
da Craig Gillespie, da una sceneggiatura di Dana Fox e Tony
McNamara e da un soggetto di Aline Brosh McKenna e Kelly Marcel &
Steve Zissis, basato sul romanzo “La carica dei 101” di Dodie
Smith. Crudelia è prodotto da Andrew Gunn, Marc Platt e
Kristin Burr, p.g.a., mentre Emma Stone, Michelle Wright, Jared
LeBoff e Glenn Close sono i produttori esecutivi.
Un racconto innovativo e originale
con una struttura atipica per il nuovo progetto Alessandro
Cattelan: Una Semplice Domanda,il docu-show
Netflix
in 8 episodi, prodotto da
Fremantle, di cui Cattelan è autore e
protagonista. Le riprese sono attualmente in corso e il debutto è
previsto entro la fine del 2021
in tutti i Paesi in cui il servizio è attivo.
L’idea di questo nuovo show nasce
in una sera d’estate da una riflessione di Alessandro
Cattelan in risposta ad una domanda, solo in apparenza
semplice, di sua figlia Nina:
Papà, come si fa a essere
felici?
Sai, essere felici…ero
convinto di sapere qualcosa sulla felicità. Ho una bella famiglia,
sono in salute, ho un bel lavoro, dovrei sapere cosa sia la
felicità. E allora perché mi ha messo in crisi quella che in fin
dei conti è solo Una Semplice Domanda?
Ed è proprio la ricerca della
risposta a questa domanda, “come si fa ad essere felici?”,
al centro di questo percorso alla scoperta degli elementi necessari
per ottenere la formula perfetta per la felicità. Per realizzare il
suo scopo Cattelan viaggerà, in Italia e all’estero, intervistando
e condividendo esperienze uniche con personaggi in grado di
aiutarlo in questa missione. Un tema diverso per ogni puntata.
Interviste, esperienze e riflessioni tenute insieme da un
linguaggio visivo che spazia nei generi, dal docu al filmico
passando per il real, dando un carattere identificativo ai diversi
approcci narrativi, con uno stile omogeneo ed unico.
Ecco il trailer ufficiale di
Venom: La furia di Carnage. Tom
Hardy ritorna sul grande schermo nel ruolo del “protettore
letale” Venom, uno dei personaggi Marvel più enigmatici e complessi.
Diretto da Andy Serkis, tra i protagonisti anche Michell, Naomie
Harris e Woody Harrelson, nel ruolo del villain Cletus
Kasady/Carnage.
In Venom: La
furia di Carnage assisteremo allo scontro tra il
simbionte e Cletus Kasady, aka Carnage, uno degli
antagonisti più celebri dei fumetti su Spider-Man. Nel cast del
sequel anche Michelle
Williams(Fosse/Verdon) nei panni di
Anne Weying, Woody
Harrelson(Zombieland: Doppio colpo) nei
panni di Cletus Kasady/Carnage, Naomie
Harris(No Time to Die) nei panni di Shriek
e l’attore inglese Stephen Graham.
Nel frattempo è stato
ufficializzato anche il nome di Robert
Richardson in qualità di direttore della fotografia.
“Ciò che era rimasto inesplorato nel primo film esploderà nel
secondo, soprattutto grazie al personaggio centrale” ha
dichiarato Richardson, “Ma ora abbiamo Woody Harrelson, che
ovviamente farà la sua grande entrata, vedremo cos’altro accadrà
con la collaborazione tra Sony e Marvel.”
Vi ricordiamo
che Tom
Hardy tornerà a interpretare Eddie Brock anche
nel sequel di Venom, progetto già in sviluppo dopo
l’inaspettato successo al box office, e a confermarlo è stata la
produttrice Amy Pascal.
Arriva il 14 maggio su
Sky e NOW Domina, la nuova serie Sky Original con
protagonista Kasia Smutniak mei panni di
Livia Drusilla, terza moglie di Gaio. La sua
incredibile storia ridefinì completamente le aspirazioni che a quel
tempo una donna poteva perseguire, finendo per segnare per sempre
le sorti dell’Impero Romano. Domina racconta per la prima volta dal punto
di vista delle donne le lotte per il potere durante il principato
di Gaio Ottaviano, il celebre Cesare Augusto, primo imperatore
romano.
A parlare della serie è
intervenuta Kasia Smutniak, che interpreta la
protagonista da adulta, mentre nelle prime due puntate è la
giovanissima Nadia Parkes a dare volto a questa figura storica
sconosciuta eppure importantissima.
“La cosa che mi ha
affascinata di più di questo progetto è che ruotava intorno ad una
figura storica di una donna fondamentale per la sua epoca e allo
stesso tempo così poco conosciuta – ha detto Smutniak –
Poterla raccontare mi è sembrato importante in questo momento nel
quale stiamo vivendo. Abbiamo bisogno di storie come questa, dove
si raccontano donne forti e allo stesso tempo fragili, che hanno
lasciato un grande impatto. Poterla mostrare così, in un progetto
che mira a raccontare la storia dal punto di vista femminile è
inedito, soprattutto perché l’intento della produzione era quello
di raccontare la verità dei fatti. Spesso, in drammi storici, si
romanzano le vicende, per dare più gusto alla storia, ma in questo
caso Simon Burke ha dovuto tagliare dei fatti storici, perché non
c’entravano nel racconto principale, non c’era abbastanza tempo,
nonostante si tratti di una serie. Il fatto che sia un progetto
internazionale interamente girato a Roma, a Cinecittà, per Sky lo
ha reso ancora più speciale.”
In un momento storico in
cui si discute molto la figura femminile, la storia di Livia
Drusilla sembra essere arrivata con un tempismo perfetto:
“Questo progetto è arrivato in un momento giusto per me. Credo
che ogni donna, quando cresce, si guarda indietro e osserva il
percorso e la fatica che ha fatto per arrivare dove si trova.
Quando parlo di fatica, intendo il lavoro svolto per rimanere se
stessa. Credo che serva un po’ di maturità per raccontare queste
donne come Livia, delle donne dell’epoca. Quando poi si parla di
diritti delle donne, dobbiamo renderci conto che in moltissimi
posti nel mondo, le donne non hanno ancora diritti e vengono date
in sposa senza il loro consenso, siamo indietro anni luce rispetto
ad una situazione di parità. Questa storia ci ammonisce anche di un
fatto: sapere che duemila anni fa certe cose sono state fatte da
donne e che poi sono state cancellate dalla storia ci deve mettere
in guardia. Credo che Livia Drusilla sia la prima vera femminista,
ha avuto il potere di creare leggi che mirassero alla libertà delle
donne, alla tutela dei figli, al diritto al divorzio senza dover
rinunciare a tutto. Una volta le donne erano oggetto di
riproduzione, quello che stiamo raggiungendo adesso in forma di
diritti e uguaglianza va protetto, altrimenti può essere
cancellato.”
Quando si parla di
potere, si implica spesso una concezione negativa dello stesso e
per lo più associata a uomini. Quello che fa Livia invece è
esercitare una forma di potere differente: “Il potere nella
nostra serie è quello di una donna che ne ha bisogno per
sopravvivere, non perché lo desidera fine a se stesso. Ha a che
fare con la sopravvivenza, quando hai la possibilità di scegliere
per te hai potere. Livia Drusilla indossava pochissimi ori e
orpelli, a differenza di quello che ci viene mostrato nel poster
della serie, lì si ostenta il potere della ricchezza, ma il suo
vero potere è inteso con la libertà, che è sempre potere, anche
oggi.”
Ma a che scopo
raccontare questa storia oggi? “La figura storica di donna che
è diventata davvero famosa è Cleopatra, perché di lei è stato
raccontato al cinema. È diventata una figura pop. L’intento di
questa serie è quello di portare il mito di Livia alla luce. Quello
che è importante nel nostro racconto è il punto di vista delle
donne che la storia non ha tramandato.”
Accanto a Kasia
Smutniak un grande cast internazionale: Matthew
McNulty (Misfits) nei panni di Gaio Ottaviano; Claire
Forlani (Vi presento Joe Black) interpreta Ottavia,
sorella di Gaio; Christine Bottomley (The End of the
F***ing World) sarà Scribonia; Colette Dalal Tchantcho
(The Witcher) nei panni di Antigone; Ben Batt
(Captain America: Il primo vendicatore) interpreta
Agrippa. Insieme a loro, una star internazionale come Liam
Cunningham (Il Trono di Spade) nel ruolo di Livio, padre
di Livia Drusilla, e un’icona della cinematografia mondiale,
Isabella Rossellini (Velluto Blu, La morte ti fa
bella), che nella serie interpreterà la matrona Balbina.
Domina è una serie Sky Original prodotta da
Sky Studios, Fifty Fathoms e Tiger Aspect Productions, con Cattleya
nel ruolo di executive production service. Produttori esecutivi
sono Patrick Spence, Marcus Wilson, Faye Dorn, Simon Burke
e Claire McCarthy, insieme a John
Phillips. La distribuzione internazionale è affidata
a NBCUniversal Global Distribution. Disponibile con tutti e otto
gli episodi su Sky e NOW a partire dal 14 maggio.
L’apparenza delle
cose, disponibile dal 29 Aprile su
Netflix, basato su un romanzo di Elizabeth
Brundage intitolato “All Things Cease to
Appear”, è l’ultimo film della coppia Robert Pulcini
e Shari Springer Berman. La pellicola si propone come
thriller-horror ed effettivamente si appropria di molteplici clichè
endemici al genere, con motivazioni poco eccitanti e largamente
prevedibili dei personaggi, alla base di una trama illogica e in
cui prevale il disinteresse dello spettatore.
L’apparenza delle cose: la
trama
Amanda Seyfried e James
Norton sono Catherine e George Claire,
una coppia di New York che si trasferisce a metà degli anni ’80 con
la loro giovane figlia Franny (Ana Sophia
Heger) in una una vecchia fattoria nella Hudson Valley.
George ha recentemente ottenuto una proposta di lavoro allettante
da parte di un college di arti liberali, grazie alla sua
dissertazione sui pittori della Hudson River School. Catherine
lascia la sua carriera di restauratrice d’arte per seguirlo; lei è
fragile, sola e con tanto tempo a disposizione nella nuova dimora,
oltretutto ostacolata da un disturbo alimentare, il che rende
George ancora più indifferente al benessere della moglie quando
inizia immediatamente a frequentare la ragazza della stalla locale
(Natalia Dyer, alias Nancy di
Stranger Things), e ancora più un evidente
colpevole delle teatralità psicodrammatiche che infangano il resto
della trama.
Un miscuglio di cliché del genere
ai limiti del prevedibile
La storia si mischia poi all’opera
del teologo e filosofo svedese Emanuel Swedenborg
(Heaven And Its Wonders And Hell From Things Heard And
Seen); attinge al misticismo del XVIII secolo, ai paesaggi
del XIX secolo e appunto al romanzo moderno di Elizabeth
Brundage. L’apparenza delle cose cerca di
mescolare la storia di una casa stregata con un mistero di
omicidio, incursioni in relazioni tossiche, abuso emotivo, sedute
spiritiche e dedica la maggior parte del suo tempo a costruire una
storia di fantasmi piuttosto sbiadita partendo da un dramma
relazionale del tutto convenzionale.
Diretto da Shari Springer
Berman e Robert Pulcini – la coppia di
registi che ha iniziato con il classico indie degli anni ’50
American Splendor prima di provare ogni altro
genere in corso – L’apparenza delle cose sembra
un’opportunità persa. La vera nota di merito è la fotografia di
Larry Smith, lo stesso direttore della fotografia che ha
incorniciato Only God Forgives e Eyes Wide
Shut.
Fantasmi, sedie, libri e mobili
ronzanti: L’apparenza delle cose si sforza di
abbracciare quanti più clichè possibili dell’horror. Il crescendo
tensivo prende forma troppo velocemente, la suspense è rilasciata
troppo presto, regalandoci una storia di fantasmi, segreti
inconfessabili e crepe interne a una coppia, che però non cattura
mai. La pellicola fa leva su una intricata storia di omicidio e un
dramma relazionale sulla mascolinità tossica e la sfiducia; non è
mai del tutto chiara la funzione degli elementi horror, che
accumulano sviolinate superflue all’interno di una sceneggiatura
piuttosto debole. Poco dopo il loro arrivo, Catherine inizia a
sentire e vedere cose. Una vecchia Bibbia appare su uno scaffale.
Il pianoforte inizia a suonare da solo. La luce notturna di Franny
si comporta in modo strano e una donna spettrale si nasconde
nell’ombra della sua stanza. C’è anche l’odore dei gas di scarico
delle auto nel cuore della notte.
La casa, si scopre, era stata
precedentemente teatro di infelicità coniugale e possibile
omicidio, sia nell’Ottocento che più recentemente. Mentre George si
rivela un imbroglione, un benzinaio e un sociopatico a tutto tondo,
anche Catherine inizia a manifestare segnali di un disagio
incontrollabile, le cui motivazioni dovrebbero essere più
interessanti di quello che appaiono. Come dovrebbe esserlo
l’ambientazione della città universitaria, che è un alveare di
segreti mal tenuti e lussuria appena controllata, con una
popolazione che include alcuni attori caratteristici molto
raffinati (Rhea Seehorn, James Urbaniak e Karen Allen oltre ad
Abraham). Ci sono anche due bersagli attraenti per gli occhi
vagabondi di Claires: Alex Neustaedter, come un tuttofare robusto,
e Natalia Dyer, come uno studente della Cornell che si prende un
periodo di aspettativa per addestrare i cavalli.
L’apparenza delle cose parte da una sceneggiatura troppo
derivativa e superficiale
La storia va in direzioni piuttosto esagerate mentre le
rivelazioni inaspettate si accumulano, fondendo in maniera poco
omogenea una storia dell’orrore soprannaturale con un triste dramma
coniugale. Seyfried conferisce al personaggio una certa presenza e
fascino, ma non ha mai molta libertà d’azione. Catherine inizia
infatti sconfitta da fattori che non vengono mai completamente
spiegati: il suo disturbo alimentare è inteso come un indizio dello
stress a cui è stata sottoposta nella sua relazione, o vorrebbe
causare la sua mancanza di energia e concentrazione? Ci sono
ragioni concrete per cui ha paura di resistere a George o la sua
obbedienza deriva dalla sua storia familiare o dalla sua
personalità? Chi è lei, davvero? Man mano che le risposte possibili
iniziano a venire a fuoco, e mentre impara di più su chi è
veramente George, intraprende sempre meno azioni, ritirandosi in
una passività petulante e non avvincente, che allunga inutilmente
la narrazione in modo che George possa farla franca ancora di
più.
Le incongruenze narrative sono
molteplici, gli alibi inesistenti, indagini approssimative e
rivelazioni che hanno poco del sorprendente. L’approccio registico
cerca di soffermarsi sui turbamenti causati da un matrimonio
sbagliato, con una sfumatura femminista: l’uomo è rappresentato
come predatore e traditore e la donna configurata come vittima
ipotetica di un percorso ambiguo. Le emozioni vengono a mancare
anche per via di un cast che si rivela più anonimo del solito. Lo
sguardo insofferente di Amanda Seyfried caratterizza tutti i primi
piani, mentre James Norton è una figura priva di carisma e tratti
caratteriali peculiari, involontario protagonista di un epilogo
dantesco che, al posto di risultare visionario come si proporrebbe,
finisce per essere una conclusione poco efficace.
Il film cerca di confondere e al
contempo risolvere la dualità tra mondo reale e mondo spirituale,
senza tuttavia approfondirlo adeguatamente e dando vita a finale ai
limiti del prevedibile e del kitsch. La superficialità del titolo
si riflette nella materia filmica: la pellicola è infatti
configurata metaforicamente come la proiezione di una diapositiva
automatica, non un dipinto ammirato dal vivo.
Mickey Rourke ha interpretato Ivan
Vanko/Whiplash in
Iron Man 2, ma a quanto pare i rapporti con i Marvel Studios non sarebbero stati
particolarmente idilliaci, dal momento che l’attore ha più volte
accusato lo studio di aver eliminato dal film gran parte delle sue
scene.
Prima dell’inizio delle riprese, si
vociferava che Rouke avesse trascorso del tempo in una vera
prigione per meglio prepararsi al ruolo. Tuttavia, Whiplash non è
stato molto apprezzato dai fan, ma ad oggi è impossibile dire se le
scene che sono state tagliate dal film avrebbe potuto restituire un
ritratto diverso del personaggio e, di conseguenza, far apparire la
performance di Rourke sotto un’altra luce.
Indipendentemente da ciò, negli anni
l’attore candidato agli Oscar per The Wrestler non ha mai
perso occasione per lanciare qualche frecciatina (neanche troppo
velata) ai Marvel Studios. Negli ultimi giorni, pare che
l’attore abbia trascorso molto tempo a guardare la serie tv Law
& Order – Unità vittime speciali e in un lungo post su
Instagram ne ha “approfittato” per scagliarsi ancora una volta
contro la Casa delle Idee.
Nell’elogiare la popolare serie tv,
Rourke ha scritto: “Rispetto per tutti voi. Il lavoro che fate
è vera recitazione, non come quella m***a della Marvel”. Il post di Rourke è
stato condiviso lo scorso 8 maggio, solo un giorno dopo
l’undicesimo anniversario dell’uscita di
Iron Man 2.
Inutile dire che Rourke non tornerà
mai più a recitare nel MCU nei panni di Whiplash,
ed è improbabile che voglia
affrontare un altro ruolo in un film di supereroi…
Arriverà al cinema il 23
settembre Tre
piani, il nuovo film di Nanni
Moretti con Margherita Buy, Riccardo Scamarcio, Alba
Rohrwacher, Adriano Giannini, Elena Lietti, Alessandro Sperduti,
Denise Tantucci, Nanni Moretti, Anna Bonaiuto, Paolo Graziosi,
Stefano Dionisi, Tommaso Ragno.
Prodotto da Sacher Film e Fandango
con Rai Cinema, e Le Pacte, Tre piani sarà distribuito in
Italia da 01 Distribution.
«E’ stato difficile in
tutti questi mesi vedere lì fermo un film di cui si è tanto
convinti e contenti» – dichiara Domenico
Procacci, produttore per Fandango – «Finalmente
Tre piani potrà incontrare, non virtualmente ma fisicamente, il
suo pubblico».
Continua Paolo Del
Brocco, Amministratore Delegato di Rai Cinema: «Siamo
felici di poter finalmente annunciare l’uscita di Tre piani
di Nanni Moretti, uno dei film più attesi dell’anno di un
grande autore del nostro cinema. Siamo certi che la sua uscita
rappresenti un segnale forte per la piena ripresa della stagione
autunnale e per la ricostruzione del rapporto di fiducia tra il
pubblico e il cinema italiano».
Scritto da Nanni Moretti,
Federica Pontremoli e Valia Santella, Tre
piani è tratto dall’omonimo romanzo di Eshkol
Nevo.
È vero, il MCU ruota attorno all’idea
che gli Avengers siano persone straordinarie in
grado di salvare sempre la situazione, ma bisogna riconoscere che
non sempre i Vendicartori si sono comportati in maniera eroica.
Screen
Rant ha raccolto le 10 peggiori cose gli eroi più potenti della
Terra hanno fatto:
Il funerale di Vedova Nera
Questo “errore” riflette un
grosso problema all’interno del franchise. Anche dopo anni in cui i
Vendicatori hanno lavorato insieme, spesso si ritrovano ancora a
combattere tra di loro o a non riconoscersi come colleghi.
Anche se Natasha ha combattuto con i
Vendicatori per molti anni, Tony Stark, ad esempio, non sapeva
nulla della sua famiglia. Per di più, non le è stato nemmeno
concesso un funerale adeguato.
Tony Stark ha lasciato gli Avengers in difficoltà
Dopo Avengers:
Infinity War, i diversi personaggi affrontano il loro
dolore a modo loro. Tuttavia, mentre la maggior parte degli eroi
sembrano restare in contatto l’uno con l’altro, altri rinunciano
totalmente alla volontà di sistemare le cose.
Tony Stark si concentra sulla sua
famiglia e, sebbene come scelta ha senso, risulta anche egoista il
fatto che non si preoccupasse nemmeno di verificare come stessero i
suoi amici. Inoltre, quando gli chiedono aiuto, all’inizio esita a
fare qualsiasi cosa. Dato lo stato del mondo e date le numerose
risorse a sua disposizione, Tony avrebbe potuto agire anche
diversamente…
Al di sopra della legge
Uno dei più grandi difetti
degli Avengers, in generale, è che spesso hanno creduto di essere
al di sopra delle leggi. Anche se spesso hanno infranto leggi per
un bene superiore, è anche vero che spesso hanno anche agito in
modo fin troppo sconsiderato.
Sia Steve che Tony si sono resi
colpevoli di ciò, in modi diversi, durante Captain
America: Civil War. Ma, nel complesso, tutti i Vendicatori
hanno troppe volte creduto di sapere cosa fosse la decisione più
giusta da prendere.
L’incapacità di controllare Hulk
Questo punto è alquanto
complicato perché lo stesso Bruce Banner non ha mai voluto ferire
nessuno o causare danni in maniera consapevole. Ha dovuto fare i
conti con un immenso senso di colpa per la sua incapacità di
controllarsi come Hulk.
Tuttavia, dal punto di vista delle
conseguenze, Hulk ha causato molti danni al MCU, con Bruce che ha ferito molte
persone quando si trovava nei panni del Gigante di Giada.
Un’assassina e una spia
Molti dei Vendicatori hanno
dei retroscena complicati. Come Natasha e Wanda, alcuni sono stati
anche cattivi, mentre altri, come Tony Stark, aveva soltanto una
dubbia moralità.
Sebbene il MCU non sia entrato troppo nel
dettaglio del passato di Vedova Nera, poiché il suo film da solista
non è ancora arrivato nelle sale, tutti sanno che era una spia e
anche un’assassina. È stata addestrata per essere un’assassina fin
dall’infanzia, quindi in un certo senso è stata anche una vittima,
ma ha comunque fatto cose piuttosto brutte.
Pasticciare con la timeline
Il MCU fatica ancora a raccontare una
storia coerente sui viaggi nel tempo, con molti buchi nella trama e
domande che rimangono senza una risposta. Ora, con la serie Loki
ormai in dirittura d’arrivo, la questione dei viaggio nel tempo è
ormai prioritaria per tantissimi fan.
Mentre Loki viene mostrato come un cattivo per essersi
intromesso nelle varie timeline, Steve è stato invece mostrato come
un eroe. Tuttavia, l’ex Cap ha anche infranto le regole relative ai
viaggi nel tempo, e lo ha fatto per un motivo puramente egoistico,
e cioè voler stare con una donna con cui, in realtà, non è mai
stato ufficialmente.
Danni collaterali a Sokovia e Lagos
I Vendicatori sono responsabili di una grande quantità di
danni collaterali, inclusa la perdita di molte vite innocenti. Da
un lato, spesso combattevano i cattivi e cercavano di proteggere
gli innocenti, quindi non avevano altra scelta che intervenire, dal
momento che molte altre persone sarebbero morte senza di
loro.
Dall’altro, potrebbero essere stati abbastanza spericolati.
Mentre Iron Man è colpevole di aver creato Ultron, altri
Vendicatori come Steve e Wanda spesso non hanno avuto un grande
controllo sulle loro azioni, col risultato che a volte persone
innocenti hanno perso la vita a causa loro.
Un vigilante problematico
Anche se le azioni di Occhio di Falco dopo il Blip hanno
trovato una giustificazione in Avengers: Endgame,
probabilmente non avrebbe dovuto essere così.
Clint
diventa un vigilante piuttosto tormentato che si prende la
responsabilità di uccidere i criminali nei paesi asiatici, e molti
fan sono rimasti sconvolti da questo. Il fatto che andasse in altri
paesi per farsi giustizia da solo non è una cosa così eccezionale.
Tuttavia, nessuno degli altri Vendicatori ha mai messo in dubbio
quello che stava facendo.
Un’intera cittadina sotto il suo controllo
Insieme a Tony Stark, Wanda
potrebbe essere l’Avenger più moralmente discutibile dell’intero
MCU. Anche se la sua versione a
fumetti potrebbe essere diversa, nel MCU ha debuttato come una cattiva,
lavorando sia con l’HYDRA che per Ultron.
In WandaVision schiavizza un’intera città di persone per
vivere la sua vita ideale con Visione. I fan si rendono conto
durante la serie che la gente di Westview stava veramente soffrendo
per colpa sua, e questo la rendere, purtroppo, davvero cattiva…
anche se era accecata dal dolore.
Creare armi e dare vita a cattivi
Senza dubbio, uno dei Vendicatori meno perfetti di tutti è
Tony Stark. È un miliardario molto privilegiato la cui fortuna
deriva in gran parte dalla vendita di armi e, a causa della sua
ricchezza e del suo status, può fondamentalmente agire al di fuori
della legge… e lo fa tante volte.Si preoccupa davvero della vendita di armi Stark solo quando
finisce per soffrire personalmente a causa loro. Quindi, continua a
fare cose discutibili, come creare Ultron e ad agire senza pensare
a come tratta gli altri.
Mentre cerca di usare la sua ricchezza per migliorare le cose
e sistemare i pasticci dei Vendicatori, è spesso anche ipocrita,
poiché non ha mai voluto davvero seguire la sorveglianza stabilita
negli Accordi.
Carlo Conti conduce la 66ª edizione dei
Premi David di Donatello in diretta
martedì 11 maggio su Rai 1 dalle ore 21.25, con la
regia di Maurizio Pagnussat. La
cerimonia, che si svolgerà alla presenza dei candidati di tutte le
categorie, sarà trasmessa dagli storici studi televisivi “Fabrizio
Frizzi” e dal prestigioso Teatro dell’Opera di Roma.
Nel corso della serata Laura Pausini canterà dal Teatro
dell’Opera di Roma una versione esclusiva del brano ‘Io si’, il
singolo premiato agli ultimi Golden Globes come migliore canzone
originale, tratto dal film La vita davanti a
sé di Edoardo Ponti con Sophia Loren. La cantante,
nominata ai Premi Oscar® 2021, è stata inoltre protagonista della
novantatreesima edizione degli Academy Awards con un’esibizione del
brano.
Durante la cerimonia di premiazione saranno
consegnati venticinque David di Donatello, un
David alla Carriera, due David Speciali e tre targhe
denominate David 2021 – Riconoscimento d’Onore.
Il David alla Carriera 2021 andrà a Sandra Milo, straordinaria
interprete per registi come Antonio Pietrangeli e Federico Fellini,
Roberto Rossellini e Gabriele Salvatores, Gabriele Muccino e Pupi
Avati, Jean Renoir e Claude Sautet.
Due i David Speciali assegnati nel corso di questa edizione: a
Monica Bellucci, una delle attrici più conosciute e apprezzate a
livello globale, e a Diego Abatantuono, fra le voci più originali e
poliedriche dello spettacolo in Italia. Tolo Tolo scritto, diretto e interpretato
da Luca Medici, è il film vincitore del David dello
Spettatore.
Nel corso della serata, i professionisti sanitari Silvia Angeletti,
Ivanna Legkar e Stefano Marongiu riceveranno tre targhe denominate
David 2021 – Riconoscimento d’Onore per l’importante contributo
alla ripresa in sicurezza delle attività delle produzioni
cinematografiche e audiovisive a Roma e in Italia durante la crisi
COVID-19.
I Premi David di Donatello sono organizzati dalla Fondazione
Accademia del Cinema Italiano – Premi David di Donatello e dalla
RAI: Piera Detassis è il Presidente e Direttore Artistico
dell’Accademia, il Consiglio Direttivo è composto da Francesco
Rutelli, Carlo Fontana, Nicola Borrelli, Francesca Cima, Luigi
Lonigro, Mario Lorini, Domenico Dinoia, Edoardo De Angelis,
Francesco Ranieri Martinotti, Giancarlo Leone. La 66ᵃ edizione
della manifestazione si svolge sotto l’Alto Patronato del
Presidente della Repubblica, con il contributo del MiC Ministero
della Cultura – Direzione Generale Cinema e Audiovisivo, d’intesa
con AGIS e ANICA e con la partecipazione, in qualità di Soci
Fondatori Sostenitori, di SIAE e Nuovo IMAIE.
Run, l’horror
psicologico di Aneesh Chaganty con Sarah Paulson e Kiera Allen al suo esordio,
arriverà al cinema dal 10 giugno. Amata per i suoi ruoli nelle
serie tv American Horror Story e Ratched,
Sarah Paulson – prima attrice ad aggiudicarsi
nello stesso anno il Golden Globe, l’Emmy, lo Screen Actors Guild
Award, il Critics’ Choice Award e il Television Critics Association
Award per la sua interpretazione in American Crime Story – torna
sul grande schermo da protagonista con v.
L’horror-psicologico diretto Aneesh
Chaganty, regista premiato al Sundance Film
Festival, arriva al cinema il 10 giugno e mette lo
spettatore di fronte a un’inquietante domanda: si può fuggire
dall’amore di una madre?
Run, la
trama
Dicono che non ci si possa
sottrarre all’amore di una madre… ma per Chloe questa non è una
rassicurazione: è una minaccia. C’è qualcosa di innaturale, quasi
sinistro nella relazione tra Chloe e sua madre Diane (Sarah
Paulson). Diane ha cresciuto sua figlia nel totale isolamento,
controllandone ogni movimento sin dalla nascita, dietro segreti che
Chloe sta solo iniziando ad intuire. Un horror psicologico che
mostra come, quando l’amore di una madre diventa troppo stretto…
devi scappare.
Il film
Nel thriller psicologico Run, la
vita di una adolescente viene sconvolta dalla scoperta di un
inquietante segreto della madre.
Dicono che non si possa mai
sfuggire all’amore di una madre, ma per Chloe (l’esordiente Kiera
Allen) questo modo di dire non è affatto confortante, anzi è una
minaccia. C’è qualcosa di innaturale, persino inquietante, nella
relazione tra Chloe e sua madre, Diane (Sarah Paulson). Diane ha
cresciuto sua figlia in totale isolamento, controllando ogni sua
mossa sin dalla nascita. Ma ora, mentre si prepara a partire per il
college, Chloe comincia a scoprire dei segreti inimmaginabili il
cui significato può solo cercare di intuire.
Dal regista, dagli sceneggiatori e
dai produttori visionari del film rivelazione Searching, arriva
questo thriller che vi terrà col fiato sospeso, perché quando la
mamma si avvicina troppo, conviene “correre”!
Il film è interpretato da Sarah
Paulson, diventata un’icona dell’Horror psicologico contemporaneo
grazie alla sua interpretazione nella celebre serie TV, American
Horror Story, e qui nei panni di una mamma con un segreto
scioccante, che farà di tutto per serbare. Accanto a lei c’è
Kiera Allen, nel ruolo di Chloe, l’adolescente sulla sedia a
rotelle, e quindi, per questo, incapace di scappare. La Allen in
questo film è al suo debutto cinematografico come protagonista; la
sua performance in Run segna la nascita di un giovane nuovo talento
interessante, in un’avvincente storia di scoperta e inclusione.
Il regista emergente Aneesh
Chaganty e i produttori Natalie Qasabian e Sev Ohanian
(quest’ultimo ha scritto la sceneggiatura insieme a Chaganty),
offrono una nuova prospettiva su questo genere di thriller
Hitchcockiano, in cui mettono in scena una paranoia crescente, che
culmina con uno sconvolgente colpo di scena.
In Run, Chaganty esplora altresì i
temi universali e riconoscibili della relazione di una adolescente
con sua madre, e il caos onnipresente che si nasconde sotto la
superficie della vita quotidiana.
“Run è una lettera d’amore
all’età d’oro di Hollywood. È un thriller puro, su una madre e
una figlia che scoprono alcune cose l’una dell’altra. Parte tutto
da questo”, precisa Chaganty.
In una recente intervista con
Esquire in occasione della promozione di
Senza rimorso,Michael B. Jordan ha parlato del suo debutto
dietro la macchina da presa per Creed 3,
spiegando i motivi per cui ritiene che il terzo capitolo della saga
spin-off di Rocky sia il film perfetto per iniziare una
carriera anche da regista.
Naturalmente, Jordan ha fatto
riferimento all’universo del film e a quanto la conoscenza
approfondita di quel mondo gli abbia conferito la sicurezza
necessaria per accettare di essere coinvolto anche dietro la
macchina da presa: “È l’unico personaggi oche tornerò a
interpretare per la terza volta”, ha spiegato. “È un mondo
che conosco veramente bene e so come vengono girati questi film.
Conosco il personaggio. Ho una visione chiara di dove voglio che la
storia vada.”
L’attore ha poi aggiunto: “È
come se quello che ho fatto fino ad oggi mi avesse portato ad
assumermi questa responsabilità. Ci vuole molta conoscenza, è
chiaro, ma una cosa molto importante sono stati anche i preziosi
consigli di tutte le persone con cui ho lavorato in questi anni…
Denzel Washington, Ryan Coogler, David O. Russell, Ben Affeck,
Stefano Sollima. Ho imparato da ogni di loro. Sono come una spugna,
ho imparato qualcosa da ogni progetto a cui ho preso parte. In
maniera graduale, tutto mi ha portato a questo momento.”
Il terzo episodio di Creed è
stato ufficializzato a febbraio del 2020. All’epoca venne soltanto
confermato che ad occuparsi della sceneggiatura sarebbe
stato Zach Baylin, noto per aver curato lo
script di King Richard, un biopic
incentrato sulla vita del padre delle campionesse di tennis Serena
e Venus Williams, che avrà come protagonista Will
Smith e che debutterà nelle sale e su HBO Max il prossimo
19 novembre. Alla sceneggiatura collaborerà
anche Keenan Coogler.
Il primo Creed, uscito
nel 2015 (e noto in Italia col titolo Creed
– Nato per combattere), è stato diretto
da Ryan
Coogler, regista diBlack
Panther, ed è stato un enorme successo sia di critica
che di pubblico. Il sequel, Creed
II, è uscito nelle sale nel 2018 ed è incassato 215
milioni di dollari a fronte di un budget di soli 50 milioni. Il
sequel è stato diretto da Steven Caple Jr.,
mentre Coogler è tornato in qualità di produttore esecutivo.
I Marvel Studios hanno condiviso un nuovo video
dedicato al dietro le quinte di The Falcon and the Winter Soldier, in cui Eric
Leven, il supervisore degli effetti visivi, parla di un momento
della serie Disney+ che ha sicuramente fatto
discutere i fan.
In Avengers:
Infinity War, T’Challa fornisce a Bucky un nuovo braccio,
ma nella serie ambientata nel CMU, Ayo, membro delle Dora Milaje, è
stata in grado di rimuoverlo con estrema facilità dall’ex assassino
dell’HYDRA. Molti fan sono rimasti scioccato dal fatto che sarebbe
stato incluso un sistema di sicurezza e si sono chiesti perché i
wakandiani non si fidassero del Lupo Bianco.
Nel video, Leven conferma che Hayo è
stata in grado di rimuovere il braccio con estrema facilità a causa
di un segreto di cui solo i creatori del braccio artificiale in
vibranio sono a conoscenza. “Considerato che era un braccio
realizzato a Wakanda, i wakandiani hanno deciso di metterlo in
sicurezza in modo che, se si fosse presentata la situazione, come
poi è accaduto, sarebbero stati in grado di premere un piccolo
codice nel braccio in modo che saltasse fuori”, ha spiegato
Leven. “C’è una sorta di pulsante magico vero la spalla, un
pulsante permette al braccio di staccarsi. Ayo sapeva
dov’era.”
Non possiamo fare a meno di
chiederci se c’è un simile sistema di sicurezza sia presente anche
nel nuovo costume di Capitan America sfoggiato da Sam Wilson, ma
considerato il passato di Bucky, non dovrebbe sorprendere che i
wakandiani abbiano agito con cautela trattandosi del Soldato
d’Inverno.
Tuttavia, Leven era abbastanza
preoccupato della resa della disattivazione del braccio sul grande
schermo: “Abbiamo optato per una luce molto, molto sottile
attorno alla sua spalla”, ha spiegato. “E poi una luce
ancora più sottile che viaggiava lungo il braccio. È davvero un
attimo.”
Di recente, Dave
Bautista ha rivelato che l’attesissimo Guardiani
della Galassia Vol. 3 potrebbe essere l’ultima
volta in cui lo vedremo nel ruolo di Drax il Distruttore.
Chiaramente, le dichiarazioni dell’ex wrestler hanno subito fatto
il giro del mondo, e ora è stato proprio il diretto interessato a
spiegare perché crede che sarà così.
Attraverso il suo profilo
Twitter, Bautista ha condiviso l’articolo di IGN che riportava
proprio il suo commento in merito al futuro nel franchise Marvel, specificando nella
didascalia che ha accompagnato il post che il personaggio non
morirà nel terzo capitolo della saga… semplicemente, è probabile
che se il franchise continuerà, ci sarà bisogno di un recasting.
“Drax non va da nessuna parte”, ha scritto l’attore.
“Semplicemente, non sarà più interpretato dal sottoscritto.
Quando uscirà GOTG Vol. 3 avrà 54 anni, santo cielo! Mi aspetto che
tutto cominci a vacillare da un momento all’altro.”
Tuttavia, il regista e sceneggiatore
James
Gunn sembra essere di tutt’altro avviso. Sempre via
Twitter, Gunn ha così replicato al pensiero di Bautista:
“Per me Drax non può esistere senza di te, amico! Sei il Drax
del MCU e, per quanto mi riguarda, non
potresti mai essere sostituito. Naturalmente, hai il diritto di
fare quello che vuoi in merito alle tue scelte
professionali.”
Gunn ha inoltre ribadito che,
nonostante consideri Guardiani
della Galassia Vol. 3 come la fine dell’arco
narrativo iniziato con il Vol. 1, non è inciso nella pietra che non
possa occuparsi anche della regia di un eventuale Vol. 4. Quando un
fan gli ha chiesto se sarebbe disposto a dirigere un nuovo film se
gli venisse data la possibilità, il regista ha risposto: “Mai
dire mai!”
Dopo la rivelazione che l’HYDRA si
era infiltrata segretamente nell’organizzazione, alla fine Sharon
ha deciso di cambiare lavoro, diventando un membro della CIA e
venendo coinvolta nel bombardamento delle Nazioni Uniti organizzato
da Zemo, evento durante il quale perse la vita T’Chaka, il Re di
Wakanda. L’ultima volta che abbiamo visto Sharon nel MCU, era stata bollata come nemica
dello stato all’indomani degli eventi di Captain
America: Civil War dopo aver rubato lo scudo di Cap e
le ali di Falcon.
Parlando del provino che le ha
permesso di entrare a far parte della grande famiglia Marvel,
Emily VanCampha ricordato che
all’audizione erano presenti anche i registi Anthony e Joe Russo e
Nate Moore dei Marvel Studios. L’attrice ha ricordato che era
molto nervosa quel giorno e che, alla fine, sono stati tutti
adorabili con lei.
“Tra i provini migliori della
mia carriera, quello che definirei un’esperienza davvero fantastica
è senza dubbio il provino che ho fatto anni e anni fa, con Chris
Evans, per il primo film di Captain America in cui avrei poi
recitato”, ha spiegato VanCamp. “Ricordo che ero molto
nervosa… continuavo a chiedermi perché fossi lì e tutte quelle cose
che ti passano per la testa in momenti del genere. C’erano anche i
fratelli Russo, e se non ricordo male anche Nate Moore per la
Marvel. C’era anche Chris,
ovviamente. Sono stati tutti davvero adorabili. Ho un ricordo
bellissimo di quel momento. Sono stati tutti veramente gentili e,
in qualche modo, hanno contribuito ad accrescere il mio desiderio
di ottenere la parte e di entrare a far parte del MCU.”
Il futuro di Emily VanCamp come Sharon Carter nel MCU
Di recente abbiamo ritrovato Sharon
Carter nella serie The Falcon and the Winter Soldier: dopo aver
rivelato di essere Power Broker, ha ricevuto finalmente la grazia
ed è stata reintegrata nella CIA, ottenendo l’accesso a armi
sperimentali e segreti governativi. In base a quanto visto nella
scena post-credits dell’episodio finale dello show, è chiaro che
ritroveremo ancora Sharon nel MCU e che il personaggio potrebbe
giocare un ruolo chiave nel futuro dell’universo condiviso.
Jeffrey Dean Morgan è apparso in Batman v Superman: Dawn of Justice nei panni
di Thomas Wayne, durante la sequenza di apertura del film. L’attore
aveva già lavorato con
Zack Snyder in Watchmen e molti pensavano che quel breve cameo nel
film con Ben Affleck avrebbe portato a cose più grandi per il
DCEU.
Nei fumetti, all’interno della
celebre miniserie “Flashpoint”, è Thomas Wayne (e non Bruce) a
diventare Batman dopo che Barry Allen torna indietro nel tempo per
evitare la morte di sua madre, creando al tempo stesso una linea
temporale alternativa. Proprio per questo, molti fan speravano che
Morgan avrebbe interpretare Batman nell’attesissimo The
Flash di Andy Muschietti, che sappiamo si
baserà – almeno in parte – proprio sul fumetto di Geoff Johns.
Ora, in una recente intervista con
CinePOP, Jeffrey Dean Morgan è tornato di nuovo a
parlare della possibilità di interpretare il Batman di “Flashpoint”
sul grande schermo, dichiarando: “In cima alla lista dei
personaggi che avrei voluto interpretare c’è sempre stato
Batman”, ha spiegato la star di The Walking
Dead. “È sempre stato il mio supereroe preferito e parlare di
‘Flashpoint’ in tutti questi mesi è stato molto divertente. Me lo
hanno chiesto veramente in tantissimi. Amo la storia di quel
fumetto. Chi lo sa? Nessuno lo può sapere con la DC e, soprattutto,
con questi franchise. Forse ci penseranno seriamente tra due o tre
anni, e allora sarei troppo vecchio. Quindi non credo si farà. Io
sono disponibile. Tutti lo sanno che sono disponibile. Lo dico da
cinque anni, ormai. Vedremo cosa accadrà…”
Sempre nel corso della medesima
intervista, Morgan ha espresso nuovamente il suo interesse nei
confronti di un altro celebre proprietà DC, ossia
Lobo, personaggio che la Warner Bros. sta cercando
di portare sul grande schermo ormai da diverso tempo: “Mi piace
molto anche Lobo”, ha aggiunto. “È un ruolo che voglio
interpretare da tanto tempo. Vedremo. Forse c’è qualcosa che
effettivamente bolle in pentola… se andrà tutto bene, allora sarò
il primo a parlarne. La verità è che amo il mondo dei fumetti e
spero di poter continuare ad occuparmene per ancora molto
tempo.”
Confermata anche la presenza
di Michael
Keaton e Ben
Affleck, che torneranno entrambi a vestire i panni di
Batman. Kiersey Clemons tornerà nei
panni di Irish West dopo essere apparsa in Zack
Snyder’s Justice League (il personaggio era stato
tagliato dalla versione theatrical). Nel cast ci saranno anche
l’attrice spagnola Maribel Verdú (Il
labirinto del fauno), che interpreterà Nora Allen (la
madre di Barry) e l’attrice statunitense Sasha
Calle(Febbre d’amore) che interpreterà
Supergirl.
Non ci sarà
invece Billy Crudup, che aveva interpretato
Henry Allen (il padre di Barry) in Justice
League: l’attore verrà sostituito nella parte
da Ron Livingston. Il film dovrebbe essere
ispirato alla serie a fumetti “Flashpoint” del 2011, scritta da
Geoff Johns e disegnata da Andy Kubert.
Negli ultimi mesi sono emerse le
indiscrezioni più disparate in merito alla post-produzione di
Justice
League affidata a Joss Whedon. Tutto è iniziato con
Ray Fisher, l’interprete di Cyborg, che tempo fa aveva
pubblicamente condannato l’atteggiamento assunto dal regista sul
set durante le riprese aggiuntive.
Diversi membri del cast avevano
supporto le dichiarazioni di Fisher, tra cui Jason
Momoa e Gal Gadot. E proprio in merito all’interprete
di Wonder Woman, lo scorso aprile era emersa la voce – all’epoca
non confermata dalla diretta interessata – che Whedon avrebbe
minacciato di rovinare la sua carriera. Ora, parlando con la
rivista
N12 (via
ComicBook), è stata propria Gadot a confermare quel rumor, e
cioè che il regista di The Avengers ha effettivamente minacciato di rovinarle
la carriera durante la lavorazione di Justice
League.
L’attrice non ha approfondito più di
tanto la vicenda, limitandosi a dichiarare: “Ha minacciato la
mia carriera e ha detto che se avessi fatto qualcosa, avrebbe reso
la mia carriera miserabile. E invece me ne sono occupata”.
Ricordiamo che dopo le accuse di Fisher, anche altri attori
estranei alla produzione di Justice
League sono usciti allo scoperto e hanno
pubblicamente denunciato gli atteggiamenti di Whedon, come ad
esempio numerosi membri del cast della celebre serie
tv Buffy
l’ammazzavampiri.
Zack
Snyder’s Justice Leagueè uscito in streaming il
18 marzo 2021 su HBO Max in America e, in contemporanea, su Sky
e TV in Italia. Il film ha una durata 242 minuti (quattro ore
circa) ed è diviso in sei capitoli e un epilogo.
Se c’è una cosa che il cinema ha
dimostrato più e più volte con forza durante la sua storia, è la
sua capacità di porre una lente d’ingrandimento su eventi
estremamente piccoli e intimi della vita umana, mostrando però
l’importanza e le conseguenze che anche questi possono avere su
un’intera esistenza. Su questa idea si basa anche il dramma
sentimentale del 2017 Chesil Beach,
diretto da Dominic Cooke, regista teatrale di gran
fama qui al suo debutto cinematografico. Molto attento ai
sentimenti, egli dà qui vita ad una storia che concentrandosi su un
fatto privato riesce a parlare di un contesto più ampio a livello
sociale e culturale.
Il film non è frutto di un soggetto
originale, ma è bensì l’adattamento cinematografico dell’omonimo
romanzo del 2007 di Ian McEwan, che per
l’occasione ha anche personalmente scritto la sceneggiatura.
Attraverso la storia di due giovani innamorati, McEwan con le
parole e Cooke con le immagini, hanno modo di raccontare le
sofferenze che le tradizioni e le convenzioni sociali impongono a
intere generazioni. Un’opera delicata, fortemente emotiva, che
travolge e coinvolge proprio per la sua capacità di parlare di
grandi questioni attraverso il minimo indispensabile. Dotato di un
cast di grandi attori e di luoghi suggestivi, il film è uno dei più
belli del suo anno.
Passato tuttavia in sordina,
Chesil Beach merita a distanza di qualche anno di essere
riscoperto, in particolare per il suo affrontare argomenti
risalenti a sessant’anni fa ma ancora oggi particolarmente attuali.
Molta della cultura, in particolar modo sessuale, vigente
oggigiorno deriva infatti proprio dal periodo affrontato nel film.
Prima di intraprendere una visione del film, però, sarà certamente
utile approfondire alcune delle principali curiosità relative a
questo. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile
ritrovare ulteriori dettagli relativi alla
trama e al cast di attori.
Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme
streaming contenenti il film nel proprio catalogo.
Chesil Beach: la trama del film
Il film si apre nell’Inghilterra del
1962. Florence Ponting ed Edward
Mayhew sono due giovani innamorati, incontratisi per la
prima volta dopo essersi diplomati nelle rispettive università. Lui
è un grande appassionato di storia e di rock ‘n roll, lei invece è
una violinista classica particolarmente dotata. La passione che li
travolge è un affare nuovo per loro, che in breve li porta a
decidere di sposarsi. Dopo aver seguito le tappe canoniche di
questo percorso, dal corteggiamento alla presentazione ai reciproci
genitori, i due giovani sono dunque pronti per il grande giorno,
quello che automaticamente credono li introdurrà ad una nuova e
florida fase della loro vita.
Durante la luna di miele a Chesil
Beach, però, si trovano a scontrarsi con una serie di dubbi e
timori rimasti taciuti sino a quel momento. Entrambi vergini, si
ritrovano a dar vita ad un primo approccio sessuale che non va però
secondo i piani. Tale evento sarà però solo l’inizio di una serie
di confessioni che porteranno alla luce le profonde differenze che
li dividono. La loro diversa risposta a quel fallimento, inoltre,
dara vita a conseguenze che si ripresenteranno ciclicamente nel
corso della loro esistenza, costringendoli a comprendere il peso
delle decisioni e dei rimpianti.
Chesil Beach: il cast del film
Come anticipato, il film vanta un
casti di attori particolarmente noto e apprezzato a livello
internazionale, tra cui si ritrova anche la pluricandidata
all’Oscar SaoirseRonan. Recentemente vista in Lady
Bird e Piccole donne, l’attrice aveva già lavorato in
un film tratto da un romanzo di McEwan, Espiazione, ed
aveva espresso il desiderio di interpretare Florence Ponting già
intorno al 2010. Lo stesso scrittore affermò che considerava
l’attrice la scelta più giusta per esprimere la delicatezza del
personaggio. All’epoca però la Ronan era ancora troppo giovane e al
suo posto era stata considerata l’attrice CareyMulligan. Quando la produzione del film si
bloccò e passarono anni, la Ronan era ormai dell’età giusta per il
ruolo, che finì con l’ottenere.
Accanto a lei, nei panni di Edward
Mayhew vi è l’attore Billy Howle, qui al suo primo
ruolo da protagonista e poi di nuovo visto in Il gabbiano,
dove recita ancora una volta insieme alla Ronan. Ad interpretare i
genitori di Florence, Geoffrey e Violet Ponting, vi sono invece gli
attori Samuel West ed Emily
Watson, recentemente vista nella miniserie
Chernobyl. I genitori di Edward, Marjorie e Lionel Mayhew,
sono invece interpretati da Anne-Marie Duff e
Adrian Scarborough. Tra gli altri attori si
ritrovano poi Anna Burgess e Mia
Burgess nei panni delle sorelle di Edward, Anne ed
Harriet. Anton Lesser, principalmente noto per il
ruolo di Qyburn nella serie Il Trono di Spade è invece il
reverendo Woollett.
Chesil Beach: il trailer e dove
vedere il trailer in streaming e in TV
È possibile fruire del film grazie
alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme
streaming presenti oggi in rete. Chesil
Beach è infatti disponibile nei cataloghi di
Chili, Google Play e Rai Play. Per vederlo, una
volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il
singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così
modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità
video. È bene notare che in caso di noleggio si avrà soltanto un
dato limite temporale entro cui guardare il titolo. Il film è
inoltre presente, in prima visione, nel
palinsesto televisivo di sabato 8 maggio alle
ore 21:20 sul canale Rai
Movie.
“Le sorprese come le sfortune,
raramente, vengono da sole” scriveva Charles Dickens tra le pagine
di uno dei romanzi diventati mostro sacro della letteratura
mondiale. Non sapeva che il suo Oliver Twist, però, sorprendente
per l’epoca in cui è stato pubblicato (1838), avrebbe appassionato
il pubblico per quasi due secoli tanto da convincere un regista
inglese a sorprendere il grande pubblico con la rivisitazione in
chiave moderna di quel personaggio leggendario. Lunedì 10 maggio
alle 21.15 su Sky Cinema Uno – in streaming su
NOW e disponibile on demand – arriva in prima
visione assoluta Twist, il film di Martin Owen con
Rafferty Law (Repo Man), figlio del pluripremiato attore Jude Law, nei panni di un giovane Oliver 2.0 e
il due volte premio Oscar, Michael Caine (Il Cavaliere oscuro) interprete
del meschino Fagin, il capo di una gang di giovani borseggiatori di
Londra. Nel cast, tutto britannico, anche la cantante e attrice
Rita Ora (50 Sfumature di Grigio) nel ruolo di
Dodge e Lena Headey (Il Trono di Spade) che interpreta
il personaggio di Sikes.
Twist, la trama
Oliver Twist (Rafferty Law) è uno
street-artist che vive per le strade della Londra di oggi. Un
giorno incontra per caso una banda di truffatori guidati dalla
carismatica Dodge (Rita Ora) e si ritrova improvvisamente coinvolto
in una rapina in cui la posta in gioco è molto alta: rubare un
dipinto di inestimabile valore su commissione del ladro Maestro,
Fagin (Michael Caine), e della sua folle socia in affari, Sikes
(Lena Headey).
Uno dei temi centrali che affronta
il libro di Dickens e dal quale TWIST non può prescindere è quello
della famiglia e della ricerca disperata del protagonista di quel
nido sicuro protetto dall’amore. A tal proposito Rafferty Law
afferma “Oliver Twist è un’anima pura, insegue l’amore. Ha bisogno
di quell’unità familiare e Fagin, vedendo in lui quella
vulnerabilità, lo attira con una falsa promessa. Loro sono la
famiglia che ha sempre voluto”.
Per la scelta del cast principale
il produttore e attore Jason Maza e il regista Martin Owen non
hanno avuto dubbi: “C’era molta attesa e pressione su Rafferty Law
alla sua prima prova come protagonista, ma ha vissuto e respirato
questo ruolo così tanto che abbiamo tutti avuto grande fiducia in
lui. Ha mantenuto la stessa disciplina e la stessa consapevolezza
del suo personaggio durante tutte le riprese” ricorda Owen;
“Volevamo portare sul grande schermo un classico della letteratura,
quindi avevamo bisogno di un attore a bordo che rispettasse quelle
caratteristiche come Michael Caine. È probabilmente l’attore
inglese più iconico che ci sia. Ha fatto brillare il film e il cast
di giovani attorno a lui è cresciuto ogni giorno standogli accanto”
afferma Maza.
Il cast è impreziosito anche dalle
interpretazioni di Franz Drameh (Legends of Tomorrow) nel ruolo di
Batesy, Sophie Simnett (Daybreak) nei panni di Red, oltre a David
Walliams (After Ever After) and Noel Clarke (Bulletproof).
TWIST – Lunedì 10
maggio in prima visione alle 21.15 su Sky Cinema Uno, in streaming
su NOW e disponibile on demand
In scia con una serie di prodotti
di alto livello e di appeal internazionale, Sky ha proposto, a
partire da aprile anche in streaming su NOW la sua nuova
serie original ideata e diretta da Niccolò Ammaniti (che ha anche
sceneggiato insieme a Francesca Manieri), Anna,
una storia d’avventura, di crescita e di ricerca di
autodeterminazione e futuro in un mondo distopico. Di seguito
scoprirete tutte le cose che bisogna sapere per approcciarsi alla
serie disponibile su NOW e on demand su
Sky.
Basato sull’omonimo romanzo del
2015 AnnaSky Original è
ispirato al romanzo omonimo dello stesso Ammaniti. Uscito nel 2015
per Einaudi, è ambientata in una Sicilia post
apocalittica, che è stata distrutta da un virus che ha
risparmiato solo i bambini, immuni fino alla pubertà, e ha ucciso
tutti gli adulti.
La serie esce in un momento storico
in cui potrebbe sembrare che l’arte imiti la vita, ma naturalmente
non è così e la storia della serie è stata concepita pensando al
genere fantasy, dal momento che Ammaniti voleva approfondire una
realtà in cui i bambini venivano lasciati completamente da soli.
Inoltre, la serie, pur rispettando lo spirito del romanzo, estende
e amplia i personaggi del libro, regalando un passato e un futuro a
quelli che in origine erano marginali. Anna, la serie, è quindi una
specie di universo espanso del romanzo.
A questo punto è lecito chiedersi
che senso abbia dedicare il proprio tempo ad un racconto
post-apocalittico in cui un virus letale ha ucciso tutti gli
adulti. Sembra, di primo acchito, una storia troppo simile a ciò
che stiamo vivendo! Invece è importante specificare che Anna non
parla di pandemia, ma che la pandemia è solo un “pretesto”
narrativo per eliminare dal quadro gli adulti. Anna è infatti la
storia di una ragazzina coraggiosa che, di fronte ad un destino
segnato, osa sognare un futuro diverso.
La Rossa, questo virus letale, è
infatti centrale solo nell’antefatto, che ci viene spiegato nella
prima parte della serie, e poi cede il passo all’avventura vera e
propria. Quello che in Anna causa la fine della “vita di prima” è
una malattia che si manifesta con piccole macchie rosse sulla
pelle, che rimane silente nei piccoli e si manifesta solo al
raggiungimento dell’età prepuberale. Un espediente narrativo che
serve la volontà dell’autore.
La trama di Anna
La storia è ambientata in Sicilia.
A quattro anni dall’inizio di una epidemia di La Rossa, tutti gli
adulti sono morti, e i bambini resistono, come possono, in piccoli
gruppi, o branchi. Anna e il suo fratellino Astor vivono invece da
soli, isolati, nel bosco, nel Podere del Gelso. Anna esce tutti i
giorni di casa per andare a caccia di cibo, racconta storie di
fantasia al fratellino, storie di mostri e di cattivi, per
costringerlo a non uscire dai confini del podere, dal momento che è
ancora indifeso. Quando però un giorno torna dalla sua caccia e non
trova Astor, Anna si mette alla sua ricerca. Sul suo cammino
incontro i Blu, una piccola comunità comandata dalla perfida
Angelica, che tiene prigioniera la Picciridduna, l’unico adulto
sopravvissuto a La Rossa e che si pensa sia in grado di
sconfiggerla. Ma Anna trova pure un’altra strada, lungo il suo
cammino, la strada verso il futuro e la salvezza, che si trova
oltre lo stretto di Messina.
Il Libro delle cose
importanti
Uno degli elementi più emozionanti
di Anna è quello che viene chiamato Il Libro delle cose importanti.
Si tratta di un quaderno che la madre di Anna, prima di morire per
colpa del virus, scrive e compila. La donna sa che sta per morire e
tenta di lasciare ai figli, in particolare alla maggiore, delle
istruzioni per vivere in un mondo senza adulti. Si tratta di
indicazioni e consigli di ogni tipo, da come bollire il cibo per
mangiarlo, al controllare le scadenze sulle scatole, ma la mamma di
Anna affida alla figlia anche il ricordo, la memoria, il passato,
si raccomanda di insegnare al fratellino a leggere, racconta
storie.
È a tutti gli effetti un vademecum
per sopravvivere in un mondo nuovo e selvaggio, ma anche una
lettera d’amore da parte di una madre ai propri figli, un modo per
lasciare a loro una memoria di sé e dargli una possibilità in più
di sopravvivere quando lei non potrà più sostenerli e proteggerli.
Un modo per preservare il ricordo.
Il giovane cast
Anna è una fiaba oscura, ma anche
un racconto di formazione che ha per protagonisti bambini e
adolescenti. Ad interpretare questi piccoli protagonisti ci sono un
manipolo di attori esordienti, volti bellissimi scelti tra
tantissimi contendenti. C’è il piccolo Alessandro
Pecorella, che interpreta Astor, molto giovane ma già
molto professionale e preparato, stando a quanto ha dichiarato
Ammaniti, oppure Giulia Dragotto, che si è calata
nei panni di Anna alla sua prima prova da attrice
e ne ha restituito un ritratto intenso e realistico. I due mostrano
una buona alchimia e da subito i loro Anna e Astor entrano nel
cuore dello spettatore.
Con loro ci sono Giovanni
Mavilla che interpreta Pietro, il compagno di viaggio
di Anna, che si innamorerà di lei in una maniera molto dolce e
infantile e che diventerà più che un amico, un vero e proprio
membro della famiglia. Clara Tramontano invece è
la giovane e carismatica attrice che interpreta Angelica,
l’avversaria di Anna, per così dire, la perfida ragazza dalla pelle
bianca che darà del filo da torcere alla nostra eroina.
Le uniche due adulte del cast
principale sono due figure capitali nell’economia del racconto. Da
una parte c’è Elena Lietti, che interpreta la
mamma di Anna e Astor, Maria Grazia, e dall’altra Roberta
Mattei, la misteriosa Picciridduna. La prima è una figura
fondamentale per Anna, è colei che pure da morta le indica la via,
che fa sentire sempre la sua presenza e che impariamo a conoscere
nei flashback, la seconda è una figura tanto misteriosa quanto
simbolica e rappresenta una forma di speranza per Anna e i bambini
che non si arrendono.
La Sicilia come non l’abbiamo mai
vista
Vero e proprio personaggio della
serie è la Sicilia. In apertura di serie, vediamo l’isola lavica
nera sorgere dal mare blu, con la sue coste verdi, l’Etna, Porto
Empedocle e Messina, ma quello è il passato, il nostro presente.
Man mano che ci avventuriamo nel futuro distopico della storia, la
Sicilia diventa un non-luogo selvaggio, decadente, senza
speranza.
“Abbiamo trasformato vecchie
ville nobiliari in discariche, orfanotrofi abbandonati in campi di
battaglia tra bande di bambini dipinti di blu. Le strade sono state
ricoperte di terra. È stato un lavoro fisico, fatto di errori e
correzioni, affidato per lo più alle braccia degli scenografi. Gli
effetti digitali sono stati usati con parsimonia. Anche la
fotografia che abbiamo scelto doveva vivere di polvere che brilla
nel controluce, né troppo cupa né troppo luminosa” ha
dichiarato Ammaniti, raccontando il lavoro svolto per ottenere
quella scenografia inedita. E tutto il lavoro eccellente svolto
dalla produzione (la serie è prodotta da Wildside, società del
gruppo Fremantle, in coproduzione con ARTE France, The New Life
Company e Kwaï) si può ammirare su NOW.
The Serpent è una
miniserie crime action Netflix
divisa in 8 episodi che affronta la storia del pluriomicida
francese di origini indo-vietnamite, Charles
Sobhraj (Tahar Rahim), che uccise almeno
una dozzina di persone nel territorio che veniva chiamato il
sentiero degli hippie, nel Sud-Est Asiatico, tra Thailandia, India
e Nepal, a metà degli anni ’70. Soprannominato anche “il serpente”
per la straordinaria capacità di raggirare le sue vittime e di
sfuggire ai controlli e alle autorità e Bikini killer perché molte
delle sue vittime sono state rinvenute in succinti costumi da
bagno.
The serpent: una struttura
narrativa poco chiara ed efficace
La serie sminuisce continuamente il
suo potenziale, messo a repentaglio soprattutto da decisioni
strutturali piuttosto deboli e un’introspezione psicologica
superficiale dei personaggi. Dalla visione della serie emerge come
manchi un progetto narrativo coeso e supportato da una struttura e
ritmo avvincenti: nel corso degli episodi, infatti, il racconto non
segue un ordine cronologico degli eventi, bensì confonde e
distanzia lo spettatore dalla storia. Nonostante le splendide
location e alcune intuizioni interessanti nei riguardi dei
personaggi, la storia non riesce a raggiungere un vero e proprio
punto di svolta e lascia lo spettatore a fine visione con la
sensazione di non conoscere nulla di così approfondito sul soggetto
di partenza.
Se consideriamo Sobhraj il topo,
Herman Knippenberg (Billy Howle)
rappresenta il gatto: egli è identificato in The
Serpent come la forza trainante che vuole catturare il
serial killer (con l’aiuto della moglie Angela,
interpretata da Ellie Bamber, e un uomo chiamato
Paul Siemons, interpretato da Tim
McInnerny). Knippenberg era un diplomatico olandese
coinvolto nelle indagini sulla scomparsa di due dei suoi
connazionali, Henk Bintanja e Cornelia
Hemker. I primi episodi di The Serpent
mettono a fuoco il tono della serie: la serie ruota attorno a un
freddo calcolatore sociopatico e alla controparte che ricerca la
giustizia ed è costretto a scalare montagne di burocrazia e
diplomazia internazionale solo per fermarlo. Rahim è il killer
freddo e Howle è l’appassionato protettore. Tuttavia, la serie non
si configura come un racconto giallo o poliziesco: c’è poco mistero
coinvolto, e la sceneggiatura sembra volutamente disinteressata ad
indagare a fondo i disturbi di del killer.
La struttura temporale della serie
è pervasa da allarmante incoerenza: le vicende rimbalzano nel tempo
in modo tale che è difficile stabilire un nucleo tematico e
drammatico di un determinato episodio. Il livello di tensione non
riesce a crescere proprio a causa della mancanza di coesione
narrativa, resa visivamente tramite un montaggio altamente
fuorviante.
Le domande che si hanno all’inizio
di The Serpent rimangono dopo otto episodi, il che
andrebbe bene se la mancanza di intuizione dello serie tv fosse
sostituita dalla tensione del thriller o da una scrittura che
lascia il segno. La struttura narrativa scomposta priva la
serie di qualsiasi tipo di sviluppo dei caratteri dei personaggi e
impedisce che le fiorenti capacità investigative di Herman siano
attraversate da qualsiasi progressione di suspense.
The Serpent: poca introspezione di
personaggi potenzialmente interessanti
E’ difficile dalla serie dare
un’interpretazione del personaggio di Sobhraj, che rimane in bilico
tra omicida astuto, genio calcolatore e opportunista e l’attore
Rahim risulta purtroppo poco convincente nel catturare il carisma
del personaggio. Verso la fine della stagione, parte del passato di
Sobhraj in Francia viene a galla, ma è ormai troppo tardi per lo
spettatore per poter interessarsi alla sua backstory. È
particolarmente frustrante che a Rahim sia sia finalmente permesso
di interpretare un diverso tipo di minaccia negli ultimi due
episodi, quando avrebbe dovuto essere cosi anche nelle precedenti
sei ore.
Charles Sobhraj uccideva per
mantenere uno stile di vita e al contempo punire chi pensava fosse
al di sotto del suo livello. Con l’aiuto della sua assistente e
fidanzata Andrée Leclerc (Jenna Coleman) e il suo alleato (Amesh
Edireweera), Sobhraj riusciva a guadagnarsi la fiducia di chi
sarebbe potuto scomparire senza destare troppo rumore – viaggiatori
del Sud-Est asiatico appunto. Riusciva ad irretirli facendogli
credere che fosse un loro alleato, prima di rubare i loro averi e
identità, appropriandosi del loro passaporto per poter raggiungere
la loro prossima destinazione.
Un problema è la cronologia
scomposta, che divide i crimini di Sobhraj e lo sforzo per
fermarlo. Lo scarto tra crimine e punizione – con frequenti
note sullo schermo che ci dicono quanti mesi o anni sono trascorsi
– fanno apparire la serie molto più lunga di otto ore e ne
diminuiscono il volume narrativo. I suoi crimini iniziano a
sembrare stereotipati e la noia metodica di Sobhraj diventa la
nostra, indebolendo la serie del crescendo tensivo che ne dovrebbe
caratterizzare il genere di appartenenza. I registi Tom
Shankland e Hans Herbots hanno evocato l’atmosfera
solo per lasciarla scivolare via. La tendenza di The
Serpent a “strisciare” da un punto all’altro senza
stabilizzarsi con equilibrio denota le debolezze di una serie che
non è sicura delle potenzialità del proprio soggetto di
partenza.
Dopo che è stato stabilito che è
guidato da un complesso di inferiorità che deriva dall’essere di
razza mista (indiana e vietnamita), le profondità psicologiche di
Sobhraj non vengono mai scandagliate e la performance di Rahim è
esasperatamente enigmatica – a volte effettivamente convincente,
altre completamente privo del carisma magnetico a cui gli altri
personaggi continuano a fare riferimento e dell’umorismo
sociopatico a cui la sceneggiatura accenna.
Jenna Coleman offre una performance
convincente nei panni della sua fidanzata, trascinata nell’orbita
di Sobharaj, incantata dalla sua aria di fiducia e ricchezza ma che
si interrogherà più volte nel corso degli episodi sulla sua – di
conseguenza, loro – amoralità.
Contro cosa agivano Sobhraj e
Leclerc? Nel restituirci la storia di un criminale la cui feroce
immaginazione manca di una chiara origine, la serie deve affrontare
una sfida simile a quella di un’altra fortunata miniserie,
“The
assassination of Gianni Versace” (2018) di Ryan
Murphy. Scavando a fondo, riusciamo a intuire in maniera
cristallina il disgusto di Sobhraj per lo stile di vita hippie e il
suo tentativo di esprimere -e tentare disperatamente di
legittimare-un giudizio estetico ed etico attraverso la morte.
Sembra anche disprezzare la borghesia, di questo ne otteniamo
scorci più sostanziali man mano che la serie avanza e scoprendo gli
eventi familiari che potrebbero averne alimentato le prime fasi di
rabbia e disturbi psichici: a un certo appunto arriva addirittura
ad affermare, dinanzi a un membro della famiglia:”Sono più
intelligente di Cristo”. Il suo nichilismo costituisce un caso di
studio piuttosto intrigante, benché non approfondito a dovere, e un
interessante contrappunto ai benefattori che cercano di
fermarlo (compresi i suoi vicini, interpretati da
Mathilde Warnier e Grégoire
Isvarine, e una coppia di diplomatici marito e moglie,
interpretati da Billy Howle e Ellie
Bamber).
The Serpent sembra
quindi chiaramente esimersi da introspezioni psicologiche e
approfondimenti, non riuscendo ad attirare appieno l’attenzione
dello spettatore. Quando diventa evidente che le domande
fondamentali sul temperamento e sul modus operandi di Sobhraj sono
oltre la portata di questa serie, i salti temporali iniziano ad
apparirci più una distrazione che una vera e propria struttura
narrativa e filmica. In sostanza, né l’individuo in particolare che
il tempo e lo spazio nel quale agisce sono stati esplorati in modo
convincente oltre la rappresentazione.
Molto più coinvolgente è lo
scenario con fondali pittoreschi e costumi che lasciano il segno.
The Serpent costituisce innegabilmente uno
spettacolo d’evasione tutto sommato, adatto per chi vuole passare
una serata davanti a Netflix
senza troppe pretese.
Mentre prosegue la produzione
dell’attesissimo The Batman di Matt
Revees, è stata diffusa una breve featurette del film che
si focalizza sul personaggio di Selina Kyle, interpretato da
Zoe Kravitz.
Tim Burton ci
mostrò all’epoca una Selina che diventa Catwoman, mentre
Christopher Nolan ha optato per una
rappresentazione più realistica del personaggio, una sclatra ladra
già consapevole delle sue potenzialità e con un’identità
definita.
Quello di Zoe
Kravitz sarà invece un personaggio diverso, più giovane e
ancora in via di definizione. Non saremo messi di fronte a
Catwoman, ma ad una donna, Selina, che ha scelto la sua strada ed è
all’inizio del suo mito. Ecco il video:
“The
Batman esplorerà un caso di detective“, scrivono
le fonti. “Quando alcune persone iniziano a morire in modi
strani, Batman dovrà scendere nelle profondità di Gotham per
trovare indizi e risolvere il mistero di una cospirazione connessa
alla storia e ai criminali di Gotham City. Nel film, tutta la
Batman Rogues Gallery sarà disponibile e attiva, molto simile a
quella originale fumetti e dei film animati. Il film presenterà più
villain, poiché sono tutti sospettati“.
WandaVision
è stata la prima serie Disney+ ambientata nel MCU. Al di là della storia
indubbiamente profonda e dei misteri avvincenti che hanno
caratterizzato ogni episodio (senza contare, naturalmente, le
incredibili performance del cast), uno degli aspetti più curiosi e
intriganti della serie è stato l’impiego degli effetti visivi. Uno
dei team esperto in VFX che ha lavorato allo show, Monsters Aliens
Robots Zombies (MARZ), ha condiviso alcuni dettagli in merito alla
realizzazione della serie. Screen
Rant ha raccolto i 10 trucchi più curiosi impiegati per dare
vita allo show:
Creare la testa di Visione in bianco e nero
Sorprendentemente, i primi
episodi in bianco e nero di WandaVision sono
stati effettivamente girati a colori e trasformati in bianco e nero
durante la post-produzione. Durante le riprese, l’attore Paul
Bettany era truccato di blu, con dei piccoli puntini bianchi,
chiamati indicatori di tracciamento, attaccati al suo viso. Ciò è
stato menzionato nella docuserie Assembled disponibile su
Disney+.
Dopo
le riprese, il girato è stato inviato a MARZ, dove il reparto di
monitoraggio ha archiviato tutti i movimenti della telecamera e
della testa di Bettany. Da lì, MARZ ha aggiunto una testa in CGI di
Visione sopra quella di Bettany, che è stata in grado di abbinare i
suoi movimenti alla perfezione proprio grazie ai marcatori di
tracciamento. Quindi, per quanto sorprendente possa sembrare, molte
scene con Visione presentavano una testa in CGI.
Le sopracciglia di Visione
Come tutti i fan sapranno, la Marvel esiste da molto tempo.
Tecnicamente, la società è stata costituita all’inizio degli anni
’60, ma le sue radici in realtà risalgono al 1939. Ciò significa
che molti personaggi introdotti nel corso degli anni hanno un
aspetto molto diverso nei moderni film Marvelispetto ai fumetti
originali di mezzo secolo fa.
Marvel e MARZ volevano onorare
questa tradizione modificando lentamente Visione a mano a mano che
la serie andava avanti. Nei primi episodi, Visione ha occhi e
sopracciglia dall’aspetto molto umano. Tuttavia, col passare degli
episodi, il suo aspetto è stato alterato digitalmente per far
sembrare più robotico e più simile a Age of Ultron. La
tattica includeva la rimozione digitale delle sopracciglia dopo i
primi tre episodi, facendo così sembrare i suoi occhi più
robotici.
Gli oggetti che fluttuano intorno a Wanda
Quando Wanda cerca di preparare la cena nel primo episodio, ne
deriva il caos. I fan dello show ricorderanno la celebre scena
della cucina, in cui ingredienti e utensili fluttuano per la
stanza. Effettivamente, questo stunt è stato eseguito facendo
penzolare molti degli oggetti grazie a dei veri fili, per rendere
omaggio a come l’effetto sarebbe stato eseguito durante la
realizzazione delle sit-com dell’epoca.
Non
solo il team degli effetti visivi è subentrato e ha rimosso
digitalmente i cavi, ma è stato anche incaricato di aggiungere
ulteriori oggetti fluttuanti e farli sembrare identici agli oggetti
fisici che penzolano grazie ai cavi. Gli effetti pratici sono stati
utilizzati poiché ciò era necessario nelle sit-com di
quell’era.
Diversi backdrops in tutta la serie
Molte sitcom utilizzano backdrops, ossia immagini
giganti progettate per assomigliare a qualcosa e usate come sfondo
di una serie (nella tv moderna, un esempio in tale senso sono le
visuali dalle finestre in The Big Bang Theory). Dal
momento che WandaVision rendeva
omaggio alla storia della tv, era naturale che anche la serie
Marvel usasse i backdrops in
vecchio stile.
Uno
dei tanti esempi è presente durante l’episodio a tema anni ’70. Lo
sfondo che si vede dietro la casa di Wanda e Visione non è affatto
un backdrop: è tutta CGI. Il team degli effetti ha usato il
rotoscopio per tutti i fotogrammi, aggiungendolo nell’immagine CGI
dietro tutti i personaggi e gli oggetti di scena.
Il morphing di Visione, da umano a androide
Rappresentare Visione che
cambia da umano ad androide non è stato un compito facile. È stata
necessaria, infatti, la sinergia tra varie componenti. Sono state
necessarie due riprese: una di Paul Bettany che esegue i movimenti
senza trucco e un’altra dell’attore che ripete gli stessi movimenti
mentre è truccato. Il team degli effetti visivi ha dovuto fondere
le inquadrature e utilizzare un effetto CGI per creare la
spettacolarità del morphing di Visione.
Durante lo show, l’effetto di
morphing è cambiato. Nei primi episodi, la trasformazione di
Visione è stata mostrata usando un effetto brillante, chiaro
riferimento alla serie Vita da strega. Negli episodi
successivi, invece, si è passati all’effetto raggio di luce,
ispirato da Tron.
La Gemma della Mente nella fronte di Visione
Sorprendentemente, la Gemma
della Mente non è mai stata un oggetto di scena. È sempre stata
aggiunta con la CGI, anche nei film. Il problema con WandaVision era
che le specifiche preimpostate per la Gemma non si traducevano bene
con il bianco e nero.
Sembrava quindi opaca, piatta e perdeva gran parte della sua
lucentezza. Per risolvere questo problema, il team degli effetti
visivi è dovuto intervenire per aggiungere digitalmente la
definizione, aumentare la quantità di luce riflessa e aggiungere
nuovamente la lucentezza persa nel processo in bianco e nero. Anche
questo passaggio viene discusso nella docuserie
Assembled.
Super velocità
Gli effetti della super
velocità nello show erano in realtà più intricati di quanto molti
spettatori potrebbero pensare. Poiché un personaggio si muove
velocemente, ma tutto il resto intorno a lui no, la soluzione non
era così semplice come riprodurre la scena in avanti. Prendiamo la
scena di Visione che monta l’altalena, ad esempio: la scena è stata
girata ad alta velocità, il che significa che aveva un frame rate
elevato. Le riprese ad alta velocità producono davvero l’effetto
slow motion.
Ciò
ha permesso al team degli effetti visivi di intervenire ed isolare
ogni fotogramma che volevano mantenere. Per mantenere tutto fermo
intorno a Visione, il team è intervenuto e ha fatto molto lavoro di
rotoscoping ma anche di tinteggiatura, il che significa che
dovevano intervenire manualmente e isolare ogni elemento che
volevano mantenere o eliminare da una scena. Questo si è rivelato
uno degli effetti visivi più difficili e intensi da realizzare
dell’intera serie.
Il mantello di Visione
Un altro fatto
sorprendente, che molti spettatori potrebbero non sapere, è che
Paul Bettany non ha mai indossato un mantello durante le riprese: è
sempre CGI! E gli spettatori più attenti avranno certamente notato
che anche nei film il mantello di Visione ha una lunghezza diversa
a seconda della scena. Il team degli effetti visivi è dovuto
intervenire sul “peso” del mantello, ovvero quanto una brezza può
interagire con esso e quanto movimento avrà quando Visione cammina
e/o vola.
Uno dei trucchi del team degli
effetti visivi è stato quello di far interagire il mantello in modo
diverso a seconda della scena. Se la scena non era molto drammatica
o potente, il mantello non avrebbe avuto molto movimento. Al
contrario, in una scena che avrebbe richiesto il coinvolgimento
emotivo del pubblico, allora il mantello avrebbe avuto molto più
movimento, quasi come una bandiera che ondeggia al vento.
Westview dall’alto
Le vedute aeree di Westview
nello show non sono state create pilotando un drone o attraverso un
elicottero. Anche in questo caso, era tutto interamente CGI. La
Marvel aveva realizzato un layout
approssimativo della mappa della città che non includeva alcuna
specifica su come dovevano apparire gli edifici e le case. Spettava
quindi al team degli effetti visivi costruirlo interamente da
zero.
Nella scena in cui Visione vola sopra la città nella notte di
Halloween e trova Agnes immobile nella sua auto, Paul Bettany è
stato semplicemente filmato davanti al green screen e la città
“digitale” alle sue spalle è stata aggiunta in
post-produzione.
L’atterraggio vicino all’auto di Agnes
Quando Visione atterra
accanto all’auto di Agnes, si tratta di una scena realizzata
completamente in CGI. La scena era stata girata in origine da una
controfigura, che però atterrava in maniera troppo “dura”.
La Marvel ha ritenuto che questo non
fosse consono per il personaggio di Visione, che era molto elegante
in tutto ciò che faceva. Per risolvere il problema, il team degli
effetti visivi è stato incaricato di utilizzare la controfigura
come riferimento, ma di creare Visione da zero utilizzando la
CGI.
Vin Diesel, star del franchise di Fast and Furious, ha anticipato la possibilità
che Eva Mendes ritorni nella celebre saga.
L’attrice statunitense di origine cubana ha fatto il suo debutto
all’interno del franchise nel 2003, in 2 Fast 2 Furious,
dove ha interpretato l’agente sotto copertura Monica Fuentes.
Dopo essere stata assente nei
successivi tre sequel, il personaggio di Monica ha fatto ritorno in
un breve cameo nella scena dopo i titoli di coda di Fast & Furious 5 del 2011, in cui consegna ad Hobbs
(Dwayne
Johnson) un fascicolo riguardante un furto d’auto
avvenuto a Berlino in contemporanea ai fatti di Rio; alla fine la
stessa Monica domanda ad Hobbs se crede nei fantasmi, facendo
intuire che Letty, la moglie di Dom ritenuta morta nel quarto film,
in realtà è ancora viva.
Ora, in una recente intervista con
Entertament Weekly in occasione dei 20 anni di Fast and Furious, Vin Diesel ha parlato proprio del personaggio
interpretato da Eva Mendes e sulla possibilità che
Monica Fuentes ritorno prima della conclusione definitiva della
saga. Senza confermare nulla, Diesel ha lasciato intendere che
forse qualcosa potrebbe accadere nel decimo film della saga.
“Stiamo solo aspettando di
girare Fast and Furious 10″, ha spiegato
Vin Diesel. “Diciamo che ormai è chiaro a
tutti che non possiamo raccontare tutto quello che vorremmo in un
solo film, quindi non vi resta che aspettare per vedere cosa
accadrà.”
Fast and Furious 9 nelle sale italiane quest’estate
In attesa di nuovi eventuali
dettagli, ricordiamo che Fast
and Furioius 9, il nono capitolo della saga, arriverà
nelle sale italiane quest’estate, mentre il decimo capitolo è già
in pre-produzione. Secondo quanto riferito, il capitolo numero 10
della saga – che sarà diviso in due parti – concluderà
definitivamente la serie principale, a seguito degli eventi che
vedremo nel capitolo 9.
Dave Bautista avrebbe potuto riunirsi con
James Gunn nell’attesissimo The Suicide
Squad, ma alla fine ha scelto di recitare in Army of the Dead di Zack Snyder. Il regista di
Guardiani della Galassia aveva offerto un ruolo
all’interprete di Drax il Distruttore nel suo sequel/reboot
dedicato ai personaggi DC, anche se ad oggi non sappiamo per quale
parte era stato pensato l’ex wrestler.
Ora, in una recente intervista con
Digital Spy, è stato proprio Bautista a parlare della sua
decisione, spiegando i motivi per cui ha scelto di non apparire in
The
Suicide Squad. L’attore ha rivelato di aver sempre
voluto lavorare sia con Netflix sia con Snyder, descrivendo
Army of the Dead come la tipica
situazione in cui avrebbe potuto cogliere “due piccioni con una
fava”.
L’attore ha anche spiegato che,
nonostante gli sarebbe piaciuto tornare a lavorare con Gunn su un
progetto totalmente differente, alla fine
Army of the Dead si è rivelata la scelta migliore sia
in relazione al ruolo (Bautista è il protagonista del film) sia in
termini di compenso economico. “Sono riuscito finalmente a
costruire una relazione con Netflix, ho ottenuto un ruolo da
protagonista in un grande film e sono stato pagato molto di
più”, ha spiegato l’attore statunitense.
“Ho dovuto chiamare James e
dirgli: ‘Mi si spezza il cuore, perché da amico voglio essere lì
con te, ma da un punto di vista professionale, questa è la
decisione più giusta da prendere’.”, ha aggiunto Bautista.
“Allora lui mi ha detto: ‘Capisco perfettamente. Sono
orgoglioso di te, anche del fatto che ti trovi in questa
situazione. Sono orgoglioso di aver avuto qualcosa a che fare con
questa decisione così difficile che hai dovuto prendere’.”
Dave Bautista mette a confronto lo stile di Snyder e Gunn
In passato, Dave Bautista aveva
messo a paragone lo stile di Zack Snyder con quello di James Gunn, evidenziando quanto il lavoro con
il regista di
Justice League gli avesse concesso sul set molto più
libertà rispetto a quanta ne conceda ai suoi attori il regista di
Guardiani della Galassia:“Penso che James
sia molto più coinvolto nelle performance dei suoi attori.Con Zack credo di aver avuto più flessibilità. James è un
maniaco del controllo. Lo è davvero. Ma è una cosa che non mi
dispiace, perché è un grande regista e un grande narratore di
storie. Mi fido di lui. Zack però sembra disposto a darti molta più
libertà, anche se non fa trasparire molto le sue
emozioni.”
Mentre i fan della Disney si
preparano all’arrivo di Crudelia,
il nuovo live action che esplorerà le origini dell’iconica
antagonista, colei che ha interpretato il personaggio “in carne ed
ossa” per la prima volta, ossia la leggendaria Glenn Close, ha rivelato che amerebbe tornare
nei panni della villain de La carica dei 101.
Nel Crudelia in
arrivo il prossimo 28 maggio (nelle sale e su Disney+ con Accesso Vip) sarà il premio
Oscar Emma Stone a vestire i panni del personaggio
del titolo, mentre Glenn Close figura nel progetto in qualità di
produttore esecutivo. L’attrice candidata agli Oscar 2021 per
Elegia americana ha prestato il suo volto a Crudelia
de Mon ben due volte: ne La carica dei 101 – Questa volta la
magia è vera diretto da Stephen Herek nel 1996 e nel sequel
La carica dei 101 – Un nuovo colpo di coda diretto da
Kevin Lima nel 2000.
Ora, in una recente intervista con
Variety, Glenn Close ha rivelato che le piacerebbe
riprendere il ruolo di Crudelia de Mon in un potenziale nuovo film.
La prolifica attrice ha spiegato di avere anche un’idea per “una
grande storia” che vedrebbe Crudelia scendere tra le strade di New
York. Senza rivelare troppo, Close ha anticipato: “Ho una
grande storia per fare un altro Crudelia con la mia Crudelia.
Arriva a New York e poi scompare nelle fogne.”
L’idea di rivedere Glenn Close nei panni di Crudelia de Mon è
indubbiamente eccitante. Oltre ad essere uno dei più iconici della
sua carriera, quel ruolo contribuì ad ampliare la sua fama di
“cattiva” del cinema, già cementata in precedenza grazie a
pellicole come Attrazione fatale e Le relazioni
pericolose. Per il primo film di Herek del ’96, Close
ricevette anche una candidatura ai Golden Globe come migliore
attrice in un film commedia o musicale.